Una diciottenne fra le prime 50 del mondo: Daria Kasatkina

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Una diciottenne fra le prime 50 del mondo: Daria Kasatkina

Dopo alcuni anni con pochi ricambi all’altezza, Daria Kasatkina insieme a Margarita Gasparyan ed Elizaveta Kulichkova sta provando a rinverdire i fasti del tennis russo

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Probabilmente qualche giorno fa avete letto su Ubitennis una notizia interessante: nella classifica WTA sono tornate tre diciottenni tra le prime cinquanta; non accadeva dal 2009. Si tratta di Belinda Bencic, Jelena Ostapenko e Daria Kasatkina, nate fra il marzo e il giugno 1997.
Non è facile interpretare questi fenomeni e capire perché alcune annate di giovani promesse non riescono a produrre valide professioniste, mentre altre invece sì, e soprattutto così precocemente. Forse una spiegazione si può rintracciare nell’incrocio tra qualità e quantità: quando cioè tra le junior si trovano contemporaneamente più tenniste di valore, la possibilità di stimolarsi reciprocamente (anche incontrandosi l’una con l’altra) finisce per alzare il loro livello, producendo un circolo virtuoso che le migliora e le rende più forti in vista nel passaggio nella WTA.

Se ad esempio seguiamo questo stralcio di match tra Kasatkina e Bencic del maggio 2013 non si può non rimanere ammirati dalla qualità di gioco di quelle che allora erano due sedicenni da pochi giorni (Kasatkina è nata il 7 maggio 1997, Bencic, il 10 marzo).


L’aspetto che rende particolarmente interessante Daria Kasatkina è l’essere parte contemporaneamente di due fenomeni degni di nota: oltre a quello descritto sopra (cioè quello delle teenager in grado di farsi strada rapidamente nel ranking) appartiene al gruppo di nuove leve russe che stanno cercando di rinverdire i fasti della generazione del decennio scorso, capace di vincere Slam e rimanere stabilmente ai vertici della classifica mondiale. Di quella formidabile schiera di giocatrici oggi rimangono Sharapova e Kuznetsova; successivamente solo Pavlyuchenkova ha scalato le classifiche da teenager, mentre Kleybanova è stata sfortunatissima (fermata dal linfoma di Hodgkin) e Makarova è maturata molto più tardi.
Dopo un periodo di mancanza di ricambi, nelle ultime due stagioni si sono affacciate cinque giocatrici interessanti. Le prime due, Putintseva e Gavrilova, sono “emigrate” altrove (Kazakhistan e Australia) ma le altre stanno cominciando a far parlare di sé: sono Gasparyan (21 anni, è nata nel 1994), Kulichkova (19 anni, è del 1996) e appunto Kasatkina (18 anni).

 

Kulichkova e Kasatkina hanno spesso percorso insieme la parte più recente di carriera tennistica, a partire dalla Fed Cup giovanile del 2012; e tutte e due hanno vinto uno Slam junior nel 2014: Australian Open per Kulichkova, Roland Garros per Kasatkina. Negli anni sono diventate amicissime, supporto reciproco nelle difficoltà di viaggi e tornei; e se si seguono le loro pagine “social” si vede quanto spesso siano insieme nelle situazioni più diverse. Una amicizia a prova di passioni tennistiche, visto che Kulichkova è tifosissima di Federer, mentre Kasatkina è nadaliana di ferro.

Va sottolineato che la crescita degli ultimi talenti è avvenuta malgrado le difficoltà economiche del tennis russo, senza più i finanziamenti che alla fine del millennio scorso avevano contribuito al reclutamento e alla formazione della prima ondata di grandi giocatrici. Si capisce quindi perché Putintseva e Gavrilova abbiano rinunciato a rappresentare sportivamente il loro paese di origine, in favore di nazioni disposte ad aiutarle economicamente e tecnicamente. Oggi le giovani giocatrici devono trovare le risorse da sole, e crescere cercando ognuna il proprio percorso.
Al termine degli Australian Open 2015 (vinti da Serena in finale su Sharapova) il presidente della federazione tennis russa Tarpischev aveva dichiarato: “Una futura Sharapova? Sono preoccupato, perché ad esempio le ultime due vincitrici di Slam junior, Kulichkova e Kasatkina, a causa nei nostri problemi finanziari ricevono poco o nulla, e devono quindi contare soltanto su loro stesse. Senza poter offrire loro dei contratti abbiamo il 90% di possibilità di perderle”.
E con quel “perderle” si può intendere sia non riuscire a sfondare per mancanza di aiuti tecnici all’altezza, sia il rischio che la grande promessa si rivolga ad altre nazioni. E infatti, senza rinunciare a giocare per la Russia, anche Kasatkina per crescere tecnicamente si è trasferita all’estero, in Slovacchia.

