Panatta: "Ho perso tutti i trofei, non so dove sono"

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Panatta: “Ho perso tutti i trofei, non so dove sono”

Adriano Panatta si racconta al Corriere della Sera. Una conversazione intima: la stima per Federer, la sua versione sul tennis italiano e… l’amicizia particolare con Borg

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Adriano Panatta: «Ho perso tutti i trofei, non so dove sono» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

«Ti confesso un segreto: non abbiamo mai vinto la Coppa Davis. Parliamo d’altro…?». Dietro la nuvola della sigaretta («Guai a te se scrivi che è l’ennesima: non ne fumo neanche un pacchetto al giorno…»), sotto il ciuffo morbido, occhieggia l’ironia soave dell’uomo chiamato tennis, il figlio del custode del Tc Parioli diventato Adriano Panatta nella ruggente estate del 1976, quella del triplete: Roma, Parigi, la Davis. […] Bevuto il caffè, scaldati i ricordi, si gioca. Ed è piacevolissimo scambiare da fondo con quel che resta dell’icona anni Settanta, per nulla scalfita dalle rughe intorno agli occhi. Batto io. Bjorn Borg. Risposta piatta: «Un matto calmo. Serissimo quando giocava, un pazzo totale fuori. Ci stiamo simpatici, senza sapere perché, da quando lo battevo al Roland Garros. Mi diverto a insultarlo: Bjorn, non sei mai stato capace… E lui ride, ride moltissimo». […] Tentativo di passante: la leggenda di sciupafemmine era vera? La volée di Adriano è un ricamo: «Ma de che?».

Vive a Treviso con la nuova compagna, però il tennis rimane il primo amore. Va ancora in campo, con adulti e bambini («Li preferisco: non sono guasti come noi»), e sarebbe disposto a mollare tutto a un cenno di Adrianino, 5 anni, primo figlio di Rubina: «Alla racchetta preferisce la mini-moto. Il suo idolo è Valentino Rossi, altro che il nonno…». Dice di non avere paura di nulla, tranne che della noia. L’unico tennista per cui è disposto a spendere qualche ora davanti alla tv è quel genio di Roger Federer, dono della Svizzera all’umanità: «Il tennis l’ha inventato il diavolo. Facci caso: è uno sport per nevrotici. Federer è, semplicemente, quello che gioca meglio di tutti. Alla mia età, sa ancora stupirmi. Mi piace che sia un bravo ragazzo, uno che quando ti incontra saluta, e mi piace la sua amicizia con Rafa Nadal». Del tennis italiano attuale parla prima malvolentieri («Finché ero direttore tecnico della Federazione sapevo, ora ho perso i contatti…»), poi non lo fermi più. «Sento un’enfasi immotivata per vittorie rare e normali. Io avevo l’esempio di Belardinelli, un maestro, e a Formia lavoravo con gente che di tennis ne capiva. Oggi vedo moltissimi bambini impostati come Nadal, uno che gioca difficile. Sbagliatissimo: ai giovani vanno insegnate le cose facili. Il nostro bagaglio tecnico non è quello degli spagnoli: è un fatto di cultura».

Se gli chiedi che fine hanno fatto coppe e trofei, strizza gli occhi, poi ride: «Non ho più niente. Roma? Persa. Parigi? Persa…». E la Coppa Davis, premesso che non l’avete mal vinta? «Mah, ho visto che Bertolucci a casa ce l’ha…». La tua? «Boh…». L’idea di diventare un uomo-vetrinetta con un salotto-museo lo fa inorridire: «Piuttosto la morte!». Wimbledon e altri rimpianti: Rifaresti tutto? «No». Sbuffa fuori fumo e qualche rimpianto. «Avrei dato più importanza a Wimbledon. L’ho sempre considerato uno scherzo: non lo è. Nel ‘79 ho perso ai quarti con Du Pré e non me lo perdono: la più grande cazzata della mia vita. Avrei potuto vincere di più, certo, però fa parte del mio essere: non potevo essere serio come Lendl, sennò mi sparavo…». […] Certi tennisti che si credono di avere inventato il mondo li prenderei a calci nel culo. Stai a giocare con una palla, in mutande. Ma te rendi conto?». Adriano, ma quando ne rinasce un altro come te? «Spero presto. Così la smettete di chiedermelo».

