Impressioni di Londra: Federer e Gulbis, la ruga e lo spleen

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Impressioni di Londra: Federer e Gulbis, la ruga e lo spleen

Tennis e impressionismo. Piccoli ritratti in cui passano grandi cose

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Wimbledon. Lunedì. Seconda settimana. Federer contro Mannarino. Il prato è color smeraldo e il cielo una sua rifrazione. Siamo nel luogo più speciale del mondo. Dove nel 2001 è cominciato il Grande Incantesimo. Dalla vittoria al quinto set contro Sampras è cominciata la Dorian Gray Era. Quella del Tempo-Che-Non-Passa. Vincono sempre gli stessi. Gli altri giocano e Loro vincono. Gli altri smettono e Loro vincono. Noi invecchiamo e Loro no. Passano i presidenti, cambia la geografia del mondo ma affacciarsi sul centrale di Wimbledon vuol dire assistere all’illusione di un tempo immobile grazie ai gesti fluidi di un ragazzo svizzero, che anno dopo anno frusta con imbarazzante semplicità una generazione dietro l’altra di comuni mortali con la racchetta in mano. Giusto per capirci questi erano i primi dieci del mondo di quando Roger, dopo la partita con Pete, nascose il suo ritratto in soffitta: Kuerten, Safin, Sampras, Norman, Kafelnikov, Agassi, Hewitt Corretja, Enquist, Henman. Più o meno dei ricchi signori stempiati con le mensole piene di coppe, gli occhi pieni di ricordi e un presente noioso con cui convivere.

Guardo il primo set finire in diciassette minuti. Mannarino è leggerino ma ha un rovescio bimane di rara bellezza e un timing morbido a tuttocampo che rinuncerei volentieri alla mia macchina per poter colpire così la palla, anche solo per un giorno e disossare Giovanni Berardi, il maledetto metronomo autodidatta che ogni fine settimana mi ricorda che non c’è nessun legame tra il tennis dentro la mia testa e quello sulla mia racchetta. L’irrealtà di quei diciassette minuti sul centrale di Wimbledon riattivano l’incantesimo e come per incanto gli ultimi diciassette anni fuori da quel perimetro verde svaniscono. Giusto per dire le telecronache le facevano Clerici e Tommasi, L’Euro non era ancora una moneta fisica, Beppe Grillo faceva il comico, Carlo Giuliani era un bel ragazzo con un futuro davanti e in quel luglio del 2001 le Torri gemelle disegnavano ambiziose il futuristico skyline di New York. Incredibile. Ovunque ci giriamo il mondo si sbriciola o corre furioso inseguendo tecnologie digitali, tranne che nel centrale di Wimbledon dove i gesti di Federer, nonostante pesti come un fabbro, ci riporta addirittura ai tempi maivisti di Tilden [1] o del Barone von Cramm [2].

Uno dei prezzi da pagare per questo strano incantesimo è che da una quindicina d’anni la prima settimana degli Slam è diventata poco più che una palestra frequentata da 128 persone in cui tutti sudano, sognano, corrono e poi vincono solo in due, o tre. Un pessimo giallo in cui sai già che l’assassino è il maggiordomo. Mi faccio uno svogliato zapping sui campi e ritrovo incredibilmente un Gulbis che sembra intenzionato a ricongiungersi con il suo luminoso futuro ormai passato ma mai davvero arrivato. Per lui il tempo è passato di brutto. Ha la barba da boscaiolo, non ha nemmeno trent’anni e sembra già un ex giocatore. Ma in questo strano lunedì di Wimbledon sembra voler rubare un po’ di magia dall’aria. Il suo dritto ad Albatros ritrova la perduta convinzione e tira bombe piatte alternandole con le fiondate assassine del suo irraggiungibile top Spleen bimane. Il colpo che il giorno prima ha annichilito Zverev in uno scontro impari tra OldGen e NexGen. Una sintesi brutale della distanza tra il tennis inteso come gioco e come professione (e noia).

