I bookmakers non hanno dubbi: Murray campione a Wimbledon

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I bookmakers non hanno dubbi: Murray campione a Wimbledon

Le agenzie di scommesse sportive non sembrano avere dubbi: Murray dominerà la finale dei Championships e trionferà per la seconda volta nello slam di casa. Poca fiducia nel canadese, la cui vittoria sarebbe pagata a peso d’oro

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Che Milos Raonic non sia il favorito nella finale dei Championships in programma questo pomeriggio è opinione abbastanza diffusa, ma stando alle quote offerte dalle agenzie di scommesse le speranze di vittoria del canadese sono davvero ridotte ai minimi termini. Il successo del britannico, già asceso due volte al trono del regno casalingo se consideriamo anche il trionfo nel torneo olimpico di Londra 2012, paga generalmente una volta e venti la posta giocata: anche volendo sbilanciarsi più del dovuto, puntando 100 euro sul campione scozzese l’eventuale incasso ammonterebbe a 120 euro o poco più: probabilmente il gioco non vale la candela.

Chi cerca la soddisfazione economica a costo di esporsi a un rischio notevolmente maggiore dovrà sperare che Milos Raonic viva un pomeriggio da tramandare ai posteri. La vittoria del canadese è pagata almeno tre volte e mezzo la posta, ma è maggiore il numero di agenzie pronte a moltiplicare addirittura per quattro la giocata.

Vediamo nel dettaglio le quote offerte dalle maggiori agenzie di betting: i meno sicuri del trionfo di Murray sono i quotisti di Paddy Power, pronti a pagare “addirittura” a 1,28 il suo successo, mentre SNAI, Bet365, BetClic e Bwin sono concordi nell’offrirlo a 1,25.

 

Molto diversa la situazione dell’underdog Raonic, segnalato in lavagna a 3,80 da SNAI e Paddy Power e a 4 da Bet365, BetClic e BWin: se il servizio gira e Murray vede le streghe, la puntata sul nativo di Podgorica potrebbe regalare grandi emozioni.

Stando ai bookmakers, dunque, la partita di domani non s’avrebbe da giocare. L’amata pallina, tuttavia, inizierà a roteare nel cielo di Londra soltanto alle 15 italiane, e la realtà, a volte, supera la fantasia. Figuriamoci i pronostici.

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Editoriali del Direttore

Roland Garros – Il caldo opprimente, la libertà dello scooter, i posti vuoti per i troppi biglietti agli sponsor, il riscatto del tennis donne, Zverev-Ruud forse migliore di Alcaraz-Djokovic

Muchova-Sabalenka, Swiatek-Haddad Maia hanno creato spettacolo e suspence. La bielorussa però…sciupona. Djokovic, l’ultimo dei Mohicani lotterà per sé, per il 23mo Slam ma anche per gli altri Fab 4. E’ l’ultimo che può respingere l’assalto di Alcaraz e dei giovani rampanti. Sarà davvero un gran match?

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Il tris di Swiatek sembra aleggiare nell’aria calda, opprimente e insolita di Parigi. Non ricordo, in 47 anni che vengo al Roland Garros e negli ultimi 20 che ci vengo con uno scooter della Piaggio – in passato erano le classiche, tradizionali Vespe, adesso sono MP3 350cc  con le tre ruote, così non si casca e si parcheggia facile –  un altro torneo nel quale abbia fatto sempre così caldo da dover restare in maglietta anche la sera tardi. Fino a un paio d’anni fa non c’erano nemmeno le sessioni serali. Mi dilungo sul meteo…, perché sembra impossibile che invece nel Bel Paese, quando parlo con i miei familiari che vivono in diverse parti d’Italia mi dicono che il tempo continua a essere invece orribile. E non da ieri soltanto. Una rivoluzione climatica con uno scambio meteo Italia-Francia? Beh almeno questo non è colpa della politica, di questo o quel Governo.

Il tris di Swiatek sembra aleggiare nell’aria calda, opprimente e insolita di Parigi. Non ricordo, in 47 anni che vengo al Roland Garros e negli ultimi 20 che ci vengo con uno scooter della Piaggio – in passato erano le classiche, tradizionali Vespe, adesso sono MP3 350cc  con le tre ruote, così non si casca e si parcheggia facile –  un altro torneo nel quale abbia fatto sempre così caldo da dover restare in maglietta anche la sera tardi. Fino a un paio d’anni fa non c’erano nemmeno le sessioni serali. Mi dilungo sul meteo…, perché sembra impossibile che invece nel Bel Paese, quando parlo con i miei familiari che vivono in diverse parti d’Italia mi dicono che il tempo continua a essere invece orribile. E non da ieri soltanto. Una rivoluzione climatica con uno scambio meteo Italia-Francia? Beh almeno questo non è colpa della politica, di questo o quel Governo.

