Ma alla fine vincono quasi sempre i più forti. Da Fabio Fognini in poi... Di Leicester ce n'è uno...

Editoriali del Direttore

Ma alla fine vincono quasi sempre i più forti. Da Fabio Fognini in poi… Di Leicester ce n’è uno…

ATP ROMA – Dopo l’occasione con Kei Nishikori (“Mi mangio le mani”) il n.1 d’Italia approccia Roma e Garcia-Lopez con fiducia (poi David Ferrer?). Può battere chiunque, ma in 49 sfide ai top-ten solo 7 vittorie. Non è il solo protagonista di… grandi sconfitte

Pubblicato

il

 

È finita poco fa un’intervista di Fabio Fognini (nell’immediata vigilia della quale ero stato scherzosamente pregato di non farlo arrabbiare…“Ubaldo aspetta almeno che giochi una partita…”), ma al di là delle cose che ha detto –“Dopo Montecarlo (sconfitta con Lorenzi) ho giocato bene per tre settimane e perso sempre dal vincitore del torneo: Nadal dopo aver servito per un set a Barcellona, Kohlschreiber a Monaco, con Nishikori è andata come sapete…” – vorrei allargare il suo discorso ad uno più generale e che riguarda le grandi sconfitte di cui tutti… sono lì per lì furibondi ma alla lunga quasi orgogliosi. Sbagliandosi!

Chiedo subito scusa se attacco questo articolo in modo troppo personalistico, ma via via si capirà dove voglio arrivare… anche se l’ispirazione me l’ha data la sconfitta a Madrid di Fabio Fognini contro Kei Nishikori per 7-5 al terzo dopo che Fabio aveva servito per il match contro il giapponesino n.6 del mondo.

Fabio ha indubbio talento e quando è in giornata può battere anche alcuni dei più forti tennisti del mondo. Infatti nella sua carriera ha battuto Rafa Nadal più di una volta, ha battuto Murray, Berdych, Gasquet e diversi altri top 20. Con i top ten ha vinto 7 partite e perso 42 (totale quindi 49).

La differenza fra i grandi campioni e coloro che sono ottimi giocatori ma non sono grandi campioni sta nella continuità di rendimento. Nella capacità di ripetere grandi performances a getto continuo, a tutte le latitudini, su tutte le superfici, in tutte le circostanze, giorno dopo giorno, anno dopo anno, per più anni.

Tutti coloro che sono arrivati a classificarsi fra i primi 100 del mondo sono in qualche modo campioni, se si pensa che a tennis giocano ormai da tempo parecchie decine di milioni di persone. E che diverse decine di migliaia hanno provato, con maggiore o minore intensità, a fare attività agonistica con qualche ambizione. A questi agonisti soltanto – e non a tutti – andrebbe circoscritta la qualifica di “aspiranti professionisti” prima e, circoscrivendo ancor più, la teorica qualifica di “aspiranti campioni”.

Sono più di 1000 – per limitarsi al settore maschile – i classificati ATP, e se anno dopo anno dall’agosto 1973, cioè quando apparve il primo ranking ATP computerizzato, potete realizzare che in 43 anni dovrebbero aver provato a diventare professionisti con il sogno (magari infondato) di diventare campioni – la butto lì con grandissima approssimazione, ma credo di esagerare in difetto – non meno di 20.000 individui fra uomini e donne (senza considerare i genitori eh…).

Io – ecco l’inciso personale – non mi considero fra quelli, anche se nelle classifiche dell’era ante-computer stilate da Rino Tommasi (ribattezzato all’epoca “Compute-Rino” e di cui insieme a Stefano Meloccaro di Sky e a Giorgio Di Palermo dell’ATP Board ricordavamo a Montecarlo poche settmane fa una celebre sua frase, assai esplicativa del personaggio Tommasi: “Prima di Internet… Internet era Rino Tommasi!”) ero arrivato nel ’73 ad essere dal suo personalissimo ma pignolissimo ranking oggettivizzato n.303 del mondo.

Tutto fuorchè un campione, insomma. Ma un tennista dilettante che amava competere quando gli studi (e altre passioni) glielo permettevano.

La mia cosiddetta “carriera” è durata poco, dai 14 anni ai 24, ed è costellata di pochissime vittorie di (per me e i miei) grande soddisfazione nei vari livelli cui ho giocato, allievi, junior, terza categoria, seconda e prima. E di tante, tantissime sconfitte.

Quasi tutti i giocatori mediocri possono vantare almeno qualche… grande sconfitta. Figuriamoci gli ottimi giocatori, cioè quelli – come Fognini – che competendo giorno dopo giorni, e con talento, contro i più grandi giocatori del mondo, ogni tanto ne battono qualcuno, ma più spesso con i grandissimi ci lasciano le penne. E con tanti più rimpianti quante sono le grandi sconfitte e le cosiddette grandi occasioni perdute.

Proseguo con l’inciso personale: potendo ricordare poche vittorie importanti, che evito di segnalar perché seppur poche non avrebbe senso nel discorso che affronto, ricordo invece quelle per me grandi sconfitte che mi hanno fatto sognare quel che non sarebbe mai avvenuto. Anche se ero certamente più competitivo – tutto è relativo eh – in doppio piuttosto che in singolare, tant’è che almeno tre volte dopo aver vinto con compagni diversi due campionati italiani di seconda categoria sono arrivato nei quarti a quello maschile.

Come i due set, il primo e il terzo di un match 3 su 5 giocato agli assoluti di Perugia 1973 contro Corrado Barazzutti, in cui sono stato avanti 5-2 per poi perdere regolarmente. Come i setpoint mancati contro John Alexander a Milano (che in quel Trofeo Bonfiglio avrebbe poi dominato molto più nettamente tutti gli avversari, incluso Panatta), contro Nicola Pietrangeli a Napoli, i matchpoint contro Ross Walker n.1 britannico under 21 a San Louis Potosi, il 4-1 con Beppe Bonardi al terzo contro Franulovic e Jovanovic (ma quello era in doppio…). Evito di annoiarvi con tante altre sconfitte.

