Nei dintorni di Djokovic prima di Djokovic: Franjo Puncec, l’ex raccattapalle che zittì Parigi

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic prima di Djokovic: Franjo Puncec, l’ex raccattapalle che zittì Parigi

Questa settimana raccontiamo la curiosa storia di uno dei più grandi tennisti dell’ex Jugoslavia, Franjo Puncec. Dall’inizio come raccatapalle nella natia Cakovec, alle semifinali Slam e al quarto posto nella classifica mondiale. E alle incredibili sfide di Coppa Davis con la Jugoslavia. Come quella a Parigi nel 1946, dove vinse il match decisivo al quinto nonostante i furti dei giudici

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Djokovic, Ivanisevic, Cilic, Ljubicic. Se a qualcuno venissero chiesti i nomi dei più forti giocatori di tennis maschile provenienti dai paesi dell’ex Jugoslavia, probabilmente di getto farebbe questi quattro nomi: il serbo attuale dominatore del tennis mondiale, i due croati vincitori di uno Slam e l’altro croato ex n. 3 del mondo. Magari qualcuno citerebbe anche Ancic e Tipsarevic, entrambi top ten e vincitori di un Coppa Davis, rispettivamente con la Croazia nel 2005 e con la Serbia nel 2010. E qualcun altro ancora farebbe notare che agli albori dell’era Open ci furono pure Franulovic e Pilic, entrambi di Spalato come Ivanisevic, finalisti al Roland Garros rispettivamente nel 1970 e nel 1973.

Ma in Jugoslavia ci fu una grande generazione di tennisti anche a cavallo della seconda guerra mondiale. Tennisti che proprio a causa del conflitto bellico persero diversi anni di carriera, alcuni di loro gli anni migliori. Parliamo dei “quattro moschettieri” Franjo Puncec, Josip Palada, Dragutin Mitic e Franjo Kukuljevic. Puncec e Palada stabilirono il record della contemporanea presenza di due giocatori jugoslavi nelle semifinali di un torneo dello Slam: accadde nel 1938 a Parigi. Se consideriamo anche l’insieme degli stati nati dalla dissoluzione della Jugoslavia, il record è stato eguagliato solo nel 2014, quando a New York arrivarono in semifinale Novak Djokovic e Marin Cilic.

Ed è proprio del più forte dei quattro, Franjo Puncec, che vi raccontiamo la storia.
Nato a Cakovec, in Croazia, il 25 novembre del 1913, il giovanissimo Franjo iniziò a frequentare il tennis club della sua città natale facendo il raccattapalle. Era la seconda metà degli anni Venti, il club era stato da poco rinnovato e il giovanissimo Franjo raccoglieva le palline e disegnava le linee con il gesso sui campi in terra battuta. Ma poi restava a guardare i soci giocare. E a fine giornata, quando tutti erano andati via e rimaneva da solo, provava ripetutamente i movimenti dei colpi a vuoto, senza racchetta.
E nessuno avrebbe scoperto quanto bene era riuscito a impararli, se nel 1928 non fosse accaduto un fatto insolito, un piccolo aiuto del destino.
“Una domenica quasi tutti i soci del club andarono ad una gita. In campo si trovarono in tre e mi chiamarono per giocare il doppio. Io e il mio partner vincemmo. Poco dopo trovai una racchetta usate e le scarpe e divenni socio del club. Il presidente mi regalò un paio di pantaloncini, ma erano troppo grandi. Ricordo che con una mano dovevo tenerli perché non cadessero e con l’altra tenere la racchetta e giocare” raccontò anni dopo Puncec.

Poco tempo dopo al club venne organizzato un torneo, e il quindicenne Franjo lo vinse. Ma a diversi soci dava fastidio che l’ex raccattapalle fosse diventato il giocatore più forte del club. Tanto che una sfida già programmata tra il Cakovec e il Celje saltò perché Puncec fu ovviamente convocato e alcuni soci si dichiararono indignati dal fatto che un raccattapalle facesse parte della selezione del Cakovec. Ma il giovane Franjo non si preoccupò di tutto questo e continuò ad allenarsi e a giocare con passione. E a migliorare. Ed ecco che il destino lo aiutò ancora una volta.
“Era un freddo febbraio del 1930 e giocammo a Zagabria contro l’ATK. Perdemmo 8 a 1, e l’unico punto per il Cakovec lo portai io, battendo il console inglese che giocava per il club zagabrese”. Puncec parlò così della sua  vittoria per 6-3 7-5 contro Bullock, omettendo il fatto che il console inglese era il n. 1 della squadra avversaria. Gli appassionati zagabresi rimasero entusiasti del giovanissimo tennista di Cakovec. Tra questi vi era il famoso allenatore Anton Dembic – che sarà poi anche capitano di Puncec in Coppa Davis – che voleva a tutti costi che quel talentuoso sedicenne rimanesse ad allenarsi  a Zagabria. Ma il padre di Franjo non volle sentire ragione e così il figlio fece ritorno a Cakovec. Il destino però era ancora pronto ad aiutarlo.
Non passò infatti molto tempo, che un giorno Puncec senior si trovò a passare vicino ai campi mentre il figlio stava giocando.
“Bravo Puncec”, si sentì gridare dal pubblico. E subito dopo l’allenatore di Franjo incrociò lo sguardo del padre e gli disse: “Suo figlio è fantastico”.

