Camila Giorgi ci è o ci fa? Campionessa vera o sporadica?

Editoriali del Direttore

Camila Giorgi ci è o ci fa? Campionessa vera o sporadica?

LONDRA – Sei anni fa rosee previsioni. Poi alti, bassi, tanti dubbi. Speranze e delusioni. Piace come gioca, ma fa pure rabbia. Può davvero vincere uno Slam? Magari questo dove 8 top-ten hanno fatto le valigie?

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da Londra, il Direttore

Quando Camila Giorgi, sei anni fa, approdò ventenne agli ottavi di finale di Wimbledon, uscendo dalle qualificazioni e ancora sufficientemente naif da salire tranquillamente sul seggiolino posteriore della Vespa che ogni anno generosamente la Piaggio mi mette a disposizione – sia a Parigi sia a Wimbledon… anche se nei tempi moderni si chiamano MP3 e hanno tre ruote – dai tempi in cui ebbi modo di conoscere Giovannino Agnelli, in tanti ritenemmo che sarebbe presto diventata, se non una top-ten, certamente una top twenty. L’anno dopo quel memorabile Wimbledon 2012 (dove fu battuta tutt’altro che nettamente da Aga Radwanska che su questi prati leggendari ha fatto anche una finale), con gli ottavi di finale raggiunti anche all’US Open 2013, quella diffusa previsione parve poter diventare realtà a breve.

Invece da quel settembre 2013 a New York sono passati quasi cinque anni e Camila nei successivi 18 Slam non era più andata oltre il terzo turno, raggiunto oltretutto – fino a ieri – appena quattro volte. L’ultima al Roland Garros quest’anno quando si è trovata a servire due volte per il match con la Stephens (poi finalista). E la massima classifica da lei raggiunta si è fermata a 30. Per poco. E mai più su. Di cause per la mancata “esplosione” per la ragazzina nata a Macerata da Sergio e Claudia ne sono state via via ipotizzate tante: una vita itinerante non facile, Argentina, Stati Uniti, Italia, peregrinazioni internazionali ma anche nazionali, con pochi soldi in tasca, sponsor che apparivano e scomparivano, cause legali qua e là, un gravissimo lutto in famiglia (la morte della sorella di Camila), un coach – il padre onnipresente  – che non avendo mai giocato a tennis è stato a lungo nel mirino della critica più tradizionale soprattutto per certi atteggiamenti anticonformisti (e talvolta maleducati, diciamo la verità), anche se è evidente che Camila non sarebbe la tennista che è oggi se non ci fosse stato lui. Qualcuno è padrone di pensare che con un coach più preparato Camila avrebbe raggiunto traguardi più importanti, ma manca la controprova e magari invece a Camila serviva soprattutto il sostegno di un padre-allenatore pronto a buttarsi nel fuoco per lei. Del resto tanti padri di giocatrici che hanno raggiunto grandi risultati sapevano a malapena tenere la racchetta in mano. Papà Graf, papà Seles, papà Capriati, papà Pierce, papà Wozniacki, papà Williams – tutti con caratteristiche differenti per la verità – eppure si sono rivelati coach più efficaci di tanti maestri superdiplomati, federali e non.

Il carattere “fumino” di papà Giorgi ha trascinato la famiglia in tante battaglie, compresa quella con i vari Barazzutti, Palmieri, Schiavone, l’ambiente della Fed Cup  e la nostra federazione. Vicenda come tutti sanno da poco composta perché alla fine il “volemose bene” conveniva a tutti. Ai Giorgi perché nonostante i quasi 3 milioni di dollari vinti di solo prizemoney da Camila, ancora non si sentono del tutto tranquilli economicamente per le generazioni a venire. Alla FIT perché la situazione del nostro tennis femminile è così disastrata che con la Giorgi almeno tanti dirigenti, il presidente e i tecnici in testa, possono salvare la faccia. Se a Wimbledon quest’anno abbiamo potuto sbandierare un record positivo, nove italiani in pantaloncini in tabellone, sei al secondo turno, due al terzo, a far da contraltare c’è stato anche il record negativo di una sola tennista in tabellone. Appunto Camila. Con la Errani messa k.o. dal TAS, non si vede luce in fondo al tunnel. Attaccarsi a Camila era un po’ l’unica ancora di salvezza. Perché, nonostante i tanti alti e bassi Camila ha chiuso il 2014 a n.35 e il 2015 a n.34. E ha pure battuto 8 top-ten, a dimostrazione del fatto che il talento ci sarebbe e che quando le cose le girano per il verso giusto può battere quasi tutte le più forti tenniste del mondo, soprattutto in quest’epoca in cui – a seguito dell’inevitabile declino delle due Williams – di giocatrici davvero imbattibili forse non ce ne sono più.

