US Open interviste, Djokovic: "Wawrinka merita di essere tra i big five"

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US Open interviste, Djokovic: “Wawrinka merita di essere tra i big five”

US Open interviste, finale: S. Wawrinka b. N. Djokovic 6-7 6-4 7-5 6-3. L’intervista del dopo partita a Novak Djokovic

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Questo match significa che il tennis ha ufficialmente i “big five”?
Merita di essere nel club, senza dubbio. Stan ha vinto 3 diversi Slam ed una medaglia Olimpica. È nel circuito da tanto e gioca al meglio i grandi incontri. Merita di esserci.

Hai detto che è stato il giocatore più coraggioso oggi sul campo. Che cosa ha fatto?
Semplicemente io non ho capitalizzato per nulla le opportunità. Ne ho avute un sacco, break points. Ho avuto una pessima percentuale di conversione dei break points. Terribile. Capite, se in queste partite non si sfruttano le occasioni, l’avversario vince. Ed è quello che ha fatto lui. Ecco perché dico che è stato più coraggioso: perché ha giocato aggressivo mentre io ero più attendista. Ecco tutto.

Che infortunio hai avuto nel quarto set? Che effetto ha avuto su di te?
Si sono rotte le unghie dei piedi e mi sanguinavano. Era doloroso camminare. Ci ho provato.

Nel passato eravamo soliti vederti concentrato e freddo sotto pressione. Dopo il primo set sembravi molto arrabbiato con il tuo box. Perché?
Nei momenti importanti mi sono saltati i nervi. Lui è rimasto freddo. È ciò che ha deciso il match, a mio parere. A volte succede, anche se sei esperto e sai cosa devi fare. È la pressione dell’evento e l’importanza dell’incontro. Per me è stata troppo forte in alcuni momenti della partita. Se perdi la calma, perdi la partita.

Sul campo hai detto che dopo Rio avevi considerato la possibilità di non giocare qui. Quanto ci hai pensato e dicci se l’infortunio ai piedi è qualcosa che ti ha già dato problemi in passato.
No, non quell’infortunio. Quello è capitato oggi. Altri, molto seri all’epoca. Ad essere sincero ho deciso di partecipare 8 o 9 giorni prima dell’inizio, giusto per provarci. Che sia giunto sino alla finale è piuttosto sorprendente.

Contro Stan hai perso due finali Slam. Cosa rende così difficile per te batterlo in momenti così importanti?
Lui scende in campo e gioca alla grande, gli piacciono i grandi incontri. È solido in entrambi gli angoli. Ha un bello slice ed un rovescio ad una mano sbalorditivo, da ogni angolo. Un grande servizio. Si muove bene. È completo. Se si sente bene sbaglia poco e fa tanti vincenti ed è dura giocarci contro. È quello che è successo oggi.

Rispetto a giocatori come Rafa, Andy e Roger sembra che la sua palla sia più pesante. Ci puoi dire qualche cosa a proposito?
Ha una palla pesantissima soprattutto dal lato del rovescio. Il dritto è piatto. Con il rovescio fa un grande slice e grande rotazione. Lo usa quando si difende e poi ti attacca buttandoti fuori dal campo con il rovescio incrociato. Uno dei migliori colpi del circuito. E fisicamente è molto forte e resistente.

In un match durato quasi 4 ore ci sono molti momenti che possono risultare decisivi. Ce ne è stato uno più degli altri? Per esempio i due doppi falli nel secondo set sul 2-1 per lui. Non una cosa normale per te.
Ho fatto un mucchio di doppi falli in tutto il torneo. Ho faticato con quel fondamentale e con il movimento per farlo, con la tecnica d’esecuzione a causa dei problemi fisici che mi sono portato dietro. Ci ho lavorato sopra molto ed ho cercato di trovare il ritmo, ma il mio corpo compensava per proteggere l’infortunio al braccio. Purtroppo non c’ero sul servizio. Quando ne avevo bisogno, non c’era ed in questi grandi momenti ne hai bisogno. Ho perso game decisivi nel secondo e nel terzo parziale. Glieli ho consegnati con errori gratuiti e brutte battute. Ma, sapete, ho cercato di difendere la battuta con gli altri colpi, purtroppo invano.

I tuoi programmi prevedono che dovresti giocare in Asia. Credi di potercela fare?
Dubito sinceramente che gli infortuni mi fermeranno. Credo che sarò pronto.

