Seppi d'acciaio: maratona per gli ottavi (Baldissera). Seppi il maratoneta. Un trionfo prolungato, è il marchio di Andreas (Crivelli). Campione di umiltà migliorato con il lavoro (Bertolucci). Seppi meglio dell'orco. Kyrgios si è ritrovato e Tsonga ne fa le spese (Azzolini)

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Seppi d’acciaio: maratona per gli ottavi (Baldissera). Seppi il maratoneta. Un trionfo prolungato, è il marchio di Andreas (Crivelli). Campione di umiltà migliorato con il lavoro (Bertolucci). Seppi meglio dell’orco. Kyrgios si è ritrovato e Tsonga ne fa le spese (Azzolini)

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Seppi il maratoneta. Un trionfo prolungato, è il marchio di Andreas (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Cambia il mondo ma lui no: non ci può essere Slam senza il re delle maratone. Elmetto in testa, quando occorre buttarsi in trincea e dare battaglia su ogni punto Andreas Seppi risponde all’appello come un indomito soldatino incurante della fatica e del sudore, anzi esaltato dagli spasimi della lotta. Accade fin dal 2004, quando gioco per la prima volta cinque set in Coppa Davis contro il georgiano Labadze: da allora, ne sono seguite altre 36, con 22 vittorie segnate sulla tacca. RISPOSTA Solo che stavolta, dall’altra parte, c’è uno che tira sassate vere, e quando ti ritrovi contro un avversario che mette per terra 52 ace, 19 nel quinto set in 8 turni di battuta (significa partire da 30-0 e spicci a ogni game), servono braccio bionico per rispondere, colpo d’occhio per intuire e lucidità mentale per non lasciarsi scappare la più piccola breccia durante la grandinata. Diavolo di un Karlovic, frollato all’inizio dai 42 gradi della Hisense Arena (non ci sono i 32.5 della media richiesta di tutti i parametri, per cui non si sospende) ma tornato vampiro non appena il sole cala e la brezza placa finalmente il calore dell’estate australiana. Due set pari, ma Andreas può giocarsi l’atout di servire per primo nel parziale decisivo, lasciando il gigante croato con la pressione di dover inseguire. E’ qui che Seppio si conferma guerriero di razza, non concedendo nulla e salendo di livello quando i turni di battuta dell’altro cominciano a scottare: scavalla senza patemi un match point non sfruttato sul 6-5 e finalmente, nel 16 game e dopo tre ore e 51 minuti (e 82 vincenti), prima risponde, poi passa, poi risponde ancora e infine alza le braccia al cielo per un’altra lunga corsa trionfale. Esultanza più che meritata: «Karlovic sembrava più stanco all’inizio che alla fine, nel terzo set ho pensato che si ritirasse. Poi ha cominciato a servire molto meglio, io ho perso il terzo e il quarto set ma sono rimasto lì a lottare. Sapevo di non potermi mai distrarre ai miei turni di battuta e che dovevo giocare buoni game in risposta». PROTAGONISTA Australia, oh cara: quarta volta agli ottavi. E all’orizzonte un avversario, Kyle Edmund, numero 49 Atp (Andreas è 76), picchiatore e in crescita, ma certamente non fuori dal mirino: «Spinge forte sulla palla — spiega l’azzurro — soprattutto di diritto. Dovrò farlo muovere, spostarlo il più possibile e provare ad essere aggressivo alla risposta senza lasciargli troppo campo». Alla soglia dei 34 anni, la carriera seria, solida e silenziosa di Seppi meriterebbe il premio dei quarti. Perché accade di rado che un progetto sbocciato a 11 anni, nel 1995, quando coach Max Sartori lo accolse a Caldaro con la promessa di farne un giocatore da top 100, finisca per costruire un legame indissolubile e indistruttibile. Andreas è passato attraverso pause mentali, crisi tecniche, un infortunio alle anche che non può essere risolto ma solo lenito da un’iniezione ogni sei mesi che lo obbliga a sei/sette settimane di stop, eppure non ha mai smesso di cercare di andare oltre i suoi limiti oggettivi lavorando su ogni dettaglio. E adesso che probabilmente si avvicina all’addio, magari già a fine stagione, sembra più completo di un anno fa. Il segreto, secondo l’allenatore, è quella casa in Colorado, a Boulder, che l’altoatesino si è comprato e che raggiunge quando non è impegnato nel tennis: un cambiamento di vita che lo ha reso finalmente artefice del suo destino e non più gregario delle situazioni. Trovando una serenità fin qui forse sconosciuta. LA MOGLIE Soprattutto, Andreas Seppi è un marito felice grazie a Michela, che durante la partita gli gridava «e dai, metti la risposta ogni tanto» e che a fine carriera condividerà con lui l’esperienza americana: «Abbiamo già chiesto la green card, io ho studiato psicologia infantile. Quanto a lui, non farà il coach: mi ha promesso che una volta smesso non girerà più per il mondo». Intanto, però, lo faccia rimanere in Australia un’altra settimana.

