Chapeau Fognini, sono ottavi storici (Vidovich). Bravo Fabio, tutto cuore e saggezza (Bertolucci). Panatta, ultimo re azzurro: "Fabio può vincere il titolo. Marco, una bella rivelazione" (Crivelli). Giorgi, battaglia persa con la Stephens: "Mi sono messa in difficoltà da sola" (Clemente). Serena e Maria, c’eravamo tanto odiate. Di nuovo contro (Azzolini)

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Chapeau Fognini, sono ottavi storici (Vidovich). Bravo Fabio, tutto cuore e saggezza (Bertolucci). Panatta, ultimo re azzurro: “Fabio può vincere il titolo. Marco, una bella rivelazione” (Crivelli). Giorgi, battaglia persa con la Stephens: “Mi sono messa in difficoltà da sola” (Clemente). Serena e Maria, c’eravamo tanto odiate. Di nuovo contro (Azzolini)

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Chapeau Fognini, sono ottavi storici (Ilvio Vidovich, La Nazione)

Dopo Marco Cecchinato anche Fabio Fognini, come 7 anni fa, ha raggiunto gli ottavi al Roland Garros. Due italiani qualificati al quarto turno: non accadeva dal 1976. Quarantadue anni fa erano stati Corrado Barazzutti, stoppato da Guillermo Vilas (62 62 63) e Adriano Panatta che invece, annullato un matchpoint al ceco Hutka nel primo turno, vinse poi il torneo battendo Kuki, Hrebec, Franulovic, Borg, Dibbs e Solomon. Quel 1976 è rimasto un anno magico per Panatta, in trionfo anche a Roma, e per il tennis italiano che conquistò in Cile l’unica Coppa Davis. Improbabile che Cecchinato — oggi contro il belga Goffin (n.8) che ieri ha annullato 4 matchpoint a Monfils — e Fognini domani contro Cilic (n.4) possano ripetere quelle gesta. Sarebbe già notevole che uno raggiungesse i quarti. Cecchinato (n.72) aveva battuto venerdì in 4 set Carreno Busta (n.11) e Fognini (n.18) ha superato in 5 set (63 46 36 64 64) Kyle Edmund (n.17) senza farsi impressionare dal potente dritto del britannico, ma prendendo anzi più rischi e tenendo quasi sempre il pallino del gioco. Lo sottolinea il bilancio dei vincenti: 41 a 27. I numerosi errori gratuiti, 60 per Fabio, 48 per l’inglese, raccontano un duello equilibrato, ma tecnicamente modesto. Deciso dagli alti e bassi di Fognini, beniamino del pubblico del Lenglen: i colpi più spettacolari erano quasi sempre i suoi. «Sono molto contento. Qui a Parigi ho bellissimi ricordi, bei risultati fatti quasi da piccolino… Ma mancavano da un po’. Contro Edmund dovevo prendere rischi, ma all’inizio del secondo set ho cominciato a sfarfallare, e nel terzo set ho fatto 5 game orribili. Però poi mi sono ripreso e nell’ultimo game ho risposto benissimo. Ora con Cilic non sono favorito, però una volta l’ho battuto…». Accadeva 9 anni fa. Poi ci sono state due vittorie di Cilic, ora n.4 Atp. Il croato ha vinto un US Open, fatto finali a Wimbledon e a Melbourne. Insomma è diventato ben altro giocatore. «Fognini sul rosso e temibile, ma è anche piuttosto discontinuo», ha detto Cilic che di Fognini è discreto amico. Di certo Fabio non teme le maratone: di 17 match vinti al 5° set, 14 li ha vinti in rimonta, 7 da 2 set a zero, e altri 7 da 2 set a 1, come ieri. Nel femminile, nuova vittoria di Serena Williams sulla tedesca Goerges, 63 64 sotto gli occhi di Mike Tyson. Prelude ad un intrigante scontro in ottavi con Maria Sharapova. Interviste, cronache e storie varie su www.ubitennis.com.

