Tennis e Cinema, Ashe e Guglielmo da Baskerville: il nome della rivoluzione

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Tennis e Cinema, Ashe e Guglielmo da Baskerville: il nome della rivoluzione

Rubrica tennis e cinema: due personaggi del passato che hanno rivoluzionato il modo di pensare al tennis e alla vita: il n.1 del mondo degli anni 70, Arthur Ashe, e il protagonista del film “Il nome della rosa”, Guglielmo da Baskerville

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Prosegue il nostro cammino lungo le vie impervie della cinematografia e più ci si addentra in questo fitto bosco più si scoprono abbinamenti inimmaginabili. Oggi faremo un tuffo nel passato sia nel tennis che nella settima arte, ricordando due personaggi straordinari. Quando si parla di tennis non si può prescindere da Arthur Ashe e dall’importanza che ha rivestito nella storia di questo sport. Così come, se si parla di cinema e letteratura, non si può fare a meno di richiamare alla memoria il nome di Guglielmo da Baskerville, protagonista del film “Il nome della rosa”, ispirato al capolavoro di Umberto Eco, vincitore del premio Strega nel 1981. Se il paragone tra due tenniste e dei supereroi o quello tra un ragazzo geniale e Fabio Fognini potevano incuriosire per capire cosa avessero in comune, il confronto che vi presentiamo oggi potrebbe apparire bizzarro, se non addirittura assurdo.

Negli anni 50 in Virginia un piccolo ragazzo di colore ha il cognome di Samuel Ashe, primo governatore della Virginia, che passò il cognome a un suo schiavo, di nome Arthur, nonno di colui che oggi conosciamo con il nome di Arthur Robert Ashe. Il giovane Arthur si avvicina allo sport a Richmond, dove il padre poliziotto è il custode di un impianto riservato ai neri con quattro campi da tennis. Così Arthur comincia ad appassionarsi ad uno sport per bianchi, dove i neri avevano trovato un momento di gloria grazie ad una donna, Althea Gibson, che vinse a Wimbledon e agli US Open nel 1957 e 1958. Gli anni in cui Arthur si allena per diventare un tennista professionista sono gli anni di “I have a dream” di Martin Luther King, dell’uccisione di Malcolm X e di Rosa Parks che rifiuta di cedere a un bianco il posto sull’autobus. Mentre l’America dei neri e delle rivendicazioni sociali fa sentire la sua voce, un esile ragazzo di colore comincia a farsi strada grazie al suo talento che colpisce da subito l’occhio attento di un maestro. “Chiama a favore dell’avversario anche una palla fuori di dieci centimetri, così non passerai per il solito negro che ruba i punti”, questi i primi insegnamenti del mentore del giovane Ashe, il quale inizia a maturare sempre più uno spiccato interesse per le tematiche sociali e i diritti civili e cresce con le parole del suo istruttore: “Forse perderai qualche partita in più, ma se sei bravo alla fine lo dimostrerai”.

Parole profetiche. Arthur dimostrerà al mondo intero di essere “bravo”. Egli infatti diventerà il primo nero a raggiungere la vetta della classifica mondiale, unico tennista di colore ad aver vinto tre Slam in singolare (più due in doppio) e primo tennista nero a vincere la Coppa Davis con la nazionale USA. Ma Ashe non è solo un’icona del mondo del tennis. Battendosi per i diritti civili, ha fatto della lotta all’apartheid la sua bandiera, pagando anche di persona. Fu arrestato nel 1985 per aver partecipato a una marcia di protesta di fronte all’ambasciata sudafricana a Washington e per diversi anni non gli fu consentito di giocare gli Open di Johannesburg, torneo in cui continuò ad iscriversi finché non accettarono la sua partecipazione.

Il Principe nero credeva nello sport come mezzo di comunicazione e di trasmissione di ideali; per questo favorì la diffusione del tennis anche nei quartieri periferici e poveri delle grandi aree metropolitane americane e, nonostante l’estromissione dal torneo del Sud Africa, si recava comunque a Johannesburg nel ghetto di Soweto per seminare speranze.
Ed è proprio Arthur Ashe a scoprire Yannick Noah, tennista francese originario del Camerun, che trionferà al Roland Garros nel 1983. Il numero uno del mondo degli anni 70 ha dato un nuovo volto all’intero universo tennistico con lo stile del suo gioco e il modo di vivere lo sport. La sua figura è stata fonte di grande ispirazione per altri personaggi, a partire dallo stesso Noah che ha cercato di percorrere i passi del suo maestro. Stiamo parlando di un uomo carismatico, capace con la sua intelligenza e il suo esempio di dare concretezza agli ideali di uguaglianza e al desiderio di riscatto che tutte le persone di colore stavano cercando.

