La dolorosa sconfitta di Roger Federer

Editoriali del Direttore

La dolorosa sconfitta di Roger Federer

LONDRA – L’imprevedibile sconfitta dello svizzero (colpa dell’età?) rovina l’attesa per una finale con Nadal dopo 10 anni. Nadal-Djokovic la semifinale nobile. Anderson-Isner rischia d’essere inguardabile. Eppure uno dei due “over 2 metri” può vincere il torneo

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da Londra, il Direttore

Quella di Roger Federer è una sconfitta dolorosa. Per lui per primo, perché se non può avere grossi rimpianti per il match point non sfruttato, li può avere per diverse altre opportunità per fare il break (13 in tutto, ma solo 3 convertite) a Anderson in più di un set. Perdere con il match point brucia sempre, anche se lui ci dovrebbe avere fatto il callo! Sono già 20 le partite che ha perso con il match point. Ma a Wimbledon non gli era ancora mai successo. Gli era invece successo di perdere pur avendo condotto due set a zero, con Tsonga nel 2011. E in un altro Slam con Djokovic nel 2011. È dolorosa ovviamente per tutti i suoi fans, milioni e milioni a giro per il mondo. È fortemente dolorosa anche per Ubitennis e i siti di tennis perché fra Federer in corsa per un titolo e Federer out ci corre un mare di visite, di click, di commenti di voi lettori.

È dolorosa perché insinua il dubbio che l’elisir della giovinezza trangugiato a iosa da Roger non funzioni più tanto, soprattutto quando i match diventano maratone. Il match point lo aveva avuto dopo un’ora e 57 minuti. Il match è durato 4 ore e 14 minuti e lui stesso ha detto che man mano che la partita avanti non riusciva bene  a vedere come venirne fuori anche se “ancora sul 10 pari pensavo che prima o poi Kevin mi avrebbe dato l’opportunità di qualche ‘seconda’ da attaccare. Invece lui è stato bravo e io non ho avuto una gran giornata ma, senza giocar male, una giornata normale, ordinaria, come capitano il più delle volte”. Dopo di che ha negato di essere stanco. Ma perché sbagliava tutti quei dritti allora?

È dolorosa per lo spazio che il tennis occuperà sui giornali perché la concomitanza con la World Cup di calcio non aiuta, anche se qui nel Regno Unito, la sconfitta dell’Inghilterra con la Croazia, restituirà fra qualche giorno anche interesse al tennis. Ma obiettivamente una semifinale fra due bombardieri d’oltre due metri e ampiamente over 30, Anderson (32 anni)  e Isner (33), non è troppo eccitante. Fosse stato un primo o un secondo turno, quanti avrebbero fatto la coda per vederli, se non fossero stati sudafricani o americani iper-patrioti? Bum bum, un ace dopo l’altro. Di qua e di là. Con Isner che non ha ancora perso un servizio in tutto il torneo ed è così eccitato, ora che a 32 anni ha vinto quest’anno il suo primo Master 1000 (Miami) e che ha raggiunto per la prima volta le semifinali di uno Slam, che se gli chiedessero di stare in campo tre giorni per vincere un altro match 70 a 68 firmerebbe subito. Così di placche dorate ce ne sarebbero due, una sul 18 e un’altra sul Centre Court.

Vero che sia lui sia Anderson (soprattutto)  sanno scambiare anche da fondo, però tre quarti dei punti saranno decisi dai servizi. Noioso. Sul fatto che ci sarà almeno un tie-break… credo sia una scommessa cui i bookmaker non daranno una quota. Ma dolorosa anche la prospettiva di una finale poco intrigante. Chiunque vinca fra Anderson e Isner non sarà eccitante, sia Rafa Nadal o Novak Djokovic l’altro finalista. Lo scorso anno la gente non fece la corsa ai biglietti del mercato nero neppure per la finale fra Federer e Cilic. E c’era Federer. Non riesco a immaginare che i fans facciano a cazzotti per vedere, poniamo, Anderson-Djokovic o Isner-Nadal. Sembrava l’anno delle grandi nostalgie e degli anniversari. 150 anni dal primo torneo, 1877, 50 anni dall’inizio dell’era Open, e 10 anni fa qui si giocò una delle più belle finali di sempre, quella vinta da Nadal 9-7 al quinto su Federer che aveva vinto le due precedenti finali su Rafa.

I due primi giocatori del mondo, e teste di serie qui rovesciate, sembravano predestinati a giocare l’ennesima finale, ma la prima da allora, una sorte di celebrazione rievocativa. Invece poco c’è mancato che, dopo dieci set giocati in due, uscissero di scena entrambi. Per carità questo è il bello del tennis. Se i match avessero vincitori scontati questo sport non sarebbe così bello. Alla fine del terzo set dei due incontri durati oltre quattro ore (mezzora di più quello di Nadal e del Potro) si sarebbe detto che Federer nonostante il match point non trasformato avrebbe comunque vinto e che invece Nadal avrebbe probabilmente perso dopo essersi divorato il secondo set che gli avrebbe dato un vantaggio di due set a zero probabilmente incolmabile. Invece è accaduto esattamente l’opposto. Perché Federer non era in buona giornata – ha sbagliato più di 20 dritti gratuiti, ha perso scambi che solitamente non avrebbe perduto – e perché Nadal è un guerriero che non molla mai. Il quinto set fra Nadal e del Potro è stato il miglior set del torneo. Sul 4-3 del quinto un game è durato 12 minuti e Nadal ha salvato una palla break dopo l’altra. Spettacolo puro. Direi che è stato uno degli incontri più belli dell’anno.

