Lo stadio Pietrangeli, il campo che assurse a mito dove tutti vogliono giocare

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Lo stadio Pietrangeli, il campo che assurse a mito dove tutti vogliono giocare

Lo stadio Pietrangeli è il posto più bello al mondo dove giocare a tennis. Per quanto voi possiate costruire un campo da tennis sott’acqua o in cima a un eliporto, coinvolgere i migliori architetti del mondo per costruire un contorno a quelle righe fisse sul campo colorato come vogliate, della superficie che più vi piaccia, non raggiungerete mai la grandezza del Pietrangeli. Perché? Perché c’è una cosa che non si può progettare e quindi realizzare: è l’atmosfera

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Foro Italico 2014 (foto C. Giuliani)
 

Se vuoi scattare la più bella fotografia del mondo di un campo da tennis, allora ti serve il Pietrangeli. Le moderne architetture dei nuovi stadi del tennis sparsi per il mondo perdono regolarmente il confronto con questo anfiteatro costruito durante il fascismo, tra il 1931 e il 1933, su progetto dell’ arch. Enrico Del Debbio. Ancora oggi il Pietrangeli, che fa parte del complesso del Foro Italico, è una delle attrattive di Roma. La storia dei campi da tennis del Foro ha avuto tanti passaggi. Dal vecchio centrale costruito con legno lamellare poi demolito per far posto al Centrale di oggi, passando per la Supertennis Arena che viene montata e smontata ad ogni edizione del torneo, fino ai tre nuovi campi da allenamento che sorgono all’ombra del campo principale di oggi. Il Pietrangeli invece è sempre rimasto dov’era: nel “cuore” del Foro Italico e sicuramente nel cuore dei romani.

Prima che il campo venisse intitolato a Nicola Pietrangeli, il campo più amato di Roma si chiamava Stadio della Pallacorda. Il piccolo anfiteatro con capienza 3720 posti, stando a quanto dichiara il Coni, è composto da una serie di gradinate di marmi bianchi, scarti dei marmi di Carrara dell’epoca, con le sedute ad angolo retto – quest’anno però la novità di qualche fila di poltroncine per costruire la tribuna autorità. Delle aiuole delimitano il campo mentre dall’alto, all’altezza del piano strada, enormi statue che raffigurano le varie attività sportive circondano l’ellisse del tennis, come a proteggerlo. Le statue vengono ripulite ad ogni inizio torneo, per farle sembrare ancora più bianche nel bellissimo contrasto con il prato verde che le ospita.
Scendere al Pietrangeli per la prima volta è una grande emozione. A seconda della scalinata che si sceglie, possiamo avere il verde di Monte Mario di fronte a noi, oppure la prospettiva libera che guarda il Tevere. Lo stadio Olimpico da una parte e il grande e nuovo campo Centrale dall’altra, completano la vista. Scendiamo le scale e cerchiamo il posto migliore per vedere la partita di tennis che, a nostro insindacabile giudizio, è quello che ci vede seduti dietro il lato corto del campo, in basso, quasi ad altezza dei giocatori e leggermente spostati rispetto al centro, in maniera tale da avere la prospettiva completa sulla traiettoria della pallina. La particolarità del campo influisce direttamente anche sulla partita. Chi è al servizio lancia la palla e questa si perde nel mosaico colorato di maglie e cappellini dietro di lui perché, solo sul Pietrangeli, il cartellone con gli sponsor sopra dal colore uniforme alle spalle dei giocatori è alto al massimo un metro e mezzo. Ma ai giocatori sta bene così.

Al Pietrangeli si va per vedere i campioni da vicino. Nei campi periferici c’è la calca, i terreni sono affastellati e i posti neanche tanti. E poi sul Pietrangeli ci sono i match migliori. Molti tifosi non possono permettersi le tribune basse del campo centrale. E dalla piccionaia, i distinti, si vede quel che si vede. Ecco perché, soprattutto nei primi giorni di gara, il campo “centrale” è l’ex stadio della Pallacorda. Ci sono i match fa giocatori non di primissimo piano – non sempre – e quindi in genere partite più combattute, che spesso si allungano e diventano epiche. Sul Centrale, invece, le star del tennis lasciano le briciole ai Carneadi dei primi turni.
Solo sul Pietrangeli puoi sentire così vicino il calore del pubblico
, ammesso che sia dalla tua parte. Questo è quello che voleva quest’anno Fabio Fognini, che ha chiesto di giocare sul Pietrangeli per ritrovare il feeling con il pubblico romano, dopo i fischi del 2014 sul centrale dopo la sconfitta al primo turno contro Rosol. E allora cosa c’è di meglio che avere i romani a pochi metri? Cosa c’è di meglio che sentire l’incessante “Daje Fabio” dopo ogni suo punto o dopo ogni suo errore così forte nelle orecchie? Dimitrov ne sa qualcosa, lui che proprio un anno fa sentì l’amore locale quando batté Berdych sul Pietrangeli, facendo innamorare il pubblico con i suoi numerosi hot shot. E proprio Berdych ha sperimentato sulla pelle il lato negativo del pubblico romano, quello che emerge quando c’è da “aiutare” in campo un connazionale. E allora, addirittura, si arriva a fischiare Berdych all’ingresso in campo, o si esulta come un gol segnato dopo i suoi errori. Eccessi del pubblico che hanno poco a che vedere con il giusto comportamento dello spettatore di tennis, quello che mai applaudirebbe o gioirebbe sull’errore di uno dei contendenti.

Ma in passato è successo anche di peggio: ricordate la vicenda del panino? Alberto Mancini, tennista argentino, vince il torneo del Foro Italico nel 1989 battendo Andre Agassi, dopo aver annullato un matchpoint. L’anno dopo, anche per via di alcuni infortuni, scende molto in classifica tanto che, nel 1991, a Roma, deve giocare le qualificazioni. Alberto si qualifica al tabellone principale, batte l’haitiano Agénor al primo turno e lo svedese Jonas Svensson al secondo. Il pubblico romano lo ama e affolla il suo match di terzo turno, programmato sul Pietrangeli, dove Mancini sfida l’olandese Koevermans. In teoria una partita abbastanza facile per l’argentino. Invece le cose vanno male e l’olandese, in vantaggio per 6-4 5-4 30-15, scende a rete e chiude una volée. Sarebbero due match point. E invece no. Perché dalle tribune del Pietrangeli arriva in campo un panino con la mortadella proprio nella fase conclusiva del punto. Si rigioca il punto e sapete già come finisce la storia: Mancini vince il match. Perderà poi con Emilio Sanchez la finale del torneo.

Storie così sul Pietrangeli se ne sono viste molte. Per quest’anno però sono finite. Ora si gioca solo sul centrale, i campioni, e sul Grand Stand, i figli di un tennis minore. Però vedrete che mentre camminerete nel largo viale, lo struscio del Foro Italico, vi verrà voglia di andare a seguire i doppi programmati di qui alla fine della settimana. Sarete pochi intimi sugli spalti, avrete tutto lo spazio che vorrete sui marmi bianchi che amplificano i raggi solari, e potrete scurire ancora di più il colore della vostra pelle. Ché poi tornare in ufficio a maggio con l’abbronzatura del tennis fa molto fico.

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