Nel 1975, il Principe nero vestito di bianco entrava nel campo centrale di Wimbledon per disputare la finale del torneo che lo vedeva opposto al suo più grande rivale, Jimmy Connors, emblema di un altro modo di vivere lo sport. Entrambi americani, si battevano per la stessa bandiera, eppure erano agli antipodi. Ashe, soprannominato il principe per i suoi modi garbati e la sua classe, la sua riservatezza e il suo fair play encomiabile, giocava un tennis elegante, l’altro invece, celebre per la sua arroganza, impertinenza e irascibilità, praticava un tennis sicuramente efficace, ma più aggressivo e rabbioso. Si contrapponevano due Americhe: quella del tennista elegante, di colore, laureato e quella del tennista arrogante, bianco, che si vantava di non aver mai letto un libro in vita sua. In quell’occasione il Principe nero ebbe la meglio sul suo avversario più temibile, scrivendo una delle pagine più belle della storia del tennis. Qualche anno dopo, Ashe fu costretto ad interrompere la propria carriera a causa di un infarto, che lo portò ad affrontare un intervento chirurgico, e una trasfusione di sangue successiva gli “regalò” l’infezione da HIV. Perfino in questo momento così difficile Arthur non smise di pensare agli altri e di lottare per una società più giusta, fondando un’associazione per aiutare le persone prive di un’assicurazione medica.

Vi state certamente chiedendo cosa c’entri tutto questo con il personaggio immaginario creato da Eco. Guglielmo da Baskerville è un frate francescano che si reca in un’abbazia benedettina accompagnato dal suo adepto Adso. Il protagonista de “Il nome della rosa”, magistralmente interpretato da Sean Connery, rappresenta l’emblema del cambiamento all’interno del pensiero ecclesiastico. Nel film si racconta che lo stesso Guglielmo era stato esiliato per aver difeso degli eretici e aveva dovuto lottare per difendere le sue ragioni, allo stesso modo del nostro elegante tennista. Così come Ashe è stato il protagonista della rivoluzione sportiva in ambito tennistico, nonché avversario dei pregiudizi, anche il frate francescano si oppone al sistema rigido e ferreo imposto dal potere temporale del 1300.

Nel film si narra che i monaci dell’abbazia nascondono un manoscritto, l’ultima copia rimasta del secondo libro della Poetica di Aristotele, che tratta della commedia e del riso. Questo libro viene taciuto, nascosto, perchè, secondo i monaci, mette in dubbio l’infallibilità della fede. Ma è proprio Guglielmo a smentire i monaci, cogliendo l’essenza del vero male: “è l’arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai insidiata dal dubbio. Così come Ashe ha colto l’essenza dello sport, che non deve dividere gli atleti, tanto meno per il colore della pelle, così frate Guglielmo ha colto la profondità dell’animo umano mettendone a nudo le debolezze e le fragilità, e questo gli ha permesso di alzare gli occhi a Dio. Il francescano ideato da Umberto Eco sposa una filosofia di vita diversa da quella degli altri monaci, basata sul dubbio per la verità e sull’importanza dei sentimenti, nella stessa misura in cui Arthur propone uno stile di gioco e un modo di essere diverso da quello offerto dal suo connazionale Jimmy Connors.

Entrambi i protagonisti sono stati di esempio per i posteri: Ashe ha ispirato molti giovani, Guglielmo è stato una guida per il suo allievo Adso, che ha sposato la causa del frate francescano, e per altri dopo di lui. Tutti e due rappresentano un punto di svolta nella storia dello sport e della vicenda narrata nel film, entrambi con il loro carisma e il loro acume intellettuale hanno rivoluzionato il modo di pensare al tennis e alla fede. Sia Arthur che Guglielmo insegnano a vivere lo sport e la vita con tutte le passioni che coinvolgono l’animo umano senza sottrarsi o porre limiti a ciò che può accadere nella vita di un atleta o di un uomo di fede.
Inoltre Arthur Ashe e Guglielmo da Baskerville hanno un altro aspetto in comune: di loro non resterà solo un mero nome, un ricordo lontano, essi porteranno sempre con sé il nome della rivoluzione.

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