Wimbledon: Gulbis d'annata, Zverev KO. Nole spegne gli inglesi

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Wimbledon: Gulbis d’annata, Zverev KO. Nole spegne gli inglesi

Il lettone stende Sascha con un bagel nel quinto: prestazione a tratti brillante. Edmund dura un set con Djokovic poi cala alla distanza. Malissimo Kyrgios

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È GRANDE GULBIS – Ci sono due modi di vedere tutte le partite di tennis. Uno per ogni lato di campo, uno per ogni giocatore. C’è Alexander Zverev che ha un problema con gli Slam, che non riesce ad ammazzare le grandi partite quando si trova in vantaggio, che sull’erba gioca troppo lontano dalla riga, che ha un problema nel farsi allenare da dei genitori che il tennis lo masticano, sì, ma con il livello al quale gioca il figlio non hanno mai avuto a che fare. C’è Zverev che ha un problema, grosso, quasi quanto il tempo che per sua fortuna ha davanti per risolverlo. E oltre la rete c’è Ernests Gulbis, che di problemi ne ha e se ne è causati tanti, davvero tanti negli anni. Abbastanza da riempire la sua biografia di tennista (eternamente incompleta) di citazioni buffe e bizze assurde che, più di quel dritto polimorfo ma ugualmente inaffidabile, dovrebbero spiegare come mai è stato tra i primi 10 una sola settimana della sua vita. Ernests Gulbis batte Alexander Zverev al quinto set, sei a zero, dopo essersi mangiato il terzo con uno di quei collassi mentali dai quali non si torna mai indietro. Forse è il più incredibile dei troppi upset di questa prima settimana di Wimbledon, che hanno lasciato per strada Cilic, Dimitrov, nove delle prime dieci donne.

Prima delle tre ore e mezza sul campo 1 di Wimbledon non c’erano neanche precedenti tra Gulbis e Zverev, e il motivo è evidente: il tracollo del lettone è stato quasi contemporaneo all’ascesa del tedesco, perciò le opportunità di trovarsi negli stessi tornei erano state finora quasi nulle. L’unico contatto tennistico degno di nota tra Gulbis e la famiglia Zverev era stata una partnership di doppio con Mischa, il fratello maggiore, che nel lontanissimo 2006 fruttò un paio di titoli Challenger. All’epoca Alexander aveva nove anni. Erano tempi ancora prematuri persino per definire una “promessa” quel ventinovenne con la barba, padre di una bambina, che oggi, battendolo, ha tirato fuori dal suo tempo peggiore il suo miglior risultato di sempre a Wimbledon. Per arrivarci Gulbis ha dovuto passare da Roehampton, quel posto dove fanno giocare le qualificazioni per non rovinare l’erba. I suoi Championships sono iniziati una settimana prima di tutti gli altri ancora in gara. Sulla superficie che gli è sempre riuscita peggio di tutte le altre è arrivato da numero 138 al mondo, invischiato nel deprimente sottomondo dei tornei minori, e si è messo a giocare come si fa lì: servendo bene e venendo a rete contro abitudine. Ma al terzo turno, su un grande campo e contro un grande avversario, non sembrava bastare più. Vinto il primo set al tie-break, perso il secondo per un unico errore, Gulbis era andato a servire per il terzo dopo aver finalmente bucato il servizio di Zverev. Ed era stato contro-breakkato. E poi ancora una volta, e il set lo aveva perso.

Ernests, mancato il set point, non sembrava più in grado di ributtare una palla di là. Fin lì Zverev aveva sudato più freddo che altro, le sue imperfezioni (slice, gioco a rete, posizionamento in campo, diagonali preferite) erano sembrate più margini di miglioramento che veri e propri difetti. Il massimo che Gulbis sembrava poter produrre impattava contro il livello medio di Sascha, anche perché gli schemi nella testa del lettone erano più solidi dei colpi con cui voleva metterli in pratica. L’incontro pareva un eterno inseguire, con Zverev in testa, tanto che discussione vera era tra lui e i giudici di linea – pessimi sulle chiamate, ma lesti a denunciare al loro collega sulla sedia le parolacce multilingue del tedesco. Su quel rovescio buttato largo era svanita l’ennesima opportunità per risorgere. O forse no, perché Gulbis ha reagito e l’ha gettata in baruffa, rinunciando a quei colpi che avevano strappato applausi per due set e mezzo e che pure lo avevano portato sulla strada dell’eliminazione. Tolti gratuiti e vincenti dal tavolo il lettone si è messo a rispondere da lontano, in chop, ribattendo la palla di là, tenendo i nervi saldi. Complici la stanchezza e ventiquattro ore di influenza, Zverev è caduto nella trappola: a metà quarto parziale si è fatto breakkare dal nulla e ha perso la testa, trasformandosi nel Leone senza coraggio di un Mago di Oz ambientato a Church Road. Ha finito per vincere sei punti nel quinto set, tutti inutili.

