ATP Miami: Djokovic non suda nemmeno ma Nishikori è un disastro

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ATP Miami: Djokovic non suda nemmeno ma Nishikori è un disastro

Novak Djokovic si aggiudica a Miami il secondo Master 1000 della stagione battendo facilmente Kei Nishikori. Partita bruttina, e serbo che sembra non aver voglia di dare troppo gas. Chi potrà fermarlo sulla terra rossa?

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[1] N. Djokovic b. [6] K. Nishikori 6-3 6-3

DJokovic-Nishikori Stats

Alcuni luoghi comuni sono senz’altro veri. Se si dice che gli italiani mangiano molta pasta si utilizza un luogo comune. Ciò non toglie che in effetti la pasta in Italia pare sia molto diffusa. Quello che non si dovrebbe mai fare è inferire che tutti gli italiani mangiano pasta, perché in fondo è facile trovare qualcuno che proprio non vuol saperne. Se giudicassimo Novak Djokovic e Kei Nishikori dalla reputazione dei loro paesi di provenienza avremmo pochi dubbi su chi dei due sarebbe il robot e chi l’emotivo, soprattutto se si è imbevuti dei film di Kusturica. E invece si sono trovati di fronte due che sono sì uno una macchina e l’altro un fascio di nervi che cammina, ma se si vuol cercare emotività è dalle parti di Matsue che bisogna cercare, non a Belgrado. Al netto di un problema tecnico che deve trovare il modo di risolvere – il dritto è davvero troppo poco competitivo per cullare sogni di grandissima gloria – Nishikori entra letteralmente nel panico al cospetto dei big four, nonostante inizi le partite con fierissimo cipiglio. Se a Indian Wells con Nadal era riuscito a durare 4 game, a Miami è bastato che Djokovic tenesse in campo due palle profonde per farlo iniziare a perdere totalmente di misura il dritto, a crollare con le percentuali di prime, a cercare con saltelli e palle scagliate via, con educazione certo, un timing ed una respirazione almeno un po’ più decente.

Il set si era aperto con uno scambio intensissimo che portava Nishikori sul 15-30 e quindi subito a due palle break e al vantaggio. Ma a Djokovic bastava cercare il dritto del suo avversario per capovolgere la situazione, con Nishikori che sulla palla break non governava una parata, più che una risposta, di Djokovic su un servizio esterno. Dopo un paio di game interlocutori, nel sesto Djokovic tornava a cercare con maggiore insistenza il dritto di Kei e immediatamente di portava sul 4-2. Il giapponese però sembrava potesse trovarsi meglio nei game di risposta e restituiva immediatamente la cortesia, peccato che poi dovesse andare a servire. Molto triste il punto che dava il 5-3 al serbo, che neanche cercava chissà quale intensità nello scambio, tanto era Nishikori che steccava un dritto (ma va?) spedendolo in tribuna. Nole a questo punto non poteva esimersi e chiudeva il set tenendo il servizio addirittura zero.

Il secondo set cominciava come si era chiuso il primo, con Nishikori che andava subito 30-0 poi combinava una serie di sfracelli indegni di una finale di un master 1000. Chiudeva il tutto uno scambio da giocatori di club, con Nole, forse indignato della mediocrità del tutto, che alzava un campanile che Kei non solo smashava a casaccio, ma che seguiva a rete producendosi in una volée di rovescio da ritiro della tessera. Se avete una buona memoria ricorderete il S&V che Kei giocò contro Nadal nella palla break del secondo game del secondo set. Con l’identico risultato ovviamente. Dieci game e sei break, con tanti saluti al signor Moore e al meraviglioso tennis maschile.
Nole controllava il match e si preoccupava di tenere il servizio, non infierendo più di tanto, da brav’uomo qual è, sul povero giapponese; giusto un paio di prelibatezze di rovescio – splendido quello per chiudere il sesto game – tanto per ricordare che in fondo potrebbe fare ben altro. Djokovic ha pure la palla per accorciare ulteriormente il match ma gli basta resistere all’ultimo tentativo – un Medical Time Out chiesto per motivi oscuri dal giapponese – tenere un servizio e concludere senza la minima difficoltà al game successivo, grazie all’inutile aiuto di Nishikori che con un paio di doppi falli lo conduce al match point. Nole sbaglia il primo ma il dritto di Nishi gli regala il secondo che Nole cerca di sfruttare insistendo sulla ferita. Stavolta Nishi resiste un altro minuto, il tempo di steccare l’ultimo dritto e regalare il match a Nole.

Come si evince da queste meste righe partita davvero poco appassionante, con Djokovic che per fortuna si limita a tenere velocità di crociera medie, perché il rischio di far finire le partite in un’ora è sempre incombente. Nulla si può chiedere certo al serbo, che ormai vince anche se non sembra averne voglia. Su Nishikori – che ha come sola consolazione quella di aver fatto più game di Raonic – meglio stendere un velo, perché è inconcepibile avere un dritto così ballerino a quei livelli. Se ci aggiungete che ormai Djokovic esercita un vero e proprio terrore sui malcapitati avversari avrete chiaro come mai le seconde file, non solo non riescono a far partita, ma addirittura offrono il peggio di sé quando si trovano di fronte il serbo. Motivo in più per contare più sui giovani, che dovrebbero avere almeno la mente sgombra da timori reverenziali e giocarsi le loro carte, buone o cattive che siano, che sulla generazione dei Murray, Nadal o Wawrinka (solo uno scaramantico potrebbe ancora temere il detentore del Roland Garros che non si capisce come potrebbe tornare su quei livelli); o, peggio ancora, della generazione di mezzo dei Nishikori appunto o dei Dimitrov o Raonic.  Adesso si torna sulla terra rossa, il nemico più insidioso per Djokovic, a questo punto, è lui stesso, che magari potrebbe inciampare per pura desuetudine alla lotta, alle prime difficoltà. O questo o Federer, per cercare motivi di seguire il tennis nei prossimi mesi. Non una grande prospettiva.

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