Errani oltre la febbre: «Mai stata così male» (Azzolini). Fognini lo spaventa-Nadal. Seppi, incrocio pericoloso (Martucci). Dimitrov, buco nero di Federer (Valesio)

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Errani oltre la febbre: «Mai stata così male» (Azzolini). Fognini lo spaventa-Nadal. Seppi, incrocio pericoloso (Martucci). Dimitrov, buco nero di Federer (Valesio)

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Errani oltre la febbre: «Mai stata così male» (Daniele Azzolini, Tuttosport).
E’ sport d’inganno e di apparenza il tennis, è scontro fisico senza contatto, ed è sport di grandi cantonate in cui i primi a cadere sono proprio i giocatori. Conoscete Sara Errani? La domanda bisognerebbe rivolgerla a Jelena Ostapenko, che ha diciotto anni e viene dalla lontana Lettonia, ma questa non è una giustificazione: Sara la devi conoscere. Una che ha fatto finale al Roland Garros, Career Grand Slam in doppio, dove ha detenuto per oltre un anno la leadership, fa parte della storia moderna del nostro sport. Ma per Jelena, è una sconosciuta. Altrimenti saprebbe che la più piccina fra tutte, è la più forte dentro. Che ha un’anima di cemento armato. E riserve di energia che nessuno sa dove nasconda… Avrebbe dovuto sapere che non basta darle sei zero nel primo set, e vederla vacillare sotto il caldo, in una delle rare esibizioni costipate della nostra, per avere la certezza della vittoria. Sara non regala partite. Gliele devi prendere, meglio, strappargliele. «Sto male», racconta, imbacuccata nella tuta neanche fosse inverno, «caldo e aria condizionata mi hanno ammaccato di brutto, stavolta Vedevo doppio. No, triplo. Nemmeno…Certe volte la pallina non la vedevo proprio. Sono rimasta lì, ad aspettare non so bene cosa. Ma se lei avesse continuato come nel primo set, mi sarei ritirata». Sara ha continuato ad aspettare, e Jelena deve essersi convinta che la sua vittoria fosse scontata. Non si è accorta che Sara non reggeva quattro scambi, e ha cercato di batterla in fretta, con dei serrati uno-due. È bastato quello e un’aspirina mandata giù nel primo set, per rianimare Sarita: «Vediamo se mi prendi», è sembrata dirle. E quella le sparava al corpo. Un buon modo per buttarle tutte fuori. «Ora, antibiotici… e poi, la Stosur; una tennista che mi piace da pazzi. I la colpi fenomenali, servizio e dritto da far invidia». La Stosur è stata l’ultima a vincere questo torneo prima del dominio di Serena, e anche l’ultima a battere la Williams su questi campi. Ma è anche l’avversaria che Sara soffocò nella semifinale del Roland Garros 2012, dopo averci perduto cinque volte di seguito. E che tornò a battere nello stesso anno nel round robin del Master. Passando agli altri azzurri impegnati su questi campi, non basta a Karin Knapp affrontare a viso aperto Angelique Kerber. Regge il confronto fin quando i muscoli tengono, ma l’altra è abituata a ritmi ancora sconosciuti all’azzurra, che inoltre ha accusato un dolorino al ginocchio: si spera che non sia nulla di degno di nota. Il break sul 5 pari del primo set mette, di fatto, fine al match. Un peccato di presunzione, invece, mette alla porta Bolelli e Fognini alla prima del doppio. Entrano in partita solo nel secondo set, e la trascinano al tie break del terzo. Ma finiscono per spendere troppo, ed escono mogi e rabbuiati.

