Jack Sock, da promessa del college a uomo pronto a diventare campione

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Jack Sock, da promessa del college a uomo pronto a diventare campione

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L’americano Jack Sock, speranza del tennis USA, ha vinto il primo turno dell’ATP di Indian Wells dopo un lungo stop per un infortunio al bacino. Appena prima, il fratello Eric ha rischiato di morire. Profilo di una promessa che la vita ha reso più forte

Jack Sock, giovane talento americano classe 1992 e attuale n.58 del mondo, è tornato a giocare una partita di tennis ieri all’ATP di Indian Wells dopo una complicata operazione al bacino a Dicembre, che l’ha costretto a saltare la prima parte della stagione. Ha esordito battendo il giocatore di Taipei Yen-Hsun Lu dopo tre lottatissimi set, difficilmente sarà subito un indimenticabile protagonista del torneo californiano, ma c’è da giurare che da qui in poi costituirà un osso duro per chiunque.

Nativo di Lincoln, nel Nebraska, ma residente a Tampa, in Florida, ragazzone di 1 metro e 88 per 84 kg, ha iniziato a giocare a tennis piuttosto tardi, a 8 anni, quando trovò in casa la racchetta che sua madre Pam aveva smarrito. È diventato professionista nel 2011. Prima si era fatto strada nel tennis a stelle e strisce con il record di 80 vittorie in altrettanti incontri nei quattro anni passati alla Blue Valley North High School del Kansas, due titoli di campione nazionale under 18 e la vittoria a livello junior dello US Open 2010, battendo in finale Dennis Kudla. La sua superficie favorita è il cemento e il suo miglior colpo il dritto, in particolare si esalta col dritto inside-out da sinistra, quando trova il tempo di aggirare la palla per esplodere lo sventaglio diagonale. Il rovescio è bimane, piatto e profondo.

Nell’ottobre del 2012 ha fatto il suo ingresso nei primi 200 del ranking e nel luglio 2013 nei primi 100, da n.84, grazie alla vittoria nel Challenger di Winnetka (Illinois). Ha cominciato a far parlare di sé nel circuito maggiore prima col terzo turno agli US Open 2012, ma soprattutto nel Febbraio 2013, quando superò in tre set Milos Raonic sul cemento indoor di Memphis.

Nel 2014 ha sensibilmente migliorato la sua classifica e dato un importante salto di qualità alla sua carriera, fino al n. 42 col quale ha chiuso l’annata, sebbene il suo best ranking sia il n.41 del Gennaio 2015 (scherzi del computer, l’americano era fermo, appena reduce dall’intervento al bacino). Vanta una buona carriera di doppista (è n. 16 della specialità), nella quale svetta il sorprendente titolo di Wimbledon conquistato lo scorso anno assieme a Vasek Pospisil, dopo la vittoria del tutto insperata e imprevista della finale sui fratelli Bryan per 7-5 al quinto set.

In singolare si registrano soprattutto la vittoria in due set sull’allora n.12 Tommy Haas al secondo turno dell’ATP 250 di Auckland, la vittoria ai quarti del 250 di Newport sul n.12 John Isner, l’ottimo secondo turno di Toronto, dove strappò il primo set a Raonic (allora n.6) prima di perdere gli altri due solo al tie-break. Poi è arrivata la prima vittoria su un Top Ten, al secondo turno di Shangai sul fresco finalista degli US Open Kei Nishikori. Negli Slam ha raggiunto il terzo turno a Parigi e New York e il secondo a Melbourne e Wimbledon.

Una carriera in netta ascesa, fino ai problemi al bacino che ne hanno richiesto l’intervento chirurgico. In fin dei conti, una barzelletta se raffrontata a quello da poco accaduto attorno a sé, ai suoi affetti.

Eric, il fratello maggiore, l’unico avversario, ai tempi del college, che gli aveva saputo strappare un set nella serie di 80 vittorie a 0 (prima di cedere 10-8 al tie-break del terzo), è stato vittima di un attacco di polmonite, la sindrome di Lemierre, un’infezione batterica alla gola che può rivelarsi estremamente pericolosa. Eric è stato ricoverato tre settimane e attaccato a un respiratore per otto giorni.

Le cose non sempre sono legate al caso, a volte c’è un disegno dietro: mi trovavo a Melbourne e ricevetti una telefonata dalla mia famiglia che m’informava della situazione. Lo smarrimento era totale, non sapevo come avrei potuto trovare lo stato d’animo per giocare una partita di tennis in quelle condizioni. Alla fine sono felice di essere tornato a casa per stare vicino alla mia famiglia e aiutarli a superare un momento come quello. Eric è un guerriero e ce l’ha fatta. È qualcosa che ti cambia non pochi aspetti dell’esistenza, ora apprezzo eventi e situazioni che prima ritenevo ovvie, anche in campo mi diverto di più”.

Da allora Jack gioca con delle scarpe con la scritta “Per te, Eric” e non è solo una frase a effetto, un trucco del marketing: “Il tennis è la mia vita, ma ora vedo le cose da un’altra prospettiva: quando in campo provo frustrazione per un rovescio che non riesco a piazzare o per una palla che si spegne a rete, penso che il mio lavoro coincide col mio divertimento, che c’è ben altro per cui dannarsi l’anima, e riesco a giocare più libero”.

L’infortunio al bacino di Dicembre ha richiesto l’intervento chirurgico a causa della pesante lacerazione di un muscolo, intervento che ha costretto il talento americano a tornare a Kansas City per una riabilitazione di nove settimane con un allenatore dello staff dei Kansas City Chiefs, la squadra di football americano della NFL. “Sia l’operazione sia il recupero sono stati molto duri, ma ora mi sento in ottima forma e posso giocare al massimo delle mie possibilità. La testa è sgombra da impedimenti”.

Già, la testa è sgombra quando vedi la morte sulla faccia di tuo fratello. I malumori quotidiani escono molto ridimensionati di fronte a qualcosa di più grande di noi. Certe situazioni non te le possono raccontare, per capirle devi viverle. Lui le ha vissute e ora la sua serenità può costituire un’arma formidabile sul campo da tennis. Da aggiungere al talento che l’aveva portato fino al n.41 del mondo. Gli avversari sono avvisati. Sì, l’infortunio è stato pesante, talmente pesante da risultare una bazzecola …

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