Djokovic è rinato. Dalla sofferenza alla nona meraviglia (Cocchi). Ha ritrovato se stesso. A New York è favorito (Bertolucci). Fab 3, specialisti in resurrezioni (Semeraro). Seppi e Giorgi, avanti tutta (Tuttosport)

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Djokovic è rinato. Dalla sofferenza alla nona meraviglia (Cocchi). Ha ritrovato se stesso. A New York è favorito (Bertolucci). Fab 3, specialisti in resurrezioni (Semeraro). Seppi e Giorgi, avanti tutta (Tuttosport)

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Djokovic è rinato. Dalla sofferenza alla nona meraviglia (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Per aspera ad astra, cioè attraverso le difficoltà fino a raggiungere le stelle. Novak Djokovic di difficoltà ne ha superate eccome, fino ad arrivare alla vittoria di Cincinnati, ultimo Masters 1000 che mancava per completare il Golden Slam. Ora il serbo ha almeno una vittoria in ognuno dei tornei da 1000 punti. Nessuno ci era mai riuscito. Nemmeno Nadal, che pure di titoli 1000 ne ha 33 contro i 31 del serbo, ha ancora messo le mani su Miami, Shanghai e Parigi Bercy. E dire che solo un anno fa tutto sembrava perduto per Nole, in totale crisi personale, tecnica e fisica. Il torneo di Wimbledon era stato il momento più duro, con il gomito dolorante che lo aveva costretto prima al ritiro nei quarti, e poi a cancellare il resto della stagione per curarsi. Bisogna toccare il fondo per darsi la spinta a risalire. All’inizio di quest’anno si è fatto operare per sistemare l’articolazione incriminata, ma il rientro affrettato sul cemento americano di Indian Wells e Miami lo aveva rispedito agli inferi tennistici. Lui, animato dalla fame del cannibale che era stato, aveva tentato di ributtarsi nella mischia anche contro il parere di Agassi e Stepanek, guide tecniche a cui si era aggrappato per tornare grande dopo aver fatto piazza pulita prima del super coach Boris Becker e poi del gruppo storico guidato da Marian Vajda. Sconfitte pesanti quelle negli Usa per Nole che, dopo aver rotto con Andre e il ceco, decide di richiamare l’antico mentore. Doveva essere un esperimento, solo fino al Roland Garros, in attesa di trovare un nuovo super coach, un nome altisonante con cui tornare a caccia di vittorie. Si è parlato di Sampras e Lendl, ma il binomio con Vajda, insieme alla salute ritrovata, ha dato frutti quasi immediati. La semifinale a Roma, i quarti a Parigi fermato da un Cecchinato in stato di grazia e il definitivo exploit a Wimbledon. Uno squarcio di luce nella nebbia che aveva avvolto le sue sicurezze. Il quarto titolo a Wimbledon aveva solo bisogno di conferme. La più importante è arrivata domenica. Non si vincono Wimbledon e un Masters 1000 per caso, non si conquista il Golden Masters per demeriti altrui. Nole si è finalmente liberato dei fantasmi ed è pronto ad aggredire il futuro a caccia di un nuovo dominio: «Sto vivendo senza dubbio uno dei momenti più speciali della mia carriera – ha detto Nole dopo aver sollevato il trofeo di Cincinnati -. Riuscire a fare questi exploit, scrivere la storia dello sport che amo, è un privilegio e un onore di cui andrò fiero fino alla fine dei miei giorni. La prospettiva di vincere un torneo che mi era sempre sfuggito è stata una motivazione enorme. Grazie a questo obiettivo sono riuscito a tirare fuori tutte le mie energie senza però farmi sopraffare dalle aspettative e dalla pressione». Tornare ad avere piena fiducia nei propri mezzi dopo un anno e mezzo di buio è quello che più mancava a Djokovic: «Quando sono arrivato in campo per la finale – ha spiegato – ero consapevole di aver già perso tre finali contro Roger in questo torneo, ma allo stesso tempo, finalmente, sentivo di avere delle chance di farcela perché sento che il mio livello sta continuando ad alzarsi partita dopo partita». Ora lo aspetta un altro Slam, l’ultimo di questo anno della rinascita. Djokovic si presenta sotto le luci di New York con tutti gli occhi puntati e con un Golden Masters in più: «Ho vissuto momenti davvero difficili ultimamente, ho vissuto sulle montagne russe. Ritrovarmi adesso a questo punto mi sembra quasi irreale». Tranquillo Nole, è tutto vero.

