Che impresa Cecchinato. L’estasi dopo gli errori (Crivelli). Sorpresa Tsitsipas. C’è un eroe greco a sfidare Nadal (Crivelli). Intervista a Roberta Vinci: «Il mio ultimo match? Lo vorrei con Serena» (Viola). La Soprintendenza nega il centrale del tennis a Piazza del Popolo (Rossi)

Rassegna stampa

Che impresa Cecchinato. L’estasi dopo gli errori (Crivelli). Sorpresa Tsitsipas. C’è un eroe greco a sfidare Nadal (Crivelli). Intervista a Roberta Vinci: «Il mio ultimo match? Lo vorrei con Serena» (Viola). La Soprintendenza nega il centrale del tennis a Piazza del Popolo (Rossi)

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Che impresa Cecchinato. L’estasi dopo gli errori (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

L’errore ci dona l’opportunità di diventare migliori. E con umiltà vivere il rinascimento personale fino ad arrivare alla vittoria più importante in carriera, per di più contro un avversario che hai sempre preso ad esempio. Proprio così: l’altro idolo di Cecchinato, insieme a Marat Safin, è proprio Andreas Seppi, per professionalità e applicazione. E allora deve essere un segno del destino se la prima finale in carriera di Marco matura quando dall’altra parte della rete c’è un atleta che ammiri e che riesci a domare con le doti che per solito esaltano il rivale, cioè la lucidità e l’esperienza. Quando Seppi è avanti un set e un break (2-0), il derby di Budapest pare segnato e invece Marco lo ribalta con le armi che maneggia meglio, il servizio (8 ace) e il dritto, ma anche con il rovescio a una mano che gli offre soluzioni lungolinea quando l’altro gira intorno alla palla per colpire a sventaglio e che è l’emblema più fulgido della crescita di Marco: da colpo – per sua stessa ammissione – «sotto la sufficienza», è diventato un punto di forza. Ma il cammino di Cecchinato è caratterizzato soprattutto della personalità e della consapevolezza sgorgate dalla rabbia per un’ombra che aveva rischiato di stroncargli la carriera. A luglio 2016 viene squalificato 18 mesi per aver alterato, nell’ottobre 2015, un match contro il polacco Majchrzak al Challenger marocchino di Mohammedia e per aver passato altre informazioni riservate ad alcuni amici scommettitori. Se venisse riconosciuto l’illecito sportivo, sarebbe radiato, e invece gli viene contestata la violazione dei doveri di lealtà sportiva. La sospensione viene poi ridotta a 12 mesi e alla fine del 2016 è addirittura assolto per un vizio di procedura (Fit e Coni hanno presentato richiesta di squalifica troppo tardi). Uscito in qualche modo dal baratro, Cecchinato riparte. Lui, che tre giorni prima del fattaccio del 2015 era salito al n. 82 del mondo, cioè vicinissimo ad aver la possibilità di partecipare a tutti i tornei, ricomincia dai Challenger, dalle qualificazioni, dai viaggi massacranti in posti improbabili. E cambia allenatore, scegliendo Simone Vagnozzi, fino al 2011 giocatore di discreto livello: «E’ una persona molto intelligente: sfruttava alla grande i suoi punti di forza e te lo trasmette sul piano tattico. Inoltre mi ha fatto capire che per arrivare ad alti livelli bisogna trascorrere tanto tempo sul campo». La favola richiederebbe oggi una conclusione degna del percorso di redenzione (l’altra semifinale è stata intanto sospesa per oscurità), con Cecchinato già a casa una settimana fa e adesso in finale da lucky loser. Intanto, comunque vada, domani accanto al suo nome ci sarà (almeno) un bel 68 a descriverne la nuova classifica, accompagnato dal rimpianto per gli Internazionali di Roma incombenti: Marco è rimasto fuori di qualche posizione dalle qualificazioni (sul ranking del 2 aprile) e non avrà wild card. Per consolarsi, si godrà il nuovo status di big.

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Sorpresa Tsitsipas. C’è un eroe greco a sfidare Nadal (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Nicholas Kalogeropoulos: chi era costui? Un annuario del tennis vi rammenterà che è stato l’unico greco a raggiungere una finale Atp, a Des Moines, nel lontanissimo 1973. Fino a ieri. Perché dopo una pletora di figli dell’Ellade emigrati (Sampras, Philippoussis e Kyrgios), a Barcellona il Next Gen Tsitsipas interrompe il lungo digiuno confermandosi teenager (compie vent’anni a agosto) di sopraffino talento e luminosissimo futuro. Il figlio di Apostolos, professore di educazione fisica che si è inventato suo allenatore (anche se adesso il ragazzo si è trasferito all’Accademia di Mouratoglou), e dell’ex giocatrice sovietica Julia Salnikova, l’anno scorso aveva vinto in tutto 4 partite Atp, ma in questa stagione è già a quota 11, di cui 6 sulla terra, malgrado la superficie prediletta sia l’erba e a inizio anno abbia raggiunto i primi quarti i carriera sul cemento di Doha. Grande appassionato fin da piccolo di tutti gli aspetti del suo sport, si era posto come obiettivo a fine 2018 l’ingresso nei primi 50: traguardo che taglierà già domani. Intanto è diventato il più giovane finalista in Catalogna dal 2005, sottraendo il primato a Nadal che quell’anno vinse il torneo per la prima volta. E oggi Nadal è a caccia dell’11° trionfo dopo la solita settimana in carrozza: non ha mai perso un set in 11 semifinali, è arrivato a 44 set consecutivi vinti sulla terra e soprattutto taglia il traguardo dei 400 successi sul rosso, raggiungendo un club esclusivo di cui fanno parte Vilas, Muster e Orantes. Ma ha trovato anche il tempo di dare un’occhiata al giovane rivale odierno: «Possiede tutte le doti per imporsi presto». Ha tutta l’aria di un’investitura.

