L’ottavo Re (Clerici, Azzolini, Semeraro, Crivelli, Lombardo, Scanagatta). La paura della WTA di non avere più stelle sul circuito (Rossi)

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L’ottavo Re (Clerici, Azzolini, Semeraro, Crivelli, Lombardo, Scanagatta). La paura della WTA di non avere più stelle sul circuito (Rossi)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Bravo Nadal ma con il tetto avrebbe vinto il tedesco

 

Gianni Clerici, la repubblica del 21.05.2018

 

Finale bagnata, finale rovinata. Grazie alla pioggia scatenatasi d’improvviso sul Centrale del Foro, e grazie alle difficoltà incontrate dalla Federazione a costruire un tetto o se volete un grande ombrello antipioggia (ricordo ancora il nome che non cito dell’assessore pre-Raggi che mi disse che non era il caso di rovinare l’a pera di Del Debbio). Zverev non avrebbe probabilmente perduta la finale, e Nadal non l’avrebbe probabilmente vinta. Le due interruzioni per la pioggia mi sono parse esiziali per il ragazzone che aveva preso le misure del gioco di Nadal, e che non sembrava soffrirne i diritti insolitamente corti, i rovesci troppo spesso tagliati e anch’essi corti. Un ragazzo che già era partito con l’handicap di semifinale di sabato a orari da night club, mentre Rafa già riposava nel suo letto. Si starà forse chiedendo il lettore occasionale, non quello avvezzo alla mia prima assenza dal torneo da quando ci giocai alla ripresa ufficiale del 1950. «Ma questo Clerici ce l’ha con Nadal?». Non posso che notificargli tutta la mia ammirazione per un tennista che ha inventato, insieme a suo zio, un modo sconosciuto di giocare a tennis, un modo possibile soltanto per lui, destro impostato mancino, con un lift mai visto neanche da Laver, giocato dall’angolo destro e da centro campo verso la sinistra dell’avversario. Un istintivo gentiluomo, Nadal, che mai accetterebbe un punto per un involontario errore di un arbitro, un onest’uomo da sempre nemico di un’ingiustizia. Il secondo intervallo causa pioggia ha punito il giovane che diverrà campione del mondo. Un giovane che riesce a colpire la palla, sui rimbalzi, con maggior vigore di Rafa, e con propulsione ancora maggiore. Mi scuso se non rientro nei dettagli di un match che, senza la pioggia, sarebbe finito tra le mani dello sconfitto. Anche se non nego la mia ammirazione per il vincitore, capace di gestire la vicenda di una partita sommersa dalla pioggia, dalle due interruzioni e da una precedente partita notturna, quella tra Zverev e Cilic…..

 

 

Il Re della pioggia

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 21.05.2018

 

Cinquantotto minuti di “shower”, neanche fossimo a Wimbledon, dove infatti piove sempre di mena Un acquazzone liberatorio, purificante, rigenerante. E tale da cambiare un match ormai segnata Non lo dirà mai Rafa Nadal, che la pioggia l’ha aiutata La pioggia fa parte del tennis, dei suoi massimi sistemi, e occorre saperla gestire, proprio come un colpo, meglio di quel suo rovescione che per tutto il match si è divertito a toccare gli estremi delle sue possibilità, asfittico sui colpi di spingarda del tedesco Zverev, ma d’improvviso violento esecutore di missive avvelenate, che Sascha non ha visto e nemmeno i nono uomini curiosi i numero non ritengono neanche tali, mano si stava svuotando di qualsiasi prete convinti come sono che non esistano, che la vita vada vissuta con i piedi per terra. Banalità. Tutti i numeri uno hanno i piedi per terra, e Rafa Nadal, che su quella polvere rossa di mattone ha edificato il suo piedistallo, più di ogni altro. È la testa che va oltre e si combina con elementi che influiscono per vie traverse sugli eventi che segnano la storia di un campione, e di uno sport. I Numeri Uno sanno cosa fare, come accogliere il Fata quando bussa alla porta. Forse sanno persino invocarla se serve, gli danno del “tu”. E il Fato sa come tenersi stretti gli amici. Assume mille forane diverse quando decide di mostrarsi. Sole, vento, tempesta, fatti imprevedibili. Oppure pioggia Cinquantotto minuti di stop, i primi otto alle 17 e53 in punta Si era sul 3-1 per Sascha nel terzo set, ed era un Sascha bellissimo, che si avventava su ogni palla, imperioso, violenta Poi la ripresa, solo per un game, andato a Nadal. E altri cinquanta minuti di attesa. Ed è 11 che il match è cambiato, nel chiuso di uno spogliatoio. Zverev ha avuto modo di preoccuparsi, Nadal si è convinto che era giunto il momento di mettere da parte ogni remora Quando i due si sono rivisti in campo, Rafa era diventato Sascha Micidiale, violentissimo, si sarebbe detto persino più giovane. E il giovane fenomeno…..ll torneo alla Porte d’Auteuil ricorda quest’anno i cento anni dalla scomparsa di Roland Garros, l’aviatore abbattuto due settimane prima della fine della Guerra. Fra gli oggetti in mostra, l’elica del suo Morane-Sauniez sulla quale Garros fece scrivere il suo motto: la victoire appartient au plus opinaitre, la vittoria spetta ai più ostinati. Sembra scritta per Nadal.