Nata a Togliatti, ha cominciato a giocare a tennis a sei anni, seguendo sui campi il fratello maggiore. Quando è apparso chiaro che quella più dotata in famiglia era lei, è stato proprio il fratello a convincere i genitori che la sorella minore potesse avere un futuro come tennista. All’inizio ha cominciato ad aiutarla come preparatore atletico; e poi, dopo il primo periodo in cui Daria viaggiava con la mamma, ha allargato le mansioni accompagnandola ai tornei e occupandosi anche della parte logistica.
Ma dopo la vittoria nello Slam Junior, quando Kasatkina ha deciso di dedicarsi ai tornei ITF professionistici, Togliatti è diventata una base troppo periferica e inadeguata, e quindi è stata necessario cercare una soluzione più comoda e soprattutto un aiuto tecnico di livello superiore. Daria non voleva trasferirsi in una grande città, preferiva una piccolo centro in cui tutti i servizi fossero a portata di mano e non si dovesse perdere tempo nel traffico di una metropoli, come ad esempio Mosca.
Così si è presentata da Vladimir Platenik, tecnico slovacco che in passato ha allenato Petrova, Cibulkova, Wickmayer, Pervak e che lavorava vicino a Bratislava, alla Empire tennis academy di Trnava.

In una intervista Platenik ha raccontato perché ha accettato di lavorare con lei. Innanzitutto gli era piaciuto il modo con cui conduceva lo scambio: non il solito tennis monocorde adottato da molte, alla ricerca solo della potenza, ma invece un gioco ricco di variazioni di ritmo e di soluzioni tattiche. Poi aveva apprezzato il modo di colpire di dritto, con un topspin superiore alla media delle coetanee. Infine gli era sembrata una ragazzina molto educata e matura; forse un po’ troppo timida, e che aveva bisogno di credere di più in se stessa e nei suoi mezzi, ma con tante potenzialità.

A metà del 2014 Kasatkina comincia una delle fasi cruciali per una giovane giocatrice: la ricerca dei punti necessari per salire in classifica e poter quindi partecipare ai grandi eventi. Numero 700 in giugno, sale sino al 370 a fine stagione.
Nel 2015 le vittorie si moltiplicano e in luglio è già 156 del mondo: può frequentare le qualificazioni dei tornei WTA. A Bucarest riesce a entrare nel main draw (sconfitta al primo turno da Julia Goerges) e subito dopo a Bad Gastein arriva addirittura ai quarti di finale (sconfitta in tre set da Sara Errani).
Aspetto interessante: sino a quel momento del 2015 ha giocato praticamente solo sulla terra, la superficie su cui ha ottenuto anche da junior i migliori risultati. Ma visto che per la prima volta ha la classifica sufficiente per aspirare a prendere parte ad uno Slam (numero 133 del ranking), anche senza una adeguata preparazione al cemento si iscrive comunque alla qualificazioni degli US Open.

Qui il racconto prende connotati davvero particolari, in cui si intrecciano le vicende personali con quelle più grandi del tennis russo. Superati i primi due turni delle qualificazioni, all’ultimo ostacolo il sorteggio le ha beffardamente riservato come avversaria proprio l’amica del cuore: Elizaveta Kulichkova, che in quel momento è 107 del mondo, e alla seconda esperienza Slam. Kasatkina gioca, e perde (6-2, 6-4). La sua avventura a New York sembra finita; la speranza di prendere parte ad un Major al primo tentativo è sfumata.
Ma in suo aiuto arriva indirettamente un’altra russa, ben più famosa: Maria Sharapova deve dare forfait per un problema alla gamba destra, e così Daria entra in tabellone come lucky loser. Non solo, dato che il sorteggio è ormai avvenuto, si ritrova nella posizione che doveva essere quella della testa di serie numero 3.

