Intervista esclusiva a Claudio Panatta: “Djokovic, Grande Slam ora o mai più"

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Intervista esclusiva a Claudio Panatta: “Djokovic, Grande Slam ora o mai più”

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Intervista a tutto tondo a Claudio Panatta. Il momento del tennis italiano, i nuovi talenti, la Coppa Davis, le fasi salienti della sua carriera, il rapporto con il fratello Adriano. “Auguro al tennis italiano di avere al più presto 10 Adriano Panatta”

Sono già alcuni anni che presso il circolo All Round di Roma avete aperto un’accademia di tennis, l’idea di aprire quest’accademia qui a Roma da cosa nasce? A chi è rivolta e che obiettivi vi siete posti?
L’accademia è aperta da 10 anni, questo è l’undicesimo anno che siamo qui. L’idea è quella di insegnare il tennis, dai bambini del mini-tennis fino all’allenamento professionale. Abbiamo una scuola che è una top school, quindi una scuola che ha il massimo riconoscimento della federazione.

In Italia non è prevista la “formula” del college come lo è in America, un’accademia di tennis può sostituire la preparazione, sia a livello umano che tecnico, presente nei college americani o di altri paesi?
Beh è difficile farlo perché purtroppo il sistema scolastico italiano non è come gli altri, come in Spagna dove si può studiare addirittura nei club sportivi durante le fasi di allenamento di un’accademia. Quindi per noi rimane veramente complicato avere ragazzi che possano seguire lo stesso programma, possibile invece in altri posti. Sicuramente è molto più conveniente andare in un posto dove avviene tutto all’interno dello stesso centro, se ne ricava un vantaggio anche in termini di tempo.

Si è concluso da pochi giorni presso il vostro circolo “VI Torneo ITF Internazionale di Roma” riservato però alla categoria senior, com’è stato il bilancio? In futuro potreste ospitare un torneo internazionale giovanile?
Questo torneo è servito per capire se eravamo pronti per ospitare ed organizzare un torneo internazionale. Abbiamo visto che siamo in grado di farlo, le persone che hanno lavorato all’organizzazione sono tutte molto preparate e quindi oltre a continuare questa esperienza l’anno prossimo, riorganizzando il torneo senior, stiamo pensando di organizzare altri tornei, tra cui un torneo ATP o WTA da 15.000 dollari e un qualcosa a livello giovanile. Quest’ultimo dipende anche dalla disponibilità della Federazione e da quello che ci possono proporre di ospitare, mentre il torneo ATP lo organizzeremo a seconda delle date disponibili.

Parliamo del momento del tennis italiano. Il presidente Binaghi in occasione della presentazione degli Internazionali, ha difeso i risultati del tennis italiano sottolineando il successo in doppio agli Australian Open ed i successi nel singolare contro Nadal, Federer ed Azarenka. Però se guardiamo i numeri, prima di Montecarlo avevamo soltanto Fognini in top 30 ed anche nel femminile solamente 2 tenniste tra le prime 30, pensi che sia un momento passeggero o siamo tornati come qualche anno fa in una fase di regressione?
No, io vedo una situazione positiva. Mi sembra che i risultati siano sempre adeguati al livello. Il livello è ottimo ed i giocatori sono molto forti soprattutto in doppio, il che ci deve rendere orgogliosi. Abbiamo delle ragazze che ottengono dei buoni risultati, magari ora non in maniera così continua rispetto a prima ma questo è dovuto anche all’età. Dietro ci sono dei ragazzi e delle ragazze che incalzano e che se lasciati in pace e tranquilli, e mi riferisco soprattutto alla Giorgi, possono ottenere dei risultati di ottimo livello. Nel tennis è difficile fare una previsione, c’è sempre una percentuale molto bassa di riuscita per diventare molto forti, bisogna andarci molto cauti, però diciamo che di tutti i giovani che vedo adesso, sicuramente la Giorgi è quella che vedo meglio anche rispetto ai maschietti. E’ molto giovane, è molto forte, è una ragazza con un potenziale enorme; andrebbe lasciata un pochino tranquilla, anche se magari a qualcuno non è simpatico il papà, però questo non deve creare intorno a lei un clima di antipatia. Anzi i giocatori devono essere lasciati tranquilli di potersi esprimere e di praticare la loro attività.