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Ha ritrovato se stesso. A New York è favorito (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Non è una sorpresa. Djokovic è stato per un anno e mezzo il dominatore assoluto del tennis. La sorpresa, se mai, è stato il black out che ha avuto nell’ultimo anno. Dovuto a scelte sbagliate di allenatori, avvicinamento al guru, e altri problemi che poco alla volta lo hanno portato fuori strada. Nole aveva perso soprattutto la grinta, il cuore e quella determinazione feroce che da sempre lo avevano contraddistinto. Era solo questione di tempo, aveva bisogno di metabolizzare la crisi e decidere cosa davvero volesse fare da grande. La scelta giusta è stata affidarsi di nuovo al vecchio team, dal preparatore atletico al tecnico Marian Vajda che lo conosce da quando era ragazzino e con cui ha vinto tanto, quasi tutto. Ha ricreato il clan formidabile che lo ha portato a grandi successi, compresa la moglie, tornata a fare il tifo dalla tribuna. Che Novak stesse migliorando si era visto a Roma, e da lì è stato un crescendo che lo ha portato a vincere Wimbledon e poi Cincinnati. A questo punto, in vista degli Us Open è tra i principali candidati al successo. Lui sa che sta tornando ai massimi livelli, mentre Nadal e Federer hanno speso molto durante la sua assenza. Bisogna solo capire se Djokovic ha ritrovato la continuità mostruosa del passato, ma negli appuntamenti importanti ora non può che essere favorito.

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Fab 3, specialisti in resurrezioni (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

I Fab Four hanno perso un pezzo – Andy Murray, alle prese con il problematico rientro dopo l’operazione all’anca dello scorso gennaio – ma a scrivere parole e musica del tennis mondiale sono sempre, comunque loro. Degli ultimi sette tornei dello Slam Federer, 37 anni lo scorso 8 agosto, e Nadal, 32, ne hanno vinti tre a testa e Djokovic, 31, si è preso il settimo, Wimbledon, poco più di un mese fa. In due anni,di Masters 1000 solo in sei occasioni, su sedici totali, la coppa è andata a uno dei loto avversari: Zverev a Roma e in Canada l’anno scorso e a Madrid in questa stagione; Dimitrov a Cincinnati e Jack Sock a Parigi-Bercy nel 2017, lsner a Miami e Del Potro a Indian Wells nell’ultima primavera. Insomma, le briciole. Il Golden Masters che Djokovic ha chiuso nell’Ohio è la conferma che i record, negli ultimi dieci anni abbondanti del circuito, sono cosa loro. E che la molto strombazzata Next Gen fatica ad ingranare. Sascha Zverev per ora ha piazzato qualche zampata nei Masters 1000, collezionando in compenso un flop dopo l’altro negli Slam. I talenti perduti della generazione di mezzo – Dimitrov su tutti – continuano ad illudere, come al Masters dello scorso anno, ma rischiano di finire la carriera con più delusioni che trofei. Per colpa della poca continuità, di strumenti tecnici insufficienti, di una passione fragile. Federer, Nadal e Djokovic sono di un’altra pasta. Hanno resistenza e vocazione da Fenice: sanno rinascere costantemente dalle proprie ceneri. Reinventandosi tecnicamente, rigenerandosi mentalmente. Nadal lo ha fatto mille volte, uscendo puntualmente rafforzato dai suoi mille infortuni. Rafa l’anno scorso si è ripreso il numero 1, e lo stringe oggi saldamente dopo averlo ceduto e riconquistato tre volte a Federer. Considerati i malanni del 2014 (schiena, polso, appendice…) e un 2015 in tono minore, non era facile immaginarlo. Per Federer l’annus horribilis è stato il 2016, con quei sei mesi di sosta forzata per il problema al menisco post-Wimbledon, dalla quale però è riemerso con un gioco rinnovato. L’ultima resurrezione, quella di Novak Djokovic, è forse la più sorprendente. Dopo il biennio  2015-2016, nel quale era riuscito a detenere tutti e quattro i tornei dello Slam, il Djoker era scivolato in un bradisismo fisico e mentale apparentemente senza uscita. Tormentato dal dolore cronico al gomito, che lo ha costretto ad una operazione sempre rinviata, a secco di motivazioni, in crisi nel privato, stremato fisicamente dalla dieta ultra-vegana e ammorbidito psicologicamente dagli slogan del guru Pepe Imaz, Nole dopo un inizio disastroso di 2018, dovuto anche alla fretta di rientrare dopo l’intervento, ha saputo ricostruirsi pezzo per pezzo. Ha congedato Agassi, coach illustre ma troppo distante, e Stepanek, ed è tomato ad affidarsi alle cure del suo “fratello maggiore” Marjan Vajda. Ha reinserito un po’ di proteine nella dieta, estratto energie dalla quiete familiare e sfruttato sapienza analitica di Craig O’Shaughnessy, il mago delle statistiche, per trovare chiavi tattiche vincenti. Da domenica nessuno ha battuto più volte (24) Roger Federer, neppure Nadal. Come i suoi due rivali Djokovic ha saputo costruirsi (e ricostruirsi) uno staff vincente, ma alla fine la forza per superare gli ostacoli  ha dovuto trovarsela dentro. Da solo. E dagli US Open può iniziare un nuovo ciclo.