Anche il primo turno del torneo “vero” è di quelli particolari: trova l’ex connazionale Daria Gavrilova, ventuno anni, capace di ottimi risultati nel 2015 e con la fama di grande combattente. Ho seguito la seconda parte di quel match e ho imparato in quell’occasione a non sottovalutare le qualità tattiche di Kasatkina: la Daria più giovane allunga gli scambi, offre palle senza peso a Gavrilova, e la lascia nell’incertezza su quali debbano essere le palle da considerare interlocutorie e quali invece quelle che andrebbero attaccate; Gavrilova vacilla nelle scelte: a volte aspetta, a volte spinge, ma spesso va fuori giri; a volte finisce per accorciare le traiettorie e in quei casi è Kasatkina che abbandona il gioco di contenimento e prende l’iniziativa, riuscendo quasi sempre a trovare il vincente.
Ogni scambio si trasforma in una sfida in cui prevale chi si dimostra più intelligente tennisticamente: per questo perdere il punto fa ancora più male. La tensione si accumula e la parte finale diventa una battaglia di nervi durissima; sotto questo aspetto la ricordo come una delle partite più intense di tutto il 2015. E sorprendentemente Kasatkina finisce per vincere (6-2, 4-6, 7-5).

Il secondo turno invece che un match dello Slam, sembra un remake delle partite da junior: avversaria è Ana Konjuh, sette mesi più giovane ma già numero 79 del mondo, che Daria ha affrontato la prima volta addirittura nel febbraio 2012, quando entrambe avevano 14 anni. Kasatkina non ha mai battuto Konjuh tra le junior, ma tra le pro si dimostra più forte: vince in due set (6-4, 6-3) e si guadagna un posto fra le 32 superstiti del torneo.
Il suo US Open si ferma al terzo turno contro Kristina Mladenovic (6-2, 6-3); riconosce di non aver saputo giocare al meglio anche per l’emozione di dover scendere in campo davanti a migliaia di persone (nel Grandstand), esperienza mai vissuta prima.

Ormai Daria ha compiuto un salto di qualità fondamentale. La sua convinzione è cresciuta: dopo Flushing Meadows vince l’importante ITF di Saint Malo e arriva addirittura in semifinale nel Premier di Mosca, partendo dalle qualificazioni e sconfiggendo tra le altre Begu e Suarez Navarro. Finisce l’anno da numero 72 del mondo, con un progresso di 298 posti. E Sports Illustrated la sceglie come “rookie of the year”.

Kasatkina comincia a farsi un nome, e questo vale anche nei confronti delle colleghe. A volte non sono chiari tutti i problemi per chi entra in un nuovo circuito; un esempio? Daria ha raccontato come nei primi tempi il fatto di essere praticamente sconosciuta fosse un serio ostacolo per trovare compagne di allenamento. Le altre tenniste erano restie ad accettare di allenarsi con lei semplicemente perché non la conoscevano abbastanza e temevano che non fosse all’altezza. Una situazione spiacevole ma anche comprensibile.

Ma come gioca Kasatkina? Alta 1,70, non potentissima, ma rapida e coordinata negli spostamenti, sa leggere il gioco ed è molto dotata nelle fasi di difensive. Anche per questo si capisce perché in passato si sia espressa meglio sulla terra battuta, superficie generalmente più favorevole a chi pratica un tennis più tattico.
Dispone di tre fondamentali solidi, ma forse il suo limite è che nessuno di questi è veramente un’arma superiore, almeno sino a oggi. Serve come massimo attorno ai 180 km/h orari, con una prima generalmente tra i 150 e i 170, e seconde non sempre sufficientemente potenti; in compenso dispone di un discreto kick a uscire (quando serve da sinistra).
Secondo il suo coach il rovescio (che esegue a due mani) è il colpo che ha bisogno di più cure e affinamento. Al contrario di quanto accade a molte giocatrici, mi pare soffrire poco i colpi che rimbalzano alti: “sale” bene sulla palla con il dritto e sa anche eseguire il rovescio al salto.

Con queste basi difficilmente può contare di vincere i punti sfondando immediatamente le difese avversarie, deve piuttosto arrivarci attraverso la costruzione di uno scambio articolato. In compenso dispone di un repertorio di colpi di contenimento completo e in generale sa eseguire anche variazioni di qualità rispetto ai colpi base. Gioca un interessante slice di rovescio ad una mano, che sa anche trasformare in una efficace smorzata (prevalentemente incrociata). Ma sa smorzare anche con il dritto, soprattutto dalla posizione inside out. E l’utilizzo del dritto inside out è una variazione costante del suo gioco.

