Rafa picchia duro su Maria (Zanni). La Sharapova ringrazia i fans “Mi avete ridato il sorriso”. Nadal severo: “Deve pagare” (Cocchi). Io, il barone e quel set che non colsi (Clerici).

Rassegna stampa

Rafa picchia duro su Maria (Zanni). La Sharapova ringrazia i fans “Mi avete ridato il sorriso”. Nadal severo: “Deve pagare” (Cocchi). Io, il barone e quel set che non colsi (Clerici).

Pubblicato

il

 

Rafa picchia duro su Maria (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Maria Sharapova aveva già detto il giorno dell’annuncio di non voler chiudere in questo modo la sua carriera, e l’ha ribadito attraverso Facebook ieri, ringraziando fan e amici che l’hanno sommersa di messaggi d’amore. Di sicuro lì in mezzo non ha trovato pero quello di Rafa Nadal. «Ha sbagliato e deve pagare – ha detto lo spagnolo – voglio credere che sia stato un errore, che non volesse farlo, ma ci sono le regole». Nadal da Indian Wells ha poi parlato anche di se stesso: quante volte è stato toccato dai sospetti? «Io sono pulito» ha ribadito, una precisazione arrivata forse anche perché Roselyne Bachelot, ex ministro francese della salute e dello sport dal 2007 al 2010, aveva dichiarato che «l’assenza di Nadal per sette mesi nel 2012 è stata dovuta certamente a un controllo antidoping fallito», dichiarazione che ha provocato l’immediata reazione del team dello spagnolo che preannuncia querele. I commenti distaccati della maggior parte dei colleghi, in campo maschile e femminile, non hanno sorpreso Chris Evert. «Maria Sharapova è sempre stata isolata dal resto del mondo del tennis – ha detto l’ex campionessa americana – Si sa, non può essere amica dei giocatori. Le sue amicizie sono al di fuori dei campi. Certo che è abbastanza sorprendente non vedere un gran supporto nei suoi confronti». Che invece è arrivato almeno da uno dei suoi sponsor: la Head infatti vuole rinnovare il contratto con la russa per «l’onestà e il coraggio dimostrato». E Johan Eliasch, boss dell’azienda, ha aggiunto: «Mi piacerebbe vedere Maria insegnare tennis ai bambini per tre mesi, questa sarebbe una bella cosa». La Evian poi ha fatto sapere di monitorare da vicino la situazione, non se ne va e così almeno l’emorragia di sponsor pare si sia fermata. Anche Sergei Lavrov, ministro degli esteri russo, ha voluto dire la sua: «Strana decisione, mettere il Meldonium tra i prodotti proibiti». Sempre ieri c’è stata un’intervista concessa al “The Guardian” da John Haggerty, l’avvocato che guida il team legale della Sharapova: «Maria non ha mai preso il Meldonium – ha detto – ha preso il Mildronate (che poi è il nome commerciale del medicinale) acquistato legalmente, ma non posso dire dove». Non negli Stati Uniti: non è approvato dalla Food and Drugs Administration, l’agenzia federale americana che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici e proprio per questo motivo è stato chiesto al legale se l’ente Usa lo avesse contattato in quanto, in teoria, il Mildronate non si potrebbe importare. «No – ha risposto – E poi è un medicinale reperibile, senza ricetta, in diverse nazioni». E Max Eisenbud? II vicepresidente della IMG non si vede da quando Maria ha annunciato la propria positività. Eisenbud, il suo agente, è l’eminenza grigia della russa: l’ha scoperta quando lei aveva 12 anni e l’ha trasformata nell’atleta più ricca di tutti i tempi. Eisenbud, nato nel New Jersey, vive a Miami con moglie e figli, ed è il depositario di tutti i segreti di Maria. Anche quelli del Meldonium o Mildronate: chiamatelo come volete.

