Perché credo in Matteo Berrettini

Editoriali del Direttore

Perché credo in Matteo Berrettini

PARIGI – Il tennista dell’Aniene ha davvero importanti margini di progresso. Nessun italiano ha mai servito come lui. E il suo dritto fa veramente male. I blasfemi confronti con Federer e Panatta

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da Parigi, il Direttore

I primi giorni di uno Slam, salvo che succeda qualcosa di davvero clamoroso – tipo la sconfitta della regina Ostapen-KO al primo giorno, o il ritorno di Serena Williams dopo 16 mesi dall’ultimo Slam – li dedichiamo di solito ai tennisti italiani. Ciò anche perché dopo i primi giorni, ora che non ci sono più le Fab Four (4 Fed Cup e 4 top ten, anche se gli Slam sono stati solo 2), di solito il tennis italiano saluta e torna a casa. Ma quest’anno, che abbiamo presentato in tabelloni undici rappresentanti, 7 uomini e 4 donne, si va un pochino meglio. Un anno fa solo Fognini (che battè Seppi al secondo round) raggiunse il terzo turno del Roland Garros dei 9 italiani all’avvio e dei 6 approdati al secondo. Fognini perse poi 7-6 6-0 6-2 da Wawrinka che sarebbe poi approdato alla finale (persa con Nadal). Ci sono state annate in cui abbiamo avuto 15 azzurri a Parigi (2012), 13 (2014), 12 nel 2015, 11 (2016 e 2013) come quest’anno.

Comunque quest’anno, ancora prima dei duelli di questo giovedì 31 maggio, cioè  Fognini-Ymer (ore 11) – con Fognini che è oggettivamente favorito e Fabbiano-Coric – dove invece il favorito è certamente il giovane croato allenato da Riccardo Piatti – stiamo andando meglio, perché Cecchinato sull’argentino Trungelliti (6-1 7-6 6-1 1h e 58m) e Berrettini sul lettone Gulbis (6-2 3-6 6-4 6-3 2h e 45m) hanno ottenuto due convincenti vittorie. Idem Camila Giorgi, 6-0 6-3 sulla colombiana Duque Marino. Cecchinato e Giorgi erano favoriti, Berrettini non tanto, un po’ perché è il più giovane dei nostri, 22 anni compiuti il 12 aprile, e poi perché Gulbis è un cavallo di razza, ex n.10 del mondo, una semifinale qui al Roland Garros nel 2014 quando battè prima Federer (come già a Roma) e poi Berdych. Nei giorni scorsi Gulbis, sceso a n.160, aveva fatto fuori due italiani nelle qualificazioni, Giannessi e Travaglia, sempre in tre set. Ma il detto “non c’è due senza tre” non ha funzionato.

“Berrettini può diventare forte se ha solo 22 anni, ha un gran servizio, un bel dritto, di rovescio deve crescere, ma oggi è stato più solido di me…” ha detto Gulbis in esclusiva a Ubitennis.com confrontando il gioco dei tre azzurri e sostenendo che lì per lì  non aveva notato una grandissima differenza di impostazione “a parte il fatto che uno era mancino…” (e ha sorriso) e, “a parte il fatto che pensavo più a come giocavo io che a come giocavano loro,  insomma, la differenza la fa soprattutto l’età… a 22 anni non è facile non avere pause. Lui non le ha avute e io purtroppo sì…”. Berrettini sembra effettivamente avere grandi margini di progresso. Non ricordo, per cominciare, un altro italiano che avesse un simile servizio. Mai. Forse Panatta nelle giornate di vena, ma non era un servizio da erba. Forse Camporese… Un tantino il miglior Bolelli, che però se lo perde nei frangenti decisivi. Tutti gli altri… da dimenticare. Avesse avuto un bel servizio Filippo Volandri, con i colpi da fondocampo che aveva, sarebbe salito ben oltre il ranking che ha raggiunto. È stato un suicidio il suo, quello di non recarsi mai dove glielo avrebbero potuto correggere.

Anche Fognini sconta il fatto di non avere un gran servizio, soprattutto la seconda palla (ma lì allora c’entra anche un po’ la testa, non è solo questione di tecnica), ma nel caso di Fabio c’è l’handicap dell’altezza che Volandri, pur senza essere alto come Berrettini, comunque non aveva negli stessi termini. Vero, peraltro, che giocatori non altissimi come Grosjean, Clement, Kohlschreiber (per non parlare della Coetzer – la ricordate? – e della Cibulkova) hanno dimostrato che con una buona tecnica si può battere piuttosto bene anche se non si è  giganti. Ma il tennis di oggi è fatto soprattutto di giocatori più alti del metro e novanta, tutti o quasi ottimi servitori e in possesso di un gran dritto. Berrettini rientra certamente in questa tipologia. E credo che sul suo conto, e sulle sue prospettive future, si possa essere relativamente ottimisti. Contro Gulbis ha fatto bei punti, anche difficili, anche a rete. E, ecco, la capacità – e l’attitudine – di venirsi a prendere a rete dei punti, senza pretendere di spaccare il mondo sempre soltanto da fondocampo, è importante. Direi quasi fondamentale.