In una recente intervista (min. 12.50 in poi) si è descritta come una giocatrice che sta cercando di modificare la propria indole per diventare più offensiva, abbandonando l’impostazione difensiva che aveva acquisito da giovanissima, quando molto spesso doveva affrontare avversarie fisicamente più forti di lei e quindi per vincere era costretta a fare ricorso ad un gioco molto tattico per ovviare al deficit di potenza che la penalizzava.

Durante l’ultima off-season ha lavorato con straordinaria intensità: prima nella accademia in Slovacchia, poi in trasferta sui monti Tatra concentrandosi sul lavoro in palestra, infine a Miami. È arrivata fino a quattro sessioni di allenamento al giorno (“Il coach è stato crudele” ha raccontato scherzosamente) per migliorarsi sotto tutti gli aspetti: sul piano fisico per diventare più incisiva nei colpi e resistente nello scambio (“Adesso mi sento come una duracell”); ma anche sul piano tecnico-tattico, cercando più spesso di prendere il comando dello scambio e anche la conclusione attraverso i colpi di volo. Sulle volèe ha già compiuto notevoli miglioramenti (a 17-18 anni si può crescere in fretta), che adesso dovrà cercare di consolidare, evitando le giornate negative alle quali ancora può andare incontro.

I risultati di questo lavoro si sono visti nel suo torneo di esordio del 2016 ad Auckland, quando si è permessa il lusso di sconfiggere la campionessa uscente Venus Williams, numero 7 del mondo. Di questa partita ho scelto due colpi “anomali”, che fanno vedere alcune delle sue doti tecniche. Un rovescio in back che lascia sul posto Venus:

https://youtu.be/xavez0ogLSQ?t=334
E un recupero “di polso” di dritto davvero sorprendente:

https://youtu.be/xavez0ogLSQ?t=383

Ribandendo l’ottimo risultato di Flushing Meadows, agli Australian Open 2016 Kasatkina ha di nuovo raggiunto il terzo turno dove è stata fermata da Serena Williams (6-1, 6-1). Daria si è detta fortunata di aver già potuto affrontare due leggende come le sorelle Williams. E ha anche spiegato la differenza tra loro: Venus serve e gioca più piatto, mentre Serena lavora di più la palla, facendola diventare di una pesantezza quasi ingestibile. In più risponde con grande aggressività e quando è necessario sa anche faticare in difesa; per questo fare il punto contro di lei è davvero difficile.

In singolare l’ultimo importante risultato è stata la semifinale di San Pietroburgo, dove è stata fermata da Belinda Bencic (che fino ad oggi non ha mai battuto). Una partita in cui Bencic si è dimostrata più concreta e matura, e capace di giocare meglio i punti importanti. La differenza l’ha fatta soprattutto la capacità di convertire le palle break. Bencic 4 su 7, Kasatkina 1 su 10:

Stats Bencic Kasatkina - S. Pietroburgo 2016

Il match è terminato con un lungo abbraccio e, credo, con il legittimo orgoglio di entrambe, che si sono ritrovate in un importante evento WTA dopo essersi affrontate da ragazzine al torneo di Santa Croce (semifinale) e in finale al trofeo Bonfiglio.

E grazie alla semifinale di San Pietroburgo è arrivato anche il best ranking, numero 45.

È obbligatoria una piccola appendice riservata al doppio. L’anno scorso Kasatkina ha vinto il torneo di Mosca in coppia con una forte ed esperta doppista come Elena Vesnina. In questa stagione hanno raggiunto la semifinale a Doha, ma soprattutto a San Pietroburgo hanno fermato a 41 la striscia di vittorie consecutive di Hingis-Mirza, team che sembrava essere diventato imbattibile.
Per chiudere ecco una foto della coppia russa, scattata con qualche anno di anticipo:

Elena Vesnina e Daria Kasatkina

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US Open: Trevisan vince una sfida di nervi interminabile contro Putintseva e si trascina al secondo turno, Giorgi dominata da Pegula

I crampi non fermano Martina Trevisan che in 3 ore e 20 minuti di gioco conquista il primo turno degli US Open. Camila raccoglie 4 giochi contro la N.3 del seeding

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M. Trevisan b. Y. Putintseva 0-6 7-6(0) 7-6(8)

Martina Trevisan vince il primo turno degli US Open contro Yulia Putintseva in 3 ore e 20 minuti al tiebreak del terzo set: 0-6 7-6(0) 7-6(8).