 

Campione di umiltà migliorato con il lavoro (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Che inizio d’anno per Andreas Seppi! L’allievo di Max Sartori sopravvive con il cuore e la testa ai 52 ace del gigante croato Karlovic e per la sesta volta raggiunge gli ottavi in uno Slam basandosi sulla concretezza dei colpi, sulla tenuta mentale e sulla consueta solidità fisica. Andreas non è particolarmente talentuoso e solo attraverso la serietà, la costanza e il lavoro è diventato un giocatore di buon livello. Ricordo come agli inizi della carriera pagasse pegno a causa di partenze lente e della difficoltà nel gestire la pressione delle partite. Il suo gioco monocorde , privo di effetti e con pochi cambi di ritmo, lo vedeva muoversi leggero sul campo, coprire gli angoli, ma non incidere nello scambio con la necessaria autorità. All’ingresso nel circuito maggiore mancava di reattività nei piedi e la rigidità della schiena lo penalizzava nel servizio. A quel punto poteva anche impantanarsi nell’anonimato, ma con il lavoro ha limato i difetti apportando sostanziali e decisive modifiche tecniche. E’ stato bravo a incrementare la forza nella parte superiore del corpo per rendere più penetrante e incisiva la battuta e a ritoccare l’impugnatura del dritto per guadagnare in profondità e sicurezza. La discreta sensibilità della mano gli garantisce una certa tranquillità e completa un mosaico dove spiccano l’intensità e l’assenza di passaggi a vuoto

 

Seppi meglio dell’orco (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Le favole del tennis sono popolate di orchi che tirano grandi botte di servizio. Tranquilli, non siamo qui a raccontarvi che Andreas Seppi, in un caldo pomeriggio australiano, abbia dovuto sconfiggere chissà quali paure di bimbo, attraversare a piedi la selva oscura e nuotare fra i gelidi vortici del lago incantato, ma solo che l’orco esiste, è alto come solo gli orchi possono esserlo e ha forme magari poco aggraziate ma non antropomorfe come i racconti magici indicherebbero. E si, fa ace a grappoli, spinge il servizio neanche avesse una catapulta nascosta da qualche parte, e tortura palline innocenti. Insomma, il classico comportamento da orchi… Andreas l’ha avuto davanti a sé per quattro ore buone, e l’ha sconfitto con la pazienza. Gli orchi non la posseggono. Ma la cercano, se ne vorrebbero appropriare. Se mai un orco tennista un giorno dovesse impossessarsene, il nostro sport potrebbe cambiare. E non in meglio. Ivo Karlovic, 39 anni, è un orco buono, impaziente ma buono. Un orco prossimo alla pensione, ma con i requisiti da orco. Due metri e undici centimetri e 12 mila trecentodue ace prima del match con Seppi, nel corso del quale ne ha aggiunti altri 52. Un anno fa ne scaraventò la bellezza di 75 contro il povero Zeballos, un record per i match giocati in Australia. E se vi state chiedendo dove siano finiti quei 23 ace di differenza, ok, siete sulla strada giusta per inquadrare il valore dell’impresa del nostro, che ha saputo replicare ai fulmini di Shrek con coraggio, sfruttando ogni suo minimo tentennamento e cogliendo il punto ogni qual volta l’orco è stato costretto a giocare la seconda. Cosi per cinque set, sempre con precisione e grande presenza, lucido nel ribaltare il fronte appena se ne presentava l’occasione, e mai a disagio sul proprio servizio, che ha finito per incassare una vera messe di game a zero e la bellezza di 23 ace. Un match di grande sostanza, quello di Seppi. Avanti di due set si è fatto riprendere, ma non è uscito dal match, anzi, ha tenuto duro. Ha fallito il primo match point sul 5-4 e ha chiuso al terzo, sul 9-7, con il secondo break del match. Del resto, con gli orchi si gioca cosa… Quarto ottavo nello Slam che odiava e con il quale oggi amoreggia con trasporto. Nel 2013 Andreas superò Cilic e perse con Chardy, nel 2015 fece lo sgambetto a Federer e smarrì due match point con Kyrgios, un anno fa si rifece contro l’australiano, ma si arenò con Wawrinka. In questa settimana ha infilato Moutet, Nishioka e Karlovic. Ha firmato gli ottavi anche al Roland Garros e a Wimbledon, non agli US Open dove ha raggiunto tre volte il terzo turno. «Non ho rimpianti, perché dovrei? Sono stato il numero 18, ho trentatre anni e un tennis ancora valido. Ho vinto le partite che dovevo vincere e perso quelle irraggiungibili. Sapete una cosa? Il mio orgoglio è di aver dato sempre il massimo. Davvero non ho rimproveri da farmi». La buona notizia è che negli ottavi, stavolta, non ci sarà un top ten. L’appuntamento è con Kyle Edmund, numero 49 Atp, primo inglese in attesa del ritorno di Murray. Ventitre anni, da junior era una delle vittime preferite di Quinzi. Kyle tirava tutto, e tirava forte, per il nostro era un gioco tenerlo a bada, propiziarne l’errore. Poi, con il salto nel circuito, quei colpi robusti hanno trovato le giuste direttrici e Kyle ha preso il largo. «Ha gambe buonissime e colpi che fanno male. E un ragazzo in ascesa, con un’ottima percentuale di vittorie al quinto set. Non facile, ma certo possibile. Due anni fa mi ha battuto nei quarti ad Anversa, ma indoor. Sono curioso di incontrarlo, penso sia un match aperto». Anche con Karlovic era sotto (2-1), i precedenti non sempre raccontano la verità. Contano gli stimoli del momento. «Qui ne trovo sempre di nuovi, non so nemmeno il perché, ma succede. Sono tranquillo, mia moglie è con me, le pressioni le avverto lontane». Michela fa un gran tifo, la tivù australiana l’ha inquadrata spesso. «Sentivo i suoi incitamenti. Che cosa mi diceva? Mah, mi incitava a rispondere almeno una volta al servizio di Karlovic…». Se la ride Seppi, il periodo nero è passato, l’anca dà ancora problemi «ma li tengo a bada con un’infiltrazione, una ogni sei mesi». E sceso in classifica, oggi è appena al numero 79, ma non se ne fa un cruccio. Era il simbolo della continuità e ha pagato dazio. «Mi interessa essere ancora competitivo, cogliere vittorie di livello. La continuità che cerco è quella del benessere». Sembra sulla strada giusta

