Uragano Osaka. Adesso è l’Asia la nuova frontiera (Crivelli)

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Uragano Osaka. Adesso è l’Asia la nuova frontiera (Crivelli)

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Uragano Osaka. Adesso è l’Asia la nuova frontiera (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Per adesso, il braccio corre più veloce della lingua. E se in campo le avversarie stanno imparando sulla loro pelle quanto sia difficile arginare le sue bordate, fuori dal campo l’ineffabile Osaka non ha ancora del tutto vinto la sfida più difficile, quella con la lingua giapponese: «La capisco meglio di quanto la parli». Nata a Osaka (non è uno scherzo) da padre haitiano e madre giapponese, Naomi del resto si è trasferita negli Stati Uniti ancora nella culla e lì ha imparato a giocare a tennis. Tuttavia non ha mai sciolto il legame con la madrepatria, dove torna talvolta ad allenarsi per mantenere il confronto tra le culture e della quale conserva i modi gentili e mai sopra le righe e una straordinaria etica del lavoro. A Indian Wells, da 44 del mondo, ha eliminato Sharapova, Radwanska e Karolina Pliskova (oltre alla Sakkari), vale a dire tre pezzi grossi, e stasera le toccherà la numero uno Halep. Secondo qualcuno, con il servizio e la potenza che si ritrova, la Osaka potrebbe trasformarsi in una delle grandi sorprese stagionali, e ne è convinto pure Sascha Bajin, l’ex sparring partner di Serena Williams e della Azarenka che sta provando a fare il salto come coach con la filosofia di condividere tutto con la pupilla, dai safari nel deserto al surf sulla sabbia: «Sono stato a fianco di due enormi campionesse e in lei vedo lo stesso gioco, lo stesso potenziale, la stessa forza interiore». I successi di questi giorni sicuramente ne accresceranno la popolarità in Giappone, dove un altro tennista, Nishikori, è sicuramente lo sportivo più popolare. Loro due, insieme a Chung che sta risvegliando la Corea, sono il simbolo della nuova frontiera del tennis: l’espansione verso l’Asia, che aveva solo bisogno di esempi vincenti per deflagrare. Quattro miliardi e mezzo di abitanti su sette vivono nel continente e si tratta di un mercato giovane e dinamico, quindi aperto alle novità. L’Atp ci organizza 9 tornei, la Wta addirittura 15 e la Cina ha investito 160 milioni di euro per strappare il Masters donne a Singapore dal 2019 al 2028 portandolo a Shenzen in uno stadio appena costruito da 12.000 spettatori, mentre la nuova formula della Davis in una settimana ha come fulcro centrale una sede unica che sarà sicuramente in Asia. Al momento, si tratta più di business che di vera gloria tennistica. E’ vero che nel 1996 c’era solo un asiatico, donne comprese, nei primi 100 e venti anni dopo erano 5 tra gli uomini e 11 tra le donne, ma al momento le vette raggiunte da Li Na e Nishikori sembrano lontane. In Giappone l’esistenza di un ricco circuito di tornei interni che consente buoni guadagni senza viaggiare resta un deterrente e la Corea comincia a muoversi adesso, per cui rimane la Cina l’orizzonte cui guardare. Secondo una ricerca interna il tennis, con i suoi 18 milioni di appassionati, è il 7° sport più praticato ma il primo che i giovani amerebbero giocare e lo Stato ci ha puntato forte nel piano decennale di sviluppo dello sport anche per l’immagine che la Cina vuole dare di sé sul fronte internazionale, consentendo ai suoi giovani di ottenere più facilmente visti per l’estero e chiamando tecnici stranieri nelle accademie. Così, a settembre, un cinese (Yibing Wu) ha vinto gli Us Open juniores, primo della storia. Stanno arrivando. Serve solo tempo.

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