Quante volte può cambiare una partita di tennis non smetteremo mai di chiedercelo. Quella di oggi, tra Martina Trevisan e Yulia Putintseva è stata l’ennesima dimostrazione che niente può essere prevedibile, tanto meno sui campi di Flashing Meadows. C’era stato un solo precedente tra le due giocatrici, al torneo di Abu Dhabi 2021, dove la kazaka aveva vinto con un doppio 6-3. Difficile quindi dire, a inizio partita, chi fosse la favorita tra due giocatrici separate solo da 20 posizioni in classifica e 1 anno di età. L’azzurra di 29 anni, numero 58 del mondo, è partita malissimo. Demoralizzata, nervosa e notevolmente fallosa. Il primo parziale si è concluso con 24 punti a favore della kazaka numero 78 del ranking, contro i soli 5 punti di Trevisan e nient’altro da aggiungere. Ma nel secondo parziale è entrata in campo la lottatrice che conosciamo ed è iniziata un’altra partita. La giocatrice toscana ha iniziato a mettere in gioco dei cambi di ritmo, alternando colpi in cui respirare a sfiammate di dritto imprendibili. Non a caso per due volte nel set è stata avanti di due game. E nonostante la kazaka sia riuscita a recuperarla entrambe le volte, Trevisan, con le idee decisamente più chiare è arrivata a prendersi un tie-break vinto a 0. Ma nonostante i precedenti 7 punti consecutivi dell’azzurra e il recupero di un set, Putintseva è rimasta lucida nel terzo parziale, dove gli errori sono aumentati da entrambe le parti. A metà del terzo set la partita sembrava di nuovo finita: Trevisan ha iniziato a non reggersi più in piedi per via dei crampi, e il match, dopo il turno di servizio perso a 0 dell’azzurra, sembrava scritto. Ma proprio in quel momento la partita è cambiata ancora. Trevisan ha iniziato a correre di nuovo, trovando l’energia chissà dove, e da sotto 4-2 è riuscita a rimontare 4 giochi pari. Da lì è stata una lotta punto dopo punto, scambi perfetti seguiti da errori non forzati sul finale di scambi strazianti. La partita non ha preso una direzione precisa fino alla fine del tiebreak decisivo dove con soli due punti di distanza, la giocatrice Toscana ha chiuso 10 punti a 8 mettendo a segni i due punti più belli dell’intero match. Al secondo turno l’aspetta la testa di serie numero 9, Marketa Vondrousova.

 

IL MATCH

Primo set: Dominio totale di Putintseva e prestazione inesistente di Trevisan

Trevisan inizia al servizio e si ritrova subito costretta a salvare tre palle break. Annulla la prima con uno schema servizio e dritto vincente. Ma Putintseva risponde aggressiva sul secondo servizio e segue con una palla corta insidiosa che costringe Trevisan a rispondere male, buttando largamente fuori la palla. Il primo vantaggio è della Kazaka: 1-0.  Inizia la serie infinita di errori gravi da parte di Trevisan che nei primi due game porta a casa un punto soltanto: 2 a 0 Putintseva. Anche nel terzo gioco l’azzurra si ritrova in svantaggio e la kazaka continua ad avere le idee molto più chiare. Grazie ad un dropshot sotto rete e un passante preciso Putintseva si aggiudica anche il terzo game: 3-0. Completamente fuori dalla partita, Trevisan lascia poco spazio alle parole e concede anche il 4 gioco alla kazaka. Prende anche il triplo break a sfavore e si ritrova sotto 5 game a 0 con 21 punti a 4 a favore di Putintseva. Proprio sul finale, Trevisan sembra risvegliarsi, annulla molto bene i primi due set point risalendo da sotto 40-0 a 40-30. Ma Putintseva sfrutta la terza chance per chiudere il primo parziale totalmente dominato.   