 

Kyrgios si è ritrovato e Tsonga ne fa le spese (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Kyrgios e l’Australia sono di nuovo amici. Da ieri filano d’amore e d’accordo. Le mattane del ragazzo di maggior talento che sia nato da queste parti, dai tempi dei grandi erbivori australiani, sono state messe da parte. Dicono sia cambiato, ma non è del tutto vero. Nick le tiene a bada. Ma le espressioni, le smorfie di disgusto, la sufficienza con cui colpisce la palla irridendo gli avversari la dicono lunga sul fiume di lava che scorre ancora fra i suoi pensieri. Ha subito due squalifiche dall’Atp, la prima per mancanza di impegno. E il tennis continua a piacergli meno di altri sport, su tutti il basket. Ma ha voglia di recuperare terreno e ottenere il posto che ritiene suo di diritto, uno fra i primi cinque del mondo. Dunque, s’impegna, e il pubblico gradisce. Si impegna, per esempio, nel dare a Tsonga una robusta lezione. Rimpalla con facilità il francese che va sin troppo spensieratamente in attacco, restituisce con facilità i pochi colpi proibiti che quello confeziona, e sul rovescio trova la posizione con una facilità che per altri è sconosciuta e dal nulla fa partire siluri. Liquida Tsonga con tre tie break sontuosi. Domani sarà di fronte a Dimitrov, poi chissà

 

Seppi d’acciaio: maratona per gli ottavi (Luca Baldissera, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

NELLA GIORNATA in cui Rafa Nadal compie l’ormai rituale passeggiata, lasciando solo cinque game al bosniaco Dzumhur — ma che tabellone fortunato ha avuto il maiorchino fin qui per raggiungere gli ottavi di finale! — il match più avvincente lo giocano sulla Rod Laver Arena Jo Wilfried Tsonga e il terribile enfant du pays Nick Kyrgios di cui proprio Tsonga era l’indiscusso idolo. Tanta passione non ha però impedito a Kyrgios, stavolta intenerito anche dalla presenza di un altro suo idolo, l’attore Will Smith, di battere Tsonga in 4 set, 76 46 76 76, dopo aver recuperato nel tiebreak del quarto set uno svantaggio di 2-5 con Tsonga che doveva battere due volte. «Ero già sicuro di dover giocare il quinto…», ha ammesso Nick, figlio di un emigrante greco e di madre malese. LO SCORSO anno Kyrgios era stato eliminato a sorpresa dal nostro Andreas Seppi, che gli aveva annullato un matchpoint nel terzo set per vincere poi al quinto. Era accaduto lo stesso, ma al contrario, due anni prima quando Seppi, reduce da uno storico successo su Roger Federer, aveva vinto i primi due set ma aveva perso poi al quinto con Kyrgios che gli aveva annullato con un servizio vincente il matchpoint. Come Kyrgios anche Seppi battendo 6-3 7-6(4) 6-7(3) 6-7(5) 9-7 in una maratona di quasi 4 ore il croato Ivo Karlovic, 2m e 11 cm, re degli aces (42 stavolta; con i 74 dei primi due turni fanno 116 in tre match) si è qualificato per la quarta volta in sei anni agli ottavi dell’Australian Open. Sono ben 21 le maratone vinte al quinto set dal tennista altoatesino che viaggia ormai verso i 34 anni e di ottavi ne hai giocati uno anche a Wimbledon e Parigi, senza mai approdare ai quarti. «Ci si butta da una parte come un portiere sul rigore, sperando di indovinare l’angolo» ha detto Andreas che aveva vinto i primi due set e perso due tiebreak ma sapeva che nel quinto il fatto di servire per primo e che non c’era il tiebreak era un vantaggio. Negli ottavi troverà il britannico Kylie Edmund, gran servizio e dritto micidiale, ma battibile. Risultati e interviste dei match giocati nella notte su www.ubitennis.com

 

 

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