Gli Slam sono finiti per quest’anno. Ci sono ancora grandi tornei. Hai ottenuto un grande trionfo a Parigi. Quale è il tuo giudizio sulla stagione?
Vincere 4 Slam di fila per me è stato un risultato incredibile. Ne sono orgoglioso e questa sconfitta non può oscurare i grandi momenti che ho avuto in Australia e soprattutto a Parigi. Così vincere due tornei dello Slam e disputare una finale di un terzo in un anno è un ottimo bilancio. Non ho da lamentarmi. Mi sarebbe piaciuto vincerne tre ma devo accettare la sconfitta da un giocatore migliore, stringerli la mano ed andare avanti. Non è la prima volta e non sarà l’ultima in cui perdo un grande incontro. Spero di imparare da questo e di migliorare. Perché, sapete, è il ciclo della vita per noi atleti.

Sembri compiaciuto di essere giunto in finale, ma credi che la mancanza di partite nel corso del torneo ti abbia danneggiato?
No, non credo che la mancanza di partite abbia condizionato il mio gioco oggi. Mi sentivo bene. Nei turni precedenti colpivo bene la palla e giocavo bene. Oggi ho iniziato bene, ma alla fine della strada il miglior è stato lui. Tutto qui. A volte nello sport queste cose capitano.

Alla luce dei tuoi dubbi se venire o meno, grazie per il tuo impegno verso questa città laboriosa e verso tutti coloro i quali rispettano tale coraggio oltre al divertimento. Come fai e perché dai così tanto di te stesso nella vittoria e nella sconfitta dopo 235 minuti di partita, in uno sport dove non ci sono sostituzioni. È il modo in cui sei stato cresciuto oppure sei stato tu a diventare un simile campione?
Grazie per le belle parole e per i complimenti. Parlo per me perché ognuno è diverso, ovviamente. E’ il mio modo di vedere la vita, la mia mentalità, indipendentemente dal fatto che vinci o perdi alla fine della giornata devi avere rispetto per il tuo avversario, per lo sport, per quelli che vengono a vederti giocare. Nell’ardore della battaglia le tue emozioni esistono. Sei teso. Fai del tuo meglio per vincere. Tutti praticano sport professionistico per avere un certo successo nella vita. Ma la definizione di successo è diversa per ognuno di noi. Per me il successo non è solo vincere tornei di tennis ed i trofei. È più di questo. La mia motivazione principale viene dal fatto che mi piace farlo. Lo faccio per scelta. Ma quando sei in cima ed hai privilegi, status, posizione, credo che l’importanza di ciò che dici e di ciò che fai sia maggiore. Non è paragonabile a nessuna altra posizione in classifica. Questo privilegio mi ha insegnato tanto nella vita e ne ho tratto esperienza. Ho imparato tanto su di me, su chi dovrei essere e diventare ed è un’evoluzione quotidiana per me e per chiunque altro. Così la vedo io.

Una statistica importante è stata quella delle palle break. Perché hai avuto così tanti problemi oggi?
Come ho detto prima non ho sfruttato le opportunità. Su molte palle break ho avuto scambi con possibilità di provarci due volte, ma ho fatto errori banali. Tutto qui. A volte hai quella sgradevole sensazione e non riesci a far andare tutto come vorresti. Fine.

Fai un confronto tra la qualità di questo match e la finale di Parigi (2015 ndt) in cui eri fortemente favorito. Oggi forse un po’ meno a causa delle tue condizioni. In cosa hai giocato meglio ed in cosa lui ha giocato meglio?
Partite simili. Sono partito bene ed ho vinto il primo set in entrambe le finali e poi c’è stato un secondo set tirato. Nel secondo e nel terzo parziale lui è riuscito ad andare in fuga. Poi in entrambi gli incontri lui ha giocato il quarto set al suo meglio tirando bordate da ogni angolo e con ogni colpo, andando incontro alla palla e diventando aggressivo, cogliendo le sue occasioni. Entrambi abbiamo giocato con qualità. Ci abbiamo provato entrambi. Quando ci sono due giocatori di vertice in una finale dello Slam ti aspetti qualità, ovviamente. Sia qui sia a Parigi abbiamo disputato incontri di 4 ore, perciò penso che la qualità del tennis sia stata buona.

Da un punto di vista fisico e psicologico come giudichi la tua estate?
C’è molto da apprendere. La vita è una grande lezione. È un grande libro. Noi continuiamo a scriverci sopra delle storie. Ce ne sarà un’altra da scrivere. Avrei voluto che la fine di questa storia fosse differente, ma lo ripeto: impariamo di più dalle sconfitte che dalle vittorie. Perché quando si vince va tutto bene e forse si tendono a mascherare le cose che invece devono essere affrontate e sulle quali si deve lavorare. Ma quando perdi, all’improvviso inizi a chiederti se hai fatto le cose per bene oppure no e cosa puoi fare per essere un giocatore ed una persona migliore. Perciò, ecco dove mi trovo adesso ed è ciò a cui penserò per il resto della stagione e per il prossimo anno.

Traduzione di Roberto Ferri

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