Qua mi sono sempre bagnato molto più che a Wimbledon, però a giudicare dalle migliaia di scooter – in gran parte proprio Piaggio con le tre ruote (che hanno avuto qua evidentemente molto più successo che in Italia, chissà perché) – che circolano a Parigi e che parcheggiano fra Porte d’Auteuil, Porte Molitor e il Bois de Boulogne, si vede che lo scooter, e spesso sono davvero grossi gli scooter che sfrecciano sulle varie “Routes Periferique”, è un mezzo popolarissimo, tanto da farmi pensare che allora il maltempo nel quale io mi sono imbattuto in tanti passati Roland Garros non sia stato una regola, ma l’eccezione che la conferma. Altrimenti di scooter non se ne venderebbero così tanti e qui sono tantissimi parcheggiati proprio ovunque anche i motorini Uber (più vari competitor), a nolo orario,  come da noi in certe città italiane capita per le biciclette e le auto “Enjoy” , ma non mi è capitato ancora di vedere anche per i motorini.

 

Certo è anche che qui, in certe strade, e non solo sui perennemente ingolfatissimi Champs Elisèe, si resta facilmente imbottigliati nel traffico, in code insopportabilmente infinite. Ecco perchè lo scooter diventa un gran bel salvagente.

Va detto poi, e chiudo questa inutile parentesi, che la reputazione di Wimbledon ostaggio della pioggia è dovuta certamente anche al fatto che se lì, in Church Road, cade anche la pioggerellina più ridicola, purtroppo sull’erba non si può giocare e gli incontri vengono sospesi. Anche tre, quattro volte nello stesso giorno. Quando a Parigi, come a Roma, si continuerebbe tranquillamente a giocare. Insomma, salvo che per quest’anno nella Roma più acquazzonata di sempre, se piove da noi e a Parigi di solito non ci si fa caso. A Wimbledon ci se ne accorge tutti e soprattutto se ne accorgono quei poveri inservienti che tirano e srotolano su e giù di continuo quei pesantissimi tappeti che devono restare alti tipo tende sui courts, a scanso guazza sottostante.

Piuttosto anche qui come a Roma c’è la piaga dei posti venduti, e venduti assai a caro prezzo, agli sponsor e ai clienti degli sponsor. Così spesso – si sarà visto e notato in tv – quelli che sarebbero i posti migliori, sono spesso vuoti. Perché a quel tipo di quei clienti, evidentemente, interessa più fare atto di presenza al Roland Garros, un must, p.r. o semplici chiacchiere con un bicchiere di champagne in mano, piuttosto che guardare il tennis e scoprire chi siano Ruud e Rune.

Molti francesi che pure ho incrociato al Roland Garros, mica al Louvre, non sanno ancora chi sia Alcaraz. L’ho scoperto con un certo raccapriccio. E quando dico loro con aria un minimo scandalizzata: “Ma suvvia, è il numero uno del mondo!” reagiscono con un: “Ma davvero? E non è Djokovic?”.

L’altro giorno un signore che era appena uscito da una di quelle elegantissima suite ha chiesto a una hostess elegantissima in camiseta Lacoste: “Ma Nadal quando gioca?”.

Non ho voluto sentire la risposta. Temevo di sentire anche dalla hostess una risposta incerta, interlocutoria. Per carità, è meglio che sappiano chi sia stato Carlo Magno.

Soltanto per Roger Federer si va sul sicuro: tutti sanno che lui, il Mito, la Leggenda, si è ritirato. Meno male che almeno questo non è sfuggito a nessuno dei presenti.

Siamo messi così. Il tennis è sempre più un business colossale. E chi lo organizza mira a far ciccia, cioè soldi, e se l’immagine di uno stadio semideserto a bordo campo non è una buona immagine il promoter miope oggi dice: “Chissenefrega. L’importante è che loro comprino i biglietti e noi si aumenti l’incasso”. Ma alla lunga andrà sempre così?