Leggi l’intervista completa sul Corriere della Sera

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Derby a Lorenzi, ma che battaglia contro Quinzi (Riccardo Crivelli, La gazzetta dello Sport)

I1 derby va a Lorenzi, ma la scena è di Quinzi. Sulla terra di Marrakech Paolino raggiunge i quarti, ma ha bisogno di due ore e 51 minuti per venire a capo dell’ex campione di Wimbledon juniores 2013, cui evidentemente giova l’approdo alla corte di Fabio Gorietti, che a Foligno segue anche Fabbiano e Vanni e ha appena avuto l’onore di vedere la sua scuola tennis premiata come la migliore d’Italia. Paradossalmente, nonostante i 15 anni di differenza, sarà Lorenzi a soffrire un po’ di braccino nel terzo set, facendosi rimontare da 5-1 a 5-4, prima di chiudere al quarto match point e regalarsi il ceco Vesely nei quarti odierni. Gianluigi, invece, accanto a qualche magagna tecnica (il servizio è troppo ballerino), mette però in campo un gioco finalmente aggressivo e preziose doti da lottatore. Dopo aver vinto nel turno d’avvio il suo primo match Atp in carriera, il marchigiano lunedì sarà 258 del mondo, miglior classifica di sempre. Dopo otto coach in tre anni, la più brillante stella giovanile azzurra è ancora in tempo per assecondare le speranze che lo accompagnano in pratica da sempre, e che il nuovo tecnico si è sentito di convalidare quando la settimana scorsa lo ha accolto in Umbria: «Ha fatto il percorso di crescita ma ora è arrivato il momento di modificare la qualità del gioco. Gianluigi possiede grandi capacità e crede molto in se stesso, ho cercato anche che si rendesse conto del suo grande valore, e ne è consapevole. Se ho scelto di condividere un cammino con lui è proprio perché vedo in lui grandi possibilità»

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Critiche a Federer, petizione on line: “Binaghi, dimettiti” (La Gazzetta dello Sport)

Non sono piaciute ai tifosi di Federer e al popolo della rete le parole sullo svizzero del Presidente federale Angelo Binaghi a margine della presentazione della 74^ edizione degli Internazionali d’Italia. E così è partita online la petizione per chiedere le dimissioni del numero uno del tennis italiano. Per migliaia di appassionati, Binaghi avrebbe mortificato il nome del più grande tennista di sempre sostenendo che la sua assenza dal Foro, peraltro annunciata da tempo, non avrebbe avuto importanza: «Se peserà la sua assenza? Io, anche in tempi non sospetti, ho sempre tifato Nadal — aveva detto il presidente — e d’altro canto qui a Roma Federer non ha mai vinto e credo non abbia un bel ricordo perché avrebbe dovuto vincere almeno due volte. E poi una manifestazione come la nostra è più forte del grande campione e anche quest’anno batteremo tutti i record». Parole che non sono piaciute ai tifosi dello svizzero e a centinaia di amanti del tennis, che sul sito Change.org hanno immediatamente attivato una petizione (che sarà consegnata al presidente del Coni Malagò) per chiedere le dimissioni di Binaghi. Che non ha voluto commentare. Queste alcune delle reazioni: «Non può esistere un presidente Fit che pur di vendere biglietti infanga la leggenda con un’uscita da ultrà perché Roger (giustamente) non viene a Roma», si legge in una delle tante mail, mentre un altro tifoso scrive che «un dirigente serio non può fare certe affermazioni che mettono in ridicolo il già precario settore tennistico italiano»; altri ancora parlano di «mancanza di signorilità» o più sinteticamente scrivono «giù le mani da Federer».

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