 

Nishikori può solo guardare il primo set volare via sotto gli occhi annoiati dell’incredibile moglie di Gulbis. Un essere angelico e inespressivo in grado di rendere erotici e irripetibili anche gli sbadigli. Intanto la pratica Mannarino finisce in tre set senza la macchia di un break svizzero. Sorrido perché il futuro sembra spostato anche per quest’anno ma poi il primo piano di Roger appare sullo schermo del mio pc. È nel corridoio che porta dal Centrale agli spogliatoi. Gli mettono un microfono davanti. Credo sia la prima volta che lo vedo così da vicino. Mi colpiscono gli occhi. Molto più grandi di quelli un po’ infossati che vediamo in partita. Di un vago verde bosco con più intelligenza che bellezza. Se i movimenti sul campo sono senza tempo, le rughe di espressione sul viso lo fanno molto più adulto dei suoi coetanei. Qualcuno deve avere aperto la porta in soffitta dove ha nascosto il suo ritratto. Nonostante tutti i giornalisti lo diano favorito per il titolo e sorridano entusiastici, lui ha l’espressione spaurita di chi l’ha scampata bella.

Mi colpisce il sudore. Lui che non suda nemmeno alla quinta ora sotto il sole australiano. Insomma sembra un comune mortale. Percepisco che il prezzo da pagare per mantenere l’incantesimo è alto, e capisco che non vincerà il torneo, e che la fine non è lontana. Mentre ovviamente Gulbis perde il secondo set, e s’infortuna, e si allontana per sempre dal suo futuro mai arrivato, aspetto con trepidazione un’altra inquadratura dello sguardo inespressivo della Moglie-Più-Bella-Del-Mondo e sposo in pieno la tesi di Picasso Petzschner, il più grande scrittore di tennis di questo universo [3] (dopo Gianni Clerici). Federer nel magico 2017 doveva cavalcare il momento e sfidare Nadal a Parigi puntando direttamente al Grande Slam. L’eventuale sconfitta non avrebbe tolto nulla alla sua carriera, avrebbe forse accelerato la fine ma reso ancora più luminoso il crepuscolo. Sono sicuro che quella sfida avrebbe alleggerito Federer dal sostenere il peso del Grande Incantesimo e avrebbe strappato un sospiro, o un urletto, anche a Lady Gulbis. Non mi sembra davvero poco.

[1] Qui la recensione de Il codice Tilden (Bottazzi L.)
[2] Qui la recensione del più bel libro mai scritto sul tennis, incentrato sulla figura del Barone von Cramm
[3] La Piccola Biblioteca di Ubitennis. Lo strano caso di Picasso Petzschner

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Flash

Match fixing, in Belgio riprende il processo alla rete criminale internazionale: sospetti su centinaia di match

Sull’Equipe le cifre impressionanti che risulterebbero dalle indagini degli inquirenti: complessivamente oltre otto milioni di euro

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Sull’Equipe di lunedì 21 marzo Alban Traquet è ritornato sulla vicenda dei match truccati e del processo all’organizzazione che avrebbe gestito scommesse e pagamenti. Una rete che vede accusato principale in un processo in corso in Belgio Grigor Sargsyan, detto “il Maestro”, personaggio a capo di una rete criminale armena che avrebbe approfittato delle falle del circuito internazionale per avvicinare e corrompere giocatori francesi e non.

Una piaga che si è propagata al di sotto dei radar e dei media (la maggior parte di questi tornei non sono ripresi dalla televisione) e grazie anche all’anonimato dei gradi più bassi del tennis professionistico. L’inchiesta avrebbe permesso di identificare, secondo l’accusa, 376 incontri sospetti tra il febbraio e il 2014 e il giugno del 2018, in una rete di corruttela che implicherebbe 182 giocatori di più paesi (alcune audizioni hanno avuto luogo in Belgio, in Francia, in Germania, in Slovacchia, Bulgaria e Stati Uniti) e l’apertura di 1671 conti per l’organizzazione criminale.

Presente all’apertura del processo, il 17 marzo presso il tribunale di Audenarde, in Belgio, Sargsyan, che ha scontato 8 mesi di carcerazione preventiva dopo l’arresto, continua a negare i fatti attribuitigli. Interrogato all’uscita del Palazzo di Giustizia, ha rotto brevemente il silenzio dichiarando: “i miei demoni per i soldi facili sono morti e sepolti. Mi rimetto alla giustizia”. La ripresa del dibattito è prevista per il giorno 24 marzo.

 

La vicenda ha avuto inizio nel 2015 dopo un segnale dato da più operatori all’interno della Commissione per i giochi d’azzardo, in Belgio. Gli attori principali sono tennisti dai bassissimi guadagni, in generale sotto la duecentesima posizione del ranking.

La vita di chi bazzica i tornei Challenger o Futures costa cara (alberghi, trasporti, pranzi) e non è granché redditizia. In queste condizioni può essere forte la tentazione di perdere un set o un game in cambio di qualche centinaia o migliaia di euro. Il pubblico ministero belga nelle sue conclusioni evoca “un esercito di soldati facilmente avvicinabili proprio per motivi di premi bassi e alti costi di partecipazione ai tornei”.