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Seppi e Giorgi, avanti tutta (Tuttosport)

Esordio positivo per Andreas Seppi nel “Winston-Salem Open”, torneo Atp 250 che si disputa sui campi in cemento di Winston-Salem, in North Carolina ultimo appuntamento prima degli Us Open. Il 34enne di Caldaro, numero 50 del ranking mondiale, al rientro nel circuito dopo quasi cinquanta giorni (si era fermato dopo Wimbledon per il riacutizzarsi del problema all’anca), nella notte italiana ha superato per 7-5 6-4, in un’ora e 23 minuti, il portoghese Joao Sousa, numero 67 Atp. Seppi al secondo turno affronterà il cileno Nicolas Jarry, numero 47 della classifica mondiale e 14a testa di serie: si tratta di una sfida inedita Dopo l’infortunio alla spalla patito nella semifinale del “1000” di Cincinnati si è ritirato il numero uno del seeding, il belga David Goffin, numero 10 della classifica mondiale. Tutto facile anche per Camila Giorgi che al primo turno del main draw del torneo di New Haven ha agevolmente superato la rumena Bogdan per 6-3 6-2. Nel secondo turno però troverà subito la Halep. Il trionfo nel 1000 a Cincinnati consente a Djokovic di portarsi al 6° posto della classifica mondiale Atp, sempre guidata da Nadal. Lo spagnolo ha poco meno di tremila punti di vantaggio sullo svizzero Federer finalista a Cincy. Sul terzo gradino del podio c’è sempre Del Potro, seguito da Zverev, mentre al quinto si riporta Anderson. Migliore degli italiani sempre Fognini al 14° posto. In campo femminile registra lievi assestamenti la topten del ranking Wta, guidata sempre da Simona Halep. La 26enne di Costanza, fermata in finale a Cincinnati da Kiki Bertens, è in vetta per la 26a settimana consecutiva (la 42a complessiva): la rumena ha ora 2.086 punti di vantaggio sulla danese Caroline Wozniacki, avvicinata anche dalla statunitense Sloane Stephens. Sulla quinta poltrona si riaccomoda Petra Kvitova, semifinalista in Ohio, a scavalcare Caroline Garcia. La migliore delle azzurre è sempre Camila Giorgi che occupa il 45° posto.

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