Kei Nishikori, il paziente giapponese che non si fa spaventare dall'hype

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Kei Nishikori, il paziente giapponese che non si fa spaventare dall’hype

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Kei Nishikori difende poco più di 400 punti tra Indian Wells e Miami e può puntare a ritoccare ulteriormente il suo best ranking. Ma l’eventuale numero tre sarebbe solo un gradino verso il vero obiettivo del giapponese, il numero uno del mondo. Dove può arrivare veramente uno dei tennisti più seguiti del momento?

Kei Nishikori è un tennista circondato dall’hype. Il Giappone, anzi, tutta l’Asia, non ha mai avuto un giocatore così forte tutto per sé (Chang se lo sono dovuto spartire con gli americani) e i risultati in progressione che Kei sta conquistando settimana dopo settimana non fanno che aumentare le aspettative su di lui. Il doppio impegno sul cemento americano ha fatto tirar fuori la calcolatrice alla foltissima schiera di giornalisti giapponesi che segue Nishikori ovunque vada (a Memphis, torneo vinto da Kei per il terzo anno consectivo, c’erano più giornalisti provenienti dal Giappone che dagli Stati Uniti) perché le possibilità che l’attuale numero cinque del mondo migliori il suo best ranking (al numero quattro) sono piuttosto alte. Nadal, distante 260 punti, deve difendere 645 punti mentre Murray, staccato di appena dieci punti, ha meno punti da difendere – lo scozzese ne difende 270, il giapponese 405 – ma si trova davvero ad un passo.

numero 3

L’anno scorso Indian Wells non fu un grande successo per Nishikori, che si fece battere da Tommy Haas in due set. A Miami, però, arrivarono i primi segnali di quella che sarebbe diventata la sua migliore stagione nel circuito: batte Dimitrov al secondo turno, poi gioca contro Ferrer una delle più belle maratone dell’anno e ai quarti batte Federer passando a condurre negli scontri diretti con lo svizzero. In semifinale, però, il fisico dice stop e così Djokovic arriva bello riposato in finale (come del resto il suo avversario, Nadal). Un torneo che riassume molto bene la carriera di Nishikori: un gran bel gioco, delle gran belle vittorie ma anche un gran bel dispendio di energie che lo lasciano a secco a fine torneo. Nishikori, però, sa aspettare il suo momento: dopo la top-10 e la prima finale in un Master 1000 (Madrid) è arrivata la prima finale Slam (US Open) e la prima qualificazione al Masters. Lavorando sodo, sta raggiungendo a 25 anni la piena maturità.

I suoi avversari nella corsa al numero tre del ranking, curiosamente, hanno risultati simili nei due tornei: nessuno dei tre è andato oltre il terzo turno in California, tutti hanno raggiunto almeno i quarti in Florida. Per questo motivo è lecito aspettarsi qualche cambio in classifica anche perché Nadal e Murray non sono certo tennisti dalla granitiche certezze, ora come ora: Nadal, che a Indian Wells fa sempre bene, arriva da qualche mese di dolori e dubbi e non è certo tra i favoritissimi; Murray ha vinto due volte Miami ma pure lui sta attraversando un periodo poco esaltante, anche se la condizione non è certamente paragonabile a quella di dodici mesi fa.

Il numero tre, ad ogni modo, è solo il terzultimo gradino nella scala dell’ambizione di Kei Nishikori, il giapponese cresciuto con un’ambizione tutta statunitense che a quattordici anni ha seguito l’esempio di tante eccellenze del suo Paese, che per sfondare veramente hanno dovuto attraversare l’oceano per realizzare i propri sogni. Come lo scrittore Haruki Murakami, come i designer Kenzo Takada, Issey Miyake e Yohji Yamamoto o come il direttore d’orchestra Seiji Ozawa, anche Kei Nishikori ha modellato il suo sogno sull’American Dream. Come dice il manager di Nishikori e vicepresidente dell’IMG Academy, cioè l’accademia che ha cresciuto il Nishikori tennista, “il Giappone ha una cultura che rispetta molto il prossimo. Ma nel tennis non vai avanti inchinandoti”.

Di inchini ai rivali Nishikori ne ha fatti ben pochi nell’ultimo anno e pure gli sponsor si sono accorti di lui: tra giugno 2013 e giugno 2014, mese in cui è diventato il primo asiatico ad entrare nella top-10 dell’ATP, Kei ha avuto il suo bel da fare per firmare contratti milionari. Tag Heuer, Uniqlo, Delta Airlines e Nissin si sono assicurati l’immagine del tennista giapponese facendo entrare nelle casse di Nishikori circa 9 milioni di dollari ogni anno. Non avrà forse lo stesso impatto economico del clamoroso successo di Li Na in Cina, forse, ma quello che sta facendo Nishikori per il tennis nel mercato asiatico non è molto distante.

Può diventare numero 1 del mondo, Kei Nishikori, migliorando ulteriormente il risultato ottenuto da Li Na? Lo credono sia Dante Bottini, che segue Nishikori da cinque anni, che Michael Chang, entrato nello staff un anno fa. Non è ancora chiaro se sia stato l’arrivo dell’ex campione statunitense a migliorare Nishikori o se l’exploit del giapponese fosse dietro l’angolo. Oppure – come suggerisce Orazio – la verità sta nel mezzo, cioè si tratta di una miscela delle due ipotesi, in cui l’una ha influenzato l’altra. Ad ogni modo, il riservato Nishikori non ha alcuna intenzione di svelare le sue carte: “Non posso dire molto, ma forse sono diventato più aggressivo con l’arrivo di Chang. Prima aspettavo l’errore dell’avversario, ora cerco di comandare di più col dritto”. Intanto Nishikori ragiona per piccoli passi e a Indian Wells cercherà almeno di far meglio del terzo turno, il suo migliore risultato ottenuto finora. La partita contro Ryan Harrison, primo impegno californiano di Nishikori, non è certo stata semplice ma il giapponese se l’è cavata piuttosto bene, aiutato anche da una buona fetta di pubblico che lo sosteneva, nonostante si trovasse in casa dell’avversario. La via verso il numero uno è ancora molto lunga, però. “Possono sembrare pochi passi, ma c’è ancora un divario considerevole ed è il più difficile“, ricorda Bottini. Nishikori, però, non ha fretta. Anche se l’hype intorno a lui continua ad aumentare, il giapponese lavora pian piano costruendosi la classifica come in campo si costruisce il punto. Ma ora è tempo di vincere e il paziente giapponese sa che i risultati arriveranno.

 

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