A che punto è Karolina Pliskova - Pagina 2 di 2

Al femminile

A che punto è Karolina Pliskova

Venticinque anni oggi, e ancora in crescita. Karolina Pliskova è numero tre del mondo: può diventare numero uno?

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In sostanza Karolina ha saputo fare ricorso a soluzioni tecnicamente raffinate, oltre il solito clichè di colpitrice di palle esclusivamente “piatte” e tese. Merito della nuova collaborazione con David Kotyza, l’ex coach di Petra Kvitova? Non è facile rispondere, anche perché, purtroppo, non conosco il ceco e quindi non riesco a capire cosa si dicono durante i coaching al cambio campo.

Credo però che si possa fare una ragionamento per deduzione: Kotyza in passato ha dimostrato di saper insegnare molto bene la parte tecnica del tennis. Petra Kvitova, pur con i limiti di mobilità legati alla mole, è una giocatrice estremamente ben impostata sul piano tecnico. Ma anche Lucie Safarova ha raccontato che da giovanissima, prima che Kotyza si dedicasse esclusivamente a Kvitova, aveva avuto da lui un aiuto fondamentale per migliorare il movimento al servizio, tanto da renderlo un punto di forza imprescindibile del suo repertorio. Non mi meraviglierebbe quindi che i recenti progressi di Pliskova nell’esecuzione dei colpi al rimbalzo siano in parte merito della nuova collaborazione.

Quello che invece mi convince meno della situazione attuale di Karolina sono certe opportunità tattiche non del tutto colte. E anche in questo caso potrebbero essere legate a una tendenza di Kotyza, quella cioè di arricchire poco le soluzioni di gioco.
Sopra ne ho parlato come di un grande insegnante di tecnica, ma ho qualche dubbio sul fatto che sia altrettanto efficace quando si tratta di allargare le opzioni tattiche. Anche in questo caso procedo facendo riferimento al passato. Come noto, subito dopo gli Australian Open 2016 Kvitova aveva deciso di separarsi da Kotyza; quando è tornata in campo senza di lui, Petra ha subito proposto un tennis più vario: con maggior ricorso alla palla corta, discese a rete in controtempo e in generale un gioco più ricco ed elaborato sulla verticale (ne avevo parlato diffusamente QUI).

Chissà, forse Kotyza è poco propenso a spingere le giocatrici fuori dalla cosiddetta “comfort zone”; e nel caso di Pliskova la locuzione da metaforica diventa letterale: vale a dire spingersi in avanti, in zone di campo dove oggi si è meno efficaci, ma che in futuro potrebbero diventare produttive. Certo, per farlo si deve essere disposti a perdere qualche punto (a volte perfino qualche match); e non è detto che un coach sia contento di questo.
Credo si tratti di sforzi che spesso si rivelano vantaggiosi, ma non c’è mai la controprova, la certezza assoluta dei vantaggi futuri. In ogni caso: al momento mi pare che il lavoro di affinamento che Pliskova sta facendo nelle situazioni legate ai colpi al rimbalzo non sia ugualmente perseguito sui colpi di volo e le discese a rete. Ma la mia impressione potrebbe essere sbagliata.

In estrema sintesi si potrebbe forse descrivere tecnicamente così l’ultimo anno e mezzo di Pliskova: nella stagione scorsa (con il precedente coach Jiri Vanek) Karolina era cresciuta molto nel gioco di contenimento (sia grazie alla migliore mobilità, sia grazie alla maggiore capacità nel colpire in allungo); in questi ultimi mesi sta mostrando progressi nei colpi al rimbalzo meno usuali, di cui ho parlato prima.

Ma sarebbe un peccato se non riuscisse a migliorare anche nello sfruttamento del campo in verticale, e in generale nel fare ricorso a varianti di gioco utili per sorprendere le avversarie. Avanzo un’ipotesi su questo: siamo proprio sicuri che una tennista come lei, con uno dei migliori servizi del circuito, e con una “apertura alare” superiore che aiuta nella copertura della rete, non possa fare ricorso al serve&volley? Ad esempio Carlos Rodriguez lo aveva introdotto quando aveva cominciato ad allenare Li Na negli ultimi anni di carriera. Un classico della Li Na più matura era il serve&volley sul 40-15: in una situazione di punteggio non troppo rischiosa, ideale per provare a chiudere il game facendo ricorso allo schema più sicuro per una battitrice destra, cioè il servizio slice a uscire concluso dalla volèe. Sbaglierò, ma credo che anche Pliskova potrebbe sperimentare soluzioni simili.

Per concludere torno alla questione di apertura: la crescita di Pliskova sul piano mentale, e i problemi di braccino. Anche in questo caso: non penso si possa pretendere da lei che tutte le difficoltà del passato spariscano come di incanto; non mi sembra realistico credere che nel giro di pochi mesi una giocatrice si costruisca un killer instinct implacabile. Non dimentichiamo che prima degli US Open 2016 Karolina non era mai riuscita ad andare oltre il terzo turno di uno Slam.
Negli ultimi due Major ha raggiunto una finale (New York) e un quarto di finale (Melbourne), ma va anche ricordato che entrambe le sconfitte sono state ricche di rimpianti. Nella finale di Flushing Meadows contro Kerber era avanti di un break nel set decisivo, mentre contro Lucic-Baroni in Australia ha reso al di sotto delle sue possibilità, a causa di un tennis troppo conservativo, lontano dai suoi migliori standard. Eppure, malgrado avesse giocato chiaramente con il freno a mano tirato, era riuscita a portare il match al terzo set.

Prima degli Australian Open aveva vinto a Brisbane; subito dopo sono arrivate le vittorie in Fed Cup contro la Spagna e quella nel torneo di Doha. Dirò una banalità, che però penso sia vera: vincere aiuta a vincere. Trovarsi sempre più spesso nelle situazioni di stress (semifinali, finali, seconda settimana degli Slam) e riuscire con sempre maggiore frequenza ad andare oltre, è forse la migliore terapia possibile per chi non è nata naturalmente con il killer instinct.
Magari può significare fermarsi un passo prima di quello che probabilmente si potrebbe raggiungere senza il freno delle paure, ma sono comunque progressi. E a mio avviso Karolina ha doti tali per cui, se la condizione fisica e la salute la aiuteranno, anche i traguardi più ambiziosi sono raggiungibili. Si tratterà di proseguire, un passo dopo l’altro, sul cammino del rafforzamento psicologico. Forse ci vorrà qualche sforzo ulteriore rispetto a giocatrici più ciniche e spavalde, ma a venticinque anni il tempo è ancora ampiamente dalla sua parte.

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