In Francia forse è anche per il risultato di questa politica che ha fatto sì, però, che di tennisti francesi competitivi non se ne vede più neppure l’ombra. Quest’anno, come nel 2021, hanno perso tutti prima del terzo turno. Per una federazione ricca, ricchissima, come quella francese che ha un carico di dipendenti vicino al migliaio, e un cespite di entrate monstre come il Roland Garros è un bello smacco.

Per fortuna, e non solo per fortuna, sia dato a Cesare…(Binaghi) quel che è di Cesare, in Italia non è così. Però qui mi sono imbattuto in diverse persone che mi hanno chiesto: “Ma perché a Roma si vedeva spesso lo stadio così vuoto? Vendevano i biglietti troppo cari?”.

Ho spiegato a chi aveva la pazienza di ascoltarmi, che a) a Roma quest’anno avevamo avuto un tempo da lupi, mai vissuto prima a quel modo, b) ma anche che la programmazione non era stata spesso indovinata, c) che troppe volte si era creduto di far bene pensato piegandosi anche alle richieste dei giocatori italiani più viziati per programmarli sul più “cozy” Pietrangeli, straboccante di folla, mentre sul “centrale” venivano programmati incontri poco appetitosi. Assai prevedibilmente poco appetitosi, a dire il vero, se in contemporanea se ne giocavano altri con tutti gli azzurri sul Pietrangeli che la gente non abbandonava neppure quando diluviava perché…”chi va via perde il posto all’osteria”.

Errori che probabilmente l’anno prossimo non verranno ripetuti. Almeno non in questa misura, io spero. Anche qui, già che ci sono lo dico, i prezzi di chi passa 10 ore in questo magnifico posto…sono però fuori di testa, assolutamente esagerati, e la qualità del cibo non fa davvero onore alla tradizione della cucina francese. Per mangiare crepes, waffles, gelati (confezionati e dai 4,80 euro in su) e svuotare il portafogli si fanno code lunghissime. Del resto anche al Foro Italico l’alimentazione è davvero “very cheap”, pizze, panini, hamburger, hot-dog, come se abitassimo in America e non nel Bel Paese famoso nel mondo per la sua cucina. Ristoranti di modesta qualità e prezzi esosi, mal assistiti da servizi igienici non frequentabili. A quest’ultimo proposito organizzerei, durante i prossimi Internazionali d’Italia, una giornata in cui i dirigenti FITP e gli ospiti degli sponsor BNL, BMW, EMU e partner vari, fossero obbligati a servirsi dei servizi igienici che spettano ai normali spettatori. Chissà, forse le cose cambierebbero.

 Angelo Binaghi ha promesso che in futuro ci sarà qualche posto coperto in più (non solo il tetto per il 2026) di modo che quando piove come quest’anno l’unico riparo non sia più il proprio ombrello. Ma anche un ristorante in più di discreto livello senza che il conto si riveli un furto con scasso, non guasterebbe. Certo lì al Foro gli spazi sono quelli che sono.

Al Roland Garros, soprattutto dopo essersi allargati fino al Simonne Mathieu, sono ben altri. E all’Orangerie si mangia come in un ristorante serio. Chic.

Finalmente, portate pazienza, ora scrivo di tennis giocato. Non mi diverto sempre a vedere tennis femminile.Troppo spesso è a senso unico. Pensate alle precedenti partite di Iga Swiatek, 6-0, 6-0 a questa e a quest’alra una miseria di game concessi, 14 set di fila vinti in 7 match anche contro la promessa Coco Gauff, finalista un anno fa. Dov’è la suspence?

Ieri giovedì l’eccezione. Due partite piene di pathos, di situazioni avvicenti, ben giocate come nei primi due set di Sabalenka Muchova, prima di un terzo set con un calo di qualità e quell’altalena di tante partite femminili che non è facile spiegare se non sei un…coach mentale.

Quando Aryna Sabalenka sale a forza di missili, sul 5-2, prima di avere e mancare il matchpoint sul 5-4, il match sembra finito. La Muchova aveva già vinto comunque il suo sorprendente torneo, mi stavo apprestando a scrivere.

Macchè, “it is never over until is over”. La Sabalenka prima si distrae, poi dilapida, quindi si innervosisce.  Dal 5-2 in suo favore perderà 5 game di fila, la partita, l’approdo alla finale, il possibile n.1 WTA. A un certo punto la serie negativa la vede con 4 punti all’attivo e 16 al passivo. Quasi soltanto a lei, almeno fra le grandi sebbene sia capace di fare anche due doppi falli a fila quando il momento è capitale e ha un matchpoint, succedono certi improvvisi prolungati scivoloni.

