Serena non vince più. Trionfa la Kerber, regina nell'ombra (Crivelli). Lo Slam, che incubo per Serena. A Melbourne fa festa la Kerber (Clerici). Kerber come Graf, crollo Williams (Giorni). “Djokovic è imbattibile? Murray troverà la soluzione” (Crivelli)

Rassegna stampa

Serena non vince più. Trionfa la Kerber, regina nell’ombra (Crivelli). Lo Slam, che incubo per Serena. A Melbourne fa festa la Kerber (Clerici). Kerber come Graf, crollo Williams (Giorni). “Djokovic è imbattibile? Murray troverà la soluzione” (Crivelli)

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Serena non vince più. Trionfa la Kerber, regina nell’ombra (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Angelique ha trovato il paradiso, quello che si trova dopo la riga di fondo, là dove cade l’ultima volée sballata della dea caduta, la Serena fenice che stavolta non risorge e si inchina riverente e sorridente alla Kerber che non ti aspetti, mai in affanno mentalmente seppur alla prima finale Slam e di fronte al monumento. Coraggiosa, mobilissima, velenosa con quei cross strettissimi, dritto o rovescio non fa differenza, fantastica in un paio di palle corte e sempre reattiva alla risposta: una favola che finisce in gloria. E in lacrime. La Williams ha perso perché l’altra ha giocato meglio e non ha mai tremato; e la regina sconfitta, con enorme e squisito rispetto, lo riconosce: «E’ stata migliore di me. E ha un atteggiamento da cui tutte dovrebbero imparare: restare sempre positivi e non arrendersi mai. È stata d’ispirazione anche per me. E onestamente, è davvero una brava ragazza. Se non sono riuscita a vincere io, allora sono contenta che ci sia riuscita lei. Quanto a me, mi piacerebbe essere un robot, ma non lo sono». E pensare che Angelique, nella tavola rotonda pre-torneo delle top ten, non venne degnata neppure di una domanda e rimase seduta da sola. Poi, nel primo turno, ha annullato un match point alla Doi, confortando le tesi di chi la considerava semplicemente una top-ten di passaggio. Ma quella partita, quel match point salvato, hanno cambiato tutto: «Dopo quella partita ho pensato che non avevo davvero più niente da perdere. Mi è stata data una seconda opportunità e me la sono presa. Sono state due settimane pazze». Nata a Brema da genitori polacchi, ha deciso di abitare nell’impronunciabile Puszczykowo, dove ci sono i nonni. Tedesca, ma con il cuore più a Est: «Quando a calcio giocano contro Germania e Polonia, tifo per la Polonia». Del resto, tutta la new generation teutonica ha radici fuori dalla Prussia: la Lisicki è pure lei polacca, la Petkovic serba. A lungo, fin troppo a lungo, le altre due vengono considerate più adatte al vertice, o solo più forti, ma intanto lei è la più costante, fin da quando, da numero 92, batte la Pennetta nei quarti agli Us Open 2011 e a tutti sembra invece che Flavia abbia perso l’occasione della vita. Semplicemente, Angelique matura tardi. A 23 anni. E con un fisico che combatte le leggi della fisica del suo gioco: ti aspetteresti una picchiatrice, e invece in campo corre come un ghepardo e non c’è un colpo avversario sul quale non provi a difendere. Una top ten sotto traccia, fino alla crisi di inizio 2015: cinque eliminazioni precoci. Può uscirne solo affidandosi alla leggenda, il mito per chi gioca a tennis in Germania: prima di Indian Wells, vola a Las Vegas dalla Graf, che per otto giorni la segue come una sorella maggiore, e la Kerber che spesso non crede in se stessa («E’ un mio difetto, non sono una persona facile») svanisce d’improvviso, fino alla magia australiana. In fondo, pure un premio per la Graf: i suoi 22 Slam per adesso restano al sicuro dall’attacco di Serena, ferma a 21. Fine del cono d’ombra: «Il mio telefono esplode, sicuramente c’è anche un messaggio di Steffi. Comincia un’altra vita. Cosa mi aspetto? Di vincere altri Slam». Beata Angelique.