Camila gioca un tennis che piace, che diverte, questo è indubbio. Un tennis ad alto rischio, scoppiettante. Piace ma fa pure rabbia perché troppe volte perde partite che sembra avere in pugno. Il suo è un tennis che la vede quasi sempre comandare il gioco, essere la prima protagonista della vittoria come della sconfitta. È certamente più forte quanto attacca che in quelle rare situazioni in cui è costretta a difendersi. Con la Siniakova, ottima giocatrice davvero – e ha solo 22 anni – per tutto il primo set ha stranamente subito. Ma Camila ha forza, ha capacità d’anticipo, ha tutti i colpi anche se non tutte le variazioni –le mancano, ad esempio, la smorzata che potrebbe essere un’arma micidiale per lei che a volte spinge le avversarie a ridosso dei teloni di fondo, ma anche la volée più tradizionale che tante volte sarebbe molto più efficace che quelle predilette più inutilmente rischiose a schiaffo…- che potrebbero essere utili in tante situazioni.

Così come potrebbe esserle utile riconoscere che lo studio delle caratteristiche dell’avversaria è utile, serve. Lei si trincera dietro il solito “io faccio il mio gioco”, o anche “io il tennis femminile non lo guardo” così come ogni volta che le chiedi qualcosa su un’avversaria contro la quale magari ha giocato 4 volte (è il caso della Brengle) “non la conosco, se ci ho giocato ormai è passato, non serve”… e io davvero non capisco fino in fondo se Camila quelle cose che ci dice le pensi sul serio e le dica tanto per non perdere tempo con chi come me prova a farle qualche domanda un po’ più inquisitiva, oppure davvero creda in quello che ci dice. Boh. Per me è un mistero. E lo è tanto di più perché da quel che dice a proposito del tennis e delle sue frequentazioni nel circuito (“Non ne ho, di amiche ne ho tante, ma tutte fuori dal tennis. Nel circuito si è lì per lavoro, non per cercare amici…Il doppio? Non lo farò mai, non è un mio obiettivo”) se uno gioca a tennis più per “lavorare” che per divertirsi, beh, allora sarebbe molto più professionale studiare le avversarie come – butto lì – la Makarova che sarà la sua avversaria negli ottavi ed è mancina.

Invece Camila è capace di dirti bella tranquilla che “mancina o destra cambia poco, io faccio il mio gioco”. Già, ma qual è il suo gioco? Bombarde su bombarde? Beh, prima era solo così. O dentro o fuori, o la va o la spacca. Adesso qualche piccolo accorgimento tattico c’è. Progressi se ne sono fatti. “La differenza fra oggi e 6 anni fa? Sono più matura, ho più match alle spalle, ho più esperienza. Prima ero una bambina… gioco meglio di allora, sono più forte”. Ieri ha vinto una gran bella partita, ma – insomma – non è neppure il caso di dimenticare che è stata a un passettino dalla sconfitta. Che dopo un’ora e 40 di gioco si è trovata a dover annullare sul proprio non sempre irresistibile servizio un matchpoint, sul 6-3 5-4 30-40 per l’avversaria. Lì ha tirato fuori un coniglio dal cilindro del prestidigitatore, sotto forma di un rovescio lungolinea straordinario su una palla che era rimbalzata bassissima sull’erba. Coefficiente di difficoltà 10. Un colpo giocato senza paura, quasi con quella incoscienza che spesso pare contraddistinguerla. Io sospetto – e so trattarsi di un sospetto maligno – che se ci fosse stato papà Sergio, forse Camilla si sarebbe agitata di più e non sarebbe riuscito a mantenersi così tranquilla. Chissà?

Comunque sia quando ora, in un clima di forse eccessiva esaltazione che coinvolge anche i nemici di un tempo, sento dire che la Giorgi potrebbe vincere questo Wimbledon martoriato dalle uscite di scena di 8 top-ten (si sono aggiunte altre due americane, Venus Williams e la Keys, e c’è mancato un soffio che si unisse alla beata congrega anche la Pliskova, a due punti dal baratro con la rumena Buzarnescu) io mi permetto di dire: bene che tante top-ten non siano più in lizza, speriamo, se volete sogniamo anche, ma calma e gesso! Intanto ricordiamoci che la Halep presidia una metà del tabellone e che nell’altra metà c’è solo la Pliskova (ben che vada si troveranno in finale, l’unica possibile fra top-ten) e… Serena, testa di serie n.25 per modo di dire anche se fin qui non ha battuto giocatrici meglio classificate del 60mo posto (la Mladenovic).