Se guardiamo i numeri, il tennis a Roma, ma in Italia in generale, è uno degli sport più seguiti e praticati, dietro soltanto a sport come il calcio, il basket. Però il problema di avere un giocatore capace di competere stabilmente in top 10 o addirittura per un successo nei tornei del Grande Slam è rimasto: secondo te da cosa dipende, è una casualità?
E’ stato fatto uno studio da parte di alcuni tecnici ed è stato visto che dal 1968 al 2014 di tutti i giocatori maschi che hanno giocato nel circuito ATP, i giocatori che sono riusciti ad entrare nei primi 50 sono stati 20. Andando a fare una proiezione in percentuale su tutti quelli che hanno giocato nel circuito ATP, la percentuale di riuscita per entrare nei primi 50 del mondo è di 0.02. Questo deve far molto pensare, non è una questione di mancanza di giocatori. E’ estremamente difficile entrare nel limbo dei giocatori forti che sono i primi 50 del mondo. Ci sono anche altre nazioni che hanno percentuali così basse perché il tennis è tanto praticato quanto difficile affermarsi. E’ talmente tanto difficile diventar forti che non è solamente un caso italiano, ma è un caso mondiale. Quindi credo che forse il ragionamento vada fatto più sotto questo punto di vista.

Avendo un’accademia di tennis e quindi lavorando con i giovani tutto il giorno, pensi che l’organizzazione dello sport in Italia, con quest’ultimo molto spesso affidato all’iniziativa delle famiglie, anche da un punto di vista economico, possa essere un problema? Da parte dello stato italiano ci dovrebbe essere una maggiore attenzione per favorire le iniziative sportive anche nelle scuole?
Sicuramente la scuola italiana non favorisce l’attività fisica dei giovani. Se uno va a guardare i ragazzini che fanno attività nelle scuole, la cominciano a praticare dalla scuola secondaria. Forse sarebbe il caso che qualcuno di illuminato nel nostro governo pensasse che magari l’attività fisica andrebbe preparata nella scuola primaria e non costerebbe nulla, in quanto gli stessi preparatori fisici dovrebbero solo spostarsi dalle medie alle scuole elementari senza che questo comporti costi aggiuntivi, preparando così i giovani all’attività fisica. Noi abbiamo dei ragazzi che arrivano da noi ed iniziano a giocare che mancano di coordinazione per fare sport e questo è determinato dal fatto che le capacità cognitive dei bambini arrivano fino ai 10-11 anni. Quindi se noi pensiamo che da piccoli questi ragazzi non fanno alcun tipo di attività fisica è veramente complicato avere degli atleti che poi nel futuro possano diventare bravi, perché così si limita l’espressione fisica di ogni bambino. Questo determina una grande difficoltà per chi deve allenare. Le generazioni passate erano più preparate, anche perché non c’erano tutti questi dispositivi elettronici che distraggono dall’attività fisica. Oggi i ragazzi quando arrivano da noi sono veramente impreparati per fare sport e così noi dobbiamo ricominciare da capo perdendo anni preziosi.

Nel tennis giovanile al momento abbiamo una buona base di partenza, con i vari Quinzi, Fabbiano, Cecchinato che stanno pian piano facendo parlare di sé. Vedi qualcuno in grado nel futuro di raggiungere risultati importanti, anche nei tornei del Grande Slam?
Questo dipenderà da loro, dalla loro capacità di saper scegliere anche gli allenatori e di farsi consigliare in maniera ottimale l’attività da svolgere per realizzare quanti più punti per arrivare in alto, perché il problema del tennista è quello di arrivare in alto. Poi una volta fatto questo, riesci a controllare la situazione e a rimanerci. E’ estremamente difficile entrare in una stretta cerchia di giocatori, poi non è così complicato restarci. Se uno si sa organizzare, a meno di un grave infortunio, riesce a controllare la propria classifica. Speriamo che loro facciano delle scelte giuste sia a livello di allenatori che di tornei.