 

Super Nadal L’ottavo re di Roma batte Zverev e torna numero 1

 

Stefano Semeraro, la stampa del 21.05.2018

 

Nadal è da anni il re della terra, da ieri lo è anche del bagnasciuga. Farsi salvare dalle acque, del resto, da Mosè in poi, è prerogativa dei grandi, specie se hanno l’esperienza dalla propria parte. E a pesare, ieri al Foro, in una finale bizzarra e tormentata, che il Cannibale si è preso in tre set contro Alexander Zverev (6-1 1-6 6-3) mettendo in bacheca l’ottava coppa romana, a cinque anni dall’ultima, sono stati anche i 32 anni di Rafa – che da oggi per la 174 settimana in carriera ritorna al numero 1 scavalcando Federer – e i 21 di Sascha. «La mia prima vittoria qui nel 2005 è uno dei ricordi più belli, rivincere dopo tanti anni è specialissimo» dice il fenomeno, che con 78 tornei vinti stacca anche McEnroe al quarto posto fra i più titolati di sempre dopo Connors (109), Federer (97) e Lendl (94). Un passo avanti sul sentiero già imboccato da tempo dell’immortalità (sportiva). Ma stavolta per muoverlo ha avuto bisogno di un aiutino dall’alto. Dopo aver perso il primo set raccattando appena un game, il wunderkind di Amburgo si era infatti smagato, iniziando a martellare con il servizio e con il rovescio lungolinea, una fitta nel costato dello spagnolo. Rafa quasi senza accorgersene si è trovato sotto 0-5, poi 1-6, mentre su Roma iniziavano ad addensarsi nuvoloni lividi. La pioggia è arrivata sul 3-2 del terzo, con Nadal indietro sul set e apparentemente sotto scacco: con l’acqua alla gola, verrebbe da dire. La rabbia di Sascha Dopo una prima interruzione di 10 minuti, e una più lunga di oltre tre quarti d’ora, alle sette della sera è iniziata un’altra partita. Su Zverev sono piovute secchiate di stanchezza per le due settimane passate a vincere, prima a Monaco, poi a Madrid. Due dirittoni steccati sul centrale, ed è arrivato il break del 3-3, poi è stato quasi solo Nadal, che negli spogliatoi, mentre l’avversario si sfibrava pensando alla possibile impresa, si era schiarito le idee. «All’inizio il campo era veloce, potevo alzare i colpi e aprirmi il campo, tirare vincenti», ha spiegato Rafa. «Quando è arrivata l’umidità il top spin ha perso efficacia, e lui ha iniziato a servire bene. Dopo la pioggia ho cambiato tattica, per fortuna non era troppo tardi». Due statistiche, per capire: i 28 errori gratuiti di Zverev, e il bilancio vincente di Nadal nei punti più corti, sotto i 5 scambi: 33-25.