Muchova, 27 anni, 2 di più di Sabalenka, non crede ai suoi occhi. Anni fa il suo medico, dopo l’ennesimo infortunio, le aveva suggerito di abbandonare il tennis. Di ritirarsi. Lei era precipitata oltre il 200mo posto. Ma non si è ritirata. E sabato lei.n.43 del mondo, giocherà la sua prima finale Slam contro quella Swiatek che lei battè nel 2018 nell’unico precedente. Solo che Iga era ancora una bambina e lei, ventiduenne, solo una promessa incompiuta

Iga in questo torneo era a rischio trono: la Sabalenka minacciava di spodestarla. Invece la sconfitta della bielorussa e la contemporanea vittoria della polacca sulla tenace brasiliana Haddad Maia le garantisce il possesso della corona anche dopo questo Roland Garros sia che lei vinca il quarto Slam e il terzo RG di fila, sia che perda dalla sorprendente Muchova.

Beatriz sognava di emulare Maria Ester Bueno, la campionessa del suo Paese che trionfò in 7 Slam, ma non è ancora arrivato il momento del suo primo. Ha perso nettamente il primo set, ma nel secondo si è arrampicata al tiebreak e perfino a un setpoint. Le è mancata un po’ di agilità, annullarle due matchpoint con grande garra non le è bastato.

Ha fatto tremare Iga e si può rallegrare per un grande torneo che probabilmente, con la nuova fiducia acquisita, non sarà l’ultimo.

Oggi c’è attesa spasmodica per la prima semifinale, Alcaraz-Djokovic, Next Gen vs Old Gen. Conflitto più generazionale di questo non si poteva programmare. Ognuno giocherà per sé, ma un pochino anche per i coetanei. Alcaraz ha preferito fare ieri giovedì un po’ di palestra, senza tennis. Invece Djokovic ha giocato un’oretta abbondante sul campo 5 con uno sparring partner, Carlos Gomez Herrera.

E se invece la semifinale più bella fosse quella che giocheranno dopo Ruud e Zverev? Se uno dei protagonisti della prima semifinale giocasse molto al di sotto della propria reputazione, Djokovic per uno stato di forma ancora incerto messo magari a dura prova per il caldo, Alcaraz per uno stato di tensione cui non può essere ancora del tutto abituato – un conto è aver vinto 22 Slam, un altro averne vinto uno solo – ecco che la seconda semifinale potrebbe inopinatamente diventare la migliore. Per come ho visto giocare Ruud contro Rune e Zverev in questi giorni, sono quasi certo che giocheranno entrambi molto bene. E per il contrasto di stile dei due giocatori lo spettacolo non mancherà. Il duello fra il diritto a sventaglio di Ruud e il magnifico rovescio di Zverev sembra poterlo garantire. Nella prima semifinale, invece, lo show potrebbe essere eccelso, ma anche deludente. Quando le attese sembrano eccessive…tante volte in passato è accaduto che siamo rimasti con un palmo di naso. Speriamo allora invece che tutti e due giochino al meglio. 

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Roland Garros, Sabalenka: “Grandi progressi sulla terra battuta. Entusiasta di tornare a Wimbledon”

Dopo la sconfitta con match point contro Muchova, Aryna Sabalenka è esausta: “Certo, dopo aver perso un match così…”

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Aryna Sabalenka - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Aryna Sabalenka è arrivata a un punto dalla vittoria, ma in finale c’è andata Karolina Muchova che, sotto nel terzo 2-5 e match point, ha tirato fuori quello che le era rimasto (non tanto dal punto di fisico, ma parecchio tennis) ed è volata a prendersi la sua prima finale Slam – con grossa complicità dell’avversaria. Una sconfitta che, unita al sofferto successo di Iga Swiatek su Haddad Maia, non le permette di spodestare la polacca dal trono del ranking. L’analisi del match da parte di Aryna parte da due concetti semplici ma che ben ne fotografano l’andamento: “Lei ha giocato un tennis incredibile. Io ho comunque avuto tante occasioni e non le ho colte”. Via alle domande.