Tra questi soldati deboli ci sarebbero parecchi giocatori francesi. Alcuni sono già stati puniti come Mick Lescure e Jules Okala, sospesi a vita da dicembre. La testimonianza di uno di questi, interrogato nell’ambito dell’inchiesta francese sullo stesso argomento, ben figura nel dossier battezzato “Oryan”.

Il giocatore in questione ha spiegato di aver partecipato a dei match truccati su richiesta del “Maestro”, e che sarebbe ugualmente servito come intermediario tra Sargsyan e altri giocatori, servigio per il quale avrebbe ricevuto una somma di denaro. Avrebbe infine riconosciuto di avere ugualmente truccato dei match di doppio all’insaputa del suo compagno di squadra.

Ha poi raccontato dei pagamenti In banconote alla Gare du Nord a Parigi, all’aeroporto di Roissy o a Forest, a sud di Bruxelles. Ha parlato dei messaggi attraverso Telegram, dei codici utilizzati e delle tariffe: 400 euro per un game perduto in ogni set per il singolare, 2.000 euro per un match di doppio perduto in due set.

Gli inquirenti hanno analizzato minuziosamente le entrate sospette sul suo conto, e hanno trovato 40.000 euro da aprile 2016 a giugno 2018, soldi provenienti da 9 conti correnti diversi.

Il Parquet Federal ha concluso che più di 560000 euro “sporchi” sono stati redistribuiti ai giocatori coinvolti, in cambio dei loro favori “racchetta in mano”. Se la combine per qualche motivo non poteva essere effettuata, il giocatore implicato dichiarava forfait, annullando così la scommessa. In totale più di 8 milioni di euro sono transitati tra giugno 2016 e il marzo 2018 su un conto numerico utilizzato dell’accusato numero 2 nel dossier belga, Andranik M. , presunto responsabile finanziario della rete criminale.

Secondo le conclusioni dell’inchiesta Sargsyan utilizzava diversi metodi per evitare di essere smascherato. Tra marzo e agosto 2017 avrebbe utilizzato 18 numeri di telefono e 8 cellulari diversi, consegnando ai giocatori con cui comunicava diverse schede SIM.

Si sono costituite parte civile la ITF, l’ITIA (International Tennis Integrity Agency) e la FFT. “E’ un grosso affare, dentro il quale si possono trovare parecchie prove; ben organizzato e con tantissimo denaro circolante” – commenta il rappresentante dell’ITIA – “la punta di un iceberg, dalla quale si ha una buona vista d’assieme del fenomeno”.

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ATP

Insider Expeditions sceglie i fratelli McEnroe come icone per un viaggio in Tanzania

I fratelli McEnroe ambasciatori del tennis in Tanzania: la storia

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John McEnroe - Commissioner Eurosport

Un progetto di integrazione tra sport e conoscenza dei territori sarà attuato da Insider Expeditions nel prossimo dicembre. L’azienda, leader nell’organizzazione di viaggi internazionali per lavoro o divertimento, ha annunciato una partnership con John e Patrick McEnroe per portare queste due leggende del tennis in Tanzania. In collaborazione con il governo, i fratelli McEnroe saranno accompagnati da ben 120 appassionati di tennis durante uno speciale viaggio di otto giorni che includerà l’inaugurazione di un nuovo campo da tennis nella pianura di Serengeti.

“Siamo entusiasti di dare il benvenuto a John e Patrick McEnroe e ai loro ospiti in Tanzania per questo evento speciale di dicembre 2023”, ha affermato Samia Suluhu Hassan, la presidente della Tanzania. “Il nostro paese – prosegue – continua a crescere grazie a sforzi come questo, tesi a mettere in evidenza i territori e le tipicità locali. L’aggiunta di un elemento speciale come il tennis ci aiuterà anche nel diffondere altre discipline sportive oltre al calcio. Serve dare nuove possibilità ai giovani, fornire loro testimonianze di altri stili di vita . E’ il calcio a farla da padrone in quelle fasce d’età, ma ovviamente l’esperienza di queste leggende potrebbe aiutarci tantissimo a far crescere uno sport come il tennis”.

John McEnroe si dice entusiasta dell’iniziativa: “Io e la mia famiglia non vediamo l’ora di fare un viaggio molto emozionante in Tanzania, dove avremo la possibilità di far consocere il tennis ai giovani, probabilmente per la loro prima volta”.

