Le contraddizioni di Samantha Stosur

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Le contraddizioni di Samantha Stosur

Vincendo a Bad Gastein in finale contro Karin Knapp, Samantha Stosur si è aggiudicata il secondo torneo in carriera sulla terra battuta

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Domenica scorsa Samantha Stosur ha vinto il suo ottavo torneo, a Bad Gastein, in finale contro una Karin Knapp sfortunatissima, obbligata a giocare sei set in una sola giornata (semifinale contro Errani di mattina, finale contro Stosur nel pomeriggio), dopo che aveva già dovuto affrontare ottavi e quarti in un solo giorno. E così, Samantha ha finito per vincere il torneo per sfinimento dell’avversaria.

Adesso che Stosur sta vivendo gli ultimi anni di carriera (è nata a Brisbane il 30 marzo 1984), e in qualche occasione ha anche confessato di avere pensato al ritiro si avvicina il momento del bilancio finale. E mai come nel suo caso credo che chi l’ha vista giocare si dovrà preparare a fare da memoria storica per raccontare le sue autentiche caratteristiche di gioco, al di là di quello che comunica l’albo d’oro. Lo dico perché, come sempre quando devo trattare di una giocatrice, sono andato a rivedere il suo palmarès e l’ho trovato bugiardo.

Mi rendo conto che definire un palmarès “bugiardo” può sembrare del tutto illogico. In fondo il palmarès è un elenco di risultati; e un elenco di risultati se è correttamente riportato è sempre veritiero, non può mentire.
Eppure nel caso di Stosur secondo me non restituisce le sue caratteristiche, e sono convinto che se qualcuno tra qualche anno lo scorrerà superficialmente si farà un’idea sbagliata del suo tennis. Solo la pazienza necessaria ad un maggiore approfondimento potrà, forse, evitare l’equivoco.

Se infatti controlliamo l’elenco delle vittorie troviamo soprattutto tornei sul cemento (5 su 8) nel periodo 2011-2013. Addirittura fino a quest’anno Stosur non aveva mai vinto un torneo sul rosso, visto che sulla terra vantava una sola vittoria sull’Har-Tru di Charleston, nel 2010. E non credo possano spostare gli equilibri i due successi del 2015 sulla terra europea, in tornei minori come Strasburgo e Bad Gastein.
Infine si deve aggiungere la grande vittoria: lo Slam del 2011, sempre sul cemento, a Flushing Meadows.

Dopo avere elencato tutto questo, penso proprio che diventerà indispensabile la memoria storica di chi l’ha seguita in tutta la carriera, e potrà quindi almeno tentare di limitare il fraintendimento che le vittorie suggeriscono. Provo a spiegare perché.
Intanto il periodo tennistico migliore non è stato quello dal 2011 a oggi, ma va datato (e concluso) con un paio di stagioni di anticipo. Non lo chiarisce l’albo d’oro, ma il ranking: 52ma nel 2008, 13ma nel 2009, 6a nel 2010 e 2011, 9a nel 2012 e poi in discesa negli anni successivi (18ma nel 2013, 23ma nel 2014. oggi è 21ma).

E ugualmente la superficie migliore, quella su cui con più regolarità ha espresso il  massimo livello di gioco, non è stata il cemento, ma la terra battuta. Anche in questo caso non ce lo dicono le vittorie, ma bisogna recuperare altri dati, spulciando i “piazzamenti”: semifinalista due volte al Roland Garros nel 2009 e 2012, e finalista nel 2010. Sul cemento Stosur vanta il solo, enorme, exploit della vittoria newyorkese del 2011, ma per il resto in uno Slam non è mai andata oltre i quarti di finale.

C’è invece stato un periodo, dal 2009 al 2012 in cui Samantha è stata una delle poche giocatrici che migliorava sulla terra battuta. Dopo il ritiro di Justine Henin (titolo nel 2007) a Parigi si sono succedute vincitrici differenti: 2008 Ivanovic, 2009 Kuznetsova, 2010 Schiavone, 2011 Li Na (che sulla terra in carriera ha vinto solo quel torneo); in quel periodo Stosur ha avuto occasioni per aggiudicarsi il Roland Garros, ma la paura di vincere al dunque l’ha spesso bloccata.
Dal 2012 prima Sharapova e poi Serena grazie anche alla preparazione specifica per la superficie hanno saputo collocarsi ai vertici del movimento femminile sulla terra battuta, limitando gli spazi per le outsider.
E non è un caso che l’ultima grande partita della miglior Stosur sia stata probabilmente quella persa contro Maria Sharapova nel 2014 sempre al Roland Garros: un match in cui per due set si era rivista la giocatrice potente e pericolosissima con il servizio e il dritto dei tempi d’oro; una partita che Sharapova seppe rovesciare grazie alle straordinarie risorse caratteriali, in uno degli incontri mentalmente più duri degli ultimi anni (3-6, 6-4, 6-0). Una match molto simile, per intensità, ad un altro disputato tra Stosur e Sharapova a Stoccarda nel 2012 (6-7, 7-6, 7-5). Sempre sul rosso.
Del resto Samantha aveva anche saputo sconfiggere Serena Williams al Roland Garros nel 2010, anno in cui poi raggiunse la finale perdendo da Francesca Schiavone.
E se, infine, proprio non vogliamo fidarci dei ricordi relativi ai grandi match, abbiamo la conferma con la percentuale di vittorie di carriera: ad oggi è del 60% sul duro (314-213) e del 65% sulla terra (123-66).