D. Hai avuto il match point sul 5-2. Quando hai sentito che il tuo gioco cominciava a lasciarti? In quel momento o dopo?

“Penso dopo che ho perso la battuta servendo per il match. Dopo quel gioco, lei è rientrata e a cominciato a giocare un po’ più aggressiva e io ho perso il ritmo, non c’ero.”

 

D. Lei è stata un po’ fuori dai radar, tanti infortuni. Com’è giocare contro di lei rispetto a com’è contro Iga ed Elena?

“Fuori dai radar ma gioca sempre un gran tennis, viene a rete, è aggressiva. Appena vede una palla più corta, prende la rete, quindi è un po’ complicato costruire il punto contro di lei.”

D. Quest’anno hai parlato spesso delle tue emozioni in campo. Come ti sei sentita oggi? C’era ulteriore pressione?

“Non tantissima di più, mi sentivo bene, ho lottato per ogni opportunità. Mi sentivo bene dal punto di vista emotivo, ma è difficile dire qualcosa su questo incontro” (sorride).

D. Hai fatto un lavoro incredibile nel superare le avversità in questa stagione. Quella scorsa è stata dura. Quest’anno hai vinto l’Australian Open, hai messo a segno una striscia di 12 vittorie Slam. Oggi è stata dura, ma la vedi come un’altra sfida che supererai?

“Hai sempre sfide da affrontare e certo devo imparare qualcosa da questo match e tornare più forte. Ma penso che quello che stavo facendo quest’anno e spero continuerò a fare sia incredibile, a un livello superiore. Non vedo questo torneo come negativo, ho fatto grandi progressi sulla terra battuta ed è il mio miglior risultato qui.”

D. Ci hai detto che sono state due settimane difficili dal punto di vista emotivo e che volevi prenderti cura di te stessa e della tua salute mentale. C’è stato un momento in cui sentivi di non voler giocare a tennis?c’è stato un periodo in cui hai pensato che le emozioni non ti avrebbero permesso di giocare al meglio?

“No, niente del genere. Mi sono sentita male emotivamente dopo una conferenza stampa, non sono riuscita a dormire. Ma l’unica cosa che so fare bne in questa vita è giocare a tennis, così cerco di concentrarmi sulle cose che posso controllare.”

D. Qualche settimana fa avevi detto di non avere ancora il visto per il Regno Unito. E adesso?

“Sì, ora ce l’ho. Yopi, posso festeggiare (sorride). Vado a Wimbledon, ottima notizia.”

D. Quanto non vedi l’ora di tornare a Wimbledon?

“Sono entusiasta, mi piace davvero giocare là, l’atmosfera. Mi è mancato l’anno scorso, non sto nella pelle.”

D. Gli Slam sono piuttosto estenuanti nel migliore dei casi. Hai detto che a volte fatichi a dormire e oggi è stato un match molto fisico. Quanto esausta ti senti?

“Adesso sono davvero esausta (sorride), ma credo solo perché ho perso un match che è stato duro perdere. Ma è normale essere spossati dopo due settimane non stop sulla terra battuta. Quindi penso che per i prossimi due giorni saranno feste selvagge. Scherzo” (risata).

D. Se ho ben capito, l’altro giorno hai detto che ora non sostieni il presidente del tuo Paese. Ti senti al sicuro dopo questa affermazione?

“Non voglio parlare di politica oggi. Ho fatto le mie dichiarazioni, parliamo solo di tennis. Datemi tregua, per favore.”

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Roland Garros, Muchova dopo la vittoria su Sabalenka: “Nel terzo set ho cercato solamente di tenerla lì e metterle pressione”

“All’inizio del terzo set ero molto stanca, ma anche grazie al pubblico sono riuscita a reagire”. Queste le parole della ceca, che sabato giocherà la sua prima finale in uno Slam

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Karolina Muchova - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Tutti erano in attesa della finale tra Swiatek e Sabalenka, rispettivamente numero 1 e 2 della classifica WTA, che si sarebbero contese non solo il titolo del Roland Garros, ma anche il primato del ranking. Questo, però, non è successo. A dire di no è stata Karolina Muchova, numero 43 del mondo, che da lunedì otterrà il suo best ranking di numero 16 (se dovesse vincere il torneo salirebbe al decimo posto). Trovatasi sotto 2-5 nel terzo parziale, la ceca ha dovuto fronteggiare un match point a favore di Sabalenka. Dopo averlo annullato, non ha più perso un game e si è garantita un posto per la sua prima finale Slam in carriera, dove se la dovrà vedere, tanto per cambiare, con Iga Swiatek.

