Bill Tilden, il tennista più grande che dovette lottare contro il conformismo

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Bill Tilden, il tennista più grande che dovette lottare contro il conformismo

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Su “la Repubblica”, lo scriba Gianni Clerici racconta un curioso aneddoto su Bill Tilden, il cui pensiero è stato sintetizzato nel volume “Il Codice del Tennis” voluto da Alan Little nel Wimbledon Lawn Tennis Museum, la biblioteca dell’All England Club

Copertina "Il Codice del Tennis"

«Sei tu che lo devi scrivere, Frank». «Ma perché dovrei scrivere proprio io la biografia di Tilden?» mi rispose Frank Deford, il n. 1 dei giornalisti di sport americani.
«Perché non c’è. Non esiste biografia di quello che è stato il più grande tennista mondiale, di quello che ha scritto 18 libri che sono il Vangelo del Tennis, insomma di William Tatem Tilden detto Big Bill».
«Ma perché proprio io?».
«Perché ci tocca, Frank. Perché è accaduto che entriamo agli US Championship senza pagare il biglietto, e ci danno pure uno stipendio. E perché nessuno dei famosi biografi americani, da Harold Bloem a Gertrude Stein, se n’è mai occupato, di Big Bill».
«Ma perché non lo scrivi tu, Gianni, se sei così convinto che lo meriti?».

Risposi che avevo già dato. Avevo dedicato un anno della mia giovane vita a girare il mondo, dalla Grecia all’Arizona, da Parigi a Los Angeles, per scrivere una biografia di Suzanne Lenglen, l’alter ego femmina di Tilden, la più grande tennista del mondo, addirittura la prima professionista donna nel 1926, prima che Big Bill diventasse, nel 1931, il primo professionista uomo. Avevo passato un anno, scritto un libro che nessun editore italiano voleva, lo avevo riscritto in francese, pubblicato alfine da un giovane editore idealista e tennista che era fallito, mentre il libro usciva.
«E tu pensi che io voglia fare le stesso? Sei davvero matto. Ho un agente, io, che mi fa vendere i libri».
«Anch’io, Frank. Si chiama Erich Linder, è uno dei primi in Europa. E mi aveva giusto detto di non scriverlo, che non si sarebbe venduto».
«E allora?».
«Allora ci tocca, Frank. Ci sono certe cose, nella vita, che non possiamo evitar di fare».

Frank De Ford scosse la testa, e forse ancora la scuote, nel suo felice pensionamento. La biografia di Tilden non fu un fallimento come la mia prima biografia della Lenglen, poi riesumata da un agente tennista, Roberto Santachiara, e ripubblicata da due editor generosi, Cecilia Perucci e Mario Desiati, per Corbaccio e Fandango. La presunta follia si è addirittura ripetuta ora che due professionisti maniaci di tennis e studiosi, Luca Bottazzi e Carlo Rossi, hanno cercato di sintetizzare il pensiero di Tilden, non semplicemente la sua vita, in un volume dal titolo il Codice del Tennis (Guarini NEXT editore, 20 euro ).
Le tappe di una vita insolitamente non conformista vi sono raccontate, dalla nascita altoborghese, alla decimazione di una famiglia sfortunata, dal volontariato nella prima guerra mondiale, agli inizi di una carriera diversa, perché solitamente i neofiti seguono i maestri e non una loro personale teoria dei gesti e della filosofia — permettetemi — del gioco. I successi di Big Bill sono noti, dal primo Wimbledon del 1920, e dal primo Campionato americano dello stesso anno fino al ’26 senza stop, le 6 Davis di fila, e alla fine, superati i trentacinque anni, la resa parziale ai grandissimi Moschettieri francesi. Per scendere un po’ più in dettaglio, ricordo la vittoria del campione più razionale che istintivo a Wimbledon nel 1920, bissata l’anno seguente, e ribadita nel 1930, a 37 anni, 3 vittorie dunque su sole 4 partecipazioni. Avrebbe anche preso parte, Big Bill, a tre Roland Garros, torneo che data dal 1925, per perdervi due finali. Curiosamente simile questo Tilden, mi fa notare un amico, a Federer, anche lui allergico alla terra rossa, vincitore una sola volta a Parigi. Naturalmente, Big Bill non affrontò mai il viaggio di sei settimane per giocare in Australia, e quindi il suo record di 10 Slam non è comparabile ai 17 del presunto miglior tennista di tutti i tempi. Anche se un fiero dubbio sorge dal rapporto tra i match vinti e persi: 907 vittorie per l’americano su 969 partite in torneo, mentre lo svizzero ne ha perdute 228 su 1235, e cioè circa il 18%, almeno secondo il suo sindacato ATP.
(…) Tutto ciò è una parentesi che in realtà poco riguarda “Il codice del tennis”, sulla cui copertina figurano per altro due splendidi diritti sovrapposti di Tilden e di Federer. Ma ricordo di aver scritto io stesso quanto incomparabili siano reciprocamente Omero e Dante. Per ritornare al Codice, egualmente noti furono i dissidi di Big Bill con la Federazione Usa, accanita sino a squalificarlo perché, in un mondo aristocratico, non era lecito né il giornalismo a pagamento, né libri di short stories, né il documentario che Tilden, amico di Charlie Chaplin e di Greta Garbo, girò a Hollywood. I dissidi con lo establishment americano giunsero al punto che, dalla posizione di capitano e insieme di uomo di punta della squadra di Davis, Big Bill venne momentaneamente rimosso, e fu necessaria, nel 1928, la generosa richiesta dei Moschettieri, suoi avversari, perché l’ambasciatore americano a Parigi, Myron Herrick, intercedesse a favore del tennista, che riebbe il suo posto molto probabilmente grazie alla Casa Bianca. Tragicamente avversata fu poi la sua omosessualità, che lo condusse addirittura due volte in prigione, novello Oscar Wilde. Dall’analisi psicologica delle sue teorie, oltreché suggerimenti sulle caratteristiche psichiche degli avversari sotto forma di bersaglio, emerge incredibilmente una sorta di profezia, controllata negli ultimi anni sui dati di Federer Djokovic e Nadal, che indicava nel 40% dei punti giocati, i vincenti dei fenomeni. C’è soltanto da sperare che simile studio inatteso trovi attenzione in America, dove non si è andati oltre l’ottima biografia del mio amico Frank. Gli autori Bottazzi e Rossi hanno addirittura creato un sito che si rivolge alla federazione americana, colpevolmente distratta nel non battezzare almeno un campo di Flushing Meadows col nome di Tilden. E non posso finire questo seguito di accenni troppo personali chiedendomi se non mi sia sbagliato io stesso, a suo tempo, ad evitar di scrivere una biografia che nessuno voleva. Come quella della Lenglen.

Ubitennis su “Il Codice del Tennis”:

Presentato a Milano “Il Codice del Tennis: Bill Tilden. Arte e Scienza del gioco”
Milano riscopre Bill Tilden: presentato “Il Codice del Tennis”
Bill Tilden e “Il Codice del Tennis”, il libro che non c’era (Esposito)

 

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