Parigi, Slam subacqueo: tetto non prima del 2020 (Crivelli). La rabbia dei tennisti: "Non si poteva giocare" (Clerici). A Parigi è battaglia per un tetto (Azzolini)

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Parigi, Slam subacqueo: tetto non prima del 2020 (Crivelli). La rabbia dei tennisti: “Non si poteva giocare” (Clerici). A Parigi è battaglia per un tetto (Azzolini)

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Parigi, Slam subacqueo: tetto non prima del 2020 (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Anno bisesto, anno funesto. Non bastavano i guai di Federer e poi di Nadal: ora Parigi piange lacrime amare, che si mescolano alla pioggia eterna, maledetta e greve, un supplizio infernale che ha già stravolto il programma (si rischia davvero di finire lunedì, come già nel 2012, mentre nel 1973 si arrivò addirittura al martedì), provocando il dissanguamento economico (15.000 spettatori in meno) e sovreccitando i giocatori, costretti a snervanti attese negli spogliatoi e poi sballottati in campo non appena il meteo concede una piccola tregua, fino all’autogoverno di ieri pomeriggio: Goffin (avversario di Gulbis) e Granollers (contro Thiem), a un certo punto, se ne vanno dal campo senza aspettare la decisione del supervisor, perché l’acqua che cola dal cielo è fastidiosa e la terra rossa ormai si è fatta poltiglia.

Il caos, insomma, nella tarda primavera climaticamente più triste che il Roland Garros ricordi, una coltre grigia di confusione, impotenza e disillusione che finisce per mandare in corto circuito la resistenza e la pazienza di Radwanska e Halep, buttate alla guerra controvoglia e poi sconfitte con tanto veleno nella coda. La polacca, che parte nel prolungamento degli ottavi con la Pironkova da un confortevole 6-3 3-0, ha le idee e la convinzione bagnate, tanto da perdere dieci game di fila d’acchito, e quindi la partita: «Sono arrabbiata, sono sorpresa, sono molto nervosa, abbiamo giocato sotto la pioggia in condizioni impossibili, questo è uno Slam, mica un Challenger da 10.000 dollari. Ci sono ancora dei giorni buoni, perché costringerci?». Un fiume in piena: «Ho come l’impressione che nessuno si curi di quello che pensiamo, evidentemente hanno in mente altro. E poi io non stavo bene, ho il polso sinistro operato che fa male, e giocare su un campo così lento, con le palle così pesanti, è una tortura». Quando arriva a parlare la Halep, sotterrata dalla potenza della rediviva Stosur, sembra che si ispiri allo stesso disco: «Per me, non si poteva scendere in campo, giocare sotto la pioggia mi sembra decisamente un po’ troppo. E’ vero, tutte siamo nelle stesse condizioni, perciò ha vinto la più forte. Ma il fondo non era in buone condizioni, le palle diventavano completamente umide dopo qualche scambio. Nessuno ci ascolta, a me non importa di aver perso, ma di aver rischiato la salute».

Sarà interessante oggi, se finalmente porterà a termine le sue fatiche contro Bautista Agut, ascoltare l’opinione di Djokovic, ma bastava vederlo imprecare ieri, adocchiare sconsolato l’angolo e sparare dritti e rovesci senza senso per immaginarne lo stato d’animo, gravato pure dal peso di un pronostico ormai solo dalla sua parte. Nole comincia sotto una pioggerellina fine ma intensa, perde un primo set irreale con 7 vincenti, 15 gratuiti e tre break subiti, torna negli spogliatoi quando si aprono le cateratte, rientra in campo e si impone di rabbia più che di tecnica nel secondo set e allunga anche nel terzo, prima di un altro stop, che lo terrà allo Stadio fino alle sette di sera, quando gli comunicheranno la resa definitiva al meteo. Tra l’altro, il suo match sul Centrale si prolunga qualche minuto in più rispetto agli altri campi, e a voler pensar male vi si può leggere il cinismo degli organizzatori già costretti a rimborsare tutti i biglietti di lunedì, quando non si è giocato. Il regolamento, infatti, prevede il rimborso totale sotto l’ora complessiva di gioco, il 50 per cento sotto le due ore e nulla sopra le due ore. E Djokovic-Bautista, in tutto, dura due ore e un minuto.

Per fortuna c’è Berdych, un altro che ha cominciato per finire in fretta, a tenere su il morale con un tweet che tuttavia è una ferita aperta: «Ehi Australian Open, visto che ne avete tre, perché non portate un tetto anche quassù?». Ecco il nervo scoperto che unisce Parigi e Roma: la copertura che non c’è, con gli Us Open, ultimi arrivati, che invece da quest’anno la mostreranno fieri sull’Arthur Ashe. In realtà, il progetto di un tetto scorrevole già esiste e i lavori avrebbero dovuto partire quest’anno per concludersi nel 2019. II problema è che lo stadio del tennis si trova all’interno del Bois de Boulogne, dove insistono vincoli paesaggistici e artistici: non a caso, si prevede l’interramento del Campo Centrale di 10 metri, in modo che il tetto non sia più alto delle piante della foresta che circonda l’impianto. Così, su ricorso degli abitanti, contrari anche allo smantellamento di una parte del vicino Giardino Botanico, è intervenuta la burocrazia: il Tribunale Amministrativo a marzo ha confermato lo stop ai lavori. Che riprenderanno, salvo imprevisti, nel 2017, il che comporta la copertura non prima del 2020 (…)

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La rabbia dei tennisti: “Non si poteva giocare” (Gianni Clerici, La Repubblica)

Scope spatole e rastrelli/con teloni misti a ombrelli/interrompon Djokovic/per un giorno poco chic/Goccioloni e goccioline/fan fuggire le bambine/mentre Agneska in acqua pesca/Pironkova la molesta/e la lascia abbandonata/tra le braccia di un dottore/che non crede/al suo malore/E’ una frana la giornata/vanamente incominciata.

Simile filastrocca è stata composta – col mio aiuto – dalla mia nipotina Lea, alla quale avevo procurato un laborioso invito perché, come ogni anno potesse assistere al gioco del tennis. La giornata odierna, ampiamente anticipata dalle previsioni meteorologiche, ha messo più volte in fuga gli spettatori, costringendoli ad ammassarsi nei corridoi da cui sorgono i piloni in cemento dello Stadio che, nel 1925, non prevedeva l’accesso di 30mila paganti, come oggi. Tra annunci di vana speranza, pioggerelle, rovesci, ho ammirato più di tutti il lettone Gulbis, un tipo davvero coraggioso nell’abbandonare la sua partita contro Goffin sul 3-0 in proprio favore, mentre l’arbitra Louise Engzell – quella famosa che penalizzò Schiavone – e un paio di giudici lo rincorrevano invano. L’ipotesi di una squalifica si è presto dissolta di fronte al suo superiore buon senso, qualità certo sconosciuta ai testardi e avari organizzatori: i quali hanno tenuto conto della regola “biglietto bucato – incasso assicurato”.

E’ terminato invece, dopo due giorni, l’incontro in cui la favoritissima Agnieszka Radwanska (n.2 ) è stata alfine sconfitta dalla bulgara Pironkova (n. 102) oltreché dai reumatismi che le hanno danneggiato un polso operato due anni fa. .Sono in collera – ha dichiarato la polacca – non si poteva giocare in condizioni simili». Altra insolita perdente, la Halep (6) contro l’australiana Stosur ( 21) prossima al ritiro su terreni più asciutti.

Il match ricominciato da un Djokovic in incredibile svantaggio contro lo spagnolo Bautista Agut (16 ), non è finito, raggiungendo soltanto il terzo set, che ha visto Nole condurre per 4 a 1, dopo uno svantaggio per 4-6 e un pareggio, alla ripresa, con un sofferto 6-4. Quel che si può osservare, in simili cosiddetti match da reumatismi, è stato il rallentamento causato da palle gocciolanti e dalla sabbia ridotta in fanghiglia (…)

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A Parigi è battaglia per un tetto (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Il tennis sotto la pioggia si riempie di risultati a sorpresa, e di domande cui è difficile dare risposte certe. Dà il tempo per complicarsi la vita, ed è raro che non vi sia qualcuno pronto ad approfittarne, a dare il meglio di sé in questa predisposizione cosi creativa del mettere tutto a soqquadro. Trentadue ore filate di pio; a e trentuno minuti di tennis, per ritrovarsi con un Djokovic che arranca sfiatato contro lo spagnolo di seconda fila, Roberto Bautista Agut; con una Halep costretta in un angolo dai pallettoni di Samantha Stosur; e con una Radwanska che è appena riuscita a smarrire il filo del suo gioco, e ora rimbalza da un angolo all’altro in certa di qualcosa da restituire alla bulgara Pironkova. Troppa grazia. E se la pioggia non la smettesse più? La domanda ci sta, è la risposta semmai a nascondersi negli anfratti della logica, del regolamento e del buon senso. Al torneo è consentito protrarsi fino al lunedì, e in Era Open è già successo più volte, a Wimbledon e più spesso a Flushing Meadows.

Se servisse altro tempo, invece, si dovrà procedere per accordi fra le parti in causa: il torneo con i finalisti, i finalisti con i tornei successivi ai quali si sono iscritti. Il fatto curioso è che a Wimbledon ha smesso di piovere. Non oggi, o ieri, ma da cinque anni, cioè da quando hanno costruito il tetto per il Centre Court. L’avranno chiuso si è no tre volte. Sembra che lo sciogliersi dei grandi ghiacci del Nord abbia deviato un ramo della Corrente del Golfo, indirizzandola verso la Gran Bretagna, intiepidendola. Roba da G8 sui cambiamenti climatici, come si vede. Ma se l’effetto serra, da una parte, è ormai un dato acquisito, qui a Parigi preoccupa l’effetto serre, visto che l’ipotesi di allargare l’impianto e dotarlo di un tetto è legata a un progetto che prevede la costruzione di uno stadio nella zona delle serre liberty (belle da commuovere) che sorgono fianco al Roland Garros. I creyens del quartiere Auteuil s oppongono, con unghie e denti, e chissà se la federazione francese vincerà mai la sua battaglia (…)

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