La doppia vita di Federer: "Vivo con due o tre orologi diversi"

Interviste

La doppia vita di Federer: “Vivo con due o tre orologi diversi”

Roger Federer parla di come si conciliano la vita da tennista e quella da (quadruplo) genitore. Sul futuro: “Giocherò Slam solo fin quando potrò vincerli”

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Qui l’intervista originale.

Nessun altro giocatore sul circuito ATP fa il giro del mondo con un team di quindici elementi. Come si fa a mantenere la concentrazione, circondato da così tante persone?
A Wimbledon, per esempio, abbiamo affittato alcune case per i miei allenatori, i genitori, gli amici, il mio manager. Per quanto riguarda la mia famiglia, dorme tutta sotto lo stesso tetto.

Durante le competizioni dormi solo?
No, con mia moglie. Certe volte può capitare che dormiamo con due dei quattro bambini in camera.

E se la notte prima di una partita uno di loro non vuole chiudere occhio perché sta male?
Non è niente di grave, sono cose che succedono. Abbiamo dormito in sei insieme per un intero torneo.

Come funziona la cura di quattro bambini durante un torneo?
L’organizzazione è essenziale ed è soprattutto mia moglie che comanda. Ora abbiamo esperienza, sappiamo cosa dobbiamo fare con i bambini. Prima era tutto nuovo e sprecavamo un sacco di energie per via dello stress.

Sei in grado di gestire le tue competizioni mente pensi a quale bambino deve prendere le gocce e a che ora?
In realtà vivo con due o tre orologi diversi. Uno è per il mio programma, poi le ragazze e poi i ragazzi. E Mirka mi dà una mano quando è necessario. In aggiunta, le ragazze stanno studiando a casa, ma i bambini passano il giorno fuori e sono tutto il tempo su e giù a giocare. Mirka è come il quarterback della squadra. E i miei allenatori, fisioterapisti e preparatori danno anche una mano in caso di necessità.

Avere intorno così tante persone non ti fa perdere la calma?
Al contrario. Siamo tutti buoni amici, è molto divertente. Mirka ed io abbiamo avuto chiaro fin dall’inizio che nessuno di noi due voleva viaggiare da solo. E quando lei era rimasta sola in casa non c’è piaciuto. In un primo momento, quando lei stava ancora giocando, non ci siamo visti per un mese e ci siamo resi conto che semplicemente non ci piace stare senza l’altro, volevamo evitare che capitasse ancora. Ci piace stare insieme, importante per lei e per me.

Tanti viaggi non stressano i bambini?
Alle ragazze piace molto. Vogliono sempre venire.

Naturalmente, meglio viaggiare che andare a scuola.
Alcune volte le abbiamo portate anche in una scuola, in modo da far capire loro come comportarsi in una classe con gli insegnanti.

Quale ruolo svolgi nella loro cura e nell’educazione?
Con le ragazze ho fatto un sacco di cose: cambiare i pannolini, fare il bagno, aiutarle durante la notte. Ma con i ragazzi non ho potuto, mi portavano via troppa energia. Ad esempio, tra il 2010 e il 2011, quando le ragazze avevano uno e due anni, io non ho alcun ricordo legato al tennis, ma solo con loro.

Gli psicologi dicono che è necessario un equilibrio tra vita personale e lavoro.
Sì, lo so, ma non sono stato capace di tenerlo, non avevo altra scelta. Ora preferisco uscire con loro, andare in giro a piedi, vedere musei, fare grigliate.

In casa Federer, la gerarchia è verticale o orizzontale?
È importante che i bambini imparino ad essere educati. Devono saper rispettare gli altri bambini e gli adulti. Sanno come comportarsi, ma comunque devono rimanere bambini finché possono. Non dovrebbero spendere troppo tempo in situazioni serie, come a scuola, al lavoro. Si è adulti per un lungo periodo di tempo. I miei figli devono godersi la vita.

