Chiamatelo Noiak Djokovic

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Chiamatelo Noiak Djokovic

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Novak Djokovic è diventato noioso, irrimediabilmente noioso. Non fa più notizia. Niente più glutine, niente più Becker, niente più matrimonio e paternità: rimane soltanto da dire che è il più forte e non aggiungere nient’altro… se non il Roland Garros

 

Ha vinto ancora lui, ancora Novak Djokovic. Stavolta era il torneo di Miami, stavolta era Andy Murray. La scorsa settimana era Indian Wells, Roger Federer. Tre mesi fa c’era ancora Andy Murray, sconfitto agli Australian Open. Cambia l’avversario, cambia la location, ma il risultato non cambia. Sempre la stessa scontata vittoria, lo stesso copione, la stessa fine. Novak Djokovic ha vinto l’ennesimo trofeo, l’ennesimo Masters1000. Ed è già salito a quota due in stagione e ventidue in totale. Ed ancora una volta ha compiuto la doppietta Indian Wells-Miami. E come se non bastasse ha già vinto uno Slam. Ed è stato il quinto Australian Open. Ed è sempre più numero 1. Ed il divario con i concorrenti aumenta. E forse è proprio il caso di dirlo: questo dominio inizia a stancare tutti, è davvero… noioso.

Già, che noia. Ma non perché il suo tennis sia noioso, quanto più perché… non sappiamo più cosa dire! Col passare delle settimane ci troviamo a celebrare il solito personaggio per il quale abbiamo già esaurito gli elogi. Perché che cosa si può dire di più su questo campione che non risulti superfluo? Chi deve scriverne rimane completamente disarmato. Abbiamo analizzato tutti i punti di vista, raccontato tutti gli aneddoti esistenti, descritto tutti i retroscena. Vedere campeggiare il suo nome ovunque oramai non fa più notizia, non fa più scalpore. Vederlo vincere sembra ordinaria amministrazione, persino quando si tratta di una finale di uno Slam ed infligge un bagel all’avversario. Novak Djokovic non sorprende, non esalta; lui attua, esegue, non inciampa, non ha giornate no. Novak Djokovic vince e sembra cosa logica e giusta.

All’inizio, all’alba dei suoi primi successi, parlavamo del suo fisico. La prestanza atletica di Novak era la prima cosa che saltava agli occhi. In un tennis fisico e stra-potente come quello moderno, il serbo si presentava come il massimo esponente. Così, Gianni Clerici utilizzava per descriverlo due parole: intelligente ed integro. Nell’età in cui la tecnica spettava a Federer e la tenacia a Nadal, Djokovic era relegato all’atleticità, alla fluidità. Il serbo per tutti era targato come il prototipo del tennista moderno. Lusinghiero di certo, ma al tempo stesso alquanto limitativo.

Come quando gli anni del dominio furono in parte oscurati dal panegirico della sua dieta. Djokovic pareva aver trovato l’uovo di Colombo quando aveva deciso di bandire il glutine dalla sua tavola. Ad ogni piatto di pasta in meno un nuovo Slam entrava in bacheca. Allora parlavamo del suo libro “Serve to win”, che per l’appunto trattava del miglioramento di cui aveva beneficiato il suo tennis dopo il cambio di alimentazione. Finita la “gluten-Era“, c’era Boris Becker che riempiva le pagine dei giornali. L’ex campione Slam tedesco ha infatti iniziato ad affiancare Marian Vajda nel team di Djokovic a partire dall’anno scorso e da allora in ogni trionfo doveva esserci la mano del Supercoach. Chissà se anche la scelta di fare Serve&Volley nel punto decisivo del match perso contro Wawrinka agli Australian Open è stato merito di Boris..

https://www.youtube.com/watch?v=2H7wmvBFB80

Non fosse abbastanza, di recente Djokovic s’è sposato ed ha avuto un figlio, proprio in concomitanza dell’unico successo Slam del 2014: Wimbledon. Grazie a questo, i suoi successi sono state in parte esaltati anche come quelli di un padre, di un tennista diventato finalmente maturo, responsabilizzato.

Ma ora? Ora che Djokovic rimane da solo con i suoi successi, ora che continua a mieterne di nuovi, ora che non c’è nessuna nuova storiella in arrivo, di cosa parleremo?

Di avversari pronti a contendergli il trono, non ce ne sono. Soltanto un Federer in stato di grazia, e per giunta sulla distanza corta dei due set come a Dubai, o un Nadal che si è messo in testa che, non importa cosa accada il resto dell’anno, nelle due settimane di Parigi deve fare il marziano, possono saltuariamente metterlo in difficoltà; o tutt’al più un bombardiere al servizio che non lo faccia effettivamente giocare a tennis (vedi Karlovic a Doha). Per il resto, al momento non s’è palesata una vera alternativa. Non almeno in questo 2015.

Novak Djokovic è diventato noioso. Il suo tennis è il più completo del circuito, quello che più si avvicina alla perfezione (come anche sostiene Nick Bollettieri). Fondamentali solidissimi, un servizio preciso e penetrante, un’ottima copertura del campo unita alla sua intelligenza tattica, una superba tenuta fisica ma anche mentale. Novak Djokovic lascia la polvere agli avversari, e quando questi riescono a metterlo in difficoltà, a strappargli un set, nel momento decisivo lui ingrana la quinta e torna a dominare. I risultati sono eloquenti, in Australia ha inflitto due 6-0 in semifinale ed in finale all’ultimo set, ad Indian Wells così come a Wimbledon è stato rimontato clamorosamente da Federer ma poi ha gestito con scioltezza il set decisivo. A Miami sembrava fuori di testa ed invece nel terzo set ha rifilato un altro 6-0 a Murray. I numeri non riescono a dire quello che la realtà rispecchia. Con questo Djokovic non ce n’è per nessuno, e se quest’anno facesse meglio del 2011 (ovvero il Grande Slam), nessuno se ne risentirebbe. Intanto, come quel 2011, ha intascato la tripletta Australian Open-Indian Wells-Miami.

Novak Djokovic è noioso, perché vince. E basta. Novak Djokovic è noioso perché non c’è più niente da inventarsi. Novak Djokovic è noioso perché possiamo arrenderci e dire che è il più forte – e di gran lunga – al momento. Senza fronzoli, senza fisico, senza glutine, senza Becker o Jelena. Solo Djokovic ed il suo tennis.

Novak Djokovic è finalmente diventato noioso, oseremmo dire. È arrivato all’apice della sua carriera tennistica, a cui manca soltanto il Roland Garros, in quel momento dove finiscono le descrizioni ed i racconti, mentre invece iniziano gli interrogativi e si riportano alla mente le varie epoche del tennis e si rispolverano i grandi campioni del passato. È toccato a Federer, è toccato a Nadal, e finalmente tocca anche a Djokovic: è lui il più grande di tutti i tempi?

Onestamente? Non so se vorremmo una risposta a questa domanda. Allora sì che sarebbe davvero tutto troppo noioso.

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