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Fognini lo spaventa-Nadal. Seppi, incrocio pericoloso (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport).
«Rafa, che cosa ti crea problemi del gioco di Fognini?». Alla domanda secca del cronista Nadal, dopo la fatica contro Schwartzman, risponde altrettanto seccamente: «Quest’anno mi ha battuto due volte, prima non c’era mai riuscito. Giocò bene anche a Pechino, sul cemento, ma portai a casa il match. Ha grande talento: quando gioca bene, è un avversario difficile per chiunque, non solo per me». Fabio è la bestia nera di Nadal. Oggi la riprova, nel terzo turno sul cemento degli Us Open. Molto più difficile è la sfida di Andreas Seppi al numero 1 del mondo, Novak Djokovic, campione quest’anno di due Slam in tre finali Majors, perché dovrà snaturarsi: non insistiti palleggi da fondo, ma accelerazione al massimo delle operazioni, con aggressività. Il problema di Rafa con Fabio è tecnico, ma è anche mentale. «Già al Roland Garros 2013, Fabio perse in tre set, molto equilibrati, poi a Pechino si arrese ma era avanti un set ed un break, e quest’anno l’ha battuto due volte, a Rio e a Barcellona, perdendoci di un soffio nella finale di Amburgo», sottolinea il coach storico di Seppi, Massimo Sartori. «A Rafa dà fastidio Fabio per il suo rovescio che lo costringe a colpire la palla dal basso col dritto, perché gli toglie la posizione in campo, e cambia quando vuole la direzione della palla, creandogli altri problemi col lungolinea di dritto». Imprevedibilità ed accelerazioni disturbano la costruzione dello scambio di Nadal. «Il match lascia speranze perché Fabio fa soffrire Rafa col suo rovescio che incoccia il dritto del mancino, su una diagonale importante. Eppoi, se Rafa accorcia, Fabio prende il campo e spinge molto bene, aggredendolo», suggerisce il c.t Barazzutti. Che glissa sullo scontro di Amburgo del 2 agosto, quando l’italiano ha perso le staffe – giustamente – per i continui suggerimenti di zio Toni Nadal e ha proprio mandato a quel paese Rafa che lo difendeva. E, anche se adesso taglia corto («Spero che restiamo amici. Per me la questione è finita lì, io ho tantissimo rispetto per lui per quello che ha fatto e per quello che farà per questo sport»), il litigio ha lasciato uno strascico alla vigilia della sfida numero 8, che dice 5-2 Rafa, ma 2-1 quest’anno per Fabio. Che attacca: «Anche se la distanza dei cinque set lo aiuta, so che ho le armi per metterlo in difficoltà. Sono disposto a rischiare, perché se lui gioca da fondo sbaglia poco». Anche Seppi, per mettere in difficoltà Djokovic, deve attaccare. Ma la miscela delle caratteristiche con il serbo di gomma gli è sfavorevole, quanto i precedenti: 0-10. «Intanto deve giocare meglio delle prime due partite, con Paul e Gabashvili, poi deve prendere il tempo a Djokovic, sbagliando poco, come fece al Roland Garros, facendogli prendere un bello spavento. Insomma, deve alzare il livello contro un avversario, però, che sta giocando il suo miglior tennis», sentenzia Barazzutti che designerà proprio Seppi e Fognini singolaristi per lo spareggio di Davis in Russia del 18-20 settembre. «Il Djokovic visto nel torneo gioca molto vicino al campo ed anticipa i tempi. Andreas dovrà assolutamente evitare che Djokovic si organizzi, sperando di metterlo in tensione come quando ha battuto Federer agli Australian Open. Altrimenti è destinato a correre e basta», sostiene coach Sartori, che ben ricorda però il 4-6 6-7 6-3 7-5 6-3 del Roland Garros 2012. Anche se l’allievo è negativo: «Non credo che il mio compito sia più difficile rispetto a quello di Fabio, io non ce la farò mai a battere Nole, anche se è calato rispetto a 6/7 mesi fa. Non sento bene i colpi, soprattutto sul dritto, e se gioco come ho fatto finora perdo di brutto». Pretattica o onestà? E’ l’altra faccia dell’Italia brillante e un po’ sbruffona di Fognini.

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Dimitrov, buco nero di Federer (Piero Valesio, Tuttosport).
Da tempo lo si era definito «il Federer di domani». Domani che, però, si è allontanato progressivamente dall’oggi, e ora sta emergendo un’altra verità. Dimitrov è l’opposto di Roger, la sua antimateria, il suo buco nero. Non basta eseguire bene il rovescio a una mano e una comune propensione al colpo spettacolare per pensare che, prima o poi, uno sarebbe diventato l’erede dell’altro: almeno nei cuori di quelli che amano un tennis dalle antiche origini capace di provocare emozioni e non di suscitare solo ammirazione per le virtù atletiche dei duellanti. Invece Dimitrov ha ceduto al lato oscuro della classe; anzi, lui stesso si sta rivelando un lato oscuro. Non che Grigor si sia reso protagonista di chissà quali gesti inconsulti: semplicemente tutto quanto lo accomuna a Federer e nel grande svizzero si rivela produttivo oltre che spettacolare in lui è arida esibizione. L’ex mister Sharapova ha perso al secondo turno contro Kukushkin: ma non è di vittorie o di sconfitte che qui si parla. Pure Roger perde ma la differenza, ormai abissale, è che mentre Roger (accompagnato da un talento naturale indiscusso e indiscutibile) ha prodotto una leadership assoluta che travalica i confini del tennis, quello stesso talento impiantato in Dimitrov per ora non ha prodotto nulla. E diventa sempre più difficile prevedere che prima o poi il vento cambi. Certo la tentazione di buttarla sul familiare ci sarebbe: Roger ha avuto una vita sentimentalmente solida al fianco di Mirka; Grigor (che ha dieci anni di meno, giova ricordarlo) a quanto sembra, svolazza allegramente di qua e di là. Dopo la Sharapova le cronache gli hanno attribuito un flirt con una supermodella bulgara e da ieri si riferisce con insistenza di una relazione affettuosa con una collega. Ha chiesto a Lendl di fargli da allenatore e Ivan ha risposto picche: chissà se perché ha intuito che il bel Grigor ha deciso di accettare di buon grado il suo ruolo di protagonista dell’onnipresente pettegolezzo, senza che però questo gli trasmetta una rinnovata vena tennistica. Tutto sommato sarebbero problemi di Dimitrov e basta se non fosse che il buttare alla ortiche tanto talento provoca un attacco di orticaria in tutti gli appassionati di tennis. La speranza è che abbia ragione chi sostiene che chi entra in un buco nero (oppure è esso stesso un buco nero) non scompare del tutto ma uscirà in qualche altro posto potenzialmente migliore da quello da cui si è partiti. Speriamo per lui che l’attraversamento avvenga in fretta.

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