Se ci si limita al palmarès di Samantha Stosur, dunque, il rischio del fraintendimento è dietro l’angolo.
In realtà mi verrebbe da dire che il rischio del fraintendimento nei suoi confronti è molto più esteso, e comincia dalla presenza in campo: un fisico da culturista, una camminata decisa e un modo di fare apparentemente da dura, rafforzato dagli occhiali che rendono l’espressione del volto imperscrutabile.
A prima vista, naturalmente: perché se si seguono i match notturni, in cui Samantha rinuncia agli occhiali da sole, capita spesso di scoprire il suo sguardo titubante, che tradisce tutti i timori di giocatrice dal carattere fragile. Non ha mai finito di sorprendermi la contraddizione dello sguardo da Bambi su quel corpo tanto muscoloso, contrasto estremo tra forza fisica e fragilità caratteriale.

Ma a ben vedere le contraddizioni non si fermano qui. Ne elenco altre: quante volte si è vista una giocatrice australiana che soffre sull’erba (54% di vittorie)? A tal punto che non ha mai raggiunto la seconda settimana di Wimbledon (tre terzi turni in tredici partecipazioni come miglior risultato).
Eppure con un servizio come il suo sembrerebbero esserci le basi per fare bene. In realtà hanno prevalso i problemi in risposta e negli spostamenti, oltre alla difficoltà nel gestire i colpi dal rimbalzo basso.

E poi: quante volte si è vista una giocatrice che si è dedicata soprattutto al doppio ad inizio carriera, e non alla fine? Eppure Stosur si è fatta conoscere inizialmente proprio come compagna di doppio di Lisa Raymond, con cui ha vinto due Slam e raggiunto tre delle quattro finali in carriera come doppista.
Altro rischio di fraintendimento: malgrado il sicuro valore come doppista, Stosur in singolare non è mai stata un fenomeno nelle volèe, perché gli spostamenti (sia laterali che in avanti) non sono il suo forte.

Sul piano tecnico Stosur è forse la giocatrice con le caratteristiche più maschili del circuito: il suo è un tennis in cui la forza è una componente fondamentale; il servizio migliore è quello in kick, che esegue come poche, grazie alla grande potenza non solo di braccio ma anche di schiena e gambe. Il colpo migliore da fondo è il dritto carico di top spin, con una rotazione che forse nessun’altra giocatrice è in grado di dare. E tutti quei “giri” alla palla sono prodotti proprio grazie alla forza fisica superiore.

Nei momenti migliori, con queste due armi Stosur ha spesso saputo fare la differenza, riuscendo anche a mascherare i limiti di mobilità e di un rovescio che agli inizi di carriera era un colpo molto incerto. I primi anni tendeva a giocarlo quasi esclusivamente in back, ma con un movimento così arrangiato da permetterle un controllo limitato. Paradossalmente proprio il controllo imperfetto finiva per renderlo imprevedibile per le avversarie: infatti con lo stesso movimento poteva a volte produrre degli slice profondi, a volte invece, quando erano scentrati, quegli slice potevano trasformarsi in palle più corte, dei mezzi drop-shot di difficile lettura, proprio perché non intenzionali.

In sintesi: una giocatrice profondamente asimmetrica, tanto asimmetrica che contro di lei la tattica era per quasi tutte sempre la stessa: quella di farle giocare il più possibile di rovescio, e di evitarle il dritto da ferma.
C’era però una controindicazione a rendere il tutto più difficile. Il vero colpo killer da fondo di Stosur, quello che negli anni migliori era quasi inesorabile, non era il dritto tradizionale, ma quello anomalo, giocato dall’angolo sinistro del campo.
E quindi se le si offrivano parabole sulla diagonale sinistra di campo occorreva avere la certezza di non darle il tempo di “girare” attorno alla palla per colpire di dritto, perché quella era esattamente la situazione preferita di Samantha.

Le giocatrici che la sapevano disinnescare meglio (come Sharapova, Azarenka, o Pennetta) erano quelle che univano due qualità: innanzitutto la capacità di rispondere con il rovescio agli alti kick del servizio di Samantha, e poi quella di saper mixare correttamente la spinta sulla diagonale sinistra con improvvisi rovesciamenti di fronte per coglierla impreparata e farla colpire in corsa dalla parte del dritto (l’unica modalità per impedirle di esplodere top spin devastanti, perché quando erano colpiti da ferma erano sostanzialmente ingiocabili).

