Questa mattina sul Sunday Times fa capolino un articolo firmato da Rod Hiddle in cui Martina Navratilova e la sua forte richiesta di togliere il nome della Margaret Court Arena alla 24 volte vincitrice Slam vengono fatte a pezzi. Liddle accosta alla Navratilova anche Andy Murray, che ha paventato la possibilità che alcuni giocatori e giocatrici potrebbero boicottare l’Australian Open se l’Arena manterrà quel nome. A quel punto arrivano gli strali anti-liberal: “Incidentalmente, se qualcuno volesse vedere un grande esempio di bigottismo autoritario e arrogante non gli resta che spulciare il profilo Twitter della Navratilova. Chiunque dissente da lei viene sistematicamente bannato. Anche le persone che si limitano a consigliarle di parlare solo di questioni legate al tennis vengono bloccate e da lei messe alla gogna, piena di quel moralismo e di quella sicurezza di avere ragione su ogni cosa che solo i liberali hanno. È chiaro che gli australiani dovrebbero dire a Martina e Andy di non rompere.
A questo punto l’autore entra nel merito, difendendo a spada tratta la libertà di espressione e scindendo i meriti sportivi dalle opinioni o i comportamenti fuori dal campo (dai toni dell’autore, risulta evidente la sua avversione verso il pensiero politicamente corretto): “La Court è stata onorata per la grandezza che ha avuto come tennista, non per il suo conservatorismo sociale. Le sue posizioni sul mondo LGBT sono irrilevanti per moltissime persone. È assurdo asserire che dovremmo onorare gli sportivi solo se rispettano il programma socio-politico stilato in anticipo da Martina Navratilova. Solo un idiota considererebbe la Court un modello per quanto concerne ciò che è al di fuori dei loro confini sportivi. Io sono un grande ammiratore di George Best e Paul Gascoigne, ma l’enorme rispetto che ho verso le loro doti calcistiche non porta a pensare che sarebbe una buona idea essere ubriaco alle 10 di mattina. Solo la sinistra liberale lo pensa. Ritengo anche che la prima vittima della gestapo liberale sia stato Glenn Hoddle, che da ct della Nazionale inglese ha avuto l’infelice idea di dire a un giornalista che le persone disabili stanno pagando per i peccati commessi in una vita precedente. Un’idea demenziale, ma senza alcuna attinenza con il suo ruolo di selezionatore e manager. Non avrebbe dovuto essere cacciato. È ora di smetterla di perseguitare le persone che non la pensano come noi”.
La conclusione finale è meno accesa nei toni ma forse ancora più efficace: “C’è un piccolo angolo verde in fondo al mio giardino di casa dove in famiglia giochiamo a diversi sport. Ho deciso che lo chiamerò Margaret Court Arena. Martina e Andy sono i benvenuti se vogliono venire a giocare a tennis e non conteranno nulla se diranno qualcosa di idiota”.
Al di là dei toni particolarmente accesi del pezzo del Sunday Times, rimane il fatto che il dibattito è decisamente aperto, non tanto sulle idee della Court (quantomeno discutibili) quanto sull’opportunità di togliere il suo nome all’Arena di Melbourne e più in generale su fino a che punto possa estendersi la libertà di espressione di personaggi pubblici. Comunque la si pensi, non è così dominante il pensiero allineato alle posizioni di Martina Navratilova.