Il vero record di Roger Federer sono i suoi 200 passaporti. I suoi stop? Acqua fresca

Editoriali del Direttore

Il vero record di Roger Federer sono i suoi 200 passaporti. I suoi stop? Acqua fresca

Rafa Nadal, Andy Murray, Novak Djokovic non potrebbero permetterseli. L’Eroe più universalmente amato per la fiaba più bella

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E’ dai tempi in cui nacquero le Olimpiadi, nell’antica Grecia, che lo sport ama celebrare i suoi eroi. Migliaia di anni dopo le cose non sono cambiate. Migliaia di anni dopo c’è uno sport, il tennis, che nel suo tempio più prestigioso, Wimbledon, vuole celebrare l’eroe universalmente più amato.

Roger Federer.

E’ successo. Per l’ottava volta. Che magnifica fiaba.

Certo, Roger Federer…e chi se non lui? Ci sono anche altri campioni della racchetta molto celebrati e amati quasi ovunque, Rafa Nadal, Novak Djokovic, Andy Murray, i Fab Four insomma, ma Federer sembra l’unico davvero capace di guadagnarsi (quasi) unanimemente anche il rispetto dei tifosi dei suoi rivali. Di certo tutti quelli più sportivi. A volte mi domando se Roger (oltre alle lauree honoris causa che vorrebbe offrirgli l’Università di Milano, e chissà quante altre) non abbia avuto anche il passaporto onorario dei 196 Paesi del mondo ritenuti sovrani. Dovunque giochi, qualunque avversario abbia, il tifo è quasi sempre tutto per lui. C’è forse qualche altro sport in cui questo accade? Forse un tantino per le Ferrari in giro per il mondo, ma un singolo atleta che raccolga così unanime supporto…beh, non mi viene proprio in mente.

Le imprese di cui è stato capace in questo straordinario, miracoloso, incredibile 2017 (lo ha definito così lui stesso) non erano onestamente prevedibili. Soprattutto a gennaio dopo i sei mesi di stop. Roger era testa di serie n.17 a Melbourne, nemmeno una delle prime 16 dopo una quindicina d’anni! Ma anche 10 settimane di break fra Indian Wells e Stoccarda non erano così poche. Rafa Nadal, lo ha detto lui stesso, non sarebbe in grado di non giocare gare per 10 settimane e poi tornare a giocar bene come se nulla fosse.

Roger avrebbe sbagliato se avesse deciso di giocare al Roland Garros il solo torneo sulla terra battuta – l’ho sempre scritto e ero convinto che alla fine se non avesse giocato prima Madrid non avrebbe giocato neppure a Parigi. Ha vinto 5 tornei su 7, nei due che ha perso (con Donskoy a Dubai, con Haas a Stoccarda) ha avuto il matchpoint. Ha trionfato in due Slam su due, in 2 Masters 1000 su due, ha vinto per la nona volta Halle. Che poteva e doveva fare di più?
Ah sì, poteva vincere per la prima volta il torneo di Wimbledon senza perdere un set. 41 anni dopo un certo Bjorn Borg. Non doveva essere così facile allora!

Dobbiamo ringraziarlo, ancora una volta, o se preferite otto volte, o anche 19 volte, perché grazie a lui in particolare questa volta abbiamo modo di celebrare un torneo che merita di essere considerato storico (“Fare storia qui significa davvero molto per me, Wimbledon è sempre stato il mio torneo preferito, i miei eroi hanno camminato su questi prati…grazie a loro sono diventato un giocatore migliore”) per il resto ha detto pochino, ha mostrato solo un gran match maschile (Muller-Nadal), un match femminile e mezzo (Muguruza-Kerber più il primo set di Muguruza-Venus) e alimentato i dubbi sulla condizione psicofisica di Nole Djokovic e su quella fisica di Andy Murray. E, tanto per non farsi mancare nulla anche di Juan Martin del Potro che contro Ernests Gulbis è stato l’ombra di quello che avevo ammirato lo scorso anno nella finale di Davis e alle Olimpiadi…il rovescio a due mani ancora non c’è. Nessuna delle altre tenniste ha lasciato una traccia memorabile, al di fuori delle due finaliste e dell’ancor giovane Ostapenko. La crisi di un tennis orfano di Serena c’è e si sente, anche se proprio Garbine, a dispetto del fatto che quest’anno non avesse vinto neppure un torneo e che in tutta la sua carriera ne abbia vinti solo quattro (due Slam però…almeno sa scegliere), potrebbe in avvenire dimostrarsi un’importante protagonista.

Garbine Muguruza a 23 anni ha già vinto 2 Slam. Se Federer, ballando con lei e…mostrando anche lì tutta la sua eleganza (come Garbine desiderava scoprire), le spiegasse come si fa ad essere ancora supercompetitivi a 36 anni e 342 giorni – il più anziano campione di Wimbledon dell’era Open e di ogni Slam dacchè Rosewall vinse l’Australian Open nel ‘72 – Muguruza avrebbe davanti a sé tanto tempo per stabilire qualche record interessante.

Roger ha vinto i suoi Wimbledon a 21 anni, 22, 23, 24, 25, 27, 30 e 35. Muguruza (1993), Kvitova (1990) e Ostapenko (1997) mi sembrano le tenniste con più chances di arricchire sostanzioalmente il libro dei record. Inciso: spero che Petra Kvitova si riprenda presto.

La cosa più incredibile per Federer e tutti noi è che Roger, favorito n.1 a questo punto anche per il prossimo US Open, sembra avere una chance realistica di raggiungere i 20 Slam nel 2017. E anche di tornare n.1 del mondo. Oggi è n.3, ma nella Race è n.2 a 550 punti da Nadal, altro “Lazzaro” resuscitato dell’anno. Che i due più grandi rivali del terzo Millennio si trovino ad aver vinto tutti e tre gli Slam di quest’anno non era francamente ipotizzabile dopo un 2016 in cui il primo semestre era stato dominato da Nole Djokovic e il secondo semestre da Andy Murray.

E’ vero che Marin Cilic è stato indubbiamente sfortunato, il suo problema al piede, una vescica sanguinolenta, era reale. Ed è vero che il croato poteva essere un avversario pericoloso, più di chiunque altro. Se si pensa che il più ostico si è rivelato Berdych, l’unico ad aver costretto Roger a due tiebreak (Raonic, Mischa Zverev e Lajovic lo hanno portato a un solo tiebreak)…beh non si può comunque dire che questo Wimbledon – anche su un centre court che dopo i 5 set di doppio maschile sabato pareva ridotto come un campo di rugby – sia stato una passeggiata di salute per Roger… però quasi.
Si parla sempre della pressione che “monta” sulle spalle dei giocatori, soprattutto quelli favoriti. Nessuno ne aveva più di Roger Federer in questo torneo, soprattutto dopo che Nadal, chiaramente il più in forma dei suoi tradizionali rivali, era uscito di scena.

Per Roger è stato come trangugiare un bicchier d’acqua. Era sempre sereno, tranquillo. Bisogna secondo me dar atto di tutto ciò, anche a sua moglie Mirka. Proprio come fa lui. E non solo per non fargli pesare i viaggi, i bisogni e le attenzioni di una numerosa famiglia, i quattro figli che abbiamo visto sedere a cavalcioni sulla balaustra della players-guest tribune, i genitori Federer (con i cappellini rigorosamente bianchi con il logo RF), Luthi, Ljubicic (grande e davvero bravo Ivan ad averlo convinto a tirare più rovesci in topspin che slice!), il fisio, insomma un esercito di persone alloggiate in due mega-appartamenti. “Silenzio, chiudi la porta che papà dorme e ha bisogno di riposare” è stata una delle rare confidenze che Roger ha concesso della sua vita a Wimbledon dove anche al cuoco (di cui non si vorrebbe far sapere neppure la nazionalità, ma non mi dite che è svizzero!) era chiesta la massima discrezione sulle abitudini della famiglia. Da sempre dichiarato vorace consumatore di pasta Roger avrà ricevuto fusilli, penne e rigatoni dalla Barilla che lo ha recentemente voluto come testimonial (a suo tempo lo era stato anche il suo ex coach Stefan Edberg, ieri prima nel Royal Box con Annette e poi nel club ad abbracciarlo affettuosamente)? Non credo che lo sapremo, ma una notizia intima e “privata” l’ho scovata per certo: il bagnetto a bambini e bambine l’hanno fatto solo le due baby-sitter e mamma Mirka.

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