Secondo set: La rivincita di Trevisan premiata da un tie-break perfetto, agevolato dagli errori di Putintseva

 Per la prima volta dall’inizio del match Trevisan prende tre punti di vantaggio consecutivi nel primo game e tiene a 0 il turno di servizio:1 a 0. Entra finalmente in campo un’altra giocatrice italiana che va a prendersi le prime due palle break del match per chiudere avanti 2-0. Nel terzo gioco ritornano gli errori non forzati dell’azzurra e Putintseva si riprende il game di svantaggio. La kazaka regala qualcosa a Trevisan nel quarto gioco trascinandosi fino ai vantaggi. Putintseva inizia ad avere le idee più confuse ma l’italiana è ancora troppo fallosa e non sfrutta le occasioni fino in fondo: 2 giochi pari. Arriva un altro calo di Trevisan al servizio che regala alla kazaka tre palle break consecutive. Ma l’italiana riesce ad arrampicarsi con le unghie fino a vantaggi per poi chiudere un game complicatissimo: 3-2. Con quel carico di fiducia, Trevisan strappa il servizio all’avversaria per ritornare sopra 4-2. Ottima reazione della kazaka che dimostra di essere ancora nettamente in partita e va a prendersi subito due occasioni per chiudere il game sul servizio di Trevisan: 4-3. Nell’ottavo gioco arriva lo scambio più lungo del match dove Trevisan non vuole mollare, ma è lei la prima a sbagliare: 4 pari. L’azzurra non si fa demoralizzare dalla seconda rimonta del set di Putintseva e tiene dignitosamente il turno di servizio per restare avanti 5-4. Per sei volte, Trevisan si ritrova a due punti dal set ma la kazaka non molla la presa e con un lob imprendibile conquista il decimo e più lungo game del match: 5 pari. Dopo tanta fatica, Trevisan gioca due brutti punti e Putintseva vede uno spiraglio dove attaccare di prepotenza. Con coraggio, Trevisan annulla tre palle break, di cui due consecutive, per guadagnarsi la prima chance di 6-5. E grazie al servizio si tira fuori da un fosso profondo. La kazaka tiene bene il turno di servizio successivo che la porta al tiebreak decisivo.

 Tiebreak: Inizia con un vincente di dritto Trevisan e tiene il turno di servizio: 1-0. L’italiana fa correre in avanti la kazaka due volte di fila con due drop-shot efficaci e conquista due mini-break consecutivi: 3-0. Continua il tiebreak perfetto di Trevisan che tiene il servizio e avanza: 5 a 0. Putintseva ormai sembra senza idee, sbaglia di rovescio e concede un altro punto importante: 6-0. E dopo un ‘ora e 45 minuti, Trevisan vince il tiebreak senza concedere neanche un punto.

Terzo set: Una sfida di nervi interminabile dove non c’è spazio per nessun vantaggio netto, ma il tiebreak decisivo lo vince Trevisan

Ora la partita sembra davvero essere girata: Trevisan attacca fin dal primo punto e come nel secondo parziale parte in vantaggio: 2-0. Nel quarto game, l’italiana avanti 2-1 commette un doppio fallo e perde il turno di servizio a 0. Putintsova rientra nel terzo set: 2 pari. Insiste con la palla corta la kazaka, Trevisan corre ma inizia a far fatica a stare in piedi per i crampi dopo quasi 2 ore e mezza di gioco. Si arrende a Putintseva che chiude il terzo game di fila e va in vantaggio: 3-2. L’azzurra può finalmente chiamare il fisioterapista anche se sa bene che per i crampi non può farsi trattare. Torna a servire Trevisan, ma senza forze, e regala di nuovo a 0 il suo turno di servizio alla kazaka che ora conduce 4-2. Difficile immaginare che la numero 58 del mondo possa rientrare in partita. Ma questo match è totalmente imprevedibile: l’azzurra ricomincia a correre e recupera con grande personalità il break di svantaggio: 4-3 Putintseva. Continua a muoversi meglio Trevisan che riesce a guadagnarsi due chance del 4 pari. Il primo dritto finisce in corridoio, ma il secondo prende un angolo maledetto e la 29enne toscana resta aggrappata: 4 pari. Putintseva sale nuovamente in cattedra con un rovescio incrociato perfetto: 5-4 per la kazaka. Il decimo game è il momento più importante fino a qui per l’italiana che è costretta a tenere un turno di servizio determinante ai vantaggi. Trevisan tiene la battuta: 5 giochi pari e quasi 3 ore di gioco. Da quel momento in avanti inizia una lotta infinita, straziante: parità e vantaggi; break e contro-break. L’ultima parola va al tie-break decisivo.