La conclusione di questo lungo discorso, che può essere fatta per tutti i livelli di gioco e di giocatori, è che a tutti può capitare, vuoi per una tua buonissima giornata, vuoi per una mediocre giornata del tuo avversario, di riuscire a sfiorare una grande vittoria contro un giocatore più forte di te.

Ma nella maggior parte dei casi il giocatore più forte – considerazione degna del “filosofo” Catalano del team Arbore – finisce per vincere. E proprio la continuità delle sue vittorie marca la differenza fra il più forte e il meno forte.

Se Gerulaitis gioca 18 volte contro Jimmy Connors molte volte rischia di vincere, ma alla fine è grassa se ne vince una sola. Al diciottesimo tentativo.

Ciò detto, un po’ perchè i giocatori – vedi Djokovic e Nadal come Federer e Nadal – si possono incontrare anche 50 volte, oppure anche soltanto 5 o 6, ci sta che i bilanci dei confronti diretti dicano che anche il tennista meno forte può contare vittorie all’attivo e non soltanto molte grandi sconfitte. Più partite si giocano e più possono venir fuori le sorprese o le quasi sorprese da parte dei giocatori meno forti.

Nei giorni scorsi ci si chiedeva quali fossero le sorprese più clamorose della storia del tennis, fra i vincitori dei tornei. Forse quella di Michael Chang campione al Roland Garros 1989, quando batté Lendl e Edberg (fra gli altri). Forse quella di Flavia Pennetta all’US Open 2015. Non ho preso in considerazione exploit singoli perché sarebbero migliaia, a cominciare dalla vittoria di Roberta Vinci su Serena Williams.

Certo è che è comunque più “possibile indovinare” 7 partite straordinarie di fila per vincere uno Slam (come Thomas Johansson all’Australian Open o Goran Ivanisevic) che non vincere un campionato di calcio di 38 giornate in 10 mesi come è riuscito allo straordinario Leicester di Claudio Ranieri, un’impresa storica che ha esaltato tutti.

Nei giorni scorsi tanti tifosi hanno scritto e pensato che Fognini avesse gettato al vento l’ennesima grande occasione. Lui stesso ha detto oggi: “Mi sono mangiato le mani, ho messo alle corde il n.6 del mondo… sono cose che fanno pensare, ora che ho 29 anni so quelli che sono i miei punti deboli… ma le tensioni ci sono sempre… ho tanti limiti ma se… mia nonna avesse le palle sarebbe un flipper! Ma nonostante tanti limiti sono comunque riuscito ad arrivare a n.13 del mondo“.

Senza realizzare che invece è abbastanza normale che un giocatore n.6 del mondo che ha giocato fasi finali di Slam e vince contro tutti i più forti giocatori del mondo (Djokovic compreso), come Kei Nishikori, rimonti e vinca contro uno che è n.30 del mondo ed è stato soltanto per un breve periodo al massimo n.13. “Il 2014 è stato il mio anno migliore, ho dimostrato quanto valgo… dopo mi sono venuti dubbi, domande, perplessità“.

A fine carriera un ottimo grande giocatore come Fognini – non un Supercampione – avrà vinto diversi tornei, tante, tantissime partite, ma ne avrà perse molte di più di quelle nelle quali sarà stato vicinissimo a vincerle. E non è nemmeno giusto allora rimproverarlo per questo. Non è solo questione di testa. La testa è come il dritto o il servizio. A volte funziona alla grande e a volte no. Magari sì per due ore ma non per la terza.

Nihil novi sub sole.

La storia e il palmares dei giocatori, alla fine, si misura con le vittorie, non con le sconfitte, grandi o piccole che siano.

Io sono stato un mediocre non perché ho perso tante partite che avrei potuto vincere, ma perché ne ho vinte poche.

Per questo motivo, alla fine, coloro che si dilettano in scommesse, fanno la fortuna dei bookmakers quando sono sempre a caccia delle grandi sorprese perché le quote dei favoriti sono poco incoraggianti. Chi rischia tanto perde tanto.

Io ricordo, e chiudo con un’altra “memoria” personale: tanti anni fa un mio amico a Londra azzardò due “martingala” scegliendo di puntare due volte 10 sterline sui suoi favoriti di 25 primi turni e di altri 25 primi turni. In un gruppo di 25 primi turni sbagliò due partite (Karlovic perse da Bracciali mi pare… l’altro non ricordo) e nell’altro gruppo di 25 primi turni (fra maschi e femmine) invece li azzeccò tutti. Credo che incassò circa 2000 sterline. Non male per un investimento di 20 sterline in tutto. Non so se fosse stato un caso né un esempio da seguire. Ma rafforzò la mia convinzione che, sì, le sorprese ci sono quasi sempre, ma se pensate quanti Slams e Masters 1000 sono sfuggiti negli ultimi anni ai Fab Four… la risposta ce l’avete.

Dubito che agli Internazionali d’Italia il vincitore esca dal quintetto Djokovic, Nadal, Federer, Murray, Wawrinka. Certo Djokovic, Federer e Nadal tutti dalla stessa parte per un totale di 42 Slam, mentre nella metà inferiore il totale degli Slam vinti sono 3, fa pensare ad un tabellone molto squilibrato. Non so se ci sarà una quota (certamente ed inevitabilmente molto bassa) che preveda in blocco la possibilità di puntare su tutti e cinque. Ci fosse sarebbe una scommessa quasi sicura, secondo me.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement