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Lo strano caso di Courtney Nguyen: da avvocato-fan a giornalista di tennis

Una lunga chiacchierata a tu per tu con Courtney Nguyen, una delle più apprezzate reporter del tennis professionistico. Dalla carriera come avvocato al suo ruolo attuale come Senior Writer per la WTA, Courtney ci racconta la sua vita all’interno del circuito femminile

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Chi saranno i prossimi tennisti ad essere invitati alla cerimonia degli Oscar? Quest’anno abbiamo avuto Roger, Serena e Maria: chi saranno i prossimi? Vedi qualcuno all’orizzonte che possa avere lo stesso tipo di popolarità?

Spero solo che i giocatori si rendano conto che per poter essere personaggi come Roger, Maria e Serena, ovvero trascendere la dimensione del nostro sport per entrare nel mainstream, è necessario vincere, e vincere in maniera continuativa per lunghi periodi. Non basta una stagione o due ad alti livelli. Maria stessa lo ha detto: se non vinci, non puoi considerarti come ‘the next big thing’. Almeno a livello globale. Certo, si può essere dei personaggi nel proprio Paese, ma per sfondare qui negli USA, come hanno fatto quei tre, ed essere famosi a livello mondiale, bisogna vincere, e vincere tanto. Perché la gente ama i campioni. E al momento non riesco a vedere chi della prossima generazione di giocatori possa avere quel tipo di personalità e quel tipo di successi.

Credi che la Bouchard possa essere la prossima grande stella?

Certamente ha tutte le carte in regola, ma se non ritorna a vincere, il problema non si pone neanche.

Tu e Ben Rothenberg siete co-conduttori del podcast settimanale NCR: No Challenges Remaining. In gennaio avete lanciato una campagna di crowdfunding che voleva raccogliere $3.000 per finanziare la vostra attività, dopo parecchi anni di lavoro ‘gratuito’, e siete risuciti a raccogliere oltre $20.000. Qual è la vostra ‘mission’ e la vostra visione di lungo periodo per il programma?

Abbiamo iniziato quasi per gioco, per fornire un punto di vista trasparente sugli eventi tennistici. Per mantenere l’oggettività e l’imparzialità dei commenti e sfuggire ai conflitti di interesse sempre più presenti nel nostro sport, io mi sono messa da parte per alcune puntate [quando si è discusso della positività all’antidoping di Maria Sharapova n.d.r] in quanto da dipendente della WTA non credevo fosse opportuno per me esprimere giudizi sulla vicenda.
La nostra missione è quella di fornire un punto di vista da outsider da parte da chi è dentro il circuito. Ben ed io siamo ‘insiders’ perché non possono lasciarci fuori: nessun torneo negherà mai l’accredito al New York Times oppure a Sports Illustrated. Ma cerchiamo di fare in modo che il nostro punto di vista sia il più indipendente e trasparente possibile.
Un po’ come nel mio ruolo alla WTA, cerchiamo di dare visibilità alle storie che non vengono trattate dagli altri media, ed è per questo che i contenuti di NCR sono percentualmente più rivolti alla WTA: ci sono già parecchie opinioni sul tennis maschile, noi vogliamo parlare di ciò che altrimenti non vedrebbe la luce del sole.
La mia sorpresa nel vedere il successo travolgente del nostro crowdfunding è stata indescrivibile. Pensavo davvero che saremmo finiti con $50 alla fine della campagna, magari donati dai nostri genitori, ma alla fine la nostra trasparenza e la nostra attenzione a spiegare il funzionamento del meccanismo-tennis è piaciuta ai nostri ascoltatori, che sono lo zoccolo duro degli appassionati. Chi segue il tennis in maniera casuale probabilmente non può immedesimarsi in NCR, ma siccome noi cerchiamo di illustrare al pubblico il motivo per cui certe cose accadono nel nostro sport, il gruppo dei “tennis-nerd” sembra averci premiato.

C’è stato un momento in cui ti sei detta ‘se non fosse stato per il tennis, la mia vita sarebbe stata molto diversa’?

Probabilmente qualche anno fa, quando dopo i WTA Championships ad Istanbul e le ATP World Tour Finals a Londra, Ben ed io decidemmo di prenderci un paio di settimane di vacanza in Europa. Visitammo Vienna, Bratislava, e poi andammo in Svizzera. Ricordo che feci un’escursione a piedi, da sola, sul Jungfrau, e ad un certo punto mi fermai ad osservare lo scenario meraviglioso davanti a me, con nessuno intorno e pensai a quanto dovessi quel momento straordinario al mio inseguire una pallina gialla intorno al mondo. Quando ero bambina la mia famiglia non poteva permettersi di andare in vacanza all’estero, i biglietti aerei erano al di fuori della nostra portata, andavamo in auto dovunque. È uno di quei momenti rivelatori che ti rimangono in mente, momenti che non avresti mai pensato di vivere, come quella volta, un paio d’anni fa, quando mi trovai al bar dell’albergo dei giocatori a Cincinnati. C’era Wawrinka al bar, con Monfils e Feliciano Lopez poco lontano. Facevano a gara a chi beveva la birra più velocemente, e Wawrinka voleva a tutti costi coinvolgermi nella competizione.
Ma il mio vero ‘happy place’, il luogo preferito in cui mi riconcilio con il mondo, è il Campo Pietrangeli al Foro Italico durante i primi turni. Quando riesco, mi piace andare lì, per un po’ spegnere il telefono e semplicemente guardare la partita assorbendo quanto più possibile dell’atmosfera magica di quel campo, delle statue, della gente. Forse per te che sei italiano è più facile capire, ma è veramente il luogo più bello che il tennis mi dia l’opportunità di visitare.

 

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