Prima la strategia e poi la paura hanno sottratto pathos al finale, e nei momenti chiave l’incontro non ha davvero trasmesso le emozioni dei primi, più equilibrati set. Tanto che dopo aver chiuso senza problemi al primo match point Gulbis si è limitato al solito pugnetto, con lo sguardo puntato al suo box. Accanto alla moglie Tamara, sorprendentemente flemmatica, è però saltato in piedi Gunter Bresnik. Pur di tornare a farsi allenare da lui, Ernests ha accettando di fare da ruota di scorta a Dominic Thiem – più giovane, più solido, meno difficile da plasmare. Adesso però, con l’austriaco già a casa, almeno per qualche giorno saranno soltanto loro due come ai vecchi tempi. La fine ammosciata dell’incontro rimarca anche la distanza tra Zverev e i Fab Four, gli unici a rimanergli davanti. Che non sta nei titoli – quelli non smetteranno di arrivare solo per un passo falso – ma invece nel modo di scuotersi quando perde il comando. Dal prossimo torneo scopriremo quanti altri passi avrà fatto Sascha verso i grandi, tenendo sempre a mente la data di nascita sul passaporto (1997). Per quanto riguarda Gulbis… Ha messo la testa a posto, è tornato, c’è un nuovo Ernests? No, pietà, è roba già sentita. E poi ha soltanto vinto un match, che nemmeno vale un trofeo. Il suo torneo continua la prossima settimana. Come sempre, post scriptum, “chissà come”.

cronaca a cura di Raoul Ruberti

BEL NOLE IN RIMONTA – Con tempismo perfetto, il match-clou del pomeriggio sul Centrale inizia una ventina di minuti dopo la conclusione della partita che ha sancito l’ingresso dell’Inghilterra nelle semifinali dei Mondiali di calcio. L’atmosfera è giubilante (di sicuro il Pimm’s e la birra aiutano), persino il contingente britannico della tribuna stampa non parla d’altro che di calcio. Edmund mostra segni di nervosismo quando concede due palle break nel suo turno di servizio d’apertura, peraltro annullate con grande autorità. Il britannico prova ad aprire il campo quando può e sul suo servizio tiene i punti corti venendo a rete a raccogliere i frutti della sua pressione da fondocampo e si esalta con fendenti in corsa che fanno esplodere le tribune del Centrale. Il break arriva sul 3-3: Edmund piazza tre diritti vincenti, pasticcia sulle prime palle break, ma alla quarta occasione vince un corpo a corpo a rete e piazza l’allungo decisivo nel parziale.

Djokovic comincia a crescere, lentamente ma inesorabilmente, gli errori si diradano e soprattutto riesce ad inchiodare Edmund sulla diagonale rovescia, perché i colpi del serbo sono troppo rapidi per essere aggirati con il diritto anomalo e non ci sono più le aperture che nel primo set consentivano a Kyle di chiudere gli scambi o venire a rete. Per fortuna sua il rosso dello Yorkshire è molto bravo nei game combattuti e riesce ad assorbire la pressione di Djokovic che però, nell’ottavo game, trova la breccia decisiva. In un game curiosamente speculare a quello del primo set nel quale Edmund aveva conquistato il break, Djokovic allunga sul 5-3 alla quarta possibilità grazie ad un doppio fallo dell’avversario e poi chiude rapidamente il parziale. L’inerzia rimane dalla parte di Nole anche all’inizio del terzo set, quando in un game con cinque errori gratuiti da fondo Edmund si fa strappare la battuta per la seconda volta consecutiva e si trova costretto ad inseguire. Djokovic sembra perfettamente a suo agio negli schemi da fondocampo che ora dominano gli scambi, potrebbe rimanere lì a palleggiare per giorni, come nei tempi migliori. Edmund non sembra in grado di trovare una contromossa tattica e sprofonda sempre di più anche perché dall’altra parte della rete adesso c’è un Nole di gran livello. Il pubblico applaude con gioia un “time violation” chiamato al serbo dal giudice di sedia Jake Garner, ed al game seguente Djokovic dimostra di non aver gradito mettendosi il dito dietro l’orecchio dopo aver ottenuto il secondo break.

