Nick Kyrgios, il ludico supereroe

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Nick Kyrgios, il ludico supereroe

Djokovic è tornato, Federer e Nadal continuano a dominare. L’australiano resterebbe una delle più papabili alternative. Se solo ne avesse voglia

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Semmai foste a caccia di ‘ludo’, approderete presto nel bel mezzo di un corposo Zanichelli per scoprire che il termine vanta radici assai latine. Sottintende a tutto ciò che ha carattere giocoso e rivela una definizione che non offre il fianco a dubbi: “attività libera e gioiosa, lasciata alla libera elaborazione della fantasia”. Insomma, il lemma sembra dire che un po’ di spensieratezza non guasta, con buona allusione allo sport, che ne ha fatto bottino lasciando ai praticanti la facoltà di attingervi a piene mani qualora talento e personalità né avvertissero il bisogno.

Una leggerezza che può assalire di getto anche un marcantonio olivastro con capelli bruni da mohicano portati a spasso per il tennis a quasi due metri dal suolo. Un tipetto che, una volta in campo, ama cambiare ai dispari trascinando al seguito testa bassa e membra apparentemente stanche, mostrando tra i denti non tanto un coltello quanto un comune asciugamano tergisudore. Il tutto cullato su di una fanciullezza che di solito non promette nulla di serio e che nell’omone abbonda al punto da guardare al mondo con l’occhio del buon supereroe truccato da cattivo. Lui è Nicholas Hilmy Kyrgios, uno capace di sprizzare potenza in esubero quando dai deltoidi lascia andare servizi a manetta o quando da pettorali rigonfi produce diritti tanto risoluti da lasciare tutti impalati. Il Capitan America della racchetta sembra ignorare le mezze misure e andando per le spicce risolve punti in modo temerario gettandone altri alle ortiche con una noncuranza che lascia spazio a riflessione. E talora gli accade anche di abbandonarsi al ludo, snocciolando con leggiadria diavolerie tecniche cavate da un cilindro di inesauribile capienza.

Avesse presenziato al torneo del Queen’s, anche Elisabetta si sarebbe beata dei passanti e dei lob giocati sottogamba da quel simpatico impertinente del Downunder, seppure rifilati a due sudditi di eccezione come Murray e Edmund. Lui è così! In un tennis ingessato da statistiche e schemi replicati all’infinito, il canguro di Brisbane è un raro esempio di bizzarria tecnica che allieta l’occhio sebbene sfiori sovente i limiti della stravaganza. Un soggetto di 23 anni alla ricerca di se stesso, che a suo tempo esordiva nel circuito con qualche battuta infelice dettata da spiccato esibizionismo e orientata a demolire le barriere della riverenza a tutti i costi. In conferenza stampa, al Queen’s si è presentato incappucciato in una felpa ponendosi di profilo rispetto alla platea e replicando ai quesiti in modo laconico e con qualche smorfia. Vive il suo lato ribelle collezionando con piacere warning e ammende senza batter ciglio. L’ultima di 15.000 sterline l’ha rimediata proprio in Barons Court per masturbazione simulata al cambio di campo nella semifinale contro Cilic. Nulla, rispetto a quanto accaduto al torneo di Shanghai 2016, dove l’abulia aveva preso il sopravvento e il pubblico l’aveva castigato con 25.000 fischi, tanti quanti i dollari da espiare. Nell’occasione, l’ATP gli aveva appioppato anche una sospensione di otto settimane per scarso rendimento, poi ridotte a tre con il consiglio di rivolgersi a uno strizzacervelli.

Che dire? Intanto che è uno dei rari esempi in cui l’insofferenza si rivela vincente spingendolo a soluzioni di rapida fattura. Per il resto mi aggrapperei alla scienza che talora sovrappone adolescenza e prima giovinezza, poiché l’età cronologica spesso differisce da quella biologica. In tal caso, tutto farebbe pensare al buon ‘Kygs’ come a un bambinone in leggero ritardo sui tempi di maturazione. Quel che è certo è che in questo colosso dell’emisfero australe convive la sensibilità di prodigarsi in una sua Fondazione dedita ai meno fortunati e la rabbia scaricata sul resto del tennis, compresa un’innocente palla in feltro che saltella qua e là per il campo. Anime scompigliate: quella che per giusta causa rincorre il successo sportivo usando forza bruta e l’altra persa in sembianze da peluche pronta a rallegrare il prossimo con gesti ludici di indubbia simpatia. Anime, tuttavia, che una volta amalgamate non faranno sconti a nessuno nella scalata al vertice. Al momento, la geniale discontinuità del piccolo grande Nick vanta quattro titoli e tre finali, qualcuna forse buttata alle ortiche per il troppo ludo. Pur alternando apatia a esaltazione, il gigante australiano sembra avere le stimmate del predestinato e spicca tra la Next Gen per un estro senza macchia coronato da un buon fiuto della rete, che nel tennis moderno… Solo apparentemente sembra incurante del punteggio e dove l’abilità scarseggia è il servizio a sparigliare i conti.

Ha aperto l’anno con la vittoria a Brisbane e da allora ha perso soltanto match di misura con fior di giocatori. Per questioni di epicondilite ha saltato la stagione terraiola riscattandosi sull’erba dove tra Stoccarda e Queen’s ha siglato due semi niente male. La campagna sul verde si è chiusa al terzo turno di Wimbledon contro un Nishikori meno ludico e più pragmatico, rivelando, tuttavia, attitudine da vendere verso le superfici veloci. E fuori dallo stereotipo di un tennis ormai troppo omologato, uno che si permette di giocherellare senza perdere il filo del match e che in Church Road sommerge con 42 ace un malcapitato Istomin, può diventare di tutto se la sponda eterea del suo gioco lascerà spazio a qualcosa di più tangibile.

Giura di amare molto basket e calcio e nulla costa a credergli sulla parola. Quello che solo pochi hanno captato è se gli piaccia o meno praticare il gioco della racchetta. Il lato ludico deve essere arrivato dall’estro di papà George, pittore provetto, greco di origine e aussie di adozione. Ora non resta che scoprire quello genetico di mamma Norlaila che, da buon ingegnere informatico, dovrebbe aver fornito l’adorato figlio di cromosomi meno artistici ma capaci di dare quel tocco di consistenza di cui il giocherellone ha un disperato bisogno.

Massimo D’Adamo

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