Chi non riusciva ad assommare queste due caratteristiche, finiva per essere travolta dalla potenza. Ad esempio Li Na, faticava moltissimo in risposta e questo troppo spesso le impediva di impostare scambi equilibrati. Ma anche Radwanska soffriva l’eccessivo scarto di forza muscolare in campo.

Un breve approfondimento lo merita il confronto con Serena Williams. Se è vero che Serena contro Samantha vanta numeri favorevoli (8-3) è anche vero che sono diventati così positivi negli ultimi anni, quelli in cui Stosur è calata rispetto al periodo migliore. Rimane comunque la statistica a favore di Samantha negli Slam (2-1). Credo che questo dato consenta almeno due differenti chiavi di lettura.

La prima è questa: personalmente sono convinto che in alcune fasi di carriera Serena abbia mostrato dei limiti tattici; troppo spesso convinta di avere comunque la meglio, scendeva in campo senza curarsi di evitare i punti forti delle avversarie e di insistere su quelli deboli. E così contro Stosur ci sono stati match in cui invece di evitare di farle colpire il dritto da ferma l’ha affrontata come se avesse di fronte una giocatrice qualsiasi, venendo punita. Ecco ad esempio il game finale degli US Open 2011; punti vinti servendo sul rovescio di Stosur: 2 su 2. Servendo sul dritto: 1 su 5.

Errori di presunzione che Serena negli ultimi anni, da quando collabora con Mouratoglou, non commette più.

La seconda chiave di lettura è invece psicologica. Pur essendo per indole una “front runner”, cioè una giocatrice che tende a dare il meglio di sé quando è avanti nel punteggio, Stosur ha sempre avuto un grave limite quando doveva affrontare le partite importanti da favorita. Si poteva quasi essere sicuri che se doveva disputare grandi match con il pronostico dalla sua, avrebbe finito per perderli.
E per la difficoltà a gestire la pressione da favorita non ha mai giocato bene i tornei di casa, in Australia.

A questa regola non si sono sottratte le due finali Slam disputate in carriera: a Parigi era data favorita contro Schiavone, sia per il cammino compiuto durante il torneo (aveva sconfitto Serena ed Henin) sia per i precedenti (4-1 avanti nel momento di disputare la finale). E ha finito per perdere in due set.
L’opposto a New York: contro Serena tutte partono sfavorite, e la situazione di non avere nulla da perdere era quella ideale per Samantha: contro una Serena che non aveva concesso un set in tutto il torneo, seppe giocare una partita perfetta, con un rovescio incredibilmente solido e un dritto devastante. Al contrario Williams diede l’impressione di giocare contratta con l’eccezione, forse, solo dei game successivi al famoso quindici perso per hindrance.

Quel torneo per Samantha fu una avventura probabilmente irripetibile per i tanti episodi che lo contraddistinsero: la partita-maratona contro Nadia Petrova (7-6, 6-7, 7-5) quella con il tiebreak più lungo (perso 17-15 contro Maria Kirilenko) e anche la fortuna di evitare in semifinale la “bestia nera” Pennetta, sconfitta nel turno precedente dalla (allora) sconosciuta Angelique Kerber.
A questo va aggiunto il fatto che in una edizione calda e piovosa, le capitarono tanti incontri serali, con un clima tutto sommato più accettabile rispetto ai disagi affrontati da molte avversarie, che invece avevano avuto la programmazione rivoluzionata dalla pioggia o match disputati al caldo del pomeriggio.
La classica situazione in cui tutti i pianeti si allineano nel modo giusto, e si riesce di conseguenza a raccogliere il risultato che dà lustro ad un’intera carriera. E così Samantha può vantare di essere una delle tre sole giocatrici capaci di sconfiggere in una finale Slam Serena Williams (le altre sono Venus e Sharapova).

Oggi Stosur, a 31 anni compiuti, ha perso qualcosa sul piano della incisività di gioco; dopo diverse stagioni in top ten è arrivata una fase di declino. Nei primi momenti di crisi aveva lasciato il suo storico coach David Taylor, ma recentemente è tornata a lavorare con lui. Da allora ha vinto i due tornei sul rosso citati all’inizio (Strasburgo e Bad Gastein).

A mio avviso non ha mai eseguito così bene il rovescio come negli ultimi due-tre anni: non che sia diventato un colpo fenomenale, ma è più stabile e sicuro. Oggi può permettersi di giocarlo in topspin quando vuole, e non solo se spinta dalla disperazione, come le capitava in alcuni frangenti di carriera, quando per uscire dalla diagonale sfavorevole a volte azzardava il lungolinea alla “va o la spacca”.
Direi che Stosur è diventata una giocatrice più simmetrica e tutto sommato più solida tecnicamente, ma il progresso tecnico non ha compensato a sufficienza la minore efficacia dei colpi migliori. Per tornare la tennista devastante di un tempo occorrerebbe un recupero di potenza che mi pare improbabile, dato che normalmente il logorio delle stagioni tende a incidere prima sul rendimento dei giocatori più fisici.

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