Lei è uno degli atleti più popolari del mondo. Sia che giochi a Melbourne o negli Stati Uniti, la gente vuole vederti vincere. Come spiega questa cosa?
Per me è troppo difficile da capire, nemmeno so quanto popolare io sia in verità.

Una delle ragioni del suo successo è forse il fatto che non ha nascosto la sua vulnerabilità in campo. Questo crea un legame con l’osservatore.
È vero, ho pianto sia dopo aver perso sia dopo aver vinto delle partite. La gente mi crede quando dico che io amo il tennis. Con il senno di poi, mi fa piacere aver mostrato tutte quelle emozioni. Io so come mi sono sentito quando ho pianto sul campo centrale del Roland Garros nel 2009, anche se allo stesso tempo l’ho trovato imbarazzante.

La maggior parte dei giocatori si lamentano che, dopo dieci anni sul circuito, sono esausti dal viaggio. Tu, però, sembri continuare a goderne dopo 19 anni.
È vero, mi piace ogni città che visito, ogni torneo. E nel tennis c’è una cosa importante: il gioco cambia in continuazione, quindi mi diverto ad ogni punto. Lavorare con la geometria del campo non si esaurisce mai. Ogni palla è diversa e quindi si deve giocare sempre in maniera diversa.

Quindi la cosa importante è il gioco, piuttosto che la sconfitta o la vittoria.
La vittoria e la sconfitta sono la ragione per cui sono qui.

Riesci a immaginare di andare a un torneo del Grande Slam senza la prospettiva di poter vincere?
No, non credo. Continuerò a giocare, però lo faro in un tennis club in Svizzera o qualche partita di beneficenza qua e là.

Molti credevano che fosse giunto il momento quando ha compiuto 30 anni.
No, è stato quando ho vinto il Roland Garros nel 2009 e avevo 28 anni.

Poi, Novak Djokovic è diventato il dominatore. L’anno scorso, quando ti sei sottoposto a un intervento chirurgico al ginocchio e hai detto addio a metà stagione, molti l’hanno visto come l’inizio della fine. Avevi 34 anni. Nessun giocatore era tornato in cima a quell’età. Che cosa ti ha fatto credere che ci saresti riuscito?
Per essere onesti, anche io non so come ci sono riuscito. È stata una grande sorpresa per me vincere l’Australian Open a gennaio. Quando ho smesso per sei mesi dopo 17 anni di gioco, mi sono chiesto: “Davvero devo farlo?“. Ma poi mi sono detto: “Dopo 20 anni, mi posso permettere un po’ di pausa, e il mio corpo la merita“.

Ora gioca con più libertà?
Sì. Ho zero aspettative e credo che si veda.

La competizione in generale sembra diversa rispetto a dieci anni fa?
Assolutamente e mi piace di più rispetto al passato. Prima era: ‘andiamo, rapido, tappeto rosso, un altro torneo, fare la valigia, un altro torneo, andiamo, si cambia superficie…” Tutto andava via molto veloce.

Il suo grande rivale, Nadal , nonostante la sua precoce uscita a Wimbledon, ha ritrovato fiducia. Pensi di doverti preoccupare?
Assolutamente, Nadal è tornato a dimostrare che, quando si ha un obiettivo, è possibile ottenerlo.

Quali sono i tuoi principali obiettivi al momento?
Vincere il maggior numero di tornei possibile.

E quando un giorno questo finirà, che cosa farai?
Tanta Svizzera e tanta famiglia. Vorrei continuare nel mondo del tennis. Concentrarmi sulla mia fondazione per i bambini. Nel mese di aprile abbiamo guadagnato 3,8 milioni di franchi svizzeri grazie alle partite di beneficenza.

Infine: cosa vorresti che fosse la tua eredità, per cosa vorresti essere ricordato?
Ho sempre preso molto sul serio il fatto di essere un idolo per i bambini. Credo di aver dimostrato che il successo non deve cambiarti troppo.

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