Rivincita del Potro. È il beniamino di New York. Serena superstar: tra video e selfie è record di vittorie (Lopes Pegna). Lorenzi esce ma spaventa Murray (Corsport). Vinci "New York I love you" (Zanni). Serena, un altro record per restare la nr.1 (Azzolini). A New York il risveglio del gigante americano (Clerici)

Rassegna stampa

Rivincita del Potro. È il beniamino di New York. Serena superstar: tra video e selfie è record di vittorie (Lopes Pegna). Lorenzi esce ma spaventa Murray (Corsport). Vinci “New York I love you” (Zanni). Serena, un altro record per restare la nr.1 (Azzolini). A New York il risveglio del gigante americano (Clerici)

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Rivincita del Potro. E’ il beniamino di New York (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport)

Non sapeva che fare Novak Djokovic dopo che lo sconsolato Youzhny è andato al di là della rete per comunicargli che non ce la faceva a proseguire, che era costretto al ritiro. Avevano appena giocato la miseria di sei giochi, score 4-2 per il serbo. Allora, Nole gli ha affibbiato una gran pacca sulla spalla e una più affettuosa sul petto. Poi gli è scappato un sorriso. Non gli era mai accaduto un fatto del genere. Si ritrova agli ottavi di finale degli Us Open avendo disputato un solo match. L’unica partita l’ha giocata al primo turno, contro il polacco Janowicz. Contro di lui, ha lasciato sul cemento persino un set, prima d’imporsi con una certa facilità. Poi al secondo round, Vesely se n’è andato prima di scendere in campo. E poi il terzo turno contro il russo è durato 32 minuti. RIPOSO E’ un vantaggio poter arrivare al quarto turno, avendo giocato quattro set e mezzo oppure no? La domanda è logica e lecita, perché Nole è approdato a New York con un polso ammaccato e ogni giorno di terapia e di riposo può essere preziosissimo. Lui non sa che cosa rispondere e sembra sincero: «Non saprei. In un torneo lungo come questo, risparmiare le energie è tanta roba, ma allo stesso tempo i match sono fondamentali per testare il tuo stato di forma e far salire la qualità del tuo tennis. Vediamo che cosa succederà al prossimo round». Affronterà l’inglese Kyle Edmund (1-0 per Djoko, quest’anno a Miami), numero 84 del ranking, non certo un osso duro, che però ha appena eliminato Isner. RISCATTO Ma il beniamino di Flushing, con gli americani quasi tutti fuori, è ora l’argentino Juan Martin Del Potro. Perché qui si innamorano sempre degli ‘ underdog», delle storie tristi e dei riscatti. Quando nel 2009 batté Federer e conquisto Flushing, si fece apprezzare per il suo gioco di grande qualità e i suoi modi simpatici. Da allora è entrato nel cuore delle gente di qui. E poi aveva avuto la temerarietà di scalfire l’onnipotenza dello svizzero. Erano i momenti belli, quelli in cui tutto filava liscio. Nel 2010 era salito a numero 4 del mondo. L’ultimo guizzo negli Slam era stata la semifinale di Wimbledon nel 2013. Poi, sotto i piedi si era aperto un crepaccio. Un infortunio dopo l’altro, roba seria con relative operazioni: gli aveva fatto crac una volta il polso destro e due volte il polso sinistro. Per un tennista, una delle cose peggiori che ti possa capitare. Quasi due stagioni fuori dal circuito, classifica precipitata e morale sotto le scarpe. Si era diffuso l’allarme che avrebbe potuto anche lasciare. Un tam tam poi messo a tacere. Si è fatto rivedere a Delray Beach a febbraio di quest’anno, sconfitta in semifinale contro l’americano Querrey che poi avrebbe giustiziato Nole a Wimbledon. Un quarto di finale a Monaco di Baviera, una semifinale a Stoccarda a giugno, appena un terzo turno a Wimbledon. Fina all’exploit all’Olimpiade di Rio de Janeiro. Ai Giochi ha fatto piangere al primo turno Djokovic, eliminandolo subito dal torneo a cui teneva più di ogni altra cosa. Poi ha mandato a casa Nadal in semifinale, prima di arrendersi a Murray per l’oro. E’ stata un’iniezione di fiducia inestimabile, con la quale si è presentato a New York. Dopo la prima settimana ha tre tacche sulla sua racchetta senza neppure perdere un set. Ieri gli applausi a scena aperta del Louis Armstrong Stadium per l’eliminazione dello spagnolo Ferrer, un altro ex top 10. Ora lo aspetta il 23enne giovanotto austriaco di cui tutti dicono un gran bene, Dominic Thiem. Delpo dice: «E’ fantastico vedere tutta questa folla che fa il tifo per me. A voi sembrerà pazzesco, ma sentire questi cori come allo stadio mi fanno esaltare. Sono un po’ stanco, ma felice». Bentornato, gigante.