———————————————————————–

La Sharapova ringrazia i fans “Mi avete ridato il sorriso”. Nadal severo: “Deve pagare” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Cerca di reagire Maria Sharapova, dopo l’annuncio della positività al Meldonium. Poche ore dopo la scelta di uscire allo scoperto, Maria è stata abbandonata dai principali sponsor, Nike, Tag Heuer e Porsche; la Head invece ha deciso di appoggiare la russa. «Il marchio Head — ha dichiarato il numero 1 Eliasch — è orgoglioso di seguire Maria, ora e in futuro. Anzi, abbiamo intenzione di estendere il suo contratto. Non vediamo l’ora di lavorare con lei ed annunciare nuove sponsorizzazioni». Ieri Masha si è allenata tra spiaggia e palestra, poi ha scritto un lungo post su Facebook ringraziando tutti coloro che le sono stati vicini: «In genere amo la mattina, l’inizio di un nuovo giorno, ma questa non è stata come le altre. Non mi è venuto in mente niente se non che sono determinata a giocare di nuovo a tennis e spero di avere la possibilità di farlo. Avevo bisogno di sudare, sono andata in palestra e mi sono resa conto di un gruppo di macchine che mi seguivano: i paparazzi sono tornati in pista», infine un pensiero a chi in questi giorni non le ha voltato le spalle: «Ho passato il pomeriggio a leggere i messaggi dei miei amici, ma sono anche orgogliosa dei miei fan che poco dopo il mio annuncio mi hanno mostrato tutto il loro sostegno e la loro fedeltà. Volevo far sapere a tutti che le vostre parole mi hanno fatto ritornare il sorriso. Mi piacerebbe tornare a giocare e spero di avere la possibilità di farlo. Scrivo tutto questo solo per dirvi grazie, grazie mille». Mentre Serena William e Novak Djokovic credono nella buona fede e appoggiano la Sharapova, Rafa Nadal è molto duro con la collega: «Credo che Maria abbia commesso un errore e deve pagare. Spero che quello di Maria sia stato solo un errore, ma notizie così fanno malissimo al nostro sport». Nadal ha parlato anche delle cure alle quali si è sottoposto per recuperare dagli infortuni: «Ho fatto un trattamento al plasma e uno con le cellule staminali. La prima volta con il plasma ha funzionato bene, la seconda no e ho dovuto smettere di giocare per sette mesi. Ho usato le cellule staminali per due volte al ginocchio». Anche Murray la pensa come Rafa: «Maria deve essere punita, prendere medicine solo perché è legale, se non sei malato, è sbagliato». Intanto un altro russo è stato fermato dall’anti-doping, si tratta del biatleta russo Eduard Latypov che è stato sospeso dalle competizioni dopo essere risultato positivo al Meldonium. Lo ha comunicato la Federazione Biathlon russa. La Federazione Internazionale di biathlon ha temporaneamente sospeso il 2lenne atleta dopo che un test ha mostrato la presenza di tracce della sostanza vietata in un campione prelevato durante la Coppa Ibu, il mese scorso.

———————————————————————–

Io, il barone e quel set che non colsi (Gianni Clerici, La Repubblica – Venerdì)