Quella stessa sera il padre chiese al giovane se voleva ancora andare a giocare a Zagabria.
“Certo che sì, padre”
“E allora se è così,  vai…”

Il giorno dopo Franjo partì per Zagabria. Dove spiccò il volo. Nel 1931 vinse subito i campionati juniores jugoslavi. L’anno dopo, a diciotto anni, arrivò per la prima volta in finale ai campionati assoluti, dove viene sconfitto da Kukuljevic, di 4 anni più vecchio di lui. Ma poi ne divenne il dominatore indiscusso vincendoli per sette anni consecutivi, dal 1933 al 1939.
I suo anni migliori furono indubbiamente il 1938 ed il 1939.
Nel 1938 vinse gli Internazionali di Montecarlo e poi, come detto, arrivò in semifinale a Parigi dove venne sconfitto dal ceco Menzel. Raggiunse la semifinale anche a Wimbledon, dove fu fermato da Don Budge, che quell’anno completò il primo Grande Slam nella storia del tennis. A fine anno Puncec fu considerato uno dei primi dieci giocatori del mondo.
Nel 1939 si fermò ai quarti a Parigi, sconfitto dal futuro vincitore McNeill, e arrivò nuovamente in  semifinale a Wimbledon, sconfitto questa volta dal 21enne americano da Bobby Riggs, astro nascente del tennis mondiale, che sfiorò anche lui il Grande Slam in quella stagione, vincendo 3 Major e perdendo in finale a Parigi contro il citato connazionale McNeill.
Ma fu soprattutto in Coppa Davis, con la nazionale jugoslava, che in quell’anno Puncec fu grande protagonista. I quattro moschetteri Puncec, Palada, Mitic e Kukuljevic erano già arrivati alla finale della zona Europea nel 1936 e nel 1938, sempre sconfitti dalla fortissima Germania di quegli anni. Ma nel 1939, finalmente, la Jugoslavia si prese la sua rivincita: e l’artefice principale fu Puncec. Proprio sul campo centrale dell’ATK, dove 9 anni aveva entusiasmato gli appassionati zagabresi battendo il console inglese, il 25enne Puncec trascinò la sua nazionale alla vittoria conquistando i due singolari ed il doppio, in coppia con Kukuljevic. La Jugoslavia fu poi sconfitta dall’Australia per 4-1 nella finale Interzona. L’unico punto jugoslavo fu proprio di Puncec che battendo Bromwich portò le squadre sull’1-1 al termine della prima giornata.
Alla fine dell’anno Puncec fu considerato il n. 4 al mondo e primo giocatore europeo.

