Il fantastico flash-back di Francesca Schiavone, viva quanto il dibattito su Nadal-Bernardes

Editoriali del Direttore

Il fantastico flash-back di Francesca Schiavone, viva quanto il dibattito su Nadal-Bernardes

Grande Simone Bolelli, simile a quello che mise k.o Del Potro. Quel giornalismo sensazionalistico che non mi piace. Il paravento di chi non esprime opinioni ma fa il raccoglitore di frasi dei tennisti. Perchè sulla regola del time-violation la massima discrezionalità è inevitabile

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Accenno anche qui al botta e risposta con Rafa Nadal – da leggere in altro articolo – sulla questione, per me più importante che per altri, degli arbitri e della necessità che, anche in uno sport in cui la loro influenza è diminuita e diventata minima dai tempi in cui esiste l’Occhio di Falco (ma non su tutti i campi, attenzione…e non sulla terra rossa perché il segno si vede), ci sia fair-play e non si arrivi a incrinare la loro autonomia, rendendoli vittime di quella sudditanza psicologica che negli arbitri di calcio ancora persiste nei confronti delle “grandi”.

Se chi non può arbitrare un top-player rischia di non poter arbitrare più le finali, come ha denunciato Wawrinka, il pericolo c’è e va combattuto, a mio avviso.

Ci sono regole che non possono sottrarsi alla discrezionalità. Quella del time-violation, ad esempio. Non si può mettere un cronometro sul campo e cavarsela così. Il superamento dei 25 secondi nei tornei ATP o dei 20 secondi negli Slam, può dipendere da mille fattori, e non solo dal giocatore che serve. Può dipendere dal pubblico che rumoreggia, per applaudire o fischiare, da spettatori che tardano a sedersi, da fattori esterni, da uno scambio allucinante di oltre 20/30/50 colpi che non merita di essere seguito da una pallata alla va o alla spacca perché uno non ha ripreso ancora a respirare. Nadal ha ragione quando dice che anche la qualità del gioco va protetta, se si vuole per forza accelerare i tempi fra uno scambio e un altro. Anche le diverse situazioni di punteggio possono meritare un diverso rispetto. I punti di un tiebreak – si dice sempre – valgono il doppio, ed è giusto che vengano “contabilizzati” temporalmente come quelli di un primo o secondo game?  Ma Nadal ha torto marcio se – consapevolmente, volutamente, inconsciamente? Per cercare la sua maggior concentrazione, per disturbare quella di un avversario impaziente o più fresco? La verità la sa solo lui – in qualche modo se ne approfitta.

Mi è parso curioso che oggi uno degli arbitri più noti e rispettati, il francese Pascal Maria – che guarda caso era stato designato mercoledì ad arbitrare due giocatori dallo spirito “bollente” come Fognini e Paire – abbia affibbiato un warning per time-violation a Andy Murray, costretto a ricorrere al secondo servizio come penalità. Lo scozzese di solito non è lento a mettersi in azione, punto dopo punto. Che sia stato un…messaggio indiretto a Rafa Nadal, un’istruzione precisa data agli arbitri di maggiore personalità, perché non venga lasciato solo al suo destino il “troppo rigido” (secondo Nadal) Bernardes? Se tutti gli arbitri riuscissero ad avere comportamenti coerenti e simili anche in queste situazioni di alta ed inevitabile discrezionalità, e facessero rispettare quella regola con la stessa serietà di Bernardes, forse i casi “Nadal-Bernardes” – e tutti gli altri casi che, come ho scritto ieri, sono molto più numerosi di quanto si creda perchè non c’è davvero solo Nadal (bisogna dare atto a Rafa di aver scoperchiato il vaso di Pandora con la sua uscita, mentre altri si sono nascosti…non so, perché più furbi o perché meno dotati di personalità ) – non si ripeterebbero più. O comunque con minor frequenza.

Passo al tennis giocato, anche se respingo la tesi di Nadal che se sollevo questi argomenti lo faccio per amor di polemica, per provocare (tesi prediletta anche di alcuni miei lettori). Secondo me sono argomenti importanti. Riguardano l’etica del gioco, dei protagonisti, dei comportamenti. E richiedono coerenza applicativa. Io mi sbaglio spesso, ma cerco sempre di esprimere opinioni. Ritengo che questo debba essere il mio mestiere, più che quello del raccoglitore di frasi pronunciate da altri. Quelle si trovano dappertutto, su qualsiasi agenzia. Su qualsiasi transcript, anche se la selezione degli argomenti o delle frasi richiede comunque un minimo di qualità. Ma resta un minimo, un paravento dietro al quale nascondere la propria povertà di idee e di opinioni. Passo, dopo questa filippica, al tennis giocato.