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Fognini incanta e Parigi si scalda: «Qui mi sento pronto a tutto» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Piazza Italia è qui, nel Bois de Boulogne, sul campo dedicato alla divina Lenglen, appena scottato dal sole del mezzogiorno ed esaltato dalle pennellate di classe pura di un Fognini extralusso, risorgente da due set a uno sotto e alla fine dirompente contro il picchiatore inglese Kyle Edmund, una specie di Jim Courier restituito al tennis vent’anni dopo. L’altro Fabio, quello spesso in guerra con se stesso, magari una partita così l’avrebbe persa, avrebbe smarrito testa e certezze di fronte al muro sempre uguale del ragazzone nato a Johannesburg, ma suddito della Regina; questo Fabio invece ricuce, risale, aggredisce e non trema neppure quando nel quinto set si ritrova a fronteggiare due palle break velenosissime sul 2-2, annullandole con due vincenti e poi andandosi a guadagnare il bottino pieno con un perfetto decimo game in risposta. A quel punto il pubblico, che gli ha manifestato un affetto clamoroso fin dal primo scambio, è in sollucchero. Perché Fogna non è cattivo: «Mi piace far divertire la gente, questa è la mia vita, questo è il mio lavoro. Ma se non riesco a farlo bene, al cento per cento, mi abbatto, stare in campo diventa frustrante e mi ritrovo a giocare male». Non qui, però. Non ora. Con il suo trionfo il Roland Garros si riscopre un giardino tricolore dopo 42 anni, dai tempi leggendari di Panatta e Barazzutti. Era il 1976, l’ultima volta di due italiani negli ottavi alla Porte d’Auteil, e sappiamo come è finita. «Sono molto felice, d’altronde questo è il mio Slam preferito. Questi risultati fanno bene a tutto il movimento, più siamo e meglio è, non ci sono gelosie, ma solo stimoli nuovi. Vedere Cecchinato così migliorato negli ultimi mesi e in grado di giocarsela con i più forti o assistere qui a Parigi alla crescita di un giovanissimo come Berrettini, che ha fatto partita pari con Thiem, è un segnale importante». Salgono le palpitazioni, salgono le ambizioni, sale di conseguenza il valore degli oppositori. A Cecchinato toccherà Goffin, Fognini invece incrocerà Clic, il quarto giocatore del mondo, che viaggia sotto traccia e poi te lo ritrovi sempre lì, a cannoneggiare con servizio e dritto, nonostante la terra non rappresenti la superficie del cuore: «Non sono favorito — ammette Fognini —, ma arrivati a questo punto può accadere di tutto, sono pronto. Una volta l’ho pure battuto, ci riproverò». Accadde a Montecarlo nel 2009, poi il croato si prese la rivincita due volte nel 2011. Dopo, nessun altro rendezvous. Ora tutti e due stanno vivendo l’apogeo della carriera. Fabio è virtualmente 15 del mondo e dalla posizione numero 12, che rappresenterebbe il suo meglio di sempre, è distante appena 125 punti: un successo negli ottavi gli schiuderebbe il nirvana. Ed è sincero quando confessa che il pensiero, in campo, lo ha accompagnato: «Edmund è davanti a me di un posto (17 a 18, ndr), sapevo che una vittoria mi avrebbe portato avanti e allo stesso tempo allontanato lui, dunque c’era in palio qualcosa di più di una qualificazione. Sono rimasto tranquillo, ho giocato un ottimo primo set, ma poi ho cominciato a sfarfalleggiare e lui è scappato. Sono stato costretto a rincorrere, ma sempre con lucidità e senza farmi prendere dalla fretta o dal nervosismo. Potevo benissimo perdere al quinto, ma lì ho alzato il livello perché contro avversari così forti devi fare qualcosa in più, quando puoi devi prenderti dei rischi per vincere». Gli argentini la chiamano garra, e sarà per questo che tra i primi messaggi che gli illumineranno lo smartphone ci sarà quello di Diego Maradona su Instagram («Vamos FabioFogna»). La voce del genio.

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Bravo Fabio, tutto cuore e saggezza (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Nel corso di un’annata agonistica, solo in rare occasioni il tennista riesce ad esprimere appieno le proprie potenzialità. Tutte le altre volte deve fare di necessità virtù. E’ quando il servizio balbetta o i fondamentali peccano di incisività o le gambe non girano a dovere che si percepisce il reale valore del giocatore. Ieri Fognini ha superato un test importante venendo a capo di una partita spigolosa, con diversi errori, tanto cuore e una saggia scelta tattica nelle fasi cruciali. Sotto nel punteggio, Fabio non ha perso la calma, ha sapientemente allungato gli scambi e portato l’avversario in un territorio poco gradito. E’ attraverso il superamento di queste sabbie mobili che l’esperienza recita un ruolo decisivo. Lo aspetta Marin Cilic, giocatore votato all’aggressività e alla finalizzazione dei colpi attraverso esecuzioni lineari, ma non continue. Sfida difficile, ma non impossibile.