“No, mon cher ami, non desidero più che si parli di me. Ti ringrazio per quanto hai scritto, ma voglio cominciare una nuova vita”. Così mi parlava Gottfried Von Cramm nella sala da tè di Wimbledon. Era il 1955, e Gottfried si trovava a Wimbledon da spettatore, dopo averci giocato l’ultima volta nel 1951, dopo che la Germania era stata riammessa nella Federazione Internazionale, dalla quale era stata esclusa per cinque anni per i crimini di guerra. Mi trovavo al mio primo Wimbledon da cronista. Con Von Cramm ero sceso in campo quando ancora speravo di diventare un famoso tennista, a San Remo, nel corso del suo ritorno al tennis nel 1951. In quel terzo turno ero miracolosamente giunto a un set-point a mio favore, a 6-5 nel primo set. Avevo seguito a rete quello scambio e l’imprendibile passante del Barone era finito, per mia sfortuna, sulla riga del corridoio. Nel riparlargliene, dopo aver perduto 8-6, 6-4, nello spogliatoio, avevo accennato timidamente alla sua fortuna, e la risposta mi aveva bloccato. «Mon cher ami, guardi che io non prendo le righe per fortuna: io le miro». Da quel giorno, la mia considerazione per Von Cramm non era certo diminuita. Di lui ero venuto a sapere varie storie. Le principali riguardavano i suoi successi anteguerra, la sua omosessualità, la sua incarcerazione a causa dei nazisti, la sua liberazione, probabilmente grazie al Re di Svezia, Gustavo V, e il rifiuto della sua iscrizione a Wimbledon 1939 da parte dei dirigenti britannici. Analogo rifiuto, al Queen’s Club, era stato sventato dal solo voto favorevole di John Olliff, membro del consiglio e più tardi cronista del DailyMail. Von Cramm vinse il torneo battendo in finale il Numero Uno americano, Bobby Riggs. Alla crudele esclusione di Von Cramm da Wimbledon era seguita proprio la vittoria di Riggs, e la vittima politica della propria omosessualità non aveva quindi potuto vincere il torneo più importante del mondo, del quale era già arrivato alla finale nel 1935, ’36 e’37. Simile crudele verità non era stata raccontata se non a voce, mentre l’ovvia indignazione aveva trovato posto nelle colonne del Giorno. Gottfried l’aveva saputo, e per questo me ne era stato grato, offrendomi un tè, lo stesso giorno nel quale mi aveva detto di non voler più parlare della sua vita. La sua vita sarebbe stata raccontata da altri, dopo che la vita del Barone era stata troncata da un incidente automobilistico accaduto in Egitto, l’8 novembre 1976 . I due scrittori che si occuparono di Von Cramm furono, nel 1990, Egon Steinkamp e l’americano Marshall Jon Fisher. Entrambi, non avendo mai conosciuto il Barone, mi telefonarono, ma dovetti limitarmi a rispondere che egli stesso non aveva accettato che io scrivessi su di lui. A parlarne, soprattutto di un match divenuto leggenda nel mondo del tennis, quello con Budge, fu Teddy Tinling, tennista britannico ancor più fallito di Clerici, ma il primo sarto nella storia del gioco. Gli accadde di accompagnare Von Cramm in occasione della semifinale di Coppa Davis 1937, quando, con gli Stati Uniti e la Germania sul 2 pari, simile match era divenuto una vicenda politica, ancor più che sportiva. In quell’occasione, lungo il breve tragitto che conduceva Von Cramm e l’americano Donald Budge dagli spogliatoi al Centrale, il Barone era stato raggiunto da una telefonata. Tinling, che non era in grado di sentire, la raccontò in termini teatrali, dopo che Gottfried ebbe risposto «Ja, mein Führer». Tale aneddoto è stato tante volte raccontato, ripreso, scopiazzato che, nella storia del tennis, appare come più vero del vero. La piccola storia della mia mancata biografia, rifiutata da Von Cramm, è che io gli esternai allora l’intenzione di servirmi del suo personaggio per un romanzo, che poi scrissi, con il titolo di Costa Azzurra 1960. Era la storia di due giovanissimi giocatori italiani, uno dei quali diviene allievo e pupillo del Barone, ma lo abbandona per ritornare a una fraterna amicizia con il suo compagno di doppio, un personaggio che ricorda molto da vicino me stesso. Chiamai il personaggio simile al Barone Sigfried Von Bilden, anagramma di Bill Tilden, il tennista degli Anni 30 famosissimo per le sue vittorie e l’omosessualità che l’aveva condotto in prigione. Avevo sempre avuto in animo di offrire il libro al Barone, ma non ebbi più occasione di vederlo vivo. Se, da una nube, Siegfried è riuscito a leggermi, avrà concordato sulle grandi qualità umane del suo personaggio, sulla mia stima e il mio affetto.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement