Rafa, Roger e Nole, eroi senza tempo e voglia d’America (Crivelli). Cecchinato ci riprova: «Posso vincere partite anche sul cemento» (Lopes Pegna). Pennetta: «Vi racconto New York. Nostalgia, ma non torno» (Cocchi). Cannibale Serena (Semeraro). Un’Italia forza 9 con Sonego (Guerrini)

Rassegna stampa

Rafa, Roger e Nole, eroi senza tempo e voglia d’America (Crivelli). Cecchinato ci riprova: «Posso vincere partite anche sul cemento» (Lopes Pegna). Pennetta: «Vi racconto New York. Nostalgia, ma non torno» (Cocchi). Cannibale Serena (Semeraro). Un’Italia forza 9 con Sonego (Guerrini)

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Rafa, Roger e Nole, eroi senza tempo e voglia d’America (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Come un western. Ovviamente in America, e dove sennò?. Anche se il triello cinematografico è un’invenzione di un genio tutto italiano, Sergio Leone. Flushing Meadows come il deserto dell’Arizona: ne resterà solo uno. Dopo sei anni i Big Three sono tornati a spartirsi i primi tre Slam stagionali e a New York, dove si ritrovano tutti e tre per la prima volta in stagione, giocano per la resa dei conti, salvo qualche intruso di lusso che può sempre guastare festa e pronostici. Parte la sfida a Nadal, il campione in carica che arriva all’appuntamento fortificato, se ce ne fosse bisogno, dal successo a Toronto e dal primato in classifica sempre più solido. La scelta di saltare Cincinnati è un messaggio ai nemici: Rafa investirà tutte le energie sulla riconferma. La gestione delle risorse, del resto, è necessaria per qualunque guerriero abbia attraversato 15 anni di agonismo a suon di vittorie, come conferma Francisco Roig, uno degli allenatori del maiorchino: «Prima del Canada Nadal non era al meglio della condizione e e non sapevamo cosa aspettarci, poi lui è stato il solito fenomeno. Ma lo stop di Cincinnati era necessario per non affaticarsi inutilmente». E poi, come ha voluto puntualizzare Rafa stesso con il solito cipiglio, «mi sono riposato dalla competizione, non dal lavoro». La solita filosofia, insomma: «Vincere a Toronto è stato importante per il feeling e la fiducia, adesso arrivano i giorni più importanti di tutti, quando davvero realizzi se stai andando meglio o peggio di quanto credi, quando ti concentri definitivamente su quello che hai fatto». Il primo test sarà con l’amico Ferrer, all’ultimo Slam in carriera, ma è ovvio che i pensieri corrano ben più in là, godendosi tra l’altro un sorteggio che ha messo Djokovic e Federer uno contro l’altro dalla parte opposta del tabellone. Roger si porta a New York, dove non vince da 10 anni, le piccole ombre della sconfitta in finale a Cincinnati, dove è sembrato che il braccio e il fisico rispondessero a fatica agli stimoli della testa. Un allarme che Roger allontana: «Gli Us Open sono un grande priorità quest’anno, anche rispetto a 12 mesi fa perché allora era fondamentale vincere Wimbledon e non poter dare il 100% qui in America non è stato facile. Perciò sono molto eccitato e felice di tornare qui in salute e con le giuste sensazioni, ma non voglio guardare più in là della prima partita, mi concentrerò su un match per volta e vediamo cosa succede». A sentir lui l’ipotetico quarto con Djokovic non è in testa ai suoi pensieri: «Avrei potuto anche affrontarlo prima, se non avesse vinto a Cincinnati non avrebbe avuto la classifica con cui è entrato in tabellone. Perciò siamo tutti felici di non incontrare un giocatore così forte nei primi turni, ma il sorteggio non è qualcosa che possiamo controllare: non sono ancora nei quarti e a dire il vero non sono neppure al secondo turno: l’unica cosa che conta è come mi sentirò durante la prima partita». Nei meandri delle sue parole, però, non sfugge la questione centrale: Djokovic è tornato a fare paura. A tutti. Dopo le resurrezione di Wimbledon, Novak si è preso l’unico Masters 1000 che gli mancava e adesso è il favorito per i bookmaker. Con la mente finalmente libera e gli adattamenti tecnici che magari gli hanno tolto un po’ di esplosività nel formidabile cambio tra fase difensiva e offensiva, ma lo hanno reso solido e concreto, può sognare di tornare re di New York: «La settimana scorsa a Cincinnati ho giocato alcuni dei migliori match in carriera sul cemento, spero mi diano la spinta giusta». Perché un triello non perdona.

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Cecchinato ci riprova: «Posso vincere partite anche sul cemento» (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport)

C’è un prima e un dopo nella vita di Marco Cecchinato. La linea di confine ha iniziato a tracciarla ad aprile, a Budapest. Fino ad allora aveva vinto la miseria di quattro match Atp e in Ungheria l’andazzo sembrava il solito: sconfitto nelle qualificazioni. Invece, il 25enne di Palermo era rientrato in tabellone da lucky loser e aveva conquistato il primo torneo. Ma il meglio arrivava un mese dopo al Roland Garros: semifinali, battendo Carreno Busta, Goffin e Djokovic. Da Barazzutti nel ’78, nessun altro italiano ce l’aveva mai fatta in uno Slam. Poi c’è stata la vittoria numero due a Umago. La vita ribaltata. Brillano gli occhi al Ceck quando racconta il «prima» e il «dopo»: «Prima non mi conoscevano, ora mi rispettano. Prima a malapena mi salutavano, ora chiacchiero amabilmente con Djokovic, Federer, Zverev, Murray. Mi fa piacere. Dopo tanti anni di Challenger, mi trovo in un mondo nuovo. Sono testa di serie (la 22) di uno Slam: bellissimo». Prima di giocare Wimbledon, anche lì da testa di serie, si sminuì: «Fortunato chi m’incontrerà». Ora si giustifica: «Non avevo esperienza sull’erba, poi però a Eastbourne sono arrivato in semifinale. Il cemento è nuovo, ma mi ci alleno da tre settimane. So che posso fare risultato anche su questa superficie». Anche se nei due tornei nordamericani è uscito al primo turno: «Ma con Tiafoe a Toronto ha giocato un ottimo primo set e con Mannarino a Cincinnati ha avuto un match point», s’intromette coach Vagnozzi: «Sta lavorando per primeggiare anche sul veloce: ci vuole tempo». II Ceck ha negli occhi il momento esatto in cui gli è scattata la molla: «Contro Carreno e Goffin a Parigi. Mi è entrata la consapevolezza di essere forte. Potevo pensarci prima? Il clic non capita a tutti nello stesso modo: a me è successo a 25 anni, ma poteva anche non accadere mai. Ho vinto due tornei in pochi mesi, alcuni non ci riescono in tutta la vita». Non lo dice per vantarsi, è più un monito per scacciare il timore della retromarcia: è salito da 107 a 22 in 5 mesi scarsi. Ma nel tennis, si sa, affondare è un attimo. Dice: «So che arriveranno tempi difficili da cui son passati anche tanti big. Con il mio team saremo bravi a gestire il momento e a superarlo». Ma ora pensa a Julien Benneteau, n. 58, mai incontrato prima: «Uno ostico perché sul cemento gioca bene, ma ho le carte in regola per poterlo battere». Niente spocchia, solo la presa di coscienza della propria forza dopo Parigi: «Ho ancora otto o nove anni di carriera: questo è il punto di partenza, non certo il capolinea».

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Pennetta: «Vi racconto New York. Nostalgia, ma non torno» (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Flavia Pennetta torna a Flushing Meadows, dove nel 2015 ha regalato all’Italia la gioia conquista dello Us Open e subito dopo la doccia gelata del ritiro. Tre anni dopo, moglie di Fabio Fognini e mamma del piccolo Federico, Flavia si ripresenta a New York come nuova commentatrice tecnica di Eurosport.

Flavia, che effetto fa tornare qui?

E’ sempre bellissimo, ovviamente mi riporta in mente ricordi stupendi ed emozionanti. Tornare qui da mamma e insieme a mio figlio è un’emozione ancora più grande.

Ci racconti della sua nuova avventura con Eurosport.

Commenterò i match a partire dagli Australian Open, ma qui a New York sarò più una insider. Andrò a ripercorrere i momenti più belli di questo torneo, poi andremo sul luogo dove ho fatto le foto con la Coppa. Vi mostrerò i luoghi off limits di Flushing Meadows e poi parteciperò anche alla trasmissione “Game SchetteMatts” per commentare la giornata di tennis.

Ma questa full immersion newyorkese non rischia di farle venire un po’ di nostalgia?

Beh un po’ è normale, ma se si riferisce alla voglia di tornare a giocare direi di no. Amo il tennis e lo amerò sempre, ma soprattutto adesso che sono mamma voglio dedicarmi al mio piccolo e godermi ogni momento. Cerco di tenermi in forma, di allenarmi, perché non voglio perdere completamente la forma fisica. Quanto al tennis, quando Fabio ne ha bisogno mi piace fargli un po’ da sparring, ma il rientro non è in programma.

E un futuro da allenatrice?

Non escludo, in futuro, di avviare qualche collaborazione. Quando sei fuori ti accorgi di molte più cose rispetto a quando giochi, con la mia esperienza e il mio occhio potrei essere utile.

Da campionessa e commentatrice, quali sono i suoi favoriti per il successo?

In campo maschile direi Nadal, anche se Djokovic è in un momento di grande fiducia. Naturalmente anche Federer è uno dei favoriti, sempre. In campo femminile invece tutto è molto più aperto. La Halep è molto solida e ha trovato una certa costanza, anche se a volte ha qualche passaggio a vuoto. La Stephens è in forma, ma non è facile replicare l’exploit dello scorso anno. E poi, naturalmente dico Serena. E’ una tale campionessa che entra di diritto tra le favorite.

Cannibale Serena (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Serena, la fuoriclasse a cui manca un solo torneo per pareggiare il record (datato) di 24 Slam di Margaret Court. Serena, il modello per tutte le mamme lavoratrici del mondo che ha trasformato anche la maternità in una crociata mediatica. Serena, la guru modaiola che impone le nuove tendenze. Serena, la campionessa che si batte per le pari opportunità e contro tutte le discriminazioni. Serena la moglie glamour del miliardario fondatore di Reddit, Serena la regina indiscussa dei social, Serena l’atleta donna più pagata del pianeta. Capito di chi stiamo parlando? Serena Williams, la tennista più famosa del mondo, che però il tennis rischia di divorarselo. Anzi: che lo ha già fatto. Negli ultimi 18 mesi, da quando cioè Serena ha annunciato che sarebbe diventata madre dopo la vittoria agli Australian Open 2017, il tennis femminile ha ritrovato equilibrio, ma ha smarrito la bussola. Neanche il rientro di Maria Sharapova, la sua grande avversaria (mediatica, più che sul campo), è riuscito a bilanciare Supermamma, regina dei social. Persino lontana dai campi, impegnata in una gravidanza complicata (e spettacolarizzata) la Williams è rimasta la unica, grande star del tennis. E da quando è rientrata, nonostante in questo 2018 non sia riuscita a vincere nulla, non si fa che parlare di lei. Della sua possibilità di tornare numero 1 a 37 anni – li compirà il 26 di settembre – delle sue continue esternazioni sui social, dove ormai anche la piccola Alexis Olympia, è diventata una piccola diva; o delle sue mise tennistiche, come la tutina nera che ha sfoggiato all’ultimo Roland Garros e che venerdì il presidente della federazione francese Bernard Giudicelli ha bandito per il futuro, giudicandolo poco adatto al decoro del Bois de Boulogne. La conferma che, nel bene o nel male, comunque è sempre lei al centro dell’attenzione. Oggi la numero 1 del mondo è Simona Halep, e a New York Sloane Stephens si appresta a difendere il titolo vinto l’anno scorso. Ma chi non segue il tennis da vicino difficilmente se lo ricorda, così come è difficile che l’appassionato distratto sappia citare gli ultimi risultati della numero 2 del mondo Caroline Wozniacki, o di Garbine Muguruza. Tutti si ricordano che Serena a luglio ha sfiorato il suo primo Slam da mamma nella finale di Wimbledon, raccogliendo più audience televisiva rispetto alla finale maschile. Fra gli addetti ai lavori il vero argomento di discussione in questi giorni di vigilia è se Serena riuscirà ad alzare per la settima volta la coppa (la sesta è stata nel 2014), e/o se assegnarle la 17.esima testa di serie – a lei che oggi è solo n.26 del mondo – ha rappresentato un’ingiustizia per le altre, una decisione saggia, o se non sarebbe stato meglio addirittura inserirla fra le prime otto: per il suo passato, e in considerazione della pausa dovuta alla maternità. A Cincinnati ha perso al secondo turno da Petra Kvitova, a San Josè al primo da Johanna Konta, ma per Chris Evert «se è in forma, Serena può vincere gli US Open». Una personalità enorme, a confronto di avversarie senza troppo fascino. Risultato: era la numero Uno, Serena. Oggi è rimasta l’Unica.

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Un’Italia forza 9 con Sonego (Piero Guerrini, Tuttosport)

Non aveva offerto il meglio Lorenzo Sonego, nel turno decisivo di qualificazione contro Colin Altamirano, ma destino e classifica erano dalla sua parte a New York. Così il ventireenne torinese è entrato in tabellone all’Us Open da ripescato, a causa dei ritiri di Cuevas e Donaldson. Il numero 117 del ranking ha poi pescato il lussemburghese Gilles Muller, 35 anni, mancino, avversario difficile, ma poteva andare peggio. Sonego porta a nove il contingente azzurro, nettamente sbilanciato a favore dei maschi che puntano a completare un’interessante stagione Slam 2018. Tra le ragazze, invece, in tabellone soltanto Camila Giorgi, perché le qualificazioni non hanno aggiunto nulla. Del resto è lo specchio dell’attuale movimento dopo la fine della generazione dei trionfi in Fed Cup e negli Slam. La ventiseienne di Macerata debutta domani (come pure Sonego, Berrettini, Lorenzi e Seppi) nel secondo match del programma che inizia alle 17 italiane, contro la sedicenne statunitense Whitney Osuigwe, wild card nello Slam di Flushing Meadows. Osuigwe ha conquistato il Roland Garros jr 2017 ed è stata n. l Under 18. Ma Camila punta a migliorare il suo quarto turno (cioè gli ottavi) del 2013 e nel secondo turno troverebbe la vincente tra le veterane Venus Williams e Svetlana Kuznetsova, che a NewYork hanno alzato la Coppa. Ma è al maschile che l’Italia ha fiducia. Il sorteggio non è favorevole. Al primo turno Paolo Lorenzi ha il britannico Kyle Edmund, testa di serie n.16, Andreas Seppi avrà Sam Querrey, Matteo Berrettini (al debutto negli States) contro Denis Kudla che gli è vicino in classifica. Chi vince avrà in premio quasi sicuro Juan Martin del Potro. Stefano Travaglia qualificato per la seconda volta consecutiva; Fognini avrà il next gen Usa e n. 121 Michael Mmoh. Marco Cecchinato, n. 22, ha il veterano francese Julien Benneteau. Federico Gaio, qualificato e all’esordio Slam a 26 anni deve misurarsi col n. 10 al mondo, David Goffin.

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