Qui sotto le sue dichiarazioni in conferenza stampa:

D: Hai avuto molti infortuni durante gli anni. Questo risultato, secondo te, è arrivato in ritardo? Senti che questi sono risultati che avresti dovuto raggiungere in passato, se solo avessi potuto mantenere un buono stato di forma come quello che hai adesso?

 

Muchova: “Io non la penso così; chi lo sa che cosa sarebbe potuto succedere. Penso che ogni cosa necessiti del proprio tempo. Sicuramente in passato non è stato facile, ma è proprio questo che mi fa apprezzare questo risultato ancora di più. Essere in finale in uno Slam è un sogno”.

D: Sei stata in difficoltà fisicamente durante il match? Come ti sei sentita oggi? E infine, pensi che le prossime 24-48 ore siano abbastanza per recuperare?

Muchova: “E’ stato un match lungo e intenso, quindi dopo due ore di gioco il mio corpo ha iniziato a sentire la stanchezza. Correvo a destra e a sinistra cercando di giocare ogni colpo con potenza, quindi serviva molta energia. Ho avuto un piccolo calo nel terzo set, e l’ho percepito perché mi sentivo più lenta. Ma dopo la situazione si è capovolta grazie all’energia del pubblico. Adesso mi sento parecchio stanca, ma domani avrò un giorno libero, quindi cercherò di recuperare e spero di sentirmi bene per sabato”.

D: Quando devi fronteggiare un match point, come ti comporti?

Muchova: “In questo caso ero al servizio, quindi ho semplicemente cercato di mettere a segno un buon servizio, e ha funzionato. Dunque, non ho pensato al match point come un momento in cui avrei dovuto mettermi pressione, ma come un punto qualsiasi in cui però dovevo rimanere concentrata. Poi nell’arco della partita ho potuto fare affidamento sul mio servizio, e questo mi ha aiutato a uscire da momenti difficili”.

D: Nel terzo set, quando hai iniziato a recuperare, hai più avuto l’impressione che il tuo gioco stesse aumentando di livello o che lei stesse calando?

Muchova: “All’inizio del terzo set c’è stato un mio calo, ma poi è arrivato il suo. Ho avuto quindi la chance e l’ho colta. Da lì ho iniziato ad andare forte, e nel mentre vedevo che lei faceva fatica e commetteva molti errori; quindi ho solo cercato di tenerla lì”.

D: Questo è sicuramente il picco della tua carriera. Pensando ai momenti difficili come ad esempio gli infortuni, quale credi sia stato il momento più basso che hai vissuto? Hai mai pensato magari che il tuo corpo non fosse in grado di farti allenare duramente e quindi non valesse la pena sforzarsi per giocare a tennis?

Muchova: “Ci sono stati molti cali, da un infortunio all’altro. Sicuramente quando ho saltato l’Australian Open l’anno scorso ero in un cattivo stato di salute, e stavo comunque lavorando molto per cercare di tornare a giocare. Alcuni dottori mi avevano detto che forse era meglio che non praticassi più sport, ma ho cercato comunque di rimanere positiva nella mia testa, cercando di lavorare svolgendo tutti gli esercizi necessari per tornare a competere. Ovviamente l’anno scorso, quando ho visto che la mia classifica era calata, stavo pensando di giocare dei piccoli tornei, e l’ho fatto; ci ho provato, ma lì non mi sono sentita bene. Volevo sentirmi motivata a giocare per tornare a livelli alti, ma non ci riuscivo per qualche ragione. Sapevo, inoltre, che quest’anno avrei avuto ancora qualche occasione per entrare nei tabelloni principali grazie alla classifica protetta. Mi dicevo che mi sarei chiesta come proseguire dopo Indian Wells, perché lì era l’ultimo torneo che potevo giocare con la classifica protetta. Alla fine ho constatato che avevo giocato bene a Dubai e a Indian Wells, e che la mia condizione fisica era buona”.

D: L’anno scorso qua hai battuto Sakkari e ti sei infortunata. Mi ricordo una foto di te molto arrabbiata. Quest’anno hai battuto Sakkari e poi sei arrivata in finale. Quanto è soddisfacente essere riuscita a compiere questa cavalcata dopo quello che era successo l’anno scorso? Sai, inoltre, che non hai mai perso contro una giocatrice tra le prime 3 al mondo? Che cosa ti rende, quindi, una giocatrice che performa bene in questi match impegnativi?

