La lotta contro le scommesse costa cara a Wimbledon (e non solo)

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La lotta contro le scommesse costa cara a Wimbledon (e non solo)

L’inchiesta sulle scommesse illegali va avanti da due anni e il costo per sostenerla si fa sempre più elevato. Sale la frustrazione in attesa dei risultati che tardano ad arrivare

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Il fenomeno del match-fixing (partita combinata) è purtroppo molto diffuso nel mondo del tennis, combatterlo è a dir poco costoso e richiede anche una grande quantità di tempo. Lo sanno bene i quattro tornei dello Slam, e in particolare gli organizzatori di Wimbledon, che dovranno sborsare ancora 1 milione di sterline per finanziare l’inchiesta che va avanti ormai da due anni – come riportato dal DailyMail – e che al momento non ha ancora pubblicato risultati. Il conto totale da pagare si aggira intorno ai 10 milioni e ciò e dovuto ai continui ritardi e al protrarsi delle ricerche. La necessità di formare un gruppo di persone a cui affidare il compito di fare luce sul match-fixing, è nata all’inizio del 2016 quando la BBC denunciò la presenza di partite truccate durante alcuni eventi Slam. I quattro tornei principali, insieme all’ATP, alla WTA e alla ITF decisero quindi, mettendo da parte per una volta i dissidi interni, di affidarsi a degli esterne per far luce sul problema. A capo del gruppo fu piazzato Adam Lewis, un avvocato inglese che insieme ad altri colleghi già da tempo si occupava di gioco d’azzardo.

Dopo due anni di lavoro però non sono ancora state rese pubbliche le scoperte e il continuo ritardo è dovuto ad un fenomeno chiamato “Maxwellisation”. Con questo termine si indica la pratica legale che consiste nel dare la possibilità di difendersi alle persone accusate di crimini, prima ancora che le accuse vengano rese pubbliche. La pubblicazione del dossier sarebbe dovuta inizialmente avvenire in estate, per essere poi ritardata a dicembre; molte persone coinvolte sospettano però che quanto scoperto non vedrà la luce prima del 2018. Se la pubblicazione dovesse avvenire in gennaio, accadrebbe qualcosa di simile a quanto successo due anni fa: il rilascio di notizie legate al gioco d’azzardo in concomitanza con l’Australian Open.

La frustrazione da parte dei tornei del Grande Slam negli ultimi mesi non ha fatto altro che crescere, e questo è dovuto ad alcune informazioni (tutte già ampiamente note) trapelate dalla ricerca effettuata: il fenomeno delle partite combinate è una prerogativa dei circuiti minori, Challenger e Futures in primis, ed è ben lontano da eventi di maggior interesse pubblico che coinvolgono tennisti presenti nella top 100. Un possibile escamotage per arginare il fenomeno potrebbe essere quello di ridurre il numero dei giocatori professionisti a 750 a partire dal 2019, come approvato dalla ITF nel primi mesi del 2017, ma per vedere gli effetti bisognerà aspettare ancora qualche anno. Le scommesse illegali comunque non sono il solo male ad affliggere il tennis e a contendersi il primato c’è anche il doping. Una delle principali differenze tra i due fenomeni sta però nei finanziamenti messi a disposizione per combattere queste pratiche; alla lotta contro il doping infatti al momento sono destinati solo 3 milioni di sterline all’anno.

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