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(S)punti Tecnici

Indian Wells, spunti tecnici: del Potro, potenza e sensibilità per battere Federer

INDIAN WELLS - Le botte di dritto di Juan Martin le conoscono tutti. Il modo in cui gestisce gli impatti però è raffinatissimo. Invisibile a occhio nudo, scopriamolo con la videoanalisi

Last updated: 19/03/2018 16:06
By Luca Baldissera Published 18/03/2018
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8 Min Read

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da Indian Wells, il nostro inviato

In un’ipotetica classifica dei più grandi dritti di tutti i tempi, l’argentino Juan Martin del Potro sarebbe senz’altro uno dei maggiori pretendenti al primo posto. Una carriera costruita su manate clamorose, a velocità fuori scala anche per il tennis di livello professionistico. Prima delle semifinali, sono andato a vedermelo un po’ da vicino, sul practice court 4, soprattutto per capire a che punto stava con il rovescio, il colpo che ha maggiormente sofferto, come è ovvio, a causa dell’infortunio e degli interventi chirurgici al polso sinistro. Quando era rientrato, Juan Martin aveva mostrato un’esecuzione bimane decisamente modificata, con minore uso delle articolazioni del polsi, e giocoforza, nei mesi successivi, aveva dovuto sviluppare e affinare lo slice a una mano, con ottimi risultati tra l’altro. In effetti, ormai anche il rovescio bimane in spinta non è per nulla male, ne vediamo un esempio in testa al pazzo, rimangono molto sostenuti e rigidi i polsi, il che comporta una qualche difficoltà nel trovare traiettorie diagonali quando la palla è più bassa (e lì delPo rimedia con il taglio sotto), ma nel complesso, soprattutto in risposta, dal lato sinistro si può dire che l’argentino abbia risolto bene i suoi problemi. Poco dopo, rientrato in sala stampa, mentre montavo e analizzavo i video e le immagini, ho notato – per la prima volta, onestamente – un dettaglio tecnico veramente interessante, riguardo però al dritto. Ma andiamo con ordine.

Qui sopra, qualche scambio da fondocampo, vediamo Juan Martin spingere in scioltezza, oltre al suo super-dritto, tre rovesci anche abbastanza bassi, il colpo direi che è a posto. Analizziamo qualche frame.


Come possiamo notare, il gesto non evidenzia problemi, nelle due immagini sotto, che mostrano due esecuzioni su palla bassa, Juan Martin va anche giù bene con i polsi, certo rimangono meno flessi all’indietro-basso rispetto a prima dell’infortunio, ma nel complesso il bimane di delPo è molto buono. Naturalmente, però, quando sei a due metri dalla “Torre di Tandil”, non puoi esimerti dal dare un’occhiata anche al suo “signature shot“, chiaramente il dritto in accelerazione.


Qui sopra, in alto le fasi della splendida ovalizzazione di Juan Martin, la testa della racchetta prende una vera e propria rincorsa a partire da sopra la testa. Sotto, vediamo l’esplosione dell’impatto, magnifico. Ma proprio mentre me ne stavo lì ad ammirare queste cannonate, ho notato qualcosa, in particolare il suono del colpo. Quando delPo andava sulla palla in posizione affiancata (neutral stance), o di tre quarti (semi-open stance), tirando il dritto con grande potenza, ma in fase comunque di manovra e alla ricerca dell’angolo, il suono era diciamo così “normale”, un bel botto come se ne sentono da ogni campo qui a Indian Wells. Quando però andava in open stance piena, frontale, caricando il peso sulla gamba esterna, per poi scatenare oltre al braccio anche la “botta” di anca e il conseguente tipico saltello in sospensione dinamica, la configurazione da “missile che non ritorna” insomma, il suono cambiava completamente, diventando uno schiocco lacerante, l’esempio perfetto di quello che in gergo si definisce “spaccare la palla“. Non poteva essere solo questione di maggiore velocità o potenza dello swing, troppa differenza. Così, ho giocato a fare un po’ di “CSI”, grazie ai potenti mezzi a disposizione, ovvero l’ottima Canon dell’imprescindibile collega e amico Vanni Gibertini. Intanto, ecco il video delle due tipologie di esecuzione, una dopo l’altra.

Mi dispiace che l’audio non renda assolutamente l’idea di quello che stavo descrivendo prima, dal vivo la cosa risultava evidentissima. Comunque, questi due dritti dovevo analizzarli nei dettagli, per capirci qualcosa di più. Ecco le fasi degli impatti, frame-by-frame, tratti da questo stesso video.


In alto, il primo dritto, quello “standard”, con un buon top-spin, giocato affiancato. Sotto, la “botta a chiudere”. Notate qualcosa? Vediamo ancora meglio, con altre due immagini del dettaglio che ci interessa.

Ecco i frame ingranditi. A sinistra, il millisecondo successivo all’impatto del dritto standard, a destra quello successivo all’impatto dell’accelerazione definitiva. Vediamo due foto a risoluzione maggiore, sempre di due dritti portati da Juan Martin uno semplicemente a spingere, uno a chiudere.

E insomma, la cosa è assolutamente invisibile in video a occhio nudo, e pure con il rallentatore. Ma è evidente, le immagini non mentono: ‘sto fenomeno di Juan Martin è tranquillamente in grado, a seconda della situazione di gioco, di tirare il dritto con l’ingresso del piatto corde sulla palla ruotato di quasi 90°, o comunque poco di meno. In un caso produce un top-spin molto potente, ma diciamo “regolare”, nell’altro, lascia andare il missile piatto (ma piatto veramente, guardate nei frame ingranditi, la palla è già partita e non vi è accenno di copertura del colpo con la testa della racchetta, o di rotazione interna dell’avambraccio), con un gesto, o meglio una postura, che ricorda quello di Agnieszka Radwanska, solo a tipo il doppio della potenza e della velocità dello swing. Ed è da lì che si origina lo schiocco acutissimo che avevo notato, in partita potete capire quando Juan Martin entra in modalità “apro la palla in due” guardando il modo in cui usa gli appoggi, di solito è anche il momento in cui parte con il “grunting”, i grugniti in crescendo, che sono un ulteriore segnale di “inizio bombardamento con il drittone”. Non serve, immagino, ribadire quale difficoltà tecnica comporti avere una padronanza dello swing simile, sono convinto che sia una cosa che delPo fa di puro istinto, è una duttilità che non si può insegnare, devi solo avere un talento mostruoso, che ti consenta di “sentire” la palla con tanta finezza e precisione, nonostante la sbracciata di rapidità spaventosa. Altro che elmetto, qui ci vuole il bunker per salvarsi.

La speranza è che la finale contro Roger Federer sia una bella partita, lottata e appassionante, e se da un lato avremo la classe infinita del migliore di tutti, dall’altra, a contrastarlo, avremo un bombardiere di qualità straordinaria e spesso poco pubblicizzata, come spero di aver evidenziato analizzandone l’arma principale nel dettaglio, che più nel dettaglio non si può. Forza Roger e Juan Martin, fateci divertire.


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TAGGED:atp indian wells 2018Juan Martin Del Potro
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