Mettiamo caso che nella vostra accademia ci sia un giovane che dimostri di avere qualità e prospettiva, per esempio un nuovo Adriano Panatta, che consigli gli daresti? Gli consiglieresti di rimanere in Italia o di affidarsi in futuro a qualche centro di allenamento all’estero?
Sono sempre dell’avviso che è il giocatore a dover compiere la scelta. L’allenatore quando si trova un atleta del livello di Adriano conta molto poco, il giocatore conta per l’85%. Il discorso è differente per i giocatori con meno talento che vanno costruiti sul campo. Sono sempre stato dell’avviso che è sempre il giocatore a prendere le decisioni e mai l’allenatore. Per quanto riguarda gli allenatori, credo che quelli di oggi, non abbiano il carisma per poter consigliare bene gli atleti, per il semplice fatto che, essendo pagati dagli atleti che sono anche i loro datori di lavoro, non li contraddicono nelle scelte per non mettere a rischio il proprio posto. Gli allenatori che per me contano molto sono quelli indipendenti dall’atleta, che non hanno una soggezione di carattere economico nei confronti dell’atleta, che quando danno un consiglio lo danno spassionato, senza alcun interesse personale. Quindi credo che oggi, se dovessi allenare un atleta come Adriano Panatta, sarei in una posizione ottimale perché non avrei nessun problema a dirgli che non va bene una cosa. Non come fanno in tanti, che non dicono nulla per paura della reazione del giocatore, per paura perdere il lavoro. Questo succede anche con alcuni atleti italiani di vertice.

Tornando indietro nel tempo, secondo te quanto è cambiato il tennis degli anni 70/80, con il tennis di oggi dal punto di vista tecnico?
Sotto il punto di vista tecnico è cambiato moltissimo. Oggi gli atleti esprimono un tennis estremamente tecnico, veloce, fisico, potente. Prima si giocava in un altro modo, soprattutto io che ho fatto parte della generazione di mio fratello e di quella nuova di Agassi, Edberg, McEnroe. Si giocava in una maniera diversa il punto, si giocava un po’ più piano. Oggi si tende solamente a giocare in maniera aggressiva, chi più spinge più è forte. Però devo dire che il tennis maschile è estremamente bello da vedere, molto spettacolare. A me piace tantissimo.

Ti piace quindi più questo tennis rispetto a quello che giocavi?
No, mi piace più quello di prima perché lo giocavo. Mi piaceva tantissimo giocare, anche perché c’era un ambiente diverso. Forse adesso non mi piace molto l’ambiente che c’è tra i giocatori, l’intesa, l’amicizia fra loro. Prima c’era un rapporto tra i giocatori eccezionale, dopo aver giocato si usciva e si andava a mangiare insieme, c’era un clima estremamente confortevole.

Nel tennis di oggi c’è un’attenzione quasi maniacale nella preparazione fisica e tecnica, i giocatori sono seguiti anche dai mental coach. Secondo te era più difficile affermarsi e reggere le pressioni nel tennis di quegli anni rispetto ad oggi? Magari prima l’atleta aveva meno persone attorno a sé e meno supporto.
No anche prima l’atleta aveva molte persone intorno a sé. Nell’ambiente del tennis c’è sempre stata molta confusione, specialmente nei grandi tornei. E’ chiaro che con l’evoluzione del tennis, si è evoluta anche la concezione di preparazione fisica. C’è un’estrema attenzione anche all’alimentazione e quindi i giocatori tendono, specialmente quelli più bravi, a potersi permettere un entourage di persone che lo seguono attivamente tutto l’anno, anche perché il tennis di oggi è diventato estremamente veloce e quindi la preparazione atletica deve essere di un livello incredibile.