 

Il viaggio di lusso includerà una partita di tennis tra i fratelli McEnroe nel mezzo del Serengeti, una delle destinazioni più iconiche dell’Africa. L’itinerario comprende i migliori parchi nazionali della Tanzania tra cui il cratere di Ngorongoro e il Serengeti che ospitano numerosi uccelli e rettili.

Fauna selvatica impareggiabile, culture locali e paesaggi mozzafiato si uniscono per produrre quella che viene spesso descritta come la vacanza da sogno. Realizzare questo percorso accanto a leggende del tennis arricchirà l’esperienza in maniera esponenziale.

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ATP

ATP Rotterdam: Omar Camporese nel 1991 unico italiano vincitore in Olanda, fu il primo titolo del bolognese

Prima di Jannik Sinner, solo il bolognese aveva raggiunto l’ultimo atto. Memorabile la finale vinta contro l’allora n. 3 mondiale Ivan Lendl. L’azzurro rimontò vincendo due tie-break consecutivi con tanto di match point cancellato nel terzo set

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Omar Camporese - Rotterdam 1991

Nella storia del torneo di Rotterdam (qui l’intero albo d’oro), denominato ufficialmente con la dicitura ABN AMRO Open e appartenente alla categoria dei ‘500’, solo un tennista azzurro si era spinto sino all’ultimo atto prima di Jannik Sinnercome abbiamo già ricordato anche sulla nostra pagina Instagram. Si tratta di Omar Camporese, al quale non solo l’impresa nel 1991 riuscì ma addirittura fu enfatizzata dalla conquista del titolo. Per il bolognese, quella in terra olandese fu la seconda finale della carriera a livello ATP; la prima l’aveva disputata un anno prima vicino casa a San Marino perdendola contro l’argentino – nativo di Tandil come Juan Martin Del Potro – Guillermo Perez-Roldan. Successivamente, l’ex n. 18 ATP – suo best ranking – ottenne fino al termine della sua vita di professionista della racchetta – che appese nel 2001- una sola altra finale: nel febbraio del 1992, quando a Milano sconfisse Goran Ivanisevic alzando al cielo meneghino il secondo ed ultimo trofeo della sua carriera.

All’inizio dell’evento orange, Omar era n. 54 del ranking mondiale: vinse il primo turno in tre parziali contro il tedesco Eric Jelen, a cui invece seguirono due successi senza perdere set ai danni dell’austriaco Alex Antonitsch e del ceco Karel Novacek. Dopodiché fu la volta della grande battaglia in semifinale con l’idolo di casa Paul Haarhuis, che attualmente ricopre il ruolo di Capitano di Coppa Davis dei tulipani, sconfitto al tie-break del terzo.

 

In finale ad attenderlo, c’era il n. 3 del mondo e prima testa di serie del tabellone Ivan Lendl, già vincitore delle sue 8 prove dello Slam: l’ultima nel 1990 in Australia contro Stefan Edberg. Perso il primo set, Camporese vinse il secondo 7 punti a 4 nel sempre dirimente dodicesimo gioco ed infine dopo aver anche cancellato un match point sul 5-4 e servizio; si aggiudicò pure il tie-break finale – ancora per 7-4 – che suggellò il suo primo storico trionfo in carriera sublimato dall’essersi dimostrato superiore nel confronto, valevole per il titolo, con uno dei mostri sacri della storia di questo sport.

Ma soprattutto, quello storico successo italico maturato a Rotterdam 32 anni fa assunse connotati emotivamente ancora più intensi grazie alle voci che accompagnarono le gesta di Camporese nel suo straordinario cammino e che fanno riecheggiare tutt’oggi il ricordo delle emozioni vissute nel cuore di quelli appassionati che ebbero la fortuna di poter assistete all’evento o che l’hanno recuperato successivamente tramite la piattaforma di YouTube – per quei pochi che non l’avessero fatto, potrete rimediare a fine articolo -. Al commento, infatti, di quell’incredibile finale contro il campione ceco in postazione telecronaca, rigorosamente dal vivo sul posto e non da tubo – come si suol dire in gergo giornalistico – per Tele+ c’erano il Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta e il compianto Roberto Lombardi.

(match completo con commento lo trovate nel video in basso)

I followers Instagram di Ubitennis potranno seguire il “Punto di Ubaldo” in un minuto a caldo appena conclusa la finale odierna.
Circa 30 minuti dopo la conclusione, Ubitennis pubblicherà sul sito e sul canale YouTube di Ubitennis un commento più articolato del direttore.

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