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Panatta, ultimo re azzurro: «Fabio può vincere il titolo. Marco, una bella rivelazione» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Panatta vincitore battendo Borg ai quarti e Solomon in finale, Barazzutti agli ottavi eliminato da Vilas: il 1976 resta uno degli anni memorabili del nostro tennis. E 42 anni dopo, a Parigi, riportiamo due giocatori alla seconda settimana.

Adriano, due italiani qualificati agli ottavi al Roland Garros: l’ultima volta, nel 1976, lei c’era. Non male come precedente.

Innanzitutto faccio i complimenti a Fognini e Cecchinato, in particolare a Marco che è una rivelazione e sta giocando molto bene. Adesso speriamo che uno vada ai quarti e uno vinca il torneo, per fare meglio di allora.

Secondo lei il Fognini attuale può vincere il torneo?

Me lo auguro, come talento e stile di gioco è uno dei migliori al mondo. Ma conquistare un torneo dello Slam richiede un incastro perfetto di tante cose insieme: intanto hai vinto quattro partite e nonostante questo hai davanti ancora una settimana. Ed è la settimana più dura, emotivamente e fisicamente. Ora l’errore più grave che si possa commettere è guardare oltre la singola partita: bisogna pensare a un match per volta.

Ci sembra di cogliere un filo di rimpianto.

Vero. A me è successo solo una volta di immaginare un orizzonte più lontano della partita che stavo per giocare, ai quarti di Wimbledon 1979 contro DuPré: pregustavo già la finale contro Borg. Sapete com’è andata (sconfitta in 5 set, ndr), è stata una delle delusioni più grandi della mia carriera.

Il feeling degli italiani con Parigi è legato solo alla superficie di gioco o ci sono anche altri aspetti, magari il fatto di sentirsi parte di un ambiente più vicino a noi culturalmente?

Non so se l’ultimo aspetto possa contare. Io credo che influisca soprattutto la nostra formazione tecnica: il giocatore italiano nasce ancora sulla terra, è la superficie su cui sa muoversi meglio e sulla quale si sente più sicuro. Superficie a parte, questo è lo Slam più dispendioso dal punto di vista fisico, con partite molto tirate fin dall’inizio. E’ un torneo lunghissimo, e la seconda settimana sembra non finire mai.

Un augurio per i nostri?

Intanto, che vincano la prossima partita.

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Giorgi, battaglia persa con la Stephens: «Mi sono messa in difficoltà da sola» (Valentina Clemente, Corriere dello Sport)

E’ stata una partita tesa, che si è decisa sul filo degli errori gratuiti (56 vs 23), i quali alla fine hanno pesato sul ruolino di Camila Giorgi nel set decisivo contro Sloane Stephens, terminato 8-6 per la statunitense dopo che la tennista italiana si è ritrovata per ben due volte a servire per il match. Un rebus difficile da districare, visto che la Giorgi ha praticamente fatto la partita (come da sua stessa ammissione), ma che al momento sembra non aver lasciato alcuna traccia nel suo spirito. «Sono soddisfatta della mia prestazione, forse avrei potuto rispondere meglio, ma sento che sto andando avanti e soprattutto il servizio mi sta dando maggiori soddisfazioni, ho dato veramente il massimo, utilizzando tutte le soluzioni a disposizione. Penso di aver fatto tutto io oggi, ho creato e mi sono messa in difficoltà da sola». Certo è che la Stephens, numero 10 del mondo e già vincitrice Slam a Flushing Meadows lo scorso settembre, non era la cliente più semplice e in più di un’occasione la marchigiana è riuscita a recuperare nei confronti dell’americana, non convertendo però le proprie possibilità nelle due ore e mezza di gioco (4-6 6-1 8-6). Rispetto alle stagioni precedenti, la Giorgi ha sicuramente fatto dei passi in avanti sulla terra, anche se forse c’è ancora da lavorare sulla continuità mentale all’interno del match. «Sono contenta dei miei risultati e sono sicura che ml aiuteranno anche per il proseguimento della stagione, mi sento più completa». Tornando poi al match, la Giorgi ha aggiunto: «Ho apprezzato tanto l’atmosfera della partita e mi ha fatto piacere il sostegno del pubblico, il campo 18 è una bella novità in questo torneo, non è stato un problema lo spostamento dal Centrale all’altro, alla fine per me un campo vale l’altro, cambia solo la capacità della tribuna». Adesso la Giorgi avrà due settimane di stacco, per riposare e iniziare a preparare la stagione sull’erba. «Ho in programma un calendario fitto: andrò a Nottingham, Birmingham, Eastbourne e Wimbledon, voglio giocare il più possibile per tentare di mettere a punto tutti i dettagli e aumentare la fiducia nelle mie capacità. È un lavoro che si fa nel quotidiano, giorno dopo giorno, è una cosa fondamentale per me».