Tiebreak: Trevisan parte di nuovo bene anche nel secondo tiebreak del match e si prende il vantaggio avanti 2-0. Chiude con un schiaffo al volo la kazaka che si prende il primo punto dei due tiebreak giocati: 3-1 per la toscana. Con un dritto scarico a metà rete e un doppio fallo Trevisan deve ricominciare da capo: 3 pari. Senza mini-break di vantaggio Trevisan va a servire sotto 5-4. Chiude di rovescio lungolinea il primo punto ma la volée successiva la tradisce: 6-5 per la kazaka che le restituisce in fretta il favore con una pallonetto fuori dalla riga di fondo: 6 pari. Doppio fallo di Putintseva: 7-6. Ma finalmente, da sotto 7-8, la giocatrice toscana si aggiudica due punti consecutivi uno più bello dell’altro che le regalano il primo match-point di questa sfida. Senza forze, quasi in lacrime, Martina Trevisan si aggiudica il secondo turno degli US Open in 3 ore e venti minuti.


[3] J. Pegula b. C. Giorgi 6-2 6-2 (Federico Martegani)

Si sapeva che sarebbe stata dura per Camila Giorgi, che non aveva certo goduto di un sorteggio fortunato pescando al primo turno la testa di serie n° 3, nonché n° 3 del mondo, Jessica Pegula, e il pronostico è stato in tutto e per tutto rispettato, con un punteggio, 6-2 6-2 in un’ora e 24 minuti, forse anche troppo severo per quanto visto sul campo. Fatto sta che era l’undicesima volta che le due si affrontavano e solo in due circostanze l’italiana aveva avuto la meglio. Chiaro segnale che la solidità dell’americana, per di più sospinta dal pubblico ovviamente di parte, è per la marchigiana quasi sempre inscalfibile.

Giorgi ha mostrato un buon tennis soprattutto verso la metà di entrambi i parziali, ma è andata sotto troppo presto di un break sia nel primo che nel secondo, non riuscendo poi a rimontare. Il game chiave è forse stato proprio quello che ha offerto l’allungo decisivo a Pegula, avvenuto sul 2-2 del secondo set. Un gioco in cui Camila ha avuto cinque palle per rimanere con il naso avanti, ma che alla fine le è costato il break, decisivo per spezzare anche quei pochi appigli rimasti. Pegula avanza dunque al secondo turno e dovrà ora affrontare, in ogni caso da netta favorita, o Patricia Maria Tig o Rebecca Marino.

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US Open, Pegula: “Accordo tra WTA e Arabia Saudita? Se ci pagano abbastanza…”

Jessica Pegula parla anche del rapporto straordinario con Gauff: “Coco favorita, io vivrò alla giornata”

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Jessica Pegula - Montreal 2023 (foto Twitter @OBNmontreal)

C’è grande fermento e attesa negli Stati Uniti per l’edizione 2023 dell’US Open. In campo femminile le speranze sono riposte in Coco Gauff e Jessica Pegula. Le due sono pronte a riportare la propria nazione sul gradino più alto, spolverando i grandi fasti delle sorelle Williams. Gauff e Pegula sono state protagoniste nella stagione sul cemento che ha condotto le atleti all’ultimo Slam dell’anno: “Sono molto felice di essere qui – spiega Jessica – da americana poi si sente una responsabilità differente”.

La n. 3 del mondo debutterà contro Camila Giorgi lunedì 28 agosto e ha motivato la presenza di Ace, il cane che fa parte del suo team: “Esce sempre con me! Sto raccogliendo fondi anche per la fondazione di Elina (Svitolina) ed è molto divertente farlo. Mercoledì sera abbiamo contribuito a questa causa facendo un bel match di esibizione. Mi è servito per respirare l’aria pre torneo alla presenza di tanti tifosi. Mi sono adoperata anche per l’evento promosso dalla WTA. È stato davvero carino”.

Che effetto le fa arrivare all’US Open da atleta n. 3 del ranking: “Anche l’anno scorso ero in una posizione simile e so cosa si prova. Quest’anno sarà molto più impegnativo. In generale mi sento come se rappresentassi il tennis americano”. Pegula ha anche parlato del suo splendido rapporto con Coco Gauff: “La sconfitta subita a Wimbledon l’ha spinta a migliorare. E’ venuta fuori molto affamata da una situazione negativa ed è bello vedere che una tennista così giovane abbia già vinto tanto. Ho giocato a Montreal contro di lei, io poi ho vinto con Iga e lei ha fatto la stesa cosa a Cincinnati. Ha detto che la mia vittoria l’ha spronata a far bene. Succede spesso che le vittorie delle tue amiche o colleghe ti siano da stimolo, ti aiutano ad avere più fiducia. Sono felice che anche lei abbia acquisito sicurezza da quella settimana e sia riuscita a portarla a Cincinnati. Penso che sia davvero in fiducia. Quando un giocatore è in questo stato è più difficile da battere. So che adora giocare con il pubblico. Penso che ci siano molti favoriti, ma il pubblico potrebbe aiutarla molto. Sono felice che stia migliorando e imparando. Lei è il futuro di questo sport, quindi… è bello da vedere”.

