Paralleli: Federer/Curry, quando tutto sembra facile

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Paralleli: Federer/Curry, quando tutto sembra facile

Al via una nuova rubrica di Ubitennis. Ogni settimana vi proporremo un confronto tra un tennista e un personaggio di un altro sport. Si comincia con Roger Federer e Steph Curry, due campioni dentro e fuori dal campo che sembrano non aver niente in comune se non un enorme e indiscutibile talento

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Fra i nostri scrittori ci sono anche persone che fanno dello sport una vera e propria religione e che ogni domenica, specialmente quelle invernali, faticano anche a togliersi il pigiama per andare a pranzo dalla suocera vivendo nella costante angoscia di dover decidere fra nuoto e atletica, fra calcio e basket, fra tennis e ciclismo…uno zapping senza sosta. Ebbene con questa rubrica i nostri scrittori potranno trovare un canale di sfogo,  scovando delle somiglianze tra un tennista e un campione di un altro sport, siano esse fisionomiche, per risultati ottenuti, per provenienza geografica, storie passate… insomma ce ne sono per tutti i gusti.

In questa prima puntata ci occuperemo di colui che non ha eguali, che può essere paragonato a tutti e a nessuno, il guru del tennis del 21° secolo, il più grande ambasciatore di questo sport che sia mai esistito, l’inimitabile Roger Federer, venuto al mondo per far sembrare il tennis estremamente facile.

Quest’ultima è proprio la dote principale dei grandi campioni ed è anche quella che contraddistingue un 27enne mingherlino dell’Ohio, alto 191 cm, che praticamente ogni sera lascia a bocca aperta gli appassionati di basket NBA di tutto il mondo con una canottiera giallo-blu indosso: Steph Curry.

I due sembrano veramente agli antipodi, non solo per il semplice fatto che l’elvetico rappresenta un’icona del nostro sport (individuale) da oltre un decennio, mentre l’altro è solo alla sua sesta stagione da cestista professionista, ma anche per le loro storie passate. Roger ha da sempre dimostrato un talento cristallino e da lui ci si potevano aspettare solo grandi cose, a differenza di Steph, figlio di un ex giocatore NBA e più volte scartato dai migliori college del paese in fatto di basket NCAA a causa del suo fisico troppo minuto.

Non c’è dubbio però che entrambi, l’uno con la racchetta e l’altro con la palla spicchi fra le mani, abbiano stravolto (e stiano stravolgendo) i loro rispettivi sport dando vita a delle nuove ere: da una parte l’era Federer, il più grande giocatore all-court di tutti i tempi, con una rivisitazione in chiave moderna di un gioco d’attacco ormai desueto, in contrasto con il prototipo del giocatore del terzo millennio, regolare e fisicamente mostruoso; dall’altra l’era Curry, che con i suoi Golden State Warriors ha rivoluzionato il modo di guardare la pallacanestro velocizzando ogni azione fino all’inverosimile, tanto che anche i telecronisti e i tecnici ammettono di trovarsi in difficoltà di fronte a questo ritmo infernale. Steph punta il canestro ancor prima che la difesa avversaria possa capire cosa stia succedendo, proprio come fa Roger con i vari Djokovic e Murray, contro i quali prova sempre a non cadere nella rete degli scambi da fondo campo con soluzioni offensive che anticipino le intenzioni dei suoi avversari. La spontaneità e la fluidità dei loro gesti tecnici è disarmante per chi li affronta e per chi li osserva.

Federer ha già dimostrato al mondo di dover entrare di diritto nella storia del tennis grazie ai suoi record, su tutti i 17 slam conquistati, i cinque anni chiusi al numero 1 della classifica mondiale tra il 2004 e il 2007, posizione che ha occupato per 302 settimane totali. Curry però, con i suoi sette anni in meno rispetto allo svizzero si candida a diventare uno dei più forti di sempre nella NBA, la pallacanestro degli alieni, grazie soprattutto alla mostruosa stagione 2014-2015 che lo ha visto trionfare con i suoi Warriors. In questa stessa annata il Golden Boy è stato anche nominato MVP (Most Valuable Player) che, in un certo senso, è un po’ come finire l’anno da numero 1 del mondo nel tennis; inoltre ha stabilito il record per il maggior numero di triple realizzate in una sola stagione (286), frantumando il record precedente (272) detenuto da…lui stesso! Nella stagione in corso è stato il principale artefice del migliore inizio di una franchigia NBA in campionato con 24 vittorie e zero sconfitte in cui ha messo a segno già 125 canestri dall’arco (sarà di nuovo record?).

Giocare una demi-volèe vincente o realizzare un “buzzer-beater” (il canestro allo scadere che vale la vittoria)  non sono le uniche cose che sembrano risultare facili a questi due grandi campioni. Entrambi sono anche dei grandi uomini, dentro e fuori dal campo, in grado di guadagnarsi il rispetto dei tifosi e degli avversari non solo con i loro risultati. Negli ultimi 12 anni Federer ha vinto per ben 11 volte il premio dedicato al suo ex allenatore Stefan Edberg per la sua sportività; nel 2006 e nel 2013 grazie alla Roger Federer Foundation e alle numerose azioni umanitarie, tra le quali si annoverano anche i 13 milioni di dollari investiti solo quest’anno in Malawi per la costruzione di 81 scuole, si è aggiudicato il premio Humanitarian of the Year che porta il nome del compianto Arthur Ashe. Inoltre la sua classe e l’impegno profuso sul rettangolo di gioco hanno contribuito a fargli guadagnare per il 13° anno consecutivo il titolo di giocatore preferito dai fan di tutto il mondo. Curry ha invece ricevuto il suo Sportsmanship Award nel 2011, mentre nella stagione successiva ha lanciato la sua Three-for-Three Challenge, campagna di beneficenza secondo la quale per ogni canestro da tre realizzato, la stessa stella degli Warriors si impegna a donare tre zanzariere dotate di insetticida per i letti dei bambini africani che necessitano di uno scudo contro malaria; per ogni partita che la sua squadra disputa alla Oracle Arena, l’impianto dove si disputano le partite casalinghe, Steph compra 25 biglietti da distribuire ai bambini più sfortunati e disagiati di Oakland e San Francisco che possono quindi godersi la partita dal cosiddetto Curry’s Corner.

Il paragone è di quelli tosti e magari discutibili, il “vecchietto” che ha fatto la storia di uno sport che di storia ne ha da vendere, messo di fronte a un ragazzino che prova di testa sua ad aggiungersi ai mostri sacri dello “sport dei watussi”, ma il talento è talento e su quello c’è poco da discutere.

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