E alla fine del Potro pareva davvero convinto, anche se ha lottato fino all’ultima palla e ha mancato quattro palle per recuperare il break grazie al quale Nadal era in vantaggio nel quinto, che Nadal avesse meritato di vincere. Adesso, mentre ho già detto tutto quello che penso della semifinale della metà alta del tabellone, dico anche che la semifinale Diokovic-Nadal, sequel giunto alla cinquantaduesima puntata, 26 a 25 i precedenti per Nole ma con Rafa che ha vinto (sulla terra) le ultime due partite e Nole invece vittorioso qui nella finale del 2011, è il massimo di quanto potevamo sperare di vedere. La testa di serie che avrebbe dovuto arrivare contro Nadal era la n.4 Zverev e non la n.12 Djokovic – la cui ultima semifinale in uno Slam era stata quella dell’US Open 2016 – ma voi tutti chi avreste preferito vedere contro Nadal? Zverev o Djokovic?

Come scrivevo già ieri Djokovic è apparso in grandissima ripresa in questo torneo. Del resto, dopo la sconfitta con Cecchinato al Roland Garros – con Novak che per lo sconforto del  momento aveva addirittura esternato l’idea di saltare la stagione sull’erba – lui ha fatto la finale al Queen’s e l’ha persa con il match point contro Cilic ma giocando meglio del croato. E qui a Wimbledon ha dominato tutti i suoi match, compreso con quello con Edmund una volta perso il primo set e stessa cosa con Nishikori che dopo aver vinto il secondo set fra terzo e quarto non è andato oltre a due game per manche. Basteranno a Nadal che è sempre stato un mostro di resistenza e atletismo 48 ore per recuperare le 4 ore e tre quarti di furibonda battaglia con del Potro? Qualche anno fa non ci sarebbero stati dubbi al riguardo. Ma Rafa ha compiuto 32 anni, non è più un ragazzino. Cinque set sono cinque set (con un 7-5 e un 7-6) e sull’erba che ti costringe a stare sempre giù, ginocchia piegatissime, si fatica molto più che su altre superfici. Chi ci ha giocato lo sa meglio di chi si limita a guardare o di sull’erba ci ha fatto solo piacevoli passeggiate.

Azzeccare un pronostico per la sfida che ha avuto più precedenti di qualunque altra in campo maschile – fra le donne Martina Navratilova e Chris Evert hanno lottato in  80 duelli e Martina ne ha vinti 43 contro 37 –  è durissimo. Ma qualunque risultato non potrà sorprenderci quanto quello che è venuto fuori da Anderson-Federer dopo che lo svizzero aveva vinto i quattro precedenti senza perdere un set – 8 set – cui si erano aggiunti i primi due set di questo loro quinto duello. Di certo il campo n.1, sul quale non aveva più giocato da 3 anni, non ha portato fortuna allo svizzero re di Wimbledon in otto occasioni. Per Anderson la cui vittoria i bookmaker pagavano fra sette volte e mezzo e dieci volte la posta, è certo la vittoria più importante della carriera, anche se l’aver raggiunto la finale dell’US open nel settembre scorso resta negli annali. “Ho continuato a dire a me stesso che dovevo lottare, che dovevo credere di poter anche vincere…ma al tempo stesso penso di aver fatto bene a non pensarci troppo”.

Io credo che Federer, più che al matchpoint, ripenserà a quel primo doppio fallo commesso sull’11 pari e 30 pari. Di lì a poco avrebbe perso il servizio per la terza volta nel match. Ci era arrivato con 81 servizi tenuti consecutivamente. L’ultima volta che aveva perso stando in vantaggio per due set a zero (5 in tutto) era stato in semifinale all’US Open 2011 con Djokovic. Certamente la sconfitta di Federer vede crescere le chances di successo di Nadal che aspira al terzo Wimbledon e allo Slam n.18: “Non sono mica uno stupido ad augurarmi di incontrare nell’eventuale finale proprio Federer… – aveva  detto Nadal giorni fa – meglio uno più debole no?”. E la stessa cosa vale per Djokovic che di Wimbledon ne ha vinti già tre e di Slam 12. Ma questo non significa assolutamente che a questo punto Isner e Anderson non possano vincere anche loro il torneo. L’erba appiattisce i valori, gente che serve come Isner e Anderson nella giornata buona può battere chiunque. Quando Anderson andò in finale a Flushing Meadows pensai invece che contro Nadal avrebbe potuto vincere solo grazie a un miracolo. Qui, per lui come per Isner, non lo penso per nulla. “Grass is a tricky surface”, l’erba è una superficie dispettosa, diceva qualcuno l’altro giorno.

Per quanto riguarda le due semifinali femminile odierne credo di aver già detto nei due video quotidiani che mi aspetto che Serena Williams domini la Goerges, che però è ragazza intelligente oltre che bella per cui proverà a a non  farsi travolgere senza giocare a pallate, e che la Kerber vinca con la Ostapenko, magari in tre set. Ma in finale la Kerber può dar vita con Serena a un match più equilibrato, secondo me, di quello che riuscirebbe a fare la Ostapenko.

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