Nel quarto set Edmund prova a tenere la scia, almeno con la battuta, il suo avversario concede un po’ di più, ed il punteggio rimane in parità. Al settimo game i due episodi più controversi: sul 15-30 Djokovic tira un diritto sulla riga di fondo, Edmund scentra ma la giudice di linea inizia a chiamarla out. Garner corregge la chiamata e dà il punto a Djokovic, ritenendo che la mezza chiamata non abbia influenzato Edmund. Sul punto successivo succede molto di peggio: volée smorzata di Nole, Kyle si butta a prenderla, le immagini mostrano chiaramente che colpisce la palla dopo il secondo rimbalzo, che il suo recupero finisce leggermente in corridoio e che il giocatore britannico sullo slancio finisce in rete. Per un qualche motivo il punto viene dato a Edmund, che poi finisce per salvare quel game. Gli animi si fanno tesi, ma il break è solo rimandato di due game: da 40-15 ci sono un bel punto di Djokovic e tre gratuiti di Edmund ed il match finisce lì, dopo 2 ore e 56 minuti parecchi dei quali abbastanza a senso unico. Prossimo ostacolo per Nole sarà Karen Khachanov, contro cui non ha mai giocato.

Novak Djokovic – Wimbledon 2018 (foto via Twitter, @Wimbledon)

TONFO KYRGIOS – Brutto match, onestamente, del bombardiere di Canberra. Bravo Kei Nishikori a prendersi i regali dell’avversario senza esitare, ma Nick Kyrgios stasera è stato a tratti inguardabile. Inizio centratissimo di Nishikori, che in in 5 minuti si trova 3-0 con un break. 100% di prime palle in campo per il giapponese, 4-5 brutti gratuiti di Kyrgios, che sembra contratto. Kei è reativo e veloce, gli scorre bene la palla, Nick va a strappi, sparandone una dentro e due fuori. Quando l’australiano scucchiaia con supponenza una palletta semplice che gli aveva accomodato il nastro, e si fa impallinare dal passante di Nishikori, il pubblico inizia a mormorare, e si sente qualche fischio. In tribuna stampa, vedo gente scuotere le testa, nel frattempo giustamente Kei brekka per la seconda volta, e chiude 6-1. Sono passati 16 minuti, Kyrgios semplicemente per ora non è sceso in campo.

Inizia il secondo set, non cambia nulla. Quattro legnate a caso di Nick, di cui tre fuori, ed è ancora break Nishikori, che allunga 2-0, gli spettatori non sanno se applaudire o no tanto surreale è la situazione. Dal nulla, si accende la luce nel tennis di Nick, che in un attimo recupera, pareggia e sale 3-2, in realtà sta sempre giocando uguale, solo che ora il campo lo prende. Che giocatore incredibile, nel bene e nel male. Bravo in questa fase Kei a rimanere lì e fare il suo, non è facile contro uno che alterna vincenti a tutto braccio ed errori senza logica. Si arriva al tie-break senza sussulti, il che in questo match è un avvenimento. E qui, un paio di leggerezze di Nick gli sono fatali, 7-3 e due set a zero Nishikori. Il terzo parziale va via liscio e regolare, nessuna palla break, Nick tira e sfonda, Kei corre e reagisce con belle geometrie e ottime difese. Quantomeno, abbiamo una parvenza di partita adesso. Scende un po’ di buio sul campo numero uno, che tra l’altro da quando hanno montato la tettoia su cui andrà posizionata la copertura scorrevole prende molta meno luce degli altri “courts”, quando sul 5-4 Nishikori, Kyrgios si trova 0-40, ad affrontare tre match point consecutivi. Bellissimo un pallonetto fintato del giapponese nel secondo punto del game. L’australiano tira tutto senza paura, li annulla, ma se ne trova davanti un quarto, e qui un recupero di dritto che gli finisce in rete manda Kei agli ottavi di finale, meritatissimi onestamente, dove affronterà Ernests Gulbis.

Kei Nishikori – Wimbledon 2018 (foto via Twitter, @Wimbledon)

da Londra, Vanni Gibertini e Luca Baldissera 

Risultati:

[5] J.M. del Potro b. B. Paire 6-4 7-6(4) 6-3
[2] R. Nadal b. A. De Minaur 6-1 6-2 6-4
[13] M. Raonic b. [Q] D. Novak 7-6 4-6 7-5 6-2
G. Simon b. M. Ebden 6-1 6-7(3) 6-3 7-6(2)
J. Vesely b. [19] F. Fognini 7-6(4) 3-6 6-3 6-2
[Q] E. Gulbis b. [4] A. Zverev 7-6(2) 4-6 5-7 6-3 6-0
K. Khachanov b. F. Tiafoe 4-6 4-6 7-6(3) 6-2 6-1
[12] N. Djokovic b. [21] K. Edmund 4-6 6-3 6-2 6-4
[24] K. Nishikori b. [15] N. Kyrgios 6-1 7-6(3) 6-4

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