 

L’ottavo Re

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 15.05.2018

 

Quanti amori conquistano il cielo. Il dio del tennis volge gli occhi laggiù, al figlio prediletto ansimante e sballottato dalla verve del ragazzo più talentuoso della generazione che verrà. Una mano santa, gocce di pioggia benedetta. E Nadal, sotto di un break nel terzo set e sinceramente alle prese con una sfida diventata complicatissima, pub risistemare concentrazione e strategie, mentre il giovin signore Zverev, al pensiero prolungato che gli Internazionali sono vicini a prostrarsi a lui per il secondo anno consecutivo e per di più contro il più forte di sempre sulla terra, si scioglie. La prima interruzione dura dieci minuti sul 3-1 per il tedesco, al rientro si giocano quattro punti per il 3-2 e poi il secondo stop tiene i contendenti 44 minuti negli spogliatoi. Lì, cambiano le sorti della domenica e del torneo. IDEE CHIANE Perché Rafa torna in campo trasfigurato, una furia scatenata che ritrova il calibro del primo set e spinge ogni colpo come un forsennato, trovando profondità con il dritto che spacca e rispondendo come insegna il manuale. Ottiene subito il controbreak del 3-3, poi l’altro break nell’ottavo game spegne le residue velleità del tedesco annichilito da una serie di quattro giochi a zero tagliente come una ferita letale. Esperienza,determinazione, lucidità tattica, volontà ferrea: in quei 31 minuti trascorsi dal rientro all’ultimo punto, Nadal mette tutto il peso della sua leggenda. E diventa così l’ottavo re di Roma, tornando a trionfare dopo cinque anni al Foro e a 13 dalla prima volta: «Sinceramente, quando ha cominciato a piovere, non ho pensato fosse un aiuto per me. Analizzando la situazione a mente fredda, invece mi ha aiutato a tornare a giocare con le idee chiare e consapevole di quali fossero le decisioni giuste da prendere, il campo con le nuvole e l’acqua era diventato più lento, ho dovuto adeguarmi e cercare la palla in un modo diverso. Ed è stato fondamentale strappargli subito il servizio». NESSUNA CHANCE Spostando la pressione e la tensione su Sascha, mai così competitivo contro Rafa sul rosso (gli ha tolto il primo set in carriera sulla superficie) malgrado un primo par *** ziale da incubo, in cui al suo break iniziale il satanasso spagnolo risponderà con sei game di fila e, parole sue, il miglior set dell’anno per continuità a altissimo livello. Eppure Zverev uscirà dalla corrida con tutta la forza del suo talento e della sua completezza tecnica, partendo dal servizio e fino agli straordinari colpi a rimbalzo con cui sradica il rivale dalla riga di fondo. Almeno fino alla pioggia, improvvida nemica: «Sono riuscito a cambiare l’inerzia prendendo il controllo degli scambi, contro di lui è un aspetto determinante. E poi ho cominciato ad avere più vincenti, ma quando siamo rientrati dopo la pausa ho ritrovato un avversario più concentrato di me, più veloce, più aggressivo. E se Nadal è dentro il match, sulla terra non hai chance. Ero un po’ stanco, qui a Roma sono andato a letto in media alle tre e mezzo di notte per le partite serali, evidentemente dopo lo stop non sono stato rapido a riattivarmi». APPUNTAMENTO A PARIGI Niente bis, perciò: ma in ogni caso il tedesco arrivava da 13 successi consecutivi e due tornei conquistati (Monaco e Madrid) e alla sua età né Federer né Djokovic avevano ancora vinto quanto lui. Il passo ulteriore, adesso, diventa psicologico: superare il tabù degli Slam, dove non è mai approdato oltre il terzo turno e non ha mai battuto giocatori tra i primi 50 del mondo. Magari potrà stimolarlo il tabellone di Parigi, da testa di serie numero due potrà infatti trovare Rafa solo in finale: «E questa è una buona cosa, ma al Roland Garros comincerò a pensare solo da sabato. L’importante per me è mantenere questo livello di tennis, è stata una settimana molto positiva perché venivo da un periodo con tante partite sulle spalle e ho affrontato avversari di grande valore. Ma Parigi c’è un solo favorito ed è Nadal». Lui, l’eterno e invincibile diavolo mancino dell’isola di Maiorca, inizia la caccia all’11° Slam francese con la 32′ vittoria in un Masters 1000, il 78° torneo complessivo (staccato definitivamente McEnroe) e il 56° sulla terra e soprattutto con il numero uno del mondo riagguantato per la sesta volta…