Negli ultimi tempi si sta discutendo molto sulla durate dei match, con la possibilità di uniformare i match nel maschile a quelli del femminile con solamente 3 set, per evitare i cosiddetti match maratona. Molti giocatori attuali e del passato hanno detto la loro e si sono riscontrate opinioni discordanti, tu che ne pensi?
Mah, io introdurrei i match 3 set su 5 anche tra le donne, anche perché percepiscono gli stessi soldi degli uomini. Hanno fatto questa grande lotta per uniformarsi, ma mi sembra di capire che giochino sempre al meglio dei 3 set, mentre i maschi negli Slam giocano sempre al meglio dei 5 set. Battuta a parte, credo che proprio per il discorso della grande preparazione atletica che caratterizza i giocatori oggigiorno, ed anche perché i match in 5 set si giocano solo negli Slam e in Coppa Davis, non credo si ponga il problema. Io ricordo che negli anni ’70 anche i campionati italiani si giocavano 3 set su 5 e i giocatori non erano così atletici come oggi. Però nessuno si lamentava e tutti giocavano, quindi credo che le regole non vadano cambiate poi tanto, non almeno per esigenze tecniche, semmai per esigenze televisive.

Un altro argomento sempre vivo è quello della Coppa Davis. Avendo fatto parte della nazionale italiana, ti piace la formula attuale? Negli ultimi mesi i dirigenti dell’ITF hanno aperto ad importanti cambiamenti come i match con andata e ritorno e la finale in campo neutro, cosa pensi al riguardo?
Ma sai, l’ITF da quando è stata istituita la Coppa Davis penso abbia cambiato 2 o 3 regole. Tutte queste chiacchiere mi fanno un po’ sorridere, perché l’ITF è un’istituzione molto conservativa. Poi le  proposte da parte dei giocatori ci sono sempre state: abbassare la rete, allargare il campo, palline più grandi. Ma non mi sembra che queste proposte abbiano mai attecchito. Ci sono sempre mille proposte, ma mi sembra che l’ITF non sia intenzionata a cambiare le regole. Quindi credo che aldilà della formula e di qualsiasi regola, credo che per un giocatore giocare la Coppa Davis debba essere un onore.

Proprio riguardo a questo, che ne pensi di quei giocatori che rifiutano di giocare alcuni turni della Coppa Davis per dedicarsi alla propria carriera in singolare, per poi tornare a giocare nelle fasi conclusive, vedi quarti, semifinale o finale?
Rispetto sempre le decisioni degli altri. Ognuno ha delle motivazioni personali quando fa una scelta, soprattutto quando ha una carriera da tennista. Io personalmente non avrei mai rinunciato per nulla al mondo ad un incontro di Coppa Davis. Rispetto però chi ha altri obiettivi, forse per loro più importanti da raggiungere.

Facciamo un tuffo nel passato. Durante la tua carriera hai affrontato e battuto grandi campioni come: Johan Kriek, Kim Warwick, José Higueras, Barazzutti, Andrè Agassi ed anche Adriano Panatta: qual è stato l’incontro che ricordi con più soddisfazione e qual è stato l’avversario più difficile che hai affrontato?
Ormai sono passati 25 anni da quando ho smesso, ricordo solamente delle emozioni incredibili, tantissime soddisfazioni, alcune delusioni ovviamente, perché è giusto averle in una carriera. Mi ricordo tantissimi incontri, ma non ho un match preferito. Sinceramente sono stati tutti ricordi bellissimi. Non ho nessun tipo di recriminazione, sono estremamente contento di aver giocato a tennis. Vedendo da dove sono partito non me lo sarei mai aspettato, provenivo dal basso, quindi per me tutto quello che ho conquistato è stato un regalo incredibile. Anche se fossi stato più in basso in classifica per me sarebbe stato comunque un risultato quasi irrealizzabile, confermato anche dalle percentuali che ti dicevo prima. Sono uno dei 20 giocatori italiani più forti ad aver mai calcato il circuito ATP.