Ci sono duelli che per via del confronto di stili, o anche per strane alchimie, vengono fuori quasi sempre belli. Era il caso di Borg-McEnroe, di Becker-Edberg, Sampras-Agassi, Federer-Nadal, ma anche Federer-Djokovic, e fra le donne Navratilova-Evert, Graf-Sabatini, Graf-Seles, Henin-Clijsters. Parlo di livelli assoluti. Beh, adesso credo che meritino di entrare in quella cerchia anche Schiavone-Kuznetsova

La milanese e la russa cresciuta in Spagna alla scuola di Sanchez-Casal (10 campi in cemento e 7 in terra, per chi non lo sapesse…quindi chi pensa che l’altro celebre frequentatore, Andy Murray, avrebbe dovuto venir su da terraiolo non sa molto della Tennis Academy dei due ex campioni spagnoli!) non avranno magari il nome e il palmares dei tennisti sopra citati, ma sono pur sempre due vincitrici di Slam – 2 Svetlana e 1 Francesca, ma con qualche finale in più – e ciascuna delle loro quattro partite è sempre finita al terzo set. Ma al di là della durata record assoluto per un match femminile in uno Slam, 4h e 44m in Australia 2011, 3h e 50 oggi, sono sempre stati anche match di grande qualità, fortemente spettacolari, ricchi di emozioni, di matchpoint salvati (6 a Melbourne e 1 a Parigi per Francesca), di rovesciamenti di fronte. Insomma un cocktail completo in cui non è mancato nulla. Un bel tennis davvero.

Onestamente, non provo imbarazzo a confessarlo, non credevo che Francesca sarebbe stata più capace di prestazioni come queste. L’ho vista troppe volte, in questi ultimi mesi e anni, giocare davvero male. Al volo ricordo sì una sua vittoria sulla Kerber a Stoccarda a febbraio – ma la tedesca mi sembrò la controfigura di se stessa, giocò malissimo – e due anni fa al terzo turno a Parigi quando battè la Bartoli, e a Roma con le vittorie sulla Bouchard e sulla Muguruza, ma insomma, due o tre rondini non fanno primavera. Contro la cinese Wang non mi era parsa in gran forma, però le avevo attribuito un aggettivo, irriducibile, che si riferiva sia alla sua rimonta – aveva infatti perso il primo set – sia alla sua tenacia nel non mollare l’attività agonistica a dispetto di un calo apparentemente inarrestabile di prestazioni e di classifica. Qui si è presentata al Roland Garros da n.92, e queste due vittorie le consentiranno di recuperare comunque qualche posizione. Ciò anche se non avessero il seguito che le auguro, e che la classifica della sua “sconosciuta” avversaria rumena Mitu, n.100 Wta (coetanea della Halep, dalla quale la separano soltanto cinque giorni di differenza… ma fino a quest’anno aveva giocato solo 14 tornei ITF salvo che a Wimbledon lo scorso anno) paiono rendere possibile. Non diciamo più probabile, però. Nella peggiore delle ipotesi sarà il match di …una leggenda contro un mitu. (battutaccia da arrossire!). A vedere la sua partita mi sono proprio divertito. Scambi bellissimi, intensi, sostenuti. La risposta di rovescio lungolinea, straordinariamente aggressiva, con cui Francesca ha annullato il matchpoint, da solo avrebbe potuto valere il prezzo del biglietto. Un matchpoint soltanto, quello non sfruttato – ma guai a dire mancato: la Kuznetsova non poteva farci nulla – a confronto con i sei matchpoint che Svetlana si vide annullare in Australia.

Poiché non sono un giocatore, e non sono obbligato alla routine di chi deve dire “Io guardo un match alla volta”, ma un giornalista, mi sembra opportuno segnalare che a seguito della sconfitta al primo turno della Bouchard con la Mladenovic (poi vittoriosa anche al secondo con la Kovinic) si è aperto un discreto corridoio che la Schiavone di qualche anno fa avrebbe probabilmente infilato con bella decisione.