 

Nadal VIII, re di Roma dopo il diluvio

 

Marco Lombardo, il giornale del 21.05.2018

 

Così, all’improvviso, ad un certo punto da lontano compare un nuvolone nero. Su Rafa Nadal fino a quel momento il sole splende (6-1 il primo set contro Zverev) e un collega in tribuna stampa la butta li: «Potrà dire: dopo di me il diluvio». Infatti. La finale degli Internazionali d’Italia di tennis sono state invece due: prima e dopo. Quando infatti il vento del temporale si è fatto minaccia, Sasha aveva già ritrovato le sue certezze e imparato la lezione: mai giocare contro il numero 1 sulla terra pensando di essere il numero 1 sulla terra. D’altronde il tedesco aveva già vinto qui a Roma l’anno scorso ed era arrivato quest’anno dopo il trionfo a Madrid. Per cui: perché non cavalcare l’ego, che davvero non gli manca? Per fortuna nella vita s’impara e nel tennis cominciare a ragionare con umiltà rende più forti. Così all’improvviso sopra Nadal si spegne la luce e quando cadono le prime gocce Zverev si trova avanti di un break nel terzo set. E lì comincia in realtà una terza partita. In pratica: poche ore dopo che il presidente della Fit Binaghi aveva puntato il dito contro le previsioni sbagliate dai meteorologi in settimana (cosa che è costato il record assoluto in biglietteria nonostante un torneo da tutto esaurito nel weekend), Giove Pluvio fa lo scherzetto: si passa da 30 a 20 gradi in un amen e appunto da 6-1 Nadal a 1-6, 6-1, 3-1 per Sasha. E da li, dunque, la pioggia. Goccioloni che vanno e vengono come i giocatori dagli spogliatoi, fino ad una interruzione che lascia il fiato sospeso. Si rientra dopo oltre mezz’ora di pausa sul 3-2 e servizio per Zverev, ma naturalmente cambia tutto: quattro giochi di fila con volèe smorzata finale, Nadal vince Roma per l’ottava volta e torna numero 1 del mondo (è il centesimo avvicendamento nella storia del ranking). Perché dopo il diluvio, sulla terra c’è sempre lui.

 

Ottavo titolo netta capitale. Nadal trionfa a Roma e torna numero uno 1

 

Ubaldo Scanagatta, il quotidiano nazionale del 21.05.2018

 

Nadal torna a vincere al Foro Italico (16 61 63, 2h e 6m in 3 atti) dopo 5 anni di «buco» quasi insopportabile per uno che questo torneo l’aveva vinto già sette volte. Dal 2014 a al 2017 avevano trionfato 2 volte Djokovic, una Murray e Zverev. Forse stavolta Rafa deve ringraziare un tantino anche la pioggia che ha interrotto per la seconda volta la finale con Sasha Zverev, perché il tedesco che aveva dominato il secondo set con lo stesso punteggio con cui aveva perso il primo, 6-1, era avanti 3-2 con un break conquistato fino dal primo game del set decisivo. AL RITORNO in campo, tre quarti d’ora dopo, l’uomo di 31 anni contro quello di 21, ha subito recuperato il break. «E’ stato importante!». E ha infilato 4 game di fila fino all’ennesimo trionfo che gli vale anche il ritorno sul trono del tennis. Federer retrocede a n° 2, ma pronto a tornare n° 1 se Rafa non dovesse rivincere a Parigi (dove Roger non ci sarà). Quella di ieri è — parer mio — la vittoria della maggior esperienza. Chissà quante volte Rafa è passato attraverso sospensioni e riprese di match. Certo più di Zverev. Si è sempre detto che Rafa è capace di giocare già il primo quindici d’un match come se fosse un matchpoint. Una virtù quasi unica. Non a caso ha dominato il primo set 6-1, infilando 6 game a fila dopo lo 0-1 iniziale (con break). Zverev era reduce da una striscia consecutiva di 13 vittorie e quando ha vinto il secondo set ed è passato a condurre 2-0 e 3-1 (prima sospensione) forse non ha saputo gestire quel momento negli spogliatoi. Star a 3 game da una vittoria sul «rosso contro Nadal confonderebbe le idee a chiunque NON È STATA una bella finale, con i primi due set a senso unico. Le interruzioni del terzo non hanno giovato all’atmosfera. Resta da vedere se Zverev sarà capace di far bene anche negli Slam. Finora ha stranamente sempre fatto cilecca. «Intanto sarò dall’altra parte del tabellone di Rafa… è già una buona cosa!». E Rafa: «Il tennis è sempre tennis, in 2 anni e 8 Slam Sascha ne avrà vinto qualcuno». E’ n° 3 Atp, ha 21 anni, i Fab Four sono a fine carriera… Accadrà. Ma 2 set su 3 e 3 su 5, checchè ne dica Nadal, sono quasi due sport diversi.