Ma proprio quando era all’apice, la sua carriera fu fermata dall’arrivo del secondo conflitto bellico mondiale. Nei 2-3 anni successivi si riuscì a giocare ancora qualche torneo in Europa, prima che il Vecchio Continente fosse completamente sconvolto dalla guerra, ma di fatto il tennis internazionale di alto livello si fermò nel 1939 e riprese solo nel 1946.
Nel 1946 Puncec aveva già 32 anni e i suoi anni migliori se li era portati via la guerra. Ma l’ex raccattapalle di Cakovec aveva ancora qualcosa da dire dentro al rettangolo di gioco. In quell’anno giunse ai quarti a Wimbledon, sconfitto dall’americano Tom Brown, ma soprattutto un paio di settimane prima dei Championship portò nuovamente la Jugoslavia nella finale di Davis della Zona Europea, rendendosi protagonista della leggendaria rimonta sulla Francia a Parigi, in semifinale.
I quattro moschettieri jugoslavi erano rimasti in tre, dato che non c’era più Kukuljevic, il più vecchio dei quattro, classe 1909, che dopo la guerra non giocò più in Davis (ma ottenne ancora dei buoni risultati: arrivò ai quarti in doppio a Wimbledon nel 1948, in coppia con il cecoslovacco Vodicka). E contro la Francia era assente anche Palada. La sfida sembrava segnata, dato che i francesi schieravano Yvon Petra e Marcel Bernard, che poco dopo avrebbero vinto rispettivamente Wimbledon e gli Open di Francia. Nella prima giornata i pronostici della vigilia furono rispettati, e la Jugoslavia si trovò sotto 2-0. Ma entrambi i match furono durissimi e si conclusero solo al quinto set. Fu durissimo soprattutto quello tra Petra e Mitic, con il francese che ebbe la meglio solo per 8-6 nel parziale decisivo. A quel punto i francesi avrebbero potuto chiudere subito la questione qualificazione con il doppio, dato che Petra e Bernard formavano una coppia molto forte (il mese dopo avrebbero vinto assieme gli Open di Francia). Ma il selezionatore francese decise di farli riposare dopo i cinque set disputati nella prima giornata. Il suo omologo jugoslavo, invece, decise di schierare comunque Puncec e Mitic, e i due riuscirono ad avere la meglio sulla coppia francese Destremau-Pelizza, anche qui dopo una battaglia conclusasi 10-8 al quinto. Sembrava che la vittoria della squadra di casa fosse solo rimandata di qualche ora, con Puncec e Mitic ancora più stanchi dopo aver giocato altri cinque intensissimi set.
Invece l’ultimo giorno accadde l’impensabile.
Mitic (che non era uno qualsiasi sulla terra battuta, dato che in carriera raggiunse per 3 volte i quarti a Parigi) battè Bernard 10-8 al quinto nonostante i crampi e poi Puncec completò la rimonta battendo Petra, nonostante un arbitraggio palesemente di parte, ancora in cinque set. Ecco il ricordo di Puncec di quel match, in cui si sfidarono due stili diversi: il raffinato gioco a rete del francese contro i precisi passanti da fondo del tennista croato.
“Quando vidi dall’altra parte della rete Petra, alto e magro, che era pallido e pensieroso, pensai che potevo batterlo, anche se non sarebbe stato facile. Misi in campo tutti i miei colpi e la mia esperienza. Quando mi trovai in vantaggio due set a uno e 4-2 nel quarto cercai di chiudere il match. Ecco, in quel momento mi furono rubate alcune palle importanti, gli arbitri sbagliarono a mio sfavore e Petra vinse il quarto set per 9-7. Ebbi anche 3 match point. Ero indignato e sconfortato per quanto era accaduto, mi sedetti sulla panchina e non volevo continuare. La sospensione durò alcuni minuti e poi, dopo aver parlato con il selezionatore, tornai nell’arena”.
Tornò e giocò un set incredibile. Guardando ogni tanto in tono di sfida gli arbitri e chiedendo loro ironicamente “Questa è out?”, Puncec dominò Petra nel parziale decisivo. Vinse 6-0 e regalò la quarta finale della Zona Europea alla nazionale jugoslava.

Fu il suo ultimo match in Coppa Davis, dato che a causa di un infortunio non poté scendere in campo nella finale contro la Svezia, che vide la Jugoslavia perdere per 3-2 contro la nazionale scandinava (con il futuro coach di Borg, Lennart Bergerlin, che conquistò il punto decisivo battendo 10-8 al quinto Mitic). L’anno dopo la Jugoslavia raggiunse la quinta finale europea, ma con Mitic e Palada non c’era più Puncec, che a causa di contrasti con il regime jugoslavo emigrò all’estero.
Ma quanto fatto fino ad allora bastò a Puncec per entrare nel libro dei record della nazionale jugoslava di Davis, dato che detiene quello del maggior numero di partite vinte (42, in coabitazione con Palada, che lo eguagliò nel 1956 quando a 44 anni suonati vinse il suo ultimo match, in singolare) e del maggior numero di singolari vinti  (33).

Puncec giocò ancora qualche anno, raggiungendo nel 1949 gli ottavi al Roland Garros (sconfitto dall’azzurro Cucelli). Dalla Jugoslavia si trasferì inizialmente in Egitto, dove iniziò la carriera di allenatore che proseguì poi a Johannesburg, in Sudafrica, dove si trasferì poco dopo. E dove visse fino alla sua scomparsa, avvenuta nel gennaio del 1985.

Oggi a Cakovec, principale città della regione croata del Medjmurje, il tennis club dove Puncec iniziò a giocare porta il suo nome. Quello del piccolo raccattapalle che imparò a giocare mimando i colpi e migliorò tenendo con una mano i pantaloncini troppo grandi. Ma che era lì quando il destino gli offrì un’occasione, sotto forma di una partita di doppio.
Da pensarci, quando qualcuno vi telefona e voi tergiversate, dopo che vi ha chiesto:
“Ci manca il quarto, vieni?”

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