Vista la mia età ho vissuto dall’esterno il rapporto all’interno del circuito fra due sorelle: Venus e Serena Williams, com’era il rapporto tra Claudio ed Adriano all’interno del circuito? Vi confrontavate scambiando consigli oppure ognuno andava avanti per la propria strada?
Noi siamo stati insieme all’interno del circuito veramente poco, perché Adriano ha smesso nel 1983 ed io sono entrato nel circuito nel 1981-1982, quindi il periodo è stato veramente breve. Non c’è stato mai tempo, giocavamo dei tornei diversi e ci siamo visti poco, ci siamo confrontati poco. E’ chiaro che con mio fratello mi ci sono confrontato sempre al di fuori, perché c’era il modo di parlare ed ho ricevuto sempre dei consigli molto utili perché Adriano tecnicamente è il numero 1. Non c’è nessuno che capisce di tennis in Italia quanto ne capisce lui. Ce l’ho avuto come capitano di Coppa Davis per tutta la mia carriera, so bene quanto fosse capace di aiutare un giocatore e tutti i giocatori che hanno avuto lui come capitano mi dicono la stessa cosa, quindi è stato oltre ad un bravo giocatore, anche un ottimo tecnico.

In Italia si fanno sempre paragoni, soprattutto quando ci sono due fratelli che fanno lo stesso sport, se hai mai letto qualcosa, ti hanno mai dato fastidio questi riferimenti, soprattutto dopo che Adriano ha smesso?
No, ero molto contento e molto orgoglioso che mio fratello fosse più forte di me. Non mi sono mai sentito in competizione con lui, un tennista è in competizione con se stesso. Ognuno fa la propria carriera e cerca di fare del proprio meglio. E’ chiaro che io avevo un fratello molto bravo, ma questo mi faceva solo piacere perché era mio fratello. Molte volte questa cosa forse è stata travisata dalle persone e da chi magari ci doveva giudicare, facendo dei paragoni inutili. Ogni giocatore è diverso, anche se è un fratello è un giocatore diverso, quindi sinceramente non ho patito molto questa cosa.

Pensi che oggi, nel giro di qualche anno, possa venire fuori un giocatore come Adriano Panatta?
Non lo so, spero che ne vengano fuori altri 10 come lui, perché quello che è riuscito a fare Adriano a livello di coinvolgimento della gente, del popolo, è stata una cosa che nel tennis poi non è riuscita più a nessuno, nonostante ci abbiano provato in tanti. Quando entrava in campo, nel bene o nel male, riusciva sempre a coinvolgere la gente. Se a quei tempi c’è stato un movimento tennistico in Italia, e se ancora oggi dopo tutti questi anni si parla ancora di Panatta nel tennis, lo si deve a lui che ha lasciato un’impronta importante. E’ uno di quegli atleti alla Tomba, che hanno fatto la storia e di cui ci si ricorda anche dopo tanti anni.

Ti chiedo un pronostico. Secondo te Djokovic quest’anno riuscirà a vincere il Roland Garros, soprattutto vista la condizione non ottimale di Nadal?
Se non lo vince quest’anno, forse lo vince il prossimo. Djokovic ha davanti a sé diversi anni per poter vincere il Roland Garros. E’ un giocatore estremamente completo, oggi mentalmente è sicuramente il più forte e sono sicuro che lo vincerà il Roland Garros, se non quest’anno il prossimo, perché lo vuole vincere e quando decide di vincere una cosa la vince.

Al momento è in un periodo di forma eccezionale. Se non lui, nel tennis moderno ci sarà qualcuno in grado di completare il Grande Slam? Dato che l’ultimo a riuscirci è stato Rod Laver.
Secondo me se lo completa, lo completa quest’anno il Grande Slam, innanzitutto perché punta a completarlo e cosa secondaria perché Nadal quest’anno lo vedo leggermente meno competitivo. Non so se farà in tempo ad essere in forma per Parigi. L’unico rischio lo corre a Wimbledon. Lì rischia di più, perché è un torneo lungo in cui puoi incontrare una giornata sfortunata o un giocatore che indovina la giornata pazzesca. Però se fa il Grande Slam, lo fa quest’anno.

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