 

La paura della WTA di non avere più stelle sul circuito

 

Paolo Rossi, la repubblica del 21.05.2018

 

Svitolina ha bissato la vittoria a Roma. Ma il panorama del tennis femminile soffre l’assenza di campionesse popolari La paura della Wta di non avere più stelle sul circuito Se Elina Svitolina fa incidere per due volte consecutive il proprio nome sull’albo d’oro degli Internazionali di Roma, come tanti miti del passato, qualche domanda bisogna farsela: in quale direzione sta andando il tennis femminile? Quesito lecito, perché i boss dello spettacolo, italiani e non, cominciano a domandarsi che ne sarà di questo sport dopo Serena Williams e Maria Sharapova. Dove sono finite le stelle? Vika Azarenka sta lentamente (troppo) cercando di riprendersi dalle beghe legali sull’affidamento del piccolo Leo dopo la separazione con Billy McKeague. La canadese Eugenie Bouchard è entrata in un suo loop personale senza luce. Garbiñe Muguruza non riesce a confermare i suoi exploit degli anni recenti nonostante certe spinte mediatiche. E la stessa Sharapova deve dimostrare di poter davvero tornare al livello ante-Meldonium. Serena, infine. Nessuno può davvero mettere la mano sul fuoco sul ritorno al vertice della Williams dopo la maternità, i suoi primi test hanno lasciato a desiderare, tanto che è rientrata in panchina ad allenarsi (è già da ieri al Roland Garros, peraltro). Questo lo stato dell’arte femminile, il movimento maschile sta meglio, grazie a un bel gruppetto di Next Gen (Zverev, Chung, Tsitsipas, Shapovalov tanto per citarne). La Wta cerca una nuova regina come si deve. Con una certa preoccupazione: tv e sponsor, affamati di nuove star, pretendono campionesse e personaggi. Eppure, voltando indietro lo sguardo nel gruppone, qualche volto nuovo s’è già intravisto e si sta intravedendo. Il vento dell’Est resta sempre forte. Con Svitolina, emergono Ostapenko e Kasatkina. Ma non sono ancora in grado di trascinare la folla a vedere una partita. Una nuova candidata s’è appalesata da un paio d’anni: si chiama Sofia, di cognome fa Zhuk. Russa, non è una Millennial (è nata nel ’99) e ha tutte le stimmate per diventare una icona. Bisognerà portare pazienza, però: al momento è n. 137 del mondo. Altrimenti si può sempre scegliere in un ventaglio di alternative: la nuova scommessa americana, Cici Bellis, 19 anni e n. 48. Oppure Belinda Bencic, svizzera, che però ha fermato i suoi progressi. Infine, la carta migliore, Naomi Osaka che, per certi versi, ricorda fisicamente Serena. Padre haitiano, formazione scolastica americana, mamma giapponese: è lei l’incarnazione perfetta del melting pot. La Wta cerca il volto del suo futuro.

 

 

 

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