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Al femminile

Svitolina in top 10: missione compiuta

Con la vittoria di Dubai è entrata per la prima volta fra le prime dieci del mondo. Potrà crescere ancora?

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In cosa potrebbe ancora migliorare? Direi in tre aspetti molto differenti.
Il primo è legato alla programmazione. Come sempre quando si compie il salto nell’élite del tennis, Svitolina dovrà cercare di gestirsi soprattutto in funzione degli appuntamenti più importanti, rinunciando ai piccoli tornei che fanno gola perché sembrano più facilmente alla portata, o perché garantiscono lauti ingaggi da parte degli orgnaizzatori, ma che alla lunga tolgono energie agli eventi che contano di più. Per raccogliere punti pesanti, infatti, non ci sono alternative: occorre fare bene nei Premier e negli Slam; i punti dei tornei medio-bassi non sono sufficienti per stare ai vertici del ranking.

È un percorso che ad esempio ha incominciato a intraprendere anche Karolina Pliskova, che fino a qualche tempo fa era abituata a giocare quasi ogni settimana, anche perché arrivava in fondo più raramente. Stagioni da oltre venti tornei all’anno non consentono di mantenere la forma per tutto l’arco del calendario, e si finisce per pagare lo sforzo negli ultimi mesi, sotto forma di cattive prestazioni se non addirittura di infortuni.

Il secondo aspetto è la gestione psicologica della partite. Anche nel recente torneo vinto a Dubai, il primo Premier 5 in carriera, Svitolina ha avuto problemi nel chiudere i match (contro Kerber in semifinale e contro Wozniacki in finale). Però credo avesse delle attenuanti: era consapevole che quelle partite erano importanti non solo per vincere il torneo ma per riuscire a entrare nelle prime dieci, e non è mai facile giocare con un doppio traguardo da raggiungere. Lo ha provato nel recente passato Roberta Vinci, che in diverse occasioni si era fermata a una vittoria dall’ingresso in top ten. Oppure l’anno scorso Angelique Kerber a Cincinnati, quando perse in modo molto netto (6-3, 6-1) contro Pliskova la finale che, se vinta, avrebbe significato la conquista del numero uno del mondo.
Ma credo che, almeno in parte, si possa imparare a vincere. L’abitudine agli impegni importanti aiuta a tenere sotto controllo gli stress, i successi contro avversarie inferiori si trasformano in routine e si consumano meno energie nervose. Non per tutte è così, ma ci si può riuscire.

Il terzo aspetto secondo me è legato alla posizione in campo. Da una parte penso che se riuscisse a condurre lo scambio uno-due passi più avanti farebbe un ulteriore salto di qualità nei valori assoluti. Dall’altra ha molto spazio per progredire anche negli spostamenti sulla verticale: potrebbe avanzare a chiudere il punto di volo più spesso, a patto però di individuare bene i tempi di gioco e la copertura della rete, doti non proprio naturali nel suo repertorio.
Era un lavoro che l’anno scorso stava conducendo con l’aiuto di Justine Henin, una collaborazione però chiusa nel 2017, visto che Justine ha interrotto l’attività di allenatrice dopo la notizia della seconda gravidanza. In questa stagione Svitolina ha deciso allora di avvalersi di un team di cui fa parte anche Gabriel Urpi (ex allenatore di Arantxa Sanchez e Flavia Pennetta), che però non la segue a tempo pieno.

Dunque, almeno in teoria, le possibilità di crescita non sono esaurite, e visti i precedenti non me la sento di escludere che possano effettivamente avvenire: ormai comincio a pensare che si debba iniziare a prendere davvero sul serio Elina Svitolina. Del resto lei anche nelle interviste conferma come sia costantemente alla caccia di motivazioni, di nuovi traguardi: a volte assoluti, a volte su scala nazionale. Dopo essere entrata tra le prime venti, l’obiettivo successivo era quello di diventare la migliore giocatrice ucraina della storia, superando il best ranking di Alona Bondarenko nel 2008: il numero da battere era il 19. Ottenuto il 18, e dopo essere entrata nelle prime quindici, aveva il grande obiettivo della top ten: un’altra missione compiuta.

Ora c’è un altro traguardo: diventare la migliore tennista della storia del suo paese, maschi inclusi: il numero fatidico è il 4 di Andrei Medvedev. Al di là di tutto, il dato di fatto sostanziale è questo: è sempre più vicina al vertice assoluto, e le posizioni da scalare sono sempre meno; ma sono le più difficili di tutte.

A questo punto la domanda che comincia ad aleggiare è questa: può arrivare a vincere uno Slam? Prima citavo i casi di Li Na e Flavia Pennetta, due giocatrici che in età avanzata non hanno smesso di migliorarsi e di crescere, arrivando effettivamente a vincere i Major. Ci potrà riuscire Elina Svitolina, che dalla sua ha anche l’età più giovane? Allo stato attuale io penso ancora di no, anche perché sino ad ora in carriera vanta un solo quarto di finale (Roland Garros 2015). Ma dopo le precedenti previsioni sbagliate, ho il dubbio che anche questa volta le mie ipotesi vadano interpretate in senso opposto; e allora Svitolina sarebbe davvero destinata a vedere un giorno il suo nome inciso nell’albo d’oro di un Major.

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