Svitolina in top 10: missione compiuta

Al femminile

Svitolina in top 10: missione compiuta

Con la vittoria di Dubai è entrata per la prima volta fra le prime dieci del mondo. Potrà crescere ancora?

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Forse non dovrei cominciare un articolo su Elina Svitolina partendo dai giudizi più personali, ma ho deciso di farlo perché è troppo comodo vantarsi solo delle previsioni azzeccate. Mi spiego: nell’articolo di martedì scorso avevo scritto di aver pensato con due anni di anticipo che Garbiñe Muguruza avrebbe potuto vincere uno Slam, malgrado in quel momento nei Major non fosse nemmeno testa di serie.
Ma per valutare la mia lungimiranza va tenuto conto anche di questo: se due anni fa mi avessero chiesto se vedevo in Elina Svitolina una futura top ten, avrei risposto di no. Anche se in quel momento, a soli vent’anni, era già numero 27 del ranking. Ipotizzavo che al massimo si sarebbe potuta spingere tra le prime venti, forse tra le prime quindici in caso di allineamenti astrali favorevoli. E invece sono stato smentito.

Da dove derivava il mio scetticismo? Oltre alla mia evidente incapacità di predizione, da questo: mi pareva che Svitolina stesse raggiungendo un limite oltre il quale non ritenevo probabili ulteriori miglioramenti. Elina mostrava costanza di rendimento, ma anche difficoltà ad andare oltre un certo livello di gioco: la prestazione eccezionale, la giornata di grazia che lascia intuire potenzialità superiori, per quanto mi riguarda non l’avevo vista. In più in quel periodo si era quasi specializzata nell’andare a cercare punti negli eventi snobbati dalle migliori. In carriera aveva vinto il torneo di Baku due volte, e il 125K di Pune (India). Baku era un caso sintomatico: assegnava 280 punti alla vincitrice come tutti gli International, ma con partecipanti dal ranking mediocre. In poche avevano voglia di andare in Azerbaigian a giocare, tanto che per vincere quei tornei Svitolina non aveva dovuto sconfiggere alcuna avversaria classificata meglio del 40mo posto.

Oggi possiamo dire che forse quelli che apparivano esclusivamente come dei limiti contenevano anche delle potenzialità. L’essere disposta ad andare nei luoghi meno allettanti per crescere nel ranking; accettare di fare sacrifici che la maggior parte delle avversarie di pari livello difficilmente erano disposte a fare, pur di ottenere quanto prefissato. Tutti questi erano sintomi di un carattere di ferro, da non sottovalutare.
Enorme forza di volontà, assoluta applicazione, continuo desiderio di migliorarsi, dandosi obiettivi di volta in volta sempre più difficili; ma contemporaneamente accettare di crescere per gradi, passando per il sentiero impervio dei tornei minori. Sono i tratti della personalità di Elina Svitolina, che l’hanno contraddistinta fin da quando ha deciso di intraprendere la carriera di tennista professionista. L’avevo raccontato più estesamente in un articolo del maggio 2015, e qui sintetizzo alcuni avvenimenti chiave.

A soli 13 anni sottoscrive un contratto di sette anni (poi prolungato ulteriormente) con Yuri Sapronov, uomo di affari ucraino e grande appassionato di tennis, che decide di scommettere su di lei. La aiuterà economicamente in cambio di una percentuale sui guadagni futuri che, naturalmente, non è affatto sicuro ci saranno (in un’intervista recente Sapronov ha addirittura pre-datato l’accordo a quando Svitolina aveva solo 11 anni). La ragione della scelta del suo finanziatore è duplice: Elina gli sembra una ragazzina molto talentuosa, ma anche altrettanto determinata e disciplinata.

Nel giro di qualche stagione si ha la conferma che tutte queste caratteristiche sono vere: nel 2010, ad appena 15 anni (è nata a Odessa il 12 settembre 1994) vince il Roland Garros Junior e conquista il numero uno in classifica. L’anno dopo, invece di continuare tra le ragazze, Svitolina decide di intraprendere la scalata del ranking professionistico, cercando punti negli ITF più sperduti per il mondo. Asia e Africa diventano le sue terre di conquista.
I punti arrivano anche prima del previsto, ma insieme ai punti arrivano i disagi: un viaggio in estremo oriente da sola, uno in Africa con problemi di sicurezza personale, con auto della polizia come scorta per spostarsi dall’albergo ai campi, e un accoltellamento mortale a cui assiste quando si avventura fuori dall’albergo alla semplice ricerca di un ristorante. Ma niente e nessuno può fermarla, e ogni anno raggiunge regolarmente gli obiettivi di classifica stabiliti.

a pagina 2: i progressi di Elina Svitolina

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