Una Davis senza i fenomeni storia di un fascino perduto (Clerici). La Francia è uscita dalla crisi. Col Belgio cerca la Davis n. 10 (Crivelli)

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Una Davis senza i fenomeni storia di un fascino perduto (Clerici). La Francia è uscita dalla crisi. Col Belgio cerca la Davis n. 10 (Crivelli)

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Una Davis senza i fenomeni storia di un fascino perduto (Gianni Clerici, La Repubblica)

Non so quanti giovani lettori della Nuova Repubblica rimangano a leggere i miei francobolli sul Tennis. Ai miei tempi la Davis interessava tutti i lettori e giocatori tanto che, per un giovane, due erano i miraggi: giocare Wimbledon e la Davis. Riuscii a farmi eliminare per due volte al primo turno a Wimbledon e fui squalificato da tale Barbato, presidente della C.T. dopo la selezione di un giorno da parte degli altri membri della Commissione per disputare il doppio contro la debolissima Olanda, insieme al mio partner Orlando Sirola. Guadagnai la squalifica grazie a un articolo ritenuto offensivo per la Federazione. Ancora mi brucia. Nel corso delle mie peregrinazioni giunsi ad assistere tuttavia a più di 200 match, e sto ammirando un albo di foto donatomi da Richard, il giorno che lo visitai a Boston nella sua casa presso il Club di Chestnut Hill. Richard era il figlio di Dwight, il donatore della Coppa, con l’intento iniziale di rendere più frequenti i rapporti tra la Costa Orientale e Occidentale degli Usa. Intento talmente ben riuscito che si ampliò poi sino alla Gran Bretagna e, nel 1904, vide addirittura l’ingresso di 3 paesi europei: l’Austria e, guarda caso, le due finaliste di quest’anno, Francia e Belgio. Purtroppo la Davis rischia, se non proprio di scomparire, di mutare, così come aveva intuito un altro mio partner di doppio, Philippe Chatrier, poi buon giornalista e Presidente della Federazione Internazionale. Quest’anno, dei Primi Dieci del Mondo 2016, l’hanno disputata soltanto in 3: Djokovic, Cilic, Thiem (ciascuno un solo match). L’hanno evitata in 8: Murray, Raonic, Wawrinka, Federer, Nishikori, Monfils, Nadal e Berdych (come mi conferma Ubitennis.it) perché quei ricchissimi tennisti non possono più permettersi di dedicare 4 settimane alla Patria, che spesso li ha aiutati nella loro affermazione. La Coppa va così verso una finale multipla di una settimana, forse addirittura verso un nuovo punteggio decurtato, speriamo ai 3 set e non addirittura ai 4 games. Delle due squadre in finale, la Francia, grazie ai Moschettieri degli Anni 1927-32, e all’ultima vittoria dei 2001, è seconda nella classifica mondiale, mentre il Belgio – nonostante abbia raggiunto la finale del 2015 – e con un Goffin capace di 15 vittorie su 16 negli ultimi singolari, appare quarto. Anche il suo secondo singolarista attuale, Steve Darcis, ha un ottimo record, 22 vittorie e 9 sconfitte e, a conferma della sua qualità di Davisman, in assenza di Goffin ha quest’anno battuto Kohlschreiber e l’altro tedesco Sascha Zverev in 5 set. Dovendo scommettere, io punterei sui francesi, che possono, nonostante il Falco non consenta più furti casalinghi, contare sulla maggioranza dei 27.500 spettatori di Lille. Importanza determinante avrà, come spessissimo in Davis, il doppio, che vedrà per i francesi Herbert e Mahut contro Bemelmans e De Greev, a meno che il capitano belga Van Herck non decida all’ultimo momento per il finalista del Masters Goffin e l’affidabile Darcis. Per finire, non è secondaria la presenza sulla panchina di Yannick Noah, l’ultimo francese a vincere il Roland Garros, e l’uomo più noto e amato, secondo una classifica di Paris Match, della Francia intera. Sebbene, in una vecchia intervista televisiva, l’amico Yannick mi avesse confessato: «Quando vinco sono francese, quando perdo sono nero». Propendo per francese, questa volta.

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Col Belgio cerca la Davis n. 10 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Crisi. Due mesi fa, era la parola più pronunciata in Francia quando si parlava di tennis. Per un paese che ospita il Roland Garros, un Masters 1000 e altri cinque tornei, il pericolo di chiudere la stagione senza un giocatore tra i primi 15 al mondo tra gli uomini dopo 12 anni rappresentava uno smacco rivoluzionario. La grandeur, infatti, impone le vittorie negli Slam, e qui siamo fermi al Noah parigino del 1983. Senza alcuna concessione alla scaramanzia, per la sfida con il Belgio all’inseguimento della decima Coppa Davis ha scelto lo stadio Pierre Mauroy di Lilla, già sede dell’epilogo del 2014 perso contro la Svizzera e nonostante la relativa vicinanza ai confini avversari. Solo che per l’occasione, anziché la terra come allora (e come la semifinale vittoriosa contro gli inglesi), la scelta è caduta sul veloce indoor, per disinnescare la ragnatela di David Goffin. Alla fine, grazie a un mese di ottobre spumeggiante con la vittoria ad Anversa e la finale a Vienna, Jo-Wilfred Tsonga è riuscito a sfatare la maledizione del 15, approdando proprio a quel posto in classifica, ed è a lui che Noah si affida per diventare il quarto della storia a vincere tre Davis da capitano dopo Fraser (Australia), Olsson (Svezia) e Pilic (Germania e Croazia): «Siamo qui per questo — afferma Yannick — e sentiamo la pressione positiva di avere tutta una nazione che spinge dietro di noi». L’altro singolarista è Pouille (18 Atp), talentuoso ma al momento un po’ scostante, mentre in doppio carte sparigliate con Gasquet insieme a Herbert ed esclusione di Mahut, una sorpresa per quello che sembrava l’unico punto già acquisito dai francesi ancor prima di giocare. Perché il Belgio, come dimostra la finale giocata e persa in casa due anni fa contro la Gran Bretagna, in Davis ha un rendimento solidissimo grazie a uno spirito di squadra che ad esempio rende il non eccelso Darcis un leone da competizione, con 22 vittorie e 9 sconfitte in singolare e lo scalpo, tra gli altri, di Sascha Zverev al primo turno. La squadra di capitan Van Herck, nei quarti vincitrice sull’Italia, ruota però, come prevedibile, sulla forza di Goffin, 15 vittorie negli ultimi 16 singolari (sconfitto solo da Murray), uscito ingigantito ma forse stanco dalle Finals: «Non siamo favoriti però non abbiamo nulla da perdere, sarebbe meraviglioso per tutto il Paese tornare a casa con il trofeo».

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