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Serena avanti tutta con il tifo di Tyson. E ora sfida d’altri tempi con la Sharapova (Corriere dello Sport)

Se ieri Diego Armando Maradona ha tifato a distanza per Fabio Fognini, Mike Tyson era sugli spalti del “Suzanne Lenglen” per seguire da vicino e incitare Serena Williams. L’ex pugile è poi sceso negli spogliatoi per complimentarsi con l’altra icona del Black Power sportivo, commossa e felice per questo incontro ravvicinato. In campo mamma Serena, al primo Roland Garros da mamma dopo aver saltato l’edizione 2017 quando era incinta di Olympia, ha impiegato due set e 75′ per eliminare la testa di serie numero 11 dello Slam parigino, Julia Goerges. E domani sarà attesa da una supersfida negli ottavi: sua avversaria sarà infatti Maria Sharapova, che ieri è stata ancor più sbrigativa contro Karolina Pliskova, alla quale in 59′ ha lasciato appena tre game. Non proprio una bella figura per la ceca, numero 6 del mondo. Williams-Sharapova, quindi, sarà il big match femminile del programma di domani: 28 Slam in due, dei quali 5 Roland Garros, con un bilancio di 19-2 nei precedenti per la statunitense (4-0 sulla terra). È finita negli ottavi l’avventura del 40enne Daniele Bracciali, che ieri con Andreas Seppi è stato eliminato in due set decisamente equilibrati (il primo si è risolto solo al tie-break) dalla coppia testa di serie numero 3, formata da] finlandese Henri Kontinen e dall’australiano John Peers. Bracciali non giocava uno Slam in doppio da tre anni e mezzo.

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Serena e Maria, c’eravamo tanto odiate. Di nuovo contro (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Alla fine, dopo quasi due anni e mezzo, si sono ritrovate. L’ultima volta fu a Melbourne 2016, nei quarti, e chi vinse è facile ricordarlo: Serena Williams, che delle ventuno sfide con Maria Sharapova ne ha perse solo due, entrambe nel 2004, l’anno di grazia della russa vittoriosa a Wimbledon. Due regine contro, per l’ennesima volta, diverse in tutto, forse nemiche, di sicuro non amiche. Ma sapete come vanno queste cose, alle grandi sfide ci si fa l’abitudine, ti entrano dentro, diventano parte stessa delle contendenti. Che poi, a guardare i numeri, è una sfida che sul campo non è mai esistita davvero. Troppo grande la differenza, troppe le vittorie di Serena, i 23 Slam, i 72 trofei. Maria vale la metà, 36 vittorie. Eppure, gli opposti si attraggono e le due, in una nuova sfida, ci speravano. Vi giungono in modi opposti. Maria Sharapova sta meglio e fra Roma e Parigi, che ormai sono diventati due fra i suoi tornei preferiti, è tornata a giocare di slancio, da grande combattente. Ieri ha superato Karolina Pliskova, quasi in souplesse. Serena è alle prese con una rinascita, invece. E’ qui da mamma, vestita con la tutina nera, «da regina di Wakanda», lo stato che non c’è celebrato nei fumetti di fantascienza. Ha voluto tornare in campo il più presto possibile, ed eccola qua, sette mesi dopo la nascita della bimba. È arrivata agli ottavi battendo anche la tedesca Goerges e in molti non se lo aspettavano. Sta riprendendo a macinare le avversarie, come ha sempre fatto. E a 36 anni non è poca cosa. Vedremo se le riuscirà anche con la Sharapova. Vedremo se la sua vis polemica nei confronti della russa è ancora la stessa, nonostante Maria si sia schierata dalla sua parte quando Parigi le ha negato una testa di serie nel torneo. «Diventare mamma e tornare al tennis credo sia una delle cose più difficili del mondo», ha detto la russa, «e Serena ha vinto così tanto che per lei si possono fare tutte le eccezioni che vi pare. Andava trattata con più rispetto». Basterà ad ammorbidire la Più Grande fra le tenniste?

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