Rassegna a cura di Daniele Flavi
Nastase, 70 anni da genio
Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 19.07.2016
Rissoso, irascibile, simpaticissimo. Un artista, un istrione, uno showman. Lo chiamavano «Nasty», Cattivo, un gioco di parole fin troppo facile, con quel cognome. Con le battute, gli aneddoti e le sceneggiate di Ilie Nastase si potrebbe riempire un libro, come quando ai poliziotti cui stava denunciando il furto della carta di credito spiegò che il ladro stava sicuramente spendendo meno della moglie; ma l’immagine da Buffone di Bucarest, come lo definirono gli americani, rischia di offuscare le enormi qualità con una racchetta in mano. Due Slam, 58 tornei, il numero uno del mondo nel 1973, uno stile che indubbiamente si rifaceva álla scuola tradizionale del gioco a rete ma mescolava con sapienza anche l’abilità da fondo, grazie all’uso magistrale dei tagli, tanto che è stato proprio un suo colpo difensivo, il dritto giocato in corsa all’indietro con esecuzione sopra la spalla sinistra e relativo pallonetto, a meritarsi il copyright di «Bucharest Backfire», brevettato dal grande giornalista Bud Collins. Ilie oggi compie 70 anni, sempre tutti d’un fiato. Ilie, oltre al compleanno, in questi giorni ricorre anche il qua-rantennale dalla sconfitta in finale a Wimbledon contro Borg, nel 1976. Non aver vinto quel torneo resta il suo più grande rimpianto? «No, non posso rimproverarmi nulla. Ho giocato per la prima volta a Wimbledon nel 1969, a 23 anni, e fino ad allora non avevo mai visto un campo in erba in vita mia, mentre gli australiani e gli americani nascevano lì sopra. Cosa potevo fare di più?». Si parla in continuazione di generazione di fenomeni in relazione a Federar, Djokovic, Nadal e Murray, ma i suoi avversari di allora mettevano i brividi, basti pensare a Laver, Borg e Con-nors. «Sono convinto che i paragoni tra epoche diverse non reggano. Oggi, i materiali hanno un’importanza fondamentale, sarebbe divertente far giocare Djokovic con la racchetta di Laver e viceversa. Credo che la percezione della forza di ciascuno di loro cambierebbe, come la storia del tennis». Stan Smith, che la batté in finale a Wimbledon nel 1972, ha detto che lei è stato l’avversario più difficile da affrontare. «Davvero? E’ un bel complimento, solo che poteva anche dirmelo di persona (ride, ndr) e soprattutto poteva essere carino allora e farmi vincere quella partita…» Qualcuno sostiene che Nastase, Panatta e McEnroe siano stati i giocatori più divertenti di sempre. «Mi fa piacere stare insieme a loro. Credo che alla gente siamo piaciuti per la nostra personalità e per il nostro stile di gioco ben definito. Si, posso dire che giocavamo bene…». A proposito di Panatta, siete rimasti amici anche se lei non le ha fatto mancare qualche scher- «Una volta stavamo giocando a Roma, io sapevo che Adriano era superstizioso. Mi sono portato un gatto nero negli spogliatoi che poi d’improvviso è entrato in campo: da quel momento, lui sostanzialmente non ha più fatto un punto». Connors smise di giocare in doppio con lei quando le multe superarono i premi vinti… «Eravamo due bei personaggi, solo che Jimbo faceva i numeri quando giocava, mentre in allenamento era serissimo. Io, invece, sono sempre stato pazzo dentro e fuori dal campo. Quando ci allenavamo insieme, gli facevo ogni tipo di scherzo, gli nascondevo le palline, giocavo colpi a sorpresa. A un certo punto mi disse “con te non mi alleno più, mi hai stufato, non resisto più”. E lo ha fatto davvero». Si dice che lei abbia rappresentato l’ultimo bohemien del tennis prima dell’avvento dei superpro
Int. A De Filippis: «Mai più il tennis durante l’estate Ma Pesaro si merita grandi eventi»
Roberto Senigalliesi, il resto del Carlino Pesaro del 19.07.2016
«Non la rifarei, perlomeno nel periodo estivo». Ernesto De Filippis, l’organizzatore della Coppa Davis a Pesaro con la sua sigla Mca Events, non usa giri di parole per commentare, il giorno dopo, l’esito di questa tre giorni tennistica. Ovviamente non entra nell’aspetto sportivo, «anche se – dice – se fosse stato per me avrei completamente rimandato la giornata di venerdì allungando il match al lunedì. In questo caso, perlomeno, non avremmo avuto un Fognini forzatamente stanco per avere giocato due match nello stesso giorno». Ma questi sono discorsi che esulano dalla sua competenza, visto che competono alla Federazione Internazionale. La sua disamina è quella organizzativa, per cui snocciola cifre e presenze. «Nelle tre giornate abbiamo avuto 13.580 spettatori paganti, a fronte dei 18.000 previsti». IL meteo Ma cosa non ha funzionato, al di là dell’imprevedibile situazione meteorologica che tanti problemi e polemiche ha causato il primo giorno? «Pesaro merita un grande evento sportivo, ma non in estate. Pensavamo di catturare l’attenzione dei turisti ma così non stato, perché la gente ha preferito andare al mare Non avevano tutti i torti, visto che gli incontri iniziavano a mezzogiorno. Il discorso sarebbe stato diverso se si fosse potuto giocare il pomeriggio e la sera, ma il regolamento non lo prevedeva Inoltre gli spettatori che sono venuti hanno acquistato i biglietti più popolari. Comprensibile, vista la difficile situazione economica, ma in altre città i biglietti che vanno via per primi sono quelli più costosi». Quindi Pesaro ha chiuso con il grande tennis? «Non ho detto questo, assolutamente. Abbiamo una splendida struttura come l’Adriatic Arena, che non teme concorrenza per eventi indoor. Cercheremo di sfruttarla. Magari già dal prossimo anno, ad aprile, per un’eventuale incontro femminile di Fed Cup (l’equivalente in rosa della Coppa Davis ndr). In generale per il futuro ho un impegno con il sindaco Ricci per quanto riguarda lo stadio Benelli, su cui verranno spostate parte delle tribune allestite al Baratoff. In estate, per Pesaro più che per Cattolica, penso a grandi eventi di spettacolo». Sosta e problemi Qualcuno ha detto che la dislocazione del circolo era inadeguata? «Si, ma io non sono d’accordo. Ho organizzato la Coppa Davis in città come Brindisi, Palermo, Reggio Calabria, in circoli e non in palazzetti. E sempre c’è stato questo problema dei parcheggi e della viabilità. Solo che lì abbiamo avuto il tutto esaurito, a Pesaro no». Ma ci saranno state delle cose positive.. «Certamente. E comunque sono soddisfatto, anche se quello che è successo deve far riflettere. Intanto sono convinto che questo evento sia servito ad accreditare Pesaro come capitale europea dello sport per il 2017. Poi ho sentito che gli albergatori sono rimasti soddisfatti. In un momento particolare hanno riconosciuto la valenza promozionale ed economica che si è creata con un evento come la Coppa Davis. Poi siamo stati elogiati per la professionalità del personale, 140 persone tutte pesaresi e per la qualità della ristorazione, firmata Clai di Imola». «In ogni caso – conclude – state tranquilli. C’è stato un errore di valutazione ma farò di tutto per riportare il grande tennis a Pesaro. Ma al coperto, ovviamente».