Tennis e cinema: Fabio "Will Hunting" Fognini, genio ribelle

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Tennis e cinema: Fabio “Will Hunting” Fognini, genio ribelle

Riparte a grande richiesta la rubrica Tennis e Cinema. Oggi ci addentreremo nelle menti di due “geni ribelli”: Fabio Fognini e Will Hunting

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Tennis e cinema: tutti i profili di Ubitennis

“Dove eravamo rimasti?”. Non per fare un uso improprio della celebre frase pronunciata da Enzo Tortora, eppure nessuna espressione pare più adeguata per riprendere l’excursus cinematografico che avevamo cominciato qualche mese fa. Ricordiamo che stiamo parlando di una sezione pensata per gli appassionati di tennis che magari hanno il desiderio di avvicinarsi alla settima arte, ma anche per gli amici cinefili, che forse non hanno mai calcato un campo in terra rossa e che potrebbero scoprire la bellezza di questo sport. Per tutti coloro che si trovano a leggere per la prima volta questa rubrica, sappiate che vi imbatterete nel fantastico mondo del cinema, che per qualche bizzarra ragione fonde la sua anima in maniera inestricabile con quella del tennis… In che modo? Sta a voi scoprirlo!

Passando dall’eleganza di Sean Connery e Roger Federer, fino ad arrivare alla tenacia e bontà d’animo della coppia Forrest Gump-Novak Djokovic, arriviamo ad un accostamento che potrebbe far storcere il muso a molti: Fabio Fognini e Will Hunting. Il noto protagonista, magistralmente interpretato da un giovanissimo Matt Damon, ha in comune con il nostro Fabio qualcosa che va al di là delle apparenze. Il titolo del film di Gus Van Sant, tradotto in italiano, la dice lunga sul parallelismo in cui ci stiamo imbattendo: “Will Hunting, genio ribelle”.  Sono stati sprecati fiumi di inchiostro sul talento di Fognini, sulla sua straordinaria capacità di far emozionare il pubblico e allo stesso tempo farlo inquietare; per tante, troppe volte, sono state dette parole quali “un talento inespresso... Gioca divinamente ma non vince quanto potrebbe… Se non perdesse la calma potrebbe vincere ogni partita”. Tutto questo può essere preso per vero, così come può essere altrettanto vero il fatto che forse Fabio non dispendi talento, ma in fondo in fondo sia “solo” un buon giocatore, che più di tanto non si sarebbe potuto esprimere. Ma qual è il vero Fabio Fognini?

A tal proposito ci viene in aiuto il ribelle Will, il quale lavora come inserviente presso una delle più importanti università di ricerca del mondo. Anche lui si oppone ai cliché imposti, ad una società che lo tiene in trappola. Il giovane Hunting ha un talento smisurato in particolare per la matematica, tanto da riuscire a risolvere un difficilissimo problema numerico, proposto da un professore dell’istituto ai suoi studenti. Ciò nonostante, il biondino matematico non vuole accettare le offerte di lavoro che man mano gli vengono proposte, preferisce restare nella sua città, svolgere il suo solito lavoro, fare a botte con altri ragazzacci del quartiere e bere birra con gli amici. Tutto questo fino a quando incontra Robin Williams, che veste i panni dello psicologo Sean, ruolo che gli consentirà di vincere l’Oscar come migliore attore non protagonista.

A questo punto ci sarebbe da chiedersi cosa abbia a che fare un ragazzo problematico con evidenti difficoltà a livello relazionale con Fognini, che, pur essendo anche lui un ribelle e pur essendo investito dell’appellativo di “genio e sregolatezza”, non è di certo un ragazzaccio di strada. Un aspetto comune ad entrambi i protagonisti in questione è quello di essere una nuova risorsa che viene da un ambiente diverso dal solito accademismo rigido e pomposo. Sono personaggi che evadono gli schemi e i protocolli da rispettare ad ogni costo, confrontandosi con un mondo sempre pronto ad imporre i suoi diktat e il suo modus operandi. Durante il corso del film, Will ci mostra un’immagine della sua personalità come quella di un ragazzo strafottente e a volte eccessivamente sicuro di sé. Il genio ribelle si impone sullo schermo con tutta la sua energia di anticonvenzionale sfrontatezza proletaria, così come il talento azzurro scende in campo con tutta la sua carica, condita a volte da un pizzico di arroganza.

Una delle scene simbolo della pellicola in questione è quella in cui Robin Williams parla sulla riva del lago con Will: “Se ti chiedessi sull’arte, probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti. Michelangelo, sai tante cose su di lui, le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il Papa, le sue tendenze sessuali. Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella Cappella Sistina. Non sei mai stato lì con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto. Mai visto! […] Se ti chiedessi dell’amore, probabilmente mi diresti un sonetto. Ma guardando una donna non sei mai stato del tutto vulnerabile. Sei un genio, chi lo nega questo. Nessuno può comprendere cos’hai nel profondo. Queste parole ammutoliscono il genio ribelle, che per la prima volta coglie l’importanza dell’essere umili, che per potere vivere compiutamente bisogna imparare a conoscersi e per farlo, a volte, bisogna farsi aiutare. Allo stesso modo di Will, anche Fabio sa benissimo come si colpisce una palla in top spin, conosce a fondo il gioco a rete e saprebbe riproporre mille delle sue splendide smorzate di rovescio, eppure con ogni probabilità non saprebbe descrivere il profumo dell’erba di Wimbledon dopo una vittoria importante; sicuramente saprà a memoria i campi del Foro Italico, ma probabilmente non conoscerà la bellezza di alzare le braccia al cielo davanti al suo pubblico per la finale di Roma. Anche Fabio vuole cogliere la bellezza che si cela al di là della mera tecnica tennistica, forse anche lui ha bisogno di un po’ di umiltà in più per trasformarsi da genio ribelle a genio vincente (non per nulla ha aggiunto un mental coach nel proprio team che può aiutarlo nel suo intento).

Chissà, così come Will è terrorizzato dal conoscersi e dal parlare di sé, magari anche il tennista ligure ha paura di mostrare il vero Fogna, teme di spogliarsi di quella corazza che indossa ogni volta che mette piede sulla terra battuta. Fabio e Will restano ancorati in una realtà che non consente loro di sfruttare liberamente il proprio talento, lo stesso talento che trasforma il giocatore azzurro nell’eterna promessa del tennis italiano e il genio della matematica in una “cavia da laboratorio”. Tutti, dai giornalisti ai coach (nel caso di Fognini) e dai professori agli amici (nel caso di Hunting) vedono in loro solo un grande potenziale inespresso, ma nessuno è stato mai davvero in grado di abbattere le loro corazze, fatte di sfrontatezza e insolenza, per scrutare nel più profondo del loro animo. D’altronde dietro integrali e funzioni e dietro quel potente rovescio lungo linea, non c’è nient’altro che un ragazzo, desideroso di non deludere le aspettative di chi lo circonda, quelle stesse aspettative che presumibilmente lo hanno portato a vestire sempre i panni del “duro”.

Il 29enne di Sanremo ci offre uno scenario realistico della complessità della mente umana: così come quella del ragazzo impersonato da Matt Damon è una mente che fa di tutto per non farsi conoscere, anche quella di Fognini resta un mistero, non mostrandosi mai completamente. Entrambi i protagonisti di quest’articolo hanno qualcosa che molti altri ragazzi della loro età non hanno. I due, per dirla con le parole dell’amico di Will, interpretato da Ben Affleck, sono seduti “su un biglietto della lotteria”… Ci auspichiamo che Fabio possa finalmente incassarlo.

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