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Intervista a Roberta Vinci: «Il mio ultimo match? Lo vorrei con Serena» (Rocco Viola, Corriere del Mezzogiorno)

Ci sono momenti che immagini da una vita. Poi non ci pensi più perché credi siano lontani, fino a quando non scopri che sono già lì. Cosi ha fatto Roberta Vinci, pensando al suo ultimo torneo, al suo ritiro. L’epilogo sarà a Roma, agli Internazionali (7-20 maggio), che faranno scorrere i titoli di coda su una carriera dove tutto, o quasi, è stato perfetto. Così, questi Internazionali in rampa di lancio hanno un sapore particolare.

Come li immagini?

Come una grande festa. Ho fatto questa scelta in maniera consapevole, perché con Roma ho un rapporto particolare. Certo, festa presume una vittoria finale, ma lo sarà comunque. Anche in caso di sconfitta. Sarei felice di avere al mio fianco la famiglia, il mio staff, i tifosi.

Contro chi vorresti giocare la tua ultima partita?

Ci ho pensato a lungo. Penso che sceglierei Serena Williams. Con lei ho giocato il match della vita agli Us Open.

Se quella con la Williams è stata la gara perfetta, qual è stata la partita che poteva finire diversamente da com’è andata?

Senza dubbio lo stesso torneo, la finale con Flavia. Dopo la semifinale sembrava tutto perfetto per il trionfo. Flavia era l’avversaria che conoscevo meglio di chiunque altra. E’ andata diversamente da come speravo. Peccato.

Hai qualche rimpianto?

Rimpianti in particolare non ce ne sono. Certo, se avessi vinto la medaglia olimpica sarei stata più felice. Sarebbe stato bello vincerla con Sara.

500 vittorie, 25 titoli fra singolari e doppi, unica Italiana a vincere su tutte le superfici. Come si diventa Roberta Vinci?

Boh! Non lo so. Avevo la fortuna di avere un po’ di talento, ma tutto il resto l’ho costruito giorno dopo giorno con sacrificio, stanchezza, rinunce, passione.

Hai mai pensato: ma chi me lo fa fare?

Mica una volta sola. Ogni volta che hai un infortunio, che rimani al palo sfiancata mentre vedi che alle altre gira tutto bene…Poi arriva quel misto di adrenalina e paura che ti fa amare e odiare questo sport allo stesso tempo, e ritrovi la forza di tornare in campo.

Torniamo a Roma. Ci pensi all’ultima volta che preparerai la sacca?

Penso spesso all’ultima borsa preparata. Chiudendo quella cerniera entrerò in un’altra dimensione. Però va bene così. So che dopo quest’ultima partita non si torna indietro e guardo avanti, col desiderio di mangiare una pizza con le amiche, di andare a letto senza l’assillo che l’indomani all’alba avrò allenamento. Mi riprenderò la normalità della vita, che poi è ciò che mi è mancato in tutti questi anni, gli affetti, la casa. Il desiderio di respirare una quotidianità diversa rispetto al ritmo frenetico dei viaggi, tornei e allenamenti.

Dove ti ritroviamo fra un anno?

Non lo so. Mi piacerebbe rimanere nel mondo del tennis, ma ancora non ho progetti in cantiere. Voglio godermi queste settimane in maniera intensa. Poi si vedrà.

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La Soprintendenza nega il centrale del tennis a Piazza del Popolo (Fabio Rossi, Il Messaggero)

In piazza del Popolo non ci saranno nemmeno i quattro mini-campi dimostrativi in erba sintetica, come era stato fatto in passato, per promuovere gli Internazionali di tennis, in programma dal 7 al 20 maggio. Per vedere match ufficiali del torneo bisognerà andare necessariamente al Foro Italico. I campi “cittadini”, che avrebbero dovuto ospitare alcuni incontri delle prequalificazioni, non si faranno. Per piazza del Popolo è arrivato il no del Tavolo tecnico congiunto fra le Soprintendenze – Soprintendenza speciale archeologia belle arti e paesaggio Roma, Parco archeologico del Colosseo e Sovrintendenza capitolina – che non ha concesso il via libera alle modifiche presentate per la manifestazione “Tennis in città”, che occuperà l’emiciclo della storica piazza sul lato del Pincio. Lo stop imprevisto, considerato anche il frequente utilizzo dello spazio per eventi di diverso genere, cancellerà completamente il progetto che prevedeva di avvicinare il grande tennis al cuore della Città eterna. A rendere nota la brusca frenata è stato il Campidoglio rispondendo al Codacons, che aveva inviato una diffida a Palazzo Senatorio e un ricorso d’urgenza all’Unesco sostenendo che l’evento non sarebbe stato «compatibile con il carattere storico del bene e con gli obblighi di conservazione». Secondo i tecnici delle Soprintendenze, «le modifiche progettuali necessarie a consentire gli incontri di prequalificazione» renderebbero l’allestimento dei campi «eccessivamente impattante e inidoneo al carattere monumentale della piazza, vista anche la necessità di innalzare adeguatamente i livelli di sicurezza pubblica e di tutela degli elementi monumentali presenti». (…)

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