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Lo Slam, che incubo per Serena. A Melbourne fa festa la Kerber (Gianni Clerici, La Repubblica)

Dopo aver smarrito un Grande Slam 2015 già quasi concluso, Serena è riuscita ad allontanare il rischio di vivere un altr’anno sommersa di richieste e incubi di uno Slam nuovo. Lo ha fatto aiutando – certo involontariamente- la sua avversaria Angelique Kerber. Non poteva turbarla più che tanto l’iniziale immagi della tedesca, e la sua quasi eliminazione nel primo turno del torneo, sopravvivendo a un match point dell’ignota giapponese Misaki Doi. Dopo lo storico omaggio alla meritevole Roberta Vinci, complice nel liberarla dall’angoscia-Slam, Serena ha insistito nel suo masochismo, offrendo la finale dell’Australian Open ad un’altra inattesa fruitrice. Una ragazza di 28 anni, peraltro preparata atleticamente e psicologicamente per affrontare una vicenda che, dopo i sogni adolescenziali, pareva esserle inibita. Angelica è mancina, ottima battuta esterna, diritto liftato sicurissimo e controllato, rovescio appena utile a non commettere errori gratuiti, spesso corto, attaccabilissimo. Ai tempi si sarebbe suggerito a una tennista completa quanto Serena: “spostala sul diritto per aprire il campo. Poi insisti sul rovescio sinché non lo accorcia, e attaccala andando a rete, o gioca un drop alla sua sinistra”. Oggi una grande tennista è assistita da team di 5 o 6 esperti, nel caso specifico da un coach chiamato Mouratoglou, il quale ci affascina in tv, mostrandoci addirittura quanti tiri finiscono a un metro dalla linea di fondo, quali percentuali di battute sono dirette in centro, e cosi via. Può anche darsi che simili saggi suggerimenti statistici si siano infranti con tro l’inconscio desiderio di Serena di essere battuta. Un complesso che l’ha abbandonata sul palco, dopo il match, visitata da lacrime sorridenti, mentre l’aveva spinta, in campo, a furori connotati da smorfie teatrali. Passando a una breve narrazione cronistica, la partenza di Serena è stata erratica pareggiando un break negativo sul 3 pari, per poi subirne un secondo, causa un doppio fallo e due errori gratuiti. Set concluso da Kerber grazie a quattro errori di Serena. Nel secondo due doppi falli della tedesca condurranno al break nel quarto gioco, che rimarrà a stabilire le distanze, in un set nel quale tutti gli altri parziali terminano 40 a 30. Quando appare logico immaginare una Williams ormai rasserenata e consapevole della modestia del rovescio bimane avversario, un aggrovigliato game di 14 punti la vede di nuovo smarrire la battuta dopo 4 vantaggi. Da 5 a 2 Kerber si ritroverà a 2 punti dal match sul 5-3, e chiuderà 6-4 su una delle 17 volée out di Serena.

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Kerber come Graf, crollo Williams (Alberto Giorni, Il Giorno)