 

Serena superstar: tra video e selfie è record di vittorie (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport)

Serena, come riesce a trovare nuove motivazioni dopo tutti questi anni in cima al mondo del tennis? «Cercando di fare la storia». Risposta secca, come fa in campo quando cerca di chiudere il punto il più in fretta possibile. Proprio come ieri, quando ha asfaltato la svedese Johanna Larsson in un’ora giusta: vittoria numero 307 negli Slam. Ora ha distanziato anche Martina Navratilova, diventando la donna più vincente. Con una serie di altri record a cui puntare: sorpasso a Chris Evert per numero (6) di trionfi agli Us Open in caso di successo e come conseguenza a Steffi Graf per numero di settimane consecutive da n. 1 (186). Unico intoppo, la spalla destra dolorante: «Ora è stabile, grazie al ghiaccio e alle molte ore di terapia», dice. VIDEO AMICIZIE Serena finisce spesso sulle copertine dei magazine più patinati, inclusi fashion e gossip. Vanta amicizie importanti, il suo box sempre zeppo di supervip, come l’altra sera quando c’erano JayZ e Beyoncé (e ieri, Carmelo Anthony). La cantante, per cui la Williams ha fatto un cameo nel video «Sorry», ha spiegato: «Le ho chiesto di ballare come se nessuno la stesse guardando, così ha improvvisato». Un «twerking» che ha fatto impazzire il web. Ci ha preso gusto, perché in questi giorni circola il nuovo video con WilldaBeast Adams in cui Serena si dimena come una matta. Ma ciò di cui va fiera è l’ultimo spot della Nike appena uscito. E’ la sua vita raccontata come una didascalia. Tutto in meno di un minuto. Scorrono le scritte: Compton (il ghetto di L.A. dove è cresciuta); n. 1; leader; legend. Fino alla penultima frase: «Più grande atleta donna di tutti i tempi». Poi la parola donna viene cancellata e Serena è così incoronata «Più grande atleta della storia». Un messaggio coraggioso. «E’ bellissima, perché troppe volte noi veniamo classificate nella categorie donne,. invece di essere considerate semplicemente degli atleti. Ai maschi non succede. Mi sento vendicata». Chi la critica sostiene che non intervenga con la dovuta frequenza sui temi caldi della politica, per non urtare gli interessi con gli sponsor. IDOLO Ma quando la ginnasta Simone Biles, 4 ori a Rio, e la nuotatrice Simone Manuel, doppio oro e doppio argento ai Giochi, si sono presentate al suo cospetto, martedì, le ha accolte come sorelle: «Sei sempre stata il nostro idolo», le hanno detto. E lei si è quasi stupita: «Non me l’aspettavo. E poi non guardo mai alle imprese del passato, perché rischierei di essere appagata e invece ho ancora una lunga serie di traguardi da tagliare». E’ la strada per altra gloria, che passa soprattutto da New York

 

Lorenzi esce ma spaventa Murray (Corriere dello Sport)

Paolo Lorenzi ha avuto ragione: contro Andy Murray, è riuscito a giocare ancora meglio. Peccato perché di fronte avesse il numero 2 del mondo, quest’anno vincitore di Wimbledon e Olimpiade, e così alla fine s’è dovuto arrendere, dopo aver servito sul 5-4 nel primo set e essersi aggiudicato il secondo per 7-5, facendo comunque ammattire per tutto il tempo il fortissimo avversario nel terzo turno degli US Open. SERENA RECORD. Le mancano ancora quattro partite per conquistare il 23° Slam in carriera e staccare Steffi Graf, l’altra giocatrice con cui divide il primato nell’Era Open. Intanto però Serena Williams ha già piazzato una bella bandierina in questa edizione degli US Open: ieri negli ottavi ha battuto Johanna Larsson in 1h’ e vinto la 307a partita negli Slam, abbandonando Martina Navratilova a quota 306. «E fantastico che io ci sia riuscita qui a Flushing Meadows! Non c’è altro posto migliore per un traguardo del genere».

