Spunti tecnici, cose belle del 2017: Indian Wells, il paradiso del tennis

(S)punti Tecnici

Spunti tecnici, cose belle del 2017: Indian Wells, il paradiso del tennis

Filmati originali ed esclusivi in super slow motion. Dal giardino nel deserto della Coachella Valley, Sock, Berdych, Keys e Zimonjic. Dettagli tecnici interessanti, tennis di altissimo livello da ammirare

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C’è un motivo, se il mondo si divide in chi c’è o c’è stato (e la adora), e chi purtroppo si deve limitare a sognarla (scrivendoci anche iconiche canzoni). La California, senza mezzi termini, è probabilmente uno dei posti più belli di questo pianeta. Clima favoloso, natura di ogni genere, dalle montagne innevate con i ghiacciai perenni alle spiagge con i surfisti, le palme e i tramonti, e tutto quello che sta in mezzo a questi estremi. Parchi e città, scogliere e foreste, come dicono da quelle parti “you name it“, qualsiasi cosa ti intrighi, la puoi trovare, al massimo livello.

Per quanto riguarda noi, si sa, l’interesse è il tennis, e come volevasi dimostrare, poco a nord di Los Angeles, nella Coachella Valley famosa per i festival di musica e i concerti, ecco quello che in base alla mia esperienza (ormai piuttosto corposa) è l’impianto migliore del mondo dedicato al nostro sport. Solo l’altrettanto splendido Melbourne Park, sede degli Australian Open, può a mio avviso rivaleggiare con l’Indian Wells Tennis Garden, che però ha più campi, ben 29. E un clima più gradevole ancora, caldo secco con poco vento.
Ovviamente, durante l’edizione di quest’anno, i “training courts” californiani sono stati la mia frequentazione prediletta. Andiamo a rivedere insieme qualche bel filmato, ricavato da sequenze a 60 f.p.s. (frames per secondo), in super slow motion quindi, che ho potuto realizzare in marzo, e che non era stato utilizzato per la pubblicazione. Come sempre quando possibile (o meglio, quando si è sul posto di persona), il materiale è tutto originale ed esclusivo.

Qui sopra, uno dei colpitori più puliti e perfetti tecnicamente degli ultimi 15 anni, degno rappresentante della grandissima tradizione della scuola tennis della Repubblica Ceca (e dell’ex Cecoslovacchia, se è per quello), Tomas Berdych. Vediamo un dritto impattato di fianco, con ottimo appoggio del piede sinistro e rotazione busto-spalle, e due rovesci, con esemplare azione dei polsi e proiezione in avanti del peso. Che bei fondamentali.

Qui sopra, la finalista dell’ultimo US Open, Madison Keys, una di quelle che tira più forte di tutte tra le ragazze, raggiungendo spesso velocità superiori a Serena Williams, per esempio. “Maddy” ci mostra un dritto inside out tirato in semi-open stance, da ammirare il passo di aggiustamento e la successiva spinta dei piedi, uno slice di rovescio, che è un bell’esempio di come vada correttamente accompagnato in orizzontale-laterale il finale del colpo, e altri due rovesci in spinta. L’ultimo, piuttosto basso, è notevole per come la giocatrice gestisce la flessione delle ginocchia, che vanno a ruotare usando gli avampiedi come perni, la dinamica dell’esecuzione è splendida.

Qui sopra, ritroviamo uno dei “mattatori” dell’ultima parte di stagione, che a Indian Wells raggiunse la semifinale (battuto da Roger Federer), e che avevo avuto poi modo di importunare a Parigi all’inizio di novembre per analizzare il suo gran drittone in top-spin. Qui vediamo l’esecuzione di Jack impegnato in un allungo laterale, e possiamo capire bene l’incredibile azione del polso e dell’avambraccio dello statunitense nella fase di caricamento del colpo. Confermo quello che scrissi dal training court 3 di Bercy, questo dritto è un vero e proprio lancio da baseball, solo sviluppato in orizzontale invece che verticale, come quando si scagliano i sassi di piatto per farli rimbalzare sull’acqua. Piccolo particolare, lui lo fa con una Babolat da 3 etti e mezzo più piombo in testa al fusto, non solo con la mano. Che roba, e che fiondate che gli partono.

Qui sopra, per concludere questo mini-viaggetto invernale nei ricordi del tennis di questa primavera, un piccolo omaggio a uno dei giocatori più classici come impostazione dei colpi, il grande doppista serbo Nenad Zimonjic. Un tipo che comunque è stato capace di battere Andre Agassi in singolare, a St.Polten nel 2004, quando Andre era numero 6 del mondo, oltre che trascinare da specialista del doppio e anche da capitano-giocatore la squadra di Coppa Davis del suo paese a tante vittorie. Nenad ha compiuto 41 anni a giugno, ma vederlo da due metri è sempre uno spettacolo. Fondamentali portati come un maestro di tennis, perfetti. È interessante il dettaglio che Zimonjic, in posizione di attesa, impugna continental, ovvero “a martello”. Possiamo di conseguenza notare i precisi e leggeri cambi di “grip” del serbo negli istanti in cui passa a impostare il dritto e il rovescio, mentre nell’ultimo recupero, uno slice basso, la presa rimane fissa. Da manuale i piegamenti delle gambe, i passi di aggiustamento, la scioltezza degli impatti anche in controbalzo, il controllo dei finali. Tecnica di “vecchia scuola”, raffinatissima e precisa.


Alla fine della premiazione di Roger Federer, questo era quello che l’imprescindibile collega Vanni Gibertini ed io vedevamo dalla tribuna stampa. Finiti i festeggiamenti, consegnati i trofei, rimangono solo i coriandoli su un campo vuoto. E un po’ di nostalgia, rivedendo tutte queste immagini, mitigata solo dal fatto che fra due mesi e mezzo saremo di nuovo lì, in questo strano e magnifico paradiso del tennis costruito come un’oasi nel deserto. A presto, Indian Wells.

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