Muchova: “Non sapevo di questo (sorride, ndr). Penso possa essere il mio gioco e il mio spirito combattivo a mettere in difficoltà le giocatrici. Oggi è stata una battaglia molto impegnativa, e là fuori ho sicuramente dato tutto”.

D: (Microfono spento)

Muchova: “Quest’anno ho fasciato meglio le mie caviglie già dal primo turno. Dell’anno scorso, invece, non voglio parlare, perché ho passato momenti molto tristi. Ma alla fine le difficoltà ti rendono più forte, quindi il fatto di aver passato momenti difficili l’anno scorso mi fa apprezzare di più quello che sto vivendo adesso”.

D: Nel terzo set quali emozioni hai provato? Eri tesa oppure ti sentivi come se il match ti fosse scivolato dalle mani e quindi eri piuttosto “calma”? Dov’erano la tua testa e il tuo cuore quando stavi mettendo in atto quella rimonta?

Muchova: “Non saprei. Ero consapevole che si trattava della semifinale di uno Slam e mi stavo giocando l’accesso alla finale, quindi volevo dare tutta me stessa. Sotto 2-5 non sapevo se ce l’avrei fatta a rimontare. Ho pensato solo che dovevo provarci mettendole pressione, giocando punto per punto e magari inserendo qualche slice o palla complicata, perché al servizio comunque lei stava andando forte. Ogni tanto ho dovuto lasciarmi andare e tirare qualche urlo, ma in generale ho cercato di rimanere calma per tutta la durata della partita.

D: Si è sempre parlato bene del tuo modo di giocare e della varietà dei tuoi colpi. Durante gli allenamenti sei sempre stata sicura che avresti mantenuto questo stile di gioco? C’è mai stato un momento in cui magari ti sei detta che dovevi giocare come tutte le altre?

Muchova: “No, non c’è mai stato un momento del genere perché non ho mai voluto imitare qualcun altro. Questo è il modo di giocare che mi diverte, e ci credo in questo. Con il team stiamo cercando di migliorare, ma vediamo ogni giorno che il mio gioco funziona, quindi lo terrò così”.

D: Ho sentito che in passato hai cantato la canzone “If God Was One of Us”. C’è stato un momento nella partita in cui stavi pregando per te stessa o magari cercavi aiuto da un potere superiore, così che potessi imbastire una rimonta come poi hai effettivamente fatto?

Muchova: “Non prego durante le partite. Ero solamente concentrata nel gioco, e mi ripetevo che avrei dovuto giocare nel miglior modo possibile”.

D: Ti chiedo se puoi parlare di una delle tradizioni più incredibili di questo sport: il successo delle tenniste ceche. Perché, secondo te, è una bella tradizione? Questo ti ha aiutata?

Muchova: “Mi fanno questa domanda ogni volta che faccio una conferenza stampa, quindi cercherò di trovare una risposta diversa anche questa volta; lo faccio sempre (ride, ndr). Penso che ci siano molte giocatrici ceche che hanno un buon livello, e quelle più giovani cercano di imparare qualcosa di buono da noi, soprattutto quando ci alleniamo insieme. Penso, quindi, che così possano vedere che è possibile diventare una tennista professionista. Abbiamo anche buoni coach comunque. In Repubblica Ceca, in genere, mamma e papà si prendono molta cura dei loro figli, quindi anche questo penso possa essere un punto chiave”.

D: Hai ammirato una giocatrice ceca quanto eri piccola?

Muchova: “Non così tanto. Ho potuto constatare, giocando partite fuori competizione contro Kvitova e Pliskova, che avrei comunque potuto competere con loro. Al tempo non avevo classifica, ma non mi sentivo come se mi potessero battere 6-0 6-0, ma anzi, riuscivo a vedere una chance. Sentivo che potevo giocare a quel livello, e questo sicuramente mi ha dato fiducia, che poi ho portato nel tour professionistico”.

D: Siccome hai giocato 5 volte contro giocatrici tra le prime 3 posizioni del ranking e hai sempre vinto, volevo chiederti: come fai? Se giocherai in finale contro Swiatek, sarai la favorita?

Muchova: “Non penso che sarò la favorita, e non sapevo di questa statistica. Ciò comunque mi fa vedere che posso giocarmela anche con le migliori, quindi questo mi dà molta fiducia”.

Traduzione di Andrea Binotto

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