 

Come membro del consiglio dei giocatori, come Pegula giudica l’impatto dell’Arabia Saudita sul tennis e sulla WTA che sta per stilare un accordo con i sauditi? “Parliamo di voci e non so se accadrà. Bisogna valutare i pro e i contro: di positivo c’è che entreranno più soldi nel nostro sport al femminile e lavoreremo per i diritti delle donne in Arabia Saudita per sperare in un cambiamento e sostenere le giuste cause. Se riusciamo a cambiare quei popoli sarebbe un grande successo. Sfortunatamente, molti posti non pagano abbastanza le donne e purtroppo non possiamo permetterci il lusso di dire no ad alcune cose. Credo che se i soldi fossero giusti e l’accordo fosse qualcosa per cui possiamo creare un cambiamento, andrebbe bene giocare là. Vediamo come andrà a finire”. Ma i soldi arabi hanno un attivo profumo, a sentire il direttore Scanagatta.

Ma come sta Pegula? “Non mi sento più in fiducia delle altre volte, a dire il vero. Ancora una volta, il tennis è così e cambiam di settimana in settimana. Ho vinto a Montreal, poi sono stata sconfitta e ho perso a Cincinnati. In un certo senso sono tornata al punto di partenza nell’analizzare le cose su cui lavorare. Prendo questo Slam come un’ulteriore sfida con me stessa”.

Per l’americana c’è il taboo semifinale e finale in uno Slam da abbattere. Sei quarti di finale negli ultimi suoi otto Major: “Mi manca solo vincere i quarti di finale (sorride). Questo mi aiuterebbe a superare i quarti di finale e arrivare in semifinale. Ci sono andata molto vicina a Wimbledon. Non so cos’altro dire. Cercherò sempre di vincere ogni singola partita, non importa in quale round sia. Il mio “must” è pensare una gara alla volta: penso che questo sia il modo migliore per giocare senza troppa pressione, affrontando una partita alla volta. Saranno due settimane lunghe. Ogni giorno mi sentirò diversa. Probabilmente ci saranno delle sfide mentali e fisiche da combattere o non mi sentirò al top. Dovrò vivere giorno dopo giorno”.

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Martina Navratilova sulle atlete trans: “Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti”

L’ex campionessa statunitense torna nel mirino dei social: il commento sulle atlete trans che stona con la sua veste di icona Lgbtq+

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Martina Navratilova contro le atlete trans: un paradosso che sa di reazionarismo. L’ex campionessa di tennis e icona Lgbtq+ nel panorama sportivo mondiale, tuona sulla questione legata alla presenza di atlete trans nei tornei per donne over 55 organizzati dall’USTA (United States Tennis Association) la Federazione tennis a stelle e strisce. Prima atleta professionista a fare coming out nel 1981, la tennista ceca (naturalizzata statunitense) si butta a capofitto nel mezzo di una discussione su Twitter riguardante, nello specifico, la vittoria di una tennista nata uomo, Alicia Rowley che ora partecipa ad eventi per donne dopo il periodo di transizione: “Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti” commenta Navratilova.

E continua ribadendo: “Hey, Usta: il tennis femminile non è per atleti maschi falliti, qualunque sia l’età. Questo sarà consentito allo US Open di questo mese? Solo con un documento d’identità? Non credo. […] È patriarcato per gli uomini biologici insistere sul diritto di entrare negli spazi creati per le donne. Quanto è difficile da capire? È patriarcato che gli uomini biologici insistano sul diritto di competere nella categoria femminile nello sport“.

Per quanto sorprendente, la posizione presa da Navratilova non è tuttavia una completa novità: nel 2019 era stata espulsa da un’associazione che combatte battaglie in sostegno di atleti omosessuali, l’Athlete Ally, accusata di transfobia per aver pronunciato le seguenti parole (riportate dal Sunday Times): “È sicuramente ingiusto per le donne che devono competere contro persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere contro di lei”. A distanza di quattro anni, nulla è cambiato. Almeno per lei.

 

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