Appena l’ultima volée di dritto della vincitrice annunciata finisce lunga, la regina a sorpresa getta la racchetta, sdraiandosi sulla linea di fondo e scoppiando a piangere, incredula. Angelique Kerber non fa in tempo ad andare a rete per la classica stretta di mano: Serena Williams, fuoriclasse anche di sportività, si precipita da lei e la abbraccia con un gran sorriso. Quanto accaduto sulla Rod Laver Arena ha del clamoroso. La numero 1 del mondo, superfavorita, inciampa a un passo dal traguardo, e la sua monarchia assoluta inizia a scricchiolare: sfuma il settimo titolo agli Australian Open. La Kerber, 28 anni, è la seconda tedesca di sempre a laurearsi campionessa Slam e il 6-4, 3-6, 6-4 finale è anche un favore a Steffi Graf, leggendaria connazionale e fonte di ispirazione, che rimane davanti alla Williams (22 Major a 21); il suo sms di incoraggiamento, inviato alla vigilia, ha fatto effetto. Un’impresa storica e una favola ancor più bella se si pensa che la Kerber è stata vicinissima a perdere al primo turno come l’anno scorso con la giapponese Misaki Doi, alla quale ha annullato un matchpoint («Avevo già un piede sull’aereo per la Germania!»). Gli dei del tennis hanno premiato questa mancina bionda esplosa tardi, che non si è mai arresa. Cinque anni fa vagava intorno al n.100 del mondo, prima di cambiare marcia eliminando Flavia Pennetta ai quarti degli US Open; adesso, da n.6, salirà al secondo posto. La Williams è stata al di sotto del suo standard (46 errori gratuiti e solo 7 ace) ma la tedesca, sconfitta in cinque dei sei precedenti, si è superata esibendo anche una grande lucidità. Avanti 5-2 nel terzo set, le è venuto un po’ di «braccino»; sul 5-4 molte sarebbero crollate, invece lei non ha perso la testa. «E’ un sogno che si avvera — ha detto commossa mentre riceveva il trofeo dalle mani della Goolagong, quattro volte regina qui —. Non riesco a crederci. Il momento più duro è stato nel 2011 quando ho perso 11 volte al primo turno. Poi ho battuto la Pennetta a New York e da lì è iniziato tutto». Straordinario il fair play di Serena, che non ha smesso un attimo di sorridere e di applaudire l’avversaria: «Angie, sei stata la migliore e ti meriti questo successo. Tutti si aspettano che io vinca sempre, ma non sono un robot». Ispirato dall’impresa della Kerber e dal fratello Jamie campione nel doppio insieme al brasiliano Soares, oggi Andy Murray proverà a sovvertire il pronostico contro Novak Djokovic. Nonostante le tre finali perse a Melbourne con il serbo, e il giorno di riposo in meno, lo scozzese darà il massimo per ottenere il terzo Slam in carriera. Djokovic non ha punti deboli, ma anche la Williams sembrava imbattibile…

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Djokovic è imbattibile? Murray troverà la soluzione” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sarebbe bello poter festeggiare il decimo anniversario del trionfo da giocatrice in Australia con il primo Slam conquistato da allenatrice. Amélie Mauresmo, vincitrice nel 2006, dall’angolo proverà a guidare Murray nella missione impossibile di fermare il marziano, Novak Djokovic. E intanto, durante le due settimane di torneo, ha messo a disposizione il piccolo Aaron per le prime prove pannolino di Andy. Amélie, Djokovic si può battere?

Sta facendo qualcosa di enorme, non c’è dubbio che sia il favorito per la finale. Ma la partita con Simon dimostra che anche lui si può battere; Andy è qui per provare vincere e tutti abbiamo una grande voglia di giocare questa partita. Vedremo in campo quali saranno le armi a nostra disposizione. Abbiamo studiato tutti i dettagli, occorrerà una partita perfetta, con ogni cosa al suo posto.

Cosa la impressiona in particolare di Novak?

La regolarità ad altissimo livello, soprattutto nell’ultimo anno. Non solo gioca benissimo, ma raramente scende di intensità. E quando ha un calo, riesce a non perdere il controllo della partita. Soprattutto, quando poi va avanti nel torneo, il suo livello si eleva e diventa ingiocabile»

Però Murray è uno dei quattro giocatori che sono riusciti a batterlo nell’ultimo anno.

Sicuramente il successo di Montreal ad agosto è stato confortante per Andy, perché gli ha fatto capire che anche Novak ha dei punti deboli. E pure al Roland Garros, nonostante la sconfitta, era stata una partita equilibrata. Sicuramente i precedenti non ci sono favorevoli, però le ultime partite contro Novak ci danno fiducia

E poi c’è il problema del giorno in meno di riposo e delle quattro ore contro Raonic in semifinale.

Quello purtroppo non dipende da noi, il programma è così e tutti lo accettano. Andy, tra l’altro, ha giocato una partita dura anche contro Ferrer, quindi sicuramente arriva alla finale meno fresco del suo avversario. Anche dal punto di vista mentale non sono state due settimane facili per Andy, ma è stato bravo a gestire lo stress di tutte le situazioni che lo preoccupavano e adesso è molto più calmo, abbiamo avuto due giorni per ritrovare l’equilibrio giusto.

E se fosse arrivata la famosa telefonata da Londra?

Non lo so… Adesso, però, può pensare solo a giocare.

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