Così come mi ha fatto grande piacere la resurrezione di Francesca, idem dicasi per la splendida prova di Simone Bolelli. Victor Troicki non avrà forse giocato al meglio delle sue possibilità, ma a Simone non avevo più visto giocare una partita così solida, continua, brillante, dacchè proprio qui al Roland Garros lo vidi battere Thomas Berdych nel 2009. Mi entusiasmai talmente quel giorno, con Bolelli che sei anni fa era ancora un giovane di belle speranze, che gli pronosticai un potenziale avvenire da top20 – e mi pare anche qualcosina di più- che purtroppo non si è mai realizzato. Anche per via di troppi infortuni, oltre che di problematiche extrasportive – come la polemica in cui si trovò ad imbastire con la Federazione quando era allenato da Claudio Pistolesi – che certamente hanno ritardato e nuociuto alla sua carriera. Carriera che sembrava a rischio quando si è dovuto operare per la seconda volta al polso, ma che ora potrebbe trovare nuovo impulso. Peccato che gli sia toccato adesso, dopo Darcis e Troicki, quel… cagnaccio di Ferrer che non molla mai un punto e con Bolelli non ha mai perso un set in cinque incontri. Compreso quello del secondo turno l’anno scorso qui.

D’altra parte al terzo turno di uno Slam non si può pretendere di non incontrare avversari scomodi, quando si è solo n.60 del mondo. Sempre meglio incontrare Ferrer al terzo turno che al secondo, avrebbe detto lo scomparso Catalano, “filosofo” di Renzo Arbore in tanti show d’una indimenticabile televisione.

Zitta zitta si sta riprendendo un tantino anche Sara Errani, che magari non convince ma almeno vince. Però con la Petkovic, che un anno fa la battè qui 6-2 6-2, sarà non dura ma durissima. Tuttavia dei superstiti azzurri, direi che è forse più lei con la Petkovic che Flavia Pennetta con la Suarez Navarro e soprattutto Bolelli con Ferrer, ad avere più chances per raggiungere il traguardo degli ottavi di finale. Sette azzurri erano approdati al secondo turno, quattro al terzo (e il solo Simone Bolelli contro pronostico) non è un bilancio già brillante, ma non è neppure così deludente. Certo non si poteva pretendere che Arnaboldi battesse anche Cilic, il vincitore dell’ultimo US open, anche se nel primo set quando ha conquistato 2 setpoint ci ha per un attimo illusi sulla possibilità del colpaccio.

Onestamente quando ieri ho letto titoli entusiasti su Arnaboldi e le sue eroiche imprese, mi sono detto, pur con tutta la simpatia che Arnaboldi certo merita: ma vi rendete conto che ha superato un primo turno, sia pure in rimonta, , sia pure annullando matchpoint dopo epiche rimonte e maratone anche nelle qualificazioni? Se avesse, lui o un altro, raggiunto una semifinale di uno Slam, che titoli mai avremmo visto? Nostalgia per successi che non vengono più? Non è controproducente presentare come una sorta di eroe omerico qualcuno che sappiamo benissimo che al turno dopo, salvo miracoli, verrà schizzato fuori? È buon giornalismo questo? Secondo me no. La difficoltà, o l’incapacità, di trovare argomenti veri, pregnanti, fa sì che escano questi articoli – e ripeto, non voglio togliere nulla ad Arnaboldi che mi sta simpaticissimo e che ricordo aver visto vincere nel 2004 il torneo giovanile di Pasqua a Firenze – che secondo me disorientano i lettori e finiscono per essere dei veri boomerang.

Diversa è l’eventuale enfatizzazione di una Leonessa che torna a ruggire proprio nel torneo che lei vinse nel 2010 e la vide in finale nel 2011. Lì c’è la storia di una campionessa che, diciamo la verità, sembrava finita e che molti invitavano ad accettare la pensione, e che invece è capace di tirare ancora fuori gli artigli e giocare come ai bei tempi. La storia c’è, anche se nessuno può illudersi troppo che …la leggenda continui.

Per il resto oggi mi pare che non sia successo granché, sconfitta della Wozniacki a parte con la Goerges, la tedesca che ogni tanto azzecca l’exploit. Certo un po’ d’invidia per i successi dei giovani australiani – Kokkinakis che ha annullato tre matchpoint nel derby australiano a Tomic e Kyrgios che è ancora in piena corsa – è impossibile non nutrirla nel giorno in cui Coric ha battuto Robredo in cinque set ripensando a tutte le speranze che avevamo riposto in Gianluigi Quinzi. Ma non sono speranze perdute. Fra lui, Donati e Napolitano magari qualcuno prima o poi verrà fuori. Non fosse altro che per il calcolo delle probabilità. Qui di giovani interessanti ne abbiamo visti diversi, giapponesi, coreani, croati, russi, australiani. E gli italiani? Boh…

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