Non vorrei che Camila si prendesse una sbornia come si è preso un po’ quel bravo ragazzo di Fabbiano che, come ha spiegato, “ancora mezz’ora prima della partita con Tsitsipas, ricevevo complimenti e congratulazioni per aver battuto Wawrinka… e poi ho pagato il non aver saputo gestire quel successo per me così straordinario… mi servirà per il futuro”. Nessuna partita è mai facile per Camila, neppure sull’erba che è probabilmente la sua superficie preferita perchè è lì che, ad Hertogenbosch 2015, ha vinto il suo unico torneo. Anche con la Brengle avrebbe dovuto, o meglio potuto, vincere 6-2 6-2 e invece ha vinto 6-4 6-4. Con la Siniakova, sul futuro della quale mi sento davvero di scommettere, era lì lì per fare le valigie e andare a casa con un 6-3 6-4 in saccoccia. Penso anche che la ceca sia stata molto sportiva quando nell’intervista di post match fatta con AGF e il sottoscritto quando ha detto: “Sono stata sfortunata a dover giocare così presto stamani, dopo che ieri avevo giocato più di 4 ore fra singolare e doppio (4h e 16 m per la precisione di AGF).”. Avrebbe potuto dire: “Ho subito una clamorosa ingiustizia”. Le avessero dato qualche ora di riposo in più, e la possibilità di giocare in un orario meno afoso e soleggiato, la robusta Katerina (che ha miglior mano e variazioni di Camila) non sarebbe probabilmente crollata sul 2-2 del terzo set.

Quindi do ragione a Camila quando dice – chissà fino a che punto sincera – che lei il tabellone non lo guarda, che pensa soltanto ad una avversaria per volta. Non si potrebbe permettere di fare diversamente, perché per vincere, per non commettere troppi doppi falli, per non farsi sorprendere quando le battono al corpo (come ha fatto spesso la Siniakova, che è giocatrice sicuramente intelligente), per non volere sparare su ogni risposta e in ogni momento (anche quando si vede che l’avversaria è in affanno e potrebbe bastare rispondere di contenimento su una palla lontana)  ha bisogno di avere sempre il massimo della concentrazione. E quella la si ha se non si pensa ad altro. La Makarova non è solo mancina. Non è solo la n.1 del mondo in doppio e quindi assai temibile anche quando si presenta a rete (sebbene non lo faccia spesso). È tennista esperta, ex n.8 del mondo anche se oggi la troviamo a n.35 perché quest’anno prima che qui (con Wozniacki e Safariva, due tipe toste battute al terzo set) non aveva ancora vinto due partite di fila. Ma insomma una che batte Serena Williams anni fa all’Australian Open, che è medaglia d’oro olimpica in doppio con la Vesnina, è certo in grado di mettere in difficoltà una Giorgi dal tennis un tantino prevedibile, anche se a tratti ugualmente incontenibile. Venendo anche a prendersi qualche punto a rete, se necessario. Per non subire troppo Camila.

Eppoi eppoi, beh non dimentichiamo a chi accarezza sogni di gloria imperitura per Camila (leggasi trionfo a Wimbledon!), che chi vincerà lunedì – a proposito: non sarà dispiaciuto alla trentenne Makarova di poter usufruire di due giorni di riposo – dovrà quasi certamente vedersela con Serena Williams. Serena non dovrebbe poter perdere con la Rodina, n.120 WTA. Vero che io ero convinto che la Keys avrebbe fatto polpette della Rodina e allora… ma la Keys ha perso a un certo punto 9 games di fila e questo con Serena che serve come serve non credo possa succedere. Altra annotazione, vero che 8 top-ten non ci sono più, ma la Halep, la n.1 c’è sempre. E fin qui non ha tremato. Dai Camila, hai ragione te, facciamo un passo alla volta. Prima batti la Makarova, un test difficilissimo secondo me, e poi di Serena ne riparliamo.

Però una cosa ti chiedo. Non mi far passare come uno che ha l’anello al naso. Come fai a dire quel che hai detto ieri e che trascrivo: “Quando mi sono arrabbiata sul set point del secondo set è stato per il colpo in sé, non perché è arrivato su quel punteggio. Ero sicura che comunque avrei vinto quel set, sicurissima”. Ma dai, sicura di che? Hai annullato un matchpoint, perdevi 4-2 nel tie-break, avevi riacciuffato la Siniakova per puro miracolo…sbagliato quel setpoint eri sul 6-6 nel tie-break, quindi a 2 punti dalla sconfitta e tu lo sai benissimo che non è che ogni volta che devi servire hai il punto assicurato. Ma come fai a dire che eri… non sicura, ma sicurissima? Molto meglio quando nel rispondermi quando ti chiedo se possa essere il caso di fare un mezzo sogno e nel frattempo a come pensi di fare nel weekend, a come preparare il match con la Makarova, mi dici: “Vado dal parrucchiere”. In fondo è una questione di testa no? Nel frattempo io invece, tiferò Fognini contro Vesely, ci crediate o no. Problemi vostri (e forse suoi). La spuntasse sarebbe il primo italiano di sempre, come scrivevo ieri, a raggiungere gli ottavi di finale in tutti i quattro gli Slam.

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