I record di Novak Djokovic e il "caso" Camila Giorgi

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I record di Novak Djokovic e il “caso” Camila Giorgi

Gli argomenti caldi della scorsa settimana: Novak Djokovic sembra davvero imbattibile, mentre Camila Giorgi rifiuta la chiamata in Fed Cup

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Questo articolo è stato scritto per il sito Snai.it e per gentile concessione di Snai viene riprodotto anche su Ubitennis.com

La settimana appena conclusa ha vissuto per quanto riguarda il tennis su due principali argomenti. Il Masters 1000 di Miami vinto da Novak Djokovic, anzi dominato tanto per cambiare, e la vicenda che ha visto protagonista Camila Giorgi, la ragazza di Macerata n.43 del mondo – ma è stata anche n.30 – che ha fatto sapere alla Federtennis di non voler giocare il match di Fed Cup contro la Spagna nel weekend 16-17 aprile.

Le vittorie di Djokovic, che in finale ha strapazzato il giapponesino Nishikori con un duplice 6-3 senza alcuna suspence e a tempo quasi record considerati i cambi di campo che oggi concedono un minuto e mezzo abbondante di pausa – 1 ora e23 minuti in tutto, chi ha pagato il biglietto non sarà stato troppo contento – , non fanno ormai più notizia altro che per i record che il campione di Belgrado ormai continua da inanellare incessantemente. In un colpo solo ne ha fatti due ed eguagliato un terzo: ha vinto Miami per la sesta volta come Andre Agassi (questo è quello eguagliato), ma è il primo ad aver realizzato la doppietta Indian Wells-Miami per tre anni consecutivi. Se non è dominio questo… Ha anche trionfato nel suo Masters 1000 n.28, lasciandosi alle spalle Rafael Nadal e Roger Federer. Un campione assoluto, che gioca bene, anzi magistralmente, su tutte le superfici e che deve rimpiangere soltanto di aver incontrato nello svizzero Stan Wawrinka un anno fa nella finale del Roland Garros un giocatore in giornata irresistibile. E forse irripetibile. Altrimenti Novak sarebbe stato il primo tennista a vincere tutti e quattro gli Slam in un anno, dai tempi di Rod Rocket Laver, l’australiano che riuscì nell’impresa nel 1962 e nel 1969. Un’impresa quindi mancata dai vari Sampras, Wilander, Lendl, Edberg, Becker, Agassi, Federer, Nadal, per citare solo alcuni big.

Federer ha vinto 17 Slam ma l’ultimo risale ormai a quattro anni fa, Wimbledon 2012. Nadal è fermo a quota 14 (come Sampras) al Roland Garros 2014 e nessuno dei due sembra in grado di fermare il miglior Djokovic che di Slam ne ha vinti 11, ma già quest’anno – se le cose continuano così – potrebbe eguagliare Nadal e mettersi sulla scia di Federer per raggiungerlo forse già entro fine 2017. Questa è una scommessa che io mi sentii di fare già quando Novak vinse il suo Slam numero 8 all’Australian Open 2015 e molti mi dettero del matto. Da 7 a 17 in effetti ne mancavano ancora troppi e si sa che per vincere uno Slam devono concorrere tante circostanze favorevoli, prima di tutte la salute, in aggiunta al valore di un tennista. Ma Djokovic sembra davvero di un’altra categoria oggi al cospetto di tutti gli altri, un Federer incalzato all’anagrafe e da qualche acciacco, un Nadal che non sembra più lui, alcuni giovani emergenti che ancora paiono acerbi come Thiem e Goffin che a Miami qualche fastidio sono riusciti a dargli, ma niente di più. Novak, vittorioso per la sessantatreesima volta in un torneo (in 89 finali), ha superato anche il numero delle vittorie nel circuito del suo coach Boris Becker: 714. E chissà dove arriverà. È già certo che supererà quest’anno i 100 milioni di dollari in premi ufficiali vinti in carriera. Gli mancano meno di due milioni di dollari per infrangere quel muro. Pur essendo più giovane di sei anni di Federer, 29 anni contro 35 quest’anno (uno classe 1987, l’altro 1981) Novak ha già guadagnato circa 400.000 euro più dello svizzero 86,1 milioni contro 85,7.

Però lo svizzero ha certamente avuto più sponsor e… più tifosi. Ed è quest’ultimo aspetto, i tifosi più che gli sponsor, a rattristare un po’ Djokovic che pure essendo bel personaggio, simpatico, estroverso, showman, non riesce ad affascinare le folle come Federer, campione inimitabile per la sua eleganza, il suo stile, quel rovescio ad una mano che non è nemmeno il suo colpo più forte, però piace, piace maledettamente più di qualsiasi rovescio a due mani pur magari assai più efficace. Fra una settimana comincia il torneo di Montecarlo, terzo Masters 1000 dell’anno. Inutile chiedersi chi sia il favorito. Però sulla terra rossa Rafa Nadal dovrebbe essere più competitivo, anche se nelle ultime sfide Djokovic lo ha stracciato. Tornerà Federer, fermo da tre mesi, ma di questo parleremo in un prossimo articolo, magari proprio dal Country Club di Montecarlo dove andrò per il quarantaduesimo anno di fila.

Mi resta poco spazio per parlare di Camila Giorgi e del suo no alla nazionale che potrebbe costare moltissimo a lei per via dei contratti firmati con la FIT che prevedevano una sorta di prestito d’onore per 145.000 euro già da lei riscossi in cambio di un obbligo di rispondere ad una convocazione per la Fed Cup. Ma potrebbero costare parecchio in prospettiva anche al nostro tennis, perché la tennista ventiquattrenne di padre argentino oggi è di fatto la n.3 del tennis italiano – stante il ritiro di Flavia Pennetta… se non ci ripensa – alle spalle di Roberta Vinci, 33 anni, e Sara Errani, 29. Nella completa assenza di ricambi all’orizzonti, è facile prevedere che salvo sconquassi Camila – già capace di battere 6 top-ten in una carriera assai discontinua – sarà fra qualche anno la nostra n.1. Francamente non capisco perché il presidente della FIT Angelo Binaghi si sia intestardito a volerla far convocare da Corrado Barazzutti, quando già sapeva che lei – un po’ perché a Marsiglia, nel precedente turno di Fed Cup conclusosi con la sconfitta italiana davanti alla Francia, suo padre Sergio aveva litigato un po’ con tutti, un po’ perché lei non è riuscita a integrarsi con le altre ragazze – non voleva saperne di andare in Spagna per un match quasi proibitivo e nel quale con tutta probabilità Barazzutti avrebbe schierato in singolare e in doppio Vinci ed Errani.

Non solo Barazzutti l’ha convocata, ma lo ha fatto anche con grande anticipo rispetto ai tempi normali, anziché provare a cercare una mediazione che un discutibile diplomatico come Sergio Palmieri non era riuscito a compiere. L’Italia del tennis ha già tanti problemi a dispetto degli ultimi anni di successi conquistati dalle nostre ragazze. Il problema, fondamentalmente, di un ricambio che non c’è. Perché si sia andati a cercarsene altri, proprio non l’ho capito.

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