Senza fare adesso paragoni blasfemi dopo le sue primissime vittorie in uno Slam, ricordo bene – e l’ho già scritto altre volte – che Peter Lundgren, il coach svedese di Federer, una volta all’aeroporto di Melbourne mi disse:Devo convincere Roger a venire più spesso a rete a prendersi il punto… ma per ora lui reagisce a quest’idea, al gioco a rete come avventurarvisi sia come trovarsi in un Oceano infestato dai pescecani!”. Beh, Lundgren, ex n.25 del mondo (“Ma c’erano sei svedesi meglio classificati di me!” diceva sempre ridendo e con una birra in mano)  parlava di Federer… non di un tennista sprovveduto e negato a rete! Lundgren aveva portato Marcelo Rios fra i top-ten, prima di di abbandonarlo dicendo: “Per lui ci vuole più uno psicologo che un coach!”. E, alla morte del primo coach di Roger, il sudafricano Peter Carter, Peter Lundgren era diventato il coach di Federer, dal 2000 al 2003. Insomma, per carità, sono passati almeno 15 anni da quando Peter mi fece quel commento su Roger e i pescecani, e da allora certo Roger ha dimostrato che anche quando viene a rete il talento e il tocco per fare quel vuole non gli mancano di certo. Tanto che con Edberg si è addirittura inventato la SABR!

Tutto questo lungo inciso per dire che Federer aveva 22 anni… e che Berrettini ne ha 22 pure lui. Fermi tutti! Non sto dicendo che Berrettini ha gli stessi margini di progresso, lo stesso potenziale di un fenomeno come Federer. Sarei un pazzo a pensare e a scrivere un’assurdità del genere. Sto dicendo però che Berrettini, che è già al terzo turno di uno Slam dove troverà un ostacolo durissimo nel vincitore di Thiem-Tsitsipas (il loro match è stato sospeso per oscurità quando l’austriaco era avanti due set a uno), ha tre anni di vantaggio su un Cecchinato che può raggiungere a breve i top-50 e ha un tennis molto diverso. Matteo ha secondo me una mentalità più immediatamente professionale nonostante la giovanissima età. Chiunque abbia parlato anche poche volte con Berrettini ha l’impressione di trovarsi con un ragazzo che ha le idee chiare, che è più maturo di tanti ragazzi italiani della sua età. E infatti rispetto alla gran parte dei tennisti italiani è più avanti. Perfino Adriano Panatta, che pure sembrava illuminato da un talento purissimo fin quando da bambino vinceva i torneini di Pievepelago, fino a 24 anni non è che avesse vinto molto. Uno sprazzo qua e là, ricordo exploit importanti in Australia a spese di Orantes, Graebner, Nastase (quindi grandi nomi), però alternati a delusioni enormi. E i suoi migliori risultati sono quelli del ’76, quando di anni ne aveva 26, anche se – ribadisco – già a 24 anni aveva mostrato una più che discreta continuità ad alti livelli.

Certo è che c’era minor concorrenza allora di quanta ce ne sia oggi, i Paesi che esprimevano campioni erano sempre gli stessi, piuttosto pochi, australiani, americani, europei di nazioni tradizionalmente tennistiche… certo non capitava di vedere – come ho visto oggi – un cinque set fra un moldavo (Albot) e un bosniaco (Dzumhur). E non c’era fra i migliori del mondo un bulgaro come Dimitrov… Inciso: che spavento per Grigor con Donaldson! L’americano è stato a due punti dal match e se non veniva preso dai crampi… non avrebbe neppure tentato di servire dal sotto, come Chang con Lendl… e ha fatto il punto! Dimitrov è riuscito a scampare alla sconfitta soltanto grazie a un 10-8 al quinto nella giornata dei quinti set. Eh sì, al quinto hanno vinto oltre a Dimitrov, e anche loro rimontando un handicap di due set a uno, Zverev con Lajovic (eh, gli Slam ancora non li ha mica tanto digeriti il buon Sascha!), Nishikori con Paire, mentre Chardy stava per farsi risucchiare i due set di vantaggio da Berdych. Finita la digressione internazionale, ricordando che Djokovic ha vinto agevolmente con Munar e idem Goffin con Moutet, voglio concludere con Berrettini.

Ha più colpi vincenti di quanti ne avessero alcuni nostri giocatori arrivati nelle retrovie dei top-20, cioè dei vari Gaudenzi, Seppi, Furlan, tutti fra n.18 e n.19 come best ranking. Forse non di Camporese, n.18 anche lui che però si muoveva peggio di lui. Insomma io ho fiducia. Diamogli tempo, non esageriamo con le aspettative. Lui e la sua famiglia hanno la mentalità giusta.  E, anche se può apparire un dettaglio, di lui mi è piaciuta anche la chiusa della sua conferenza stampa: “Mi sono lasciato da poco con Lavinia, la ragazza con cui sono stato due anni…”. Come per dire, insomma: calma e gesso, non è che tutto fili per il verso giusto. La vita non è solo tennis. Ci vuole equilibrio. Ecco, mi pare che Matteo ce lo abbia. Incrociamo le dita. E non vi aspettate che debba battere Thiem (e forse neppure Tsitsipas, sebbene con il greco lo scorso anno all’US open ci perse soltanto 7-6 al terzo) al momento. Dategli tempo. Comunque lui non è tipo che si monterà la testa. Vincenzo Santopadre (trovate qui l’intervista realizzata da Ubitennis), il suo ottimo coach, è un tipo che saprà tenerlo con i piedi sulla terra.  

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