I maestri di Londra: Tomas Berdych

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I maestri di Londra: Tomas Berdych

A pochi giorni dall’inizio delle ATP World Tour Finals di Londra, vi presentiamo uno dei protagonisti: Tomas Berdych

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Tomas Berdych (17/9/1985, Repubblica Ceca)

Classifica ATP: 5

Se è vero che il fattore mentale è una componente essenziale del successo agonistico, al pari di tecnica e predisposizione fisica, ciò vale a maggior ragione in quello che, saggiamente, è stato definito “lo sport inventato dal diavolo”, laddove il controllo dello stato emotivo conta più di un buon dritto o della potenza dei colpi. In questo gioco luciferino poi, Tomas Berdych porta alle estreme conseguenze il postulato, tanto che nel suo caso la psiche pare sovrastare decisamente talento e atletismo. Non si spiega altrimenti come un corpaccione di 196 centimetri e 91 chili ben distribuiti, arricchito da qualità innate da predestinato, non sia mai riuscito a vincere nulla di davvero importante e conti in bacheca appena 12 titoli ATP, un solo Masters 1000, peraltro datato, e 2 Davis con la Repubblica Ceca. Non si può che ricorrere a Freud per comprendere quei passaggi a vuoto nei momenti cruciali, lo smarrimento che lo assale sui punti importanti, quei colpi al solito tanto pesanti quanto precisi che improvvisamente si perdono sui teloni o in mezzo alla rete. Non si può far altro che pensare ai demoni della mente perché il bagaglio tecnico non si discute: un servizio di primo livello, con l’unico difetto di un lancio di palla troppo alto, buon gioco di volo e soprattutto fondamentali di gran pregio, colpi portati sempre piatti, al massimo dell’esplosività, privi di rotazione e con impugnatura insolitamente aperta, sia sulla mano destra per il dritto che sulla sinistra, arto dominante, per il rovescio. Quello che si dice un gran braccio, sebbene sporcato da qualche lacuna cronica, come i gesti delle aperture fin troppo anticipate che gli precludono il gioco in controbalzo o una certa macchinosità negli spostamenti laterali. Niente però che possa giustificare una tale sproporzione di successi in rapporto al talento. È una sala trofei così sguarnita che costringe a guardare nei territori della mente e delle sue incertezze o fragilità, nei luoghi in cui si annidano paure e insicurezze che paiono aggredirlo nei momenti che contano, nei dintorni della psicanalisi.

Di Tomas Berdych impressiona la geometrica costanza delle sue stagioni, sempre a ridosso di quei quattro fenomeni là davanti, ben ancorato nell’élite del tennis, ma dannatamente senza acuti, preda di quel diavolo che sembra impedirgli il salto di qualità definitivo. La stagione 2015 non si discosta dalla sgradevole sensazione di incompiutezza, con 3 finali perse a Doha, Rotterdam, Montecarlo e il riscatto nel finale con due titoli in successione a Shenzhen e Stoccolma, tornei comunque minori che nulla aggiungono alla sua carriera. Gli Slam poi, quest’anno poveri di soddisfazioni se si esclude un buon Melbourne, sono una cinica conferma di questa mediocre eccellenza: semifinale in Australia, a Parigi, a New York, finale a Wimbledon, annichilito nel 2010 dalla versione migliore di Nadal. Mai veramente vicino al titolo. Chissà con quale invidia ha osservato l’ascesa tardiva di Stan Wawrinka, stesso anno di nascita, una carriera meno brillante rispetto alla sua, molti bassi, ma anche l’insospettabile capacità di sollevarsi sopra le proprie incertezze e la grandezza di cogliere l’attimo nei momenti della verità. Ora Tomas si ripresenta al Masters londinese per la sesta volta, con le stesse aspettative dell’anno scorso e degli anni prima ancora, in un eterno ritorno che sconfina con lo stucchevole. Inutile aggiungere che anche nelle Finals possiede gli strumenti per battere chiunque, ma le statistiche raccontano una diversa verità: è in svantaggio con tutti gli altri sette qualificati nei confronti diretti, persino con Ferrer e Nishikori, da cui lo separa almeno un grado di nobiltà tennistica. Non resta che attendere per l’ennesima volta, confidando che le lacune mentali, la debolezza umana, troppo umana, lo possano al fine abbandonare.

Precedenti con gli altri finalisti:

Djokovic: 2 – 19
Federer: 6 – 14
Murray: 6 – 7
Wawrinka: 5 – 11
Nishikori: 1 – 3
Nadal: 4 – 19
Ferrer: 5 – 7

Riccardo Urbani

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