 

Vinci: “New York, I love you” (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Un altro Vinci Day. Lo aspettano gli americani, perchè ormai Roberta Vinci è una di loro. Se ogni tanto è difficile entrare nei meandri del tifo-pensiero, questa volta no, perchè quella vittoria dell’anno scorso, contro Serena Williams, ora nella storia degli US Open, è stata la più americana mai vista, almeno recentemente, a Flushing Meadows. Il sogno a stelle e strisce che diventa realtà e non importa se ha portato in alto i colori italiani, perchè adesso Roberta è una beniamina del pubblico statunitense. E Robi non cerca altro che allungare questo sogno. «Voglio andare avanti» ha detto alla vigilia del nuovo match, ottavi di finale oggi contro l’ucraina Lesia Tsurenko, numero 99 al mondo ma che è stata anche 33. Un solo precedente, a Doha quest’anno. «Li ho vinto facile – ha aggiunto la Vinci – ma non vuole dire niente. E una giocatrice tosta, tira molto forte, dovrò fare come sempre il mio gioco, cercando di metterla in difficoltà, essere aggressiva». E l’avversaria, in una intervista rilasciata a Ubitennis, ha detto che la prima preoccupazione è stata di allenarsi sui colpi tagliati. «Ma sarà molto difficile per me batterla…». ROBI-MODELLO. Robi, 33 anni, 7 del tabellone, 43 al mondo dodici mesi fa quando sconvolse il globo schiantando la numero 1 Serena, è diventata un modello negli Stati Uniti. La conferma l’ha data EspnW, dove quella “doppia vu” vuol dire women, donne, che le ha dedicato un servizio particolare: i successi della Vinci trasformati in quattro regole fondamentali per chi vuole vincere. La prima? Dimentica l’avversario: «Pensa a te stessa – parole di Roberta – non a chi hai davanti. Gioca la tua partita con aggressività». Numero due, concentrarsi sulla respirazione: come nello yoga. «Sono sempre nervosa – ha aggiunto – specialmente all’inizio, poi lentamente cerco di calmarmi, concentrandomi e la pressione scende così rientro in partita». Terza: pensa al presente: «Guarda solo a ogni singolo punto – il consiglio – senza correre al risultato finale. Gioca la tua partita». E per finire, l’aspetto che più ha conquistato gli americani: pensare positivo. Davvero non credeva di battere Serena l’anno scorso? «Va bene – ha ammesso l’azzurra – solo un po’, solo un po’…». TEAM USA. E l’americanizzazione di Robi la si è vista anche in conferenza stampa quando si è presentata con una t-shirt del team olimpico Usa. «Mi sembra di averla comprata a New Haven – ha detto – mi piace». Poi spazio a Leonardo Da Vinci, lo… zio che dà i consigli e l’avvertimento alla prossima avversaria. «Voglio continuare e giocare un altro grande match, poi vedremo. Di solito penso al ranking, ma non in questo momento». Roberta pronta a sfruttare al massimo i suoi US Open numero 14 anche se fisicamente non al 100%. «Amo giocare qui, ho avuto un grande momento l’anno scorso arrivando in finale (e con Flavia Pennetta l’altro giorno si è abbracciata – ndr), ma ho fatto anche i quarti contro Sara (Errani – ndr) e ho vinto un titolo in doppio sul Louis Armstrong, un campo che mi piace, uno stadio grande ma quando ci sei dentro è anche piccolo…». E gli americani l’applaudono, vorrebbero una finale-rivincita con Serena: il tabellone è d’accordo, ma tifo sarebbe tutto perla Williams?

 

Serena, un altro record per restare la nr.1 (Daniele Azzolini, Tuttosport)

In un Libro dei Record ormai talmente ingombro di pagine dedicate a Serena Williams, il primato firmato appena ieri con il successo sulla svedese Larsson, che porta a 307 i match vinti nei tornei dello Slam, finirà per apparire fra i più trascurabili, non più che una piccola tessera di un puzzle ormai sterminata. Cancella dalla lista il nome della Navratilova (306 le sue vittorie), però, e quasi dispiace considerarlo un record di scarso valore, ma nel profluvio delle conquiste già effettuate (Career Grand Slam in singolare e in doppio, prima donna a superare gli 80 milioni di dollari vinti, oltre 150 award ritirati in carriera) figurerà solo come una tappa di un lungo percorso che un giorno – forse – varrà all’aliena nera l’insediamento definitivo al vertice della storia tennistica, in quella posizione di “più grande di sempre” che lei desidera. Certo, non è donna da pari e patta, Serena, che dal 1999 ha fatto della caccia ai primati il suo impegno quotidiano. E questi Us Open, giunti per lei agli ottavi, le propongono due situazioni di stallo che non la lasciano tranquilla. C’è parità nel numero di settimane consecutive al vertice della classifica femminile, 186 per lei e la Graf; e c’è equilibrio anche nella corsa al numero degli Slam vinti, 22 a testa per lei e la tedesca, di poco sotto Margaret Court Smith che guida il gruppo con 24 titoli. Ora, il problema della Williams è che esiste una sola possibilità di far girare a suo favore tutti i numeri della contesa, quella di vincere il torneo. Punteggi «Non voglio fare l’errore dell’anno scorso», argomenta la sister, sempre a proprio agio davanti a un microfono, capace com’è di modulare le sue sortite fra svenevoli cinguettii e occhiate sotto zero. «Mi caricai di troppe responsabilità, per quel traguardo del Grande Slam che, certo, mi avrebbe riempita d’orgoglio. Voglio fare le cose per bene, quest’anno. Stare sul pezzo, molto concentrata, voglio pensare al match che devo giocare, non a quello che verrà dopo». Se ha imparato la lezione, si vedrà. Certo ha scacciato la svedese Larsson come si fa con una mosca che si posi sulla propria spalla. Un colpetto e via. Ma il traguardo degli ottavi consegna alla tedesca Angie Kerber, la rivale più accreditata per rovesciarla dalla prima poltrona, un vantaggio ancora ampio. Serena è giunta a questi Open con 7050 punti, davanti alla Kerber che ne ha 6860, a inizio torneo entrambe hanno scaricato i punti guadagnati un anno fa, 780 Serena, semifinalista, 130 la tedesca, che si fermò in terzo turno. Ora, con i 240 punti degli ottavi, Serena è a 6510, Angie a 6970. Il calcolo delle possibilità, da qui in avanti, lascia a Serena solo tre pertugi di speranza. Resterebbe prima se Angie si fermasse negli ottavi (avrà di fronte la Kvitova) e lei giungesse di nuovo in semifinale, se la tedesca perdesse nei quarti e Serena arrivasse in finale, o vincendo il titolo nel caso le due si trovassero di fronte all’ultimo atto.

 

A New York il risveglio del gigante americano (Gianni Clerici, Il Messaggero)

Un altro segno che la Yellen aumenterà i tassi, dopo lo US Open» mi ha telefonato ieri il mio amico Tony, economista appassionato di tennis, dopo la vittoria di Sock su Cilic e della Keys sulla Osaka. Tale entusiasmo andrebbe esteso a chi crede che le vicende economiche di un paese siano complementari a quelle tennistiche. In realtà, non essendo ancora nato un Keynes bidotato, il vecchio scriba deve limitarsi a osservare che nell’immediato dopoguerra gli Usa hanno prodotto, insieme al piano Marshall, tennisti quali Jack Kramer e Pancho Gonzales, seguiti da una marea di australiani i cui papà stavano scoprendo miniere e benessere negli anni ’50 e ’60, e che la supremazia degli italiani in Europa ha coinciso con il Miracolo Economico. Era però un po’ di tempo che gli yankee parevano scomparsi dal tennis, mantenuti nelle cronache solo dalle sorelle Williams, le prime afroamericane a imporsi dopo che Althea Gibson, la primissima, era rimasta sola negli spogliatoi degli US Championships per lo sdegno di un gruppo di bianche. Il tennis Usa ha, secondo me, sofferto per il passaggio da sport universitario ad attività professionale dal giorno in cui McEnroe si ritirò da approssimati studi quale matricola per divenire tennista full time. Ora la Federazione americana si vale dei suoi molti campi pubblici per organizzare attività scolastiche, e al contempo Flushing Meadows costruisce il più efficiente tetto sopra un campo Centrale, e un dirigente americano, Haggerty, diviene presidente dell’Itf succedendo a un italiano e a un francese. Sono segni indubbi della rinnovata presenza Usa, semiscomparsa dai tempi di Mac e Connors. Nel particolare, la vittoria su Cilic, vincitore a New York nel 2014 e poi semifinalista l’anno dopo non farà certo di Sock un nuovo McEnroe, ma insieme a lui si stanno muovendo altri giovani quali Taylor Fritz , per non parlare della semiafroamericana Keys. Insomma, nell’attesa che un americano, più o meno afro, rivinca Wimbledon, vediamo